Archive for marzo, 2020

marzo 31, 2020

LO STERMINIO DELLA MIA GENERAZIONE

di Giorgio Cremaschi

Il Covid19 sta sterminando chi ha dai settant’anni in su, la mia generazione e quelle più vicine. Generazioni nate a cavallo della seconda guerra mondiale, che ne hanno incontrato le sofferenze, le distruzioni, i morti, le lotte o direttamente, o subito dopo nei ricordi dei genitori che ogni tanto si lasciavamo scappare qualche frase, magari mentre si parlava d’altro.
Io, che sono nato nel dopoguerra, ho conosciuto questa parola per un gioco stupido che avevo imparato in strada, allora i bambini ci vivevano, da miei compagni più grandi. Facevano con la bocca il rumore sempre più forte degli aerei che si avvicinavano: uuuuuuuuu. Mi era sembrato divertente e poi ero bravo a riprodurre quel suono ed una sera lo provai a tavola. Un urlo disperato di mia madre – smettila!- mi ammutolì. Seppi poi che ad altri bambini non era andata così bene, il loro rievocare il rumore dei bombardieri in arrivo era stato interrotto da solenni scapaccioni.
La mia generazione ha visto il mondo cambiare forse come poche altre. Quando ero piccolo il solo mezzo di comunicazione della famiglia con il mondo, oltre ai giornali, era la radio. Telefoni e televisione erano un lusso che sarebbe arrivato dopo, già con l’adolescenza.
La mia generazione non è stata determinante per la ricostruzione del paese, realizzata da quelle precedenti. Però la mia generazione è stata decisiva, questo sì, per la costruzione sociale civile e culturale. Quando ero adolescente la moralità dominante era ancora quella medioevale. La donna era sottoposta all’uomo, vigeva persino il diritto di ucciderla se traditrice dei doveri di matrimonio. E divorzio, aborto, omosessualità, erano proibiti persino come parole, la maledizione ed il sospetto incombevano su chi osasse parlarne senza usare termini spregiativi.
La scuola era un privilegio da cui erano esclusi i figli degli operai e dei contadini. Il primo esame era in seconda elementare e si poteva essere bocciati, ricordo miei compagni di classe che lo furono. Poi dopo l’esame di quinta elementare c’era la vera spartizione sociale. Per entrare nella scuola media – dove si studiava il latino e solo attraverso la quale si poteva accedere al liceo ed all’università – si doveva superare un difficile esame di ammissione, pubblico però senza alcuna preparazione pubblica. Così le famiglie dovevano pagare un’insegnante privata e quelle che non potevano permetterselo mandavano i figli alla scuola di avviamento, che dopo tre anni spediva direttamente al lavoro. La maggioranza della mia classe seguì quella via e a tredici o quattordici anni molti di quei ragazzi erano già apprendisti operai, o semplicemente garzoni, così si chiamavano, in qualsiasi altro posto di lavoro.
Nei luoghi di lavoro vigeva un autoritarismo padronale che si sommava a quello che si era riaffermato in tutta la società, dopo il breve dilagare di libertà seguito al 25 aprile del 45. Giuseppe Di Vittorio lo definì il ritorno del fascismo nelle fabbriche. E anche se il paese cresceva e diventava diverso , lo sfruttamento era gigantesco, come la miseria che spingeva milioni di persone dal Mezzogiorno verso il Nord, ove si accelerava lo sviluppo industriale. Il mondo cambiava e la politica, la grande politica entrava nelle vite della mia generazione da tanti lati. Dal conflitto delle sinistre , comunisti e socialisti, con la democrazia cristiana, che attraversava tutto il paese e che prima o poi ti coinvolgeva Dallo sconvolgimento del mondo dove crollavano gli imperi coloniali e avanzava il socialismo, dalle lotte di liberazione, Cuba, l’Algeria, il Vietnam che ti chiedevano di prendere posizione. Dal cambiamento dei costumi che avanzava e minava l’Italia bigotta, familista e autoritaria che ancora dominava. Magari si cominciava con la musica, il rock contro il melodico, e poi si finiva in piazza. Quelli più grandi di noi lo fecero già nel 1960 scendendo in strada con le loro magliette a righe contro il governo filofascista di Tambroni e furono uccisi a Reggio Emilia, in Sicilia. Poi ci furono il 68 ed il 69, le grandi lotte degli settanta, che davvero trasformarono il paese, spazzarono via tutto l’autoritarismo che ancora lo permeava e provarono a costruire una società giusta.
Negli anni 80 cominciò il riflusso, il giro di boa della storia, e in diversi decenni di restaurazione molte conquiste sociali e democratiche furono cancellate. Nel nome del mercato e dell’impresa, che si presentavano come moderni, rivoluzionari persino. Una parte della mia generazione fu catturata da questi tempi nuovi e se ne fece complice e artefice. In molti però resistemmo, per fermare ciò che vedevamo come il ritorno al passato, mentre si presentava come il futuro. Così da rivoluzionari in fondo diventammo conservatori, e così fummo definiti e dileggiati. Lottammo tanto, ma perdemmo, il mondo diventò ciò che non avremmo mai voluto che fosse, dominato dalla ricchezza e dal denaro. Prima di restare chiuso in casa, girando per Brescia mi capitava spesso di incontrare operai con cui avevo lottato negli settanta e ottanta e tutti mi facevano lo stesso discorso: quanti scioperi quante lotte e ora si è perso tutto, i giovani non hanno più nulla di ciò che avevamo conquistato noi.
Già i giovani, ai quali la mia generazione era additata come causa dei loro guai, da chi ci aveva sconfitto. Noi eravamo considerati dei privilegiati, perché avevamo conquistato un lavoro più sicuro, perché avevamo una pensione, bassa ma dignitosa. Noi avevamo lottato contro la distruzione dei diritti sociali e del lavoro, contro la precarizzazione dei lavori e delle vite, ma paradossalmente, proprio coloro che avevano cancellato le nostre conquiste, ora ci accusavano di essere la causa del fatto che nessuna di esse fosse arrivata ai giovani.
Eravamo i baby boomers, la generazione nata col boom delle nascite del dopoguerra, che viveva alle spalle di tutte le altre. Ok boomers era il termine che si stava diffondendo e che serviva a zittire con disprezzo uno della mia generazione, se provava a dire che il mondo attuale non gli piaceva affatto. Vai all’inferno vecchietto, accontentati dei tuoi privilegi e della tua vita fortunata.
Poi è arrivato il morbo che ha aggredito in particolare gli anziani e ucciso tante e tanti di essi. Come per una tremenda legge del contrappasso, noi che abbiamo lottato per la sanità pubblica e contro i tagli e le privatizzazioni, ora siamo vittime della nostra sconfitta e del successo di chi ci ha battuto.
Ora di fronte allo sterminio delle generazioni anziane l’opinione verso di noi sta mutando, e una società che ha colpito i diritti ed il futuro dei giovani dandone la colpa a noi, ora riscopre le parole e le idee della nostra gioventù. Il conflitto generazionale quasi scompare e tornano le differenze di classe, le ingiustizie sociali, la divisione tra ricchi e poveri, anche quelle tra stati nel mondo. E la solidarietà e l’eguaglianza riconquistano improvvisamente la ribalta, i politici che le hanno sempre ignorate e dileggiate ora si nascondono ipocritamente dietro di esse.
La mia generazione e quelle più vicine pagano con migliaia di morti il ritorno di ciò per cui si sono battute fin dalla gioventù e per cui bisognerà riprendere a lottare. Coloro che ce l’avranno fatta in fondo torneranno giovani e ci auguriamo che essi siano il più possibile.

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marzo 31, 2020

Cassa integrazione pagata subito: sottoscritto accordo con le banche

 Teresa Maddonni

 La cassa integrazione verrà pagata subito. È stato sottoscritto nella giornata di ieri l’accordo tra le banche con Abi e le parti sociali durante la videoconferenza presso il ministero del Lavoro presieduto da Nunzia Catalfo.
Cassa integrazione pagata subito: sottoscritto accordo con le banche

Il confronto è durato 7 ore e alla fine è stato sottoscritto il Protocollo con il quale le banche si impegnano ad anticipare a condizioni favorevoli, le somme dovute per la cassa integrazione ai lavoratori che potranno nell’immediato affrontare le difficoltà cui il coronavirus ci sta sottoponendo.

Così non sarà necessario attendere i tempi anche molto lunghi dell’INPS, ma la cassa integrazione verrà pagata subito dalle banche che poi riceveranno dall’Istituto in un secondo momento la somma dovuta.

La cassa integrazione, anche in deroga, è stata prevista dal decreto Cura Italia.

Vediamo come verrà pagata subito la cassa integrazione ai lavoratori e cosa prevede l’accordo sottoscritto con le banche.

Cassa integrazione pagata subito dalle banche: l’accordo

Cassa integrazione pagata subito dalle banche e ad annunciare l’accordo tra Abi e parti sociali al termine della videoconferenza durata l’intero pomeriggio del 30 marzo è anche la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo che commenta anche sul suo profilo Facebook.

Nel protocollo è previsto che le banche che aderiranno pagheranno la cassa integrazione ai lavoratori nell’immediato con delle condizioni favorevoli.

L’INPS che per pagare la cassa integrazione spesso impiega anche 2 o 3 mesi– ma i lavoratori al momento hanno bisogno di aiuto nell’immediato- si impegna dal canto suo a rimborsare le banche entro i 7 mesi.

La banca presso la quale il lavoratore chiederà la cassa integrazione non farà pagare a questi interessi aggiuntivi. Il protocollo avrà validità fino al 31 dicembre 2020 e permetterà di pagare la cassa integrazione entro Pasqua cercando così di rispettare, con l’accordo,le promesse di Conte che aveva annunciato gli aiuti entro il 15 aprile.

A margine della videoconferenza la ministra Catalfo ha così commentato, attraverso il suo profilo Facebook ufficiale, l’accordo raggiunto:

Le parti sociali e l’Associazione bancaria italiana (Abi) hanno sottoscritto, alla mia presenza e su mio invito, la convenzione per l’anticipazione degli ammortizzatori sociali previsti dal decreto Cura Italia. Tra i punti principali, la convenzione prevede che le banche aderenti adotteranno condizioni di massimo favore per evitare costi a carico dei lavoratori. Un risultato molto importante grazie al quale milioni di lavoratori potranno vedersi riconoscere dalle banche una rapida anticipazione dell’importo del trattamento d’integrazione salariale che gli spetta.

Cassa integrazione subito: domanda nei prossimi giorni

Per la cassa integrazione pagata subito grazie all’anticipo delle banche previsto dal protocollo ci sarà la possibilità di fare domanda già a partire dai prossimi giorni e si avranno anche le istruzioni in merito dettagliate.

Come abbiamo detto, nonostante i dubbi dei consulenti del lavoro, l’obiettivo è quello di concedere l’ammortizzatore sociale esteso anche alle microimprese.

Come abbiamo anticipato l’accordo avrà validità fino al 31 dicembre 2020. Il pagamento anticipato riguarda la cassa integrazione a zero ore per nove settimane che il limite fissato dal decreto Cura Italia, ma che con il nuovo decreto di aprile potrebbe essere prolungata dal momento che a prolungarsi sono anche le misure restrittive per evitare contagio da COVID-19. L’anticipazione sarà fissata in questo caso a 1.400 euro.

Una buona notizia per i 10 milioni di lavoratori coinvolti. La volontà di contribuire al processo della cassa integrazione era arrivato dalle banche già nei giorni scorsi attraverso alcune dichiarazioni di Abi e le Organizzazioni sindacali del settore bancario, Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin che:

condividono con grande favore l’importante obiettivo a cui stanno intensamente operando con le altre rappresentanze delle imprese e dei sindacati per il varo della convenzione per l’anticipazione ai lavoratori dei trattamenti di cassa integrazione conseguenti alla sospensione dal lavoro causata dall’emergenza Covid-19. Un concreto aiuto alle famiglie che sta trovando pronta definizione grazie alle consolidate positive relazioni sindacali innanzitutto nel mondo bancario che hanno sempre consentito di trovare insieme gli strumenti utili nei momenti di maggior criticità, anche con attenzione alle altre categorie.

Maggiori dettagli sull’accordo tra Abi e parti sociali sulla cassa integrazione pagata subito, con i moduli per la domanda dei lavoratori e istruzioni in merito si avranno nei prossimi giorni.

marzo 31, 2020

VIVA LA SANITA’ PUBBLICA!!

di Giuseppe Giudice

Negli occhi dei pazienti la grande paura" - Cronaca - lanazione.it

Questa brutta pandemia dovrebbe insegnare che occorre ripristinare integralmente il Servizio Sanitario Nazionale, che pur conservando punti di eccellenza indiscutibili, è stato ed è gravemente colpito da due elementi. 1) i forti tagli alla spesa sanitaria pubblica imposti dalle politiche di austerità, sulla base dei parametri imposti dalla Trojka 2) la sciagurata”deforma” del Titolo V della Costituzione , che ha fatto della Sanità (e di altre cose) “materie concorrenti tra stato e regioni) un “riforma fatta dall’Ulivo, ricordiamolo.(anche per inseguire il leghismo). Ora i tagli hanno impedito l’assunzione di personale sanitario, medico e paramedico, di attrezzature, anche quelle al alto contenuto tecnologico; la “concorrenzialità” ha impedito un coordinamento e una direzione da parte delle istituzioni pubbliche centrali, ha accresciuto il divario tra Nord e Sud. In Veneto e Lombardia si è dato molto spazio ai privati, si sono chiusi presidi ospedalieri territoriali (una assessora del comune di Bergamo lo ha messo in evidenza in quella che ora è l’area più colpita. Ora con il massimo rispetto per i nostri fratelli morti e per il grande dolore delle loro famiglie, i “governatori” non possono scaricare tutto sul governo centrale. E’ stata proprio la gestione regionale (e non solo della Lombardia e del Veneto) che si è completamente trovata impreparata a gestire la situazione. Certo , bisogna considerare, che nessuno si aspettava dei focolai così forti e virulenti , soprattutto il Lombardia, e la crescita esponenziale dei malati e dei decessi. Sono cose che vanno indagate. C’è probabilmente il problema dello smog (altissimo in Pianura Padana)…ci sarà altro. Ma certo la mancanza di un serio coordinamento centrale ha recato grossi danni sulla sanità italiana. Poi c’è una considerazione che riguarda il finanzcapitalismo : il quale punta a far privatizzare i beni sociali , quali settori dove massimizzare il profitto.
Ma facciamo un passo indietro nella storia. Il sistema Sanitario Nazionale, segue il cosiddetto modello “Beveridge” (poi dirò perché non è esatto chiamarlo Beveridge): un sistema sanitario fondato su una sanità pubblica, gratuita, universalistica e finanziata dalla “fiscalità generale”. Questo modello è lo stesso dei paesi scandinavi, realizzato (con trenta anni di ritardo) in Italia) e poi in Spagna, Portogallo e Grecia. E differisce dal sistema mutualistico (modello Bismark – ma Bismarck lo prese dai cosiddetti “socialisti della cattedra” tedeschi (Schmoller) che fecero nel 1869 ad Eisenach il primo “manifesto dello stato sociale”. Naturalmente Bismark non lo fece per fare un favore ai socialisti (che pochi anni dopo mise fuori legge) ma per assicurarsi il sostegno dei lavoratori alle imprese belliche prussiane. E comunque il modello mutualistico (adottato con varianti in altri paesi europei) prevede assicurazioni obbligatorie sulla base di contributi degli imprenditori e lavoratori. E’ un modello, detto in estrema sintesi, “lavoristico” e non universalista . Come quello , appunto , detto Beveridge. Ma non è di Beveridge. In Italia , come al solito si tenta di attribuire ad un liberale progressista e non ai socialisti la vera paternità ed implementazione del modello. John Mc Donnell ha recentemente detto che la paternità ideologica del socialismo e laburismo inglese va attribuita a tre grandi intellettuali. Richard Tawney, G.H.D.Cole e William Morris. Il primo (con la critica all’antropologia del capitalismo (nel suo libro “la società acquisitiva) , il secondo grande teorico della democrazia industriale e del socialismo autogestionario, il terzo , marxista eterodosso e libertario. Ma concentriamoci su Tawney (cognato di Beveridge): l’impianto del modello del sistema sanitario universalistico , derivava da una precisa convinzione : occorre in modo chiaro e netto i territori e le attività in cui il capitalismo e la logica del profitto non deve operare. Uno di questi, fondamentali, è la sanità…ma per lui ce ne erano anche altri molto importanti. E comunque quel modello lo realizzò il compagno Bevan, ministro della sanità nel governo laburista di Attlee, minatore del Galles e leader della sinistra laburista, ostile alla entrata nella Nato, e neutralista tra i blocchi. Quindi torniamo fino in fondo al modello “Bevan”

marzo 31, 2020

Se n’è andato MANOLIS GLEZOS

di Argiris Panagopoulos
La foto che ho fatto nella piazza del mio quartiere di Nea Smirni fuori il gazebo di SYRIZA, pubblicata con una sua intervista sul Manifesto.

Per Charles de Gaulle era “il primo partigiano dell’Europa”. Per noi era semplicemente Manolis, il nostro amico e compagno di sempre nei tempi buoni e sopratutto difficili.
Se n’è andato oggi Manolis Glezos, il nostro eroe della resistenza e di tutte le lotte per la democrazia in Grecia.
Aveva amato cosi tanto il nostro paese e la sia gente per fare 16 anni di prigione e di confino e passare per ben 28 volte dalle aule dei tribunali di tutti i generi, civili o militari.
Manolis aveva 97 anni. Il suo fratello Nikos è stato fucilato il maggio del 1943 insieme con altri 91 compagni dai tedeschi.
“Coraggioso, dritto, combattente fino all’ultimo giorno, o Manolis Glezos è arrivato alla fine di un eccezionale percorso. la Grecia, la Repubblica e la democrazia, la giustizia sociale, hanno perso un grande combattente della prima linea”, ha scritto Alexis Tsipras.
Manolis è nato il 3 settembre del 1922 a Naxos nelle Cicladi. Insieme con Lakis Santas la notte ta il 30 e il 31 maggio del 1941 hanno bittato giù da Acropolis la bandiera degli occupanti nazisti con la croce uncinata.
Ha partecipato nella resistenza. Era stato arrestato dai tedeschi il febbraio del 1942 e dalle torture si amala di una frote tubercolosi e per questo è stato liberato in fin di vita. L’aprile del 1943 è stato arrestato dai carabinieri e sei mesi dopo la sua nuova liberazione, il febbraio del 1944, è stato arrestato dai collaborazionisti dai carabinieri, ma ha potuto evadere il settembre del 1944.
Era stato direttore del giornale del Partito comunista KKE “Risospastis” e più tardi del giornale di Unione Democratica di Sinistra EDA “Avgi”.
Manolis è stato condannato a morte 3 volte ed è stato incarcerato per tantissimi anni per uscire definitamente dal carcere con la amnistia generale della giunta dei colonnelli il 1971.
L’ottobre del 1948 è stato condannato per prima volta a morte per “delitto” attraverso la stampa. Una seconda condanna era arrivata il marzo del 1949, ma le proteste internazionale e quelle in Grecia hanno salvato la vita di Manolis.
Picasso, Sartre, De Gaulle, Camus e tante altre personalità hanno salvato due volte Manolis e alcuni dei suoi compagni dai plotoni di esecuzione che lavoravano a pieno ritmo per anni durante e dopo la guerra civile.
Manolis è stato eletto deputato della Unione Democratica di Sinistra EDA, ma il governo negava la sua liberazione e l’immunità parlamentare. Dopo 12 giorni di sciopero della fame per scarcerare i 10 deputati di EDA chiusi nelle carceri o confinati nelle isole Manolis esce dal carcere. Il dicembre del 1956 Manolis è diventato direttore di “Avgi”.
Il 1956 è stato arrestato per spionaggio a favore dell’URSS, perché aveva incontrato il segretario del KKE che era entrato clandestinamente in Grecia. Il tribunale speciale militare, perché Glezos non meritava in tribunale ordinario, alla fine lo ha condannato in 8 anni di carcere, 4 anni di confino e la perdita dei suoi diritti civile per 8 anni.
I suoi compaesani di Apiranthos di Naxos presentano un appello per la sua liberazione. Lo firmarono tutti, i suoi compagni e i suoi nemici.
Il 1961 è stato rieletto deputato di di EDA ma è rimasto in prigione. Alla fine e grazie alle pressioni internazionali nell’anniversario del suo compleanno il dicembre del 1962 è stato scarcerato con un decreto reale.
Il 21 aprile del 1967 Manolis è stato arrestato con la sua famiglia dalla giunta dei colonnelli per fare il solito giro delle carceri e delle… isole. Con la amnistia generale del 1971 Manolis è uscito definitivamente dal carcere.
Il 1968 pero Manolis confinato dai colonnelli ha condannato l’invasione dei sovietici a Praga e si schiera con la Primavera e contro gli odiosi carri armati.
Dopo la dittatura ha cercato di far rivivere EDA e nelle elezioni del 1981 e del 1985 è stato eletto deputato con le liste di PASOK, e il 1985 è stato eletto eurodeputato del  Il 2002 si candida con Synaspismos e il 2004 con SYRIZA. Il 2010 un celerino gli ha spruzzato peperoncino e altre sostanze chimiche ed è stato ricoverato con problemi respiratori scatenando la ira di centinaio di migliaia di persone che eravamo sulla piazza Syntagma quando per un momento si è era sparsa la voce che hanno ucciso Manolis.
Nelle elezioni per il parlamento europeo è stato eletto eurodeputato di SYRIZA con 438.000 voti, il massimo di preferenze che ha avuto un politico in Grecia. un anno dopo si era dimesso come aveva premesso dall’inizio.
Il settembre del 2015 è stato candidato con la Unità popolare avendo denunciato il memorandum che aveva firmato Alexis Tsipras il luglio dello stesso anno, ma poco dopo è uscito da Unità popolare.
Durante questi anni non sono mancate le critiche di Glezos verso SYRIZA, anche se erano molto ammorbidite. Per ultimo è stato contro l’accordo con la FYROM che è stata rinominata Nord Macedonia.
Ηa pubblicato 16 libri.

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marzo 31, 2020

A che cosa (non) è servita Sinistra Italiana

di Gaetano Colantuono,

Risorgimento Socialista Puglia

A che cosa (non) è servita sinistra italiana

Quando, nel biennio 2016-2017, il lungo processo costituente della sinistra socialista che avrebbe portato a Risorgimento socialista (RS) era ancora ai suoi primi (e complicati) passi, il gruppo più cospicuo – appena fuoruscito da un partito satellite del PD e partecipe della maggioranza in sostegno dei governi Monti e Renzi – fu invitato a partecipare alla costruzione di un nuovo e composito raggruppamento, sinistra italiana (SI), che nasceva sostanzialmente per la convergenza di ciò che restava di SEL (dopo il fallimento, anche in Puglia, del progetto di egemonia di Vendola sul mondo dei movimenti e della sinistra comunista) e di vari parlamentari, fra cui soprattutto Stefano Fassina, appena usciti anch’essi dal PD ormai divenuto Partito di Renzi, in opposizione alle sue politiche marcatamente neoliberiste.

Dopo vari mesi di dibattito interno il grosso dei compagni aderenti a RS fecero la scelta di non confluire in SI ma di mantenere una propria autonomia organizzativa e politica. La posizione coraggiosa, vista la relativa fragilità del gruppo promotore di RS, fu così motivata dal coordinatore nazionale, Franco Bartolomei: « [C’è] il rischio di una nuova piccola Sel, indebolita e subalterna.
Purtroppo da questo congresso fondativo di Rimini di Sinistra Italiana, oltre ad una genericità estrema di proposta politica, esce come suo logico corollario anche una leadership assolutamente inadeguata ai compiti ambiziosi che il nuovo partito dichiara di voler svolgere. In particolare assume la massima direzione di quel partito un esponente che è espressione stretta del gruppo dirigente che ha condiviso appieno le responsabilità del fallimento della leadership politica rappresentata da Vendola
. Il candidato naturale e logico che avrebbe dovuto guidare la nuova formazione avrebbe dovuto essere naturalmente il compagno Fassina […]. Il nuovo partito rischia quindi seriamente di mantenere i suoi consensi elettorali attorno ad una soglia di consensi elettorali assolutamente insufficiente a consentirgli di divenire il fulcro di quel processo aggregativo a sinistra, di cui tutti sentiamo la necessità, e una inevitabile logica di sopravvivenza, difficilmente aggirabile alla luce della situazione scaturita da Rimini, porterà con molta probabilità alla riproposizione di cartelli elettorali confusi e deboli, quando invece un autentico processo costituente per la ricostruzione di una sinistra alternativa avrebbe necessitato di tutt’altro spessore politico e culturale. Il rischio concreto che emerge da Rimini è che il nuovo partito a causa della sua debolezza rischia di rimanere impigliato da subito in una sostanziale subalternità politica alla nuova formazione che i fuoriusciti dal PD andranno a costruire nell’ottica di una ricostruzione di un nuovo ulivo allargato in grado di ricostruire un quadro di rinnovata stabilità di governo dopo la crisi del progetto egemonico renziano [, quindi] assolutamente non in grado di ridare forza e rappresentanza al grande campo politico , culturale e sociale, di quella nuova sinistra di alternativa di modello sociale ed economico e di difesa costituzionale, che cresce sempre più nel profondo della coscienza del paese reale».

In effetti, molte delle ipotesi paventate nella nota si sono rivelate corrette. SI è sopravvissuta all’ombra di una irrisolta ambiguità, fra “partito degli eletti” (a livello locale e parlamentare) e una parte della base degli iscritti: la prima in generale pervicacemente (e comprensibilmente) legata all’idea di centrosinistra più o meno largo o di ulivismo fuori tempo massimo, se non satellitare rispetto al PD, cui doveva l’elezione e le nomine; la seconda impegnata in lotte locali e generali encomiabili e radicali, portate avanti da generosi attivisti provenienti da varie esperienze, fra cui quadri della Cgil.

Tale ambiguità ha portato a un’inesorabile diminuzione delle iscrizioni, delusioni e conflitti interni, mentre una continua emorragia di eletti raggiungeva il PD o altre formazioni moderate (fino al recente movimento renziano), capaci di meglio assicurare rielezioni e migliori posizioni. Neppure l’esperienza di Liberi e Uguali ha avuto sorte migliore: se ha superato la soglia del 3% alle elezioni di marzo 2018 (a differenza del tentativo generoso ma fragile di Potere al Popolo, di cui RS era stato uno dei promotori), è finito poco dopo, sopravvivendo solo a livello parlamentare. Il che dimostrava che solo di un contenitore elettorale si trattava.

Le “macerie vendoliane”

Merita solo un cenno la genesi di SEL, fondato su quattro microscissioni, fra cui quella che ha provocato la sostanziale paralisi di Rifondazione, che fino ad allora (2006) aveva avuto, nel bene e nel male, un ruolo di opposizione politica, e sul leaderismo mal celato delle “fabbriche di Vendola”, su cui affondò ben presto il bisturi sociologico di Onofrio Romano (La Fabbrica di Nichi. Comunità e politica nella postdemocrazia, 2011) e la sua strutturale configurazione ondivaga, ad esempio post-marxista sul piano culturale, in analogia con l’evoluzione del quotidiano “il manifesto” che di quell’area (la sinistra del centrosinistra) è organo. Dal mio osservatorio pugliese  ho maturato l’idea che, al di là delle evidenti difficoltà in cui Vendola si è trovato a gestire il potere regionale per dieci anni, è proprio sui fallimenti sui tre temi centrali (lavoro, ambiente, sanità) su cui aveva mobilitato numerose energie e sul lascito pressoché dannoso sul piano etico-politico che vada impostato un giudizio sostanzialmente negativo: le cosiddette “macerie vendoliane”. 

Le quali colpiscono non solo quanti a quella esperienza di governo si rifanno (i residui gruppi dirigenti pugliesi di SI) ma impietosamente anche su quanti si affannano a costruire una sinistra per l’alternativa. Ricordo il caso di un volantinaggio nel mercato settimanale ad Altamura, città principale del collegio in cui ero candidato alla Camera; mentre ero da solo, nell’indifferenza generale verso i volantini che spiegavano le nostre proposte politiche radicalmente favorevoli alle classi popolari, mi si avvicina una signora di mezza età e mi dice senza particolare astio: Ma cosa avete fatto quando avevate il potere?”. “Noi, chi?”, le risposi. 

Coerentemente su queste premesse, i 5 stelle vinsero largamente il collegio.

Il socialismo rimosso: a che è servito e serve il gruppo dirigente di sinistra italiana (per il PD)

Vi è un ulteriore motivo che giustificasse la cautela di RS verso il gruppo dirigente di SI. Infatti, metodologicamente le assenze, i lapsus, i rimossi sono indicativi molto più delle cose esplicitate.

Agli inizi del 2020, mentre SI fa parte della maggioranza del secondo governo Conte, si è tenuto un congresso per il rilancio di SI, che ancora una volta si è risolto in un “evento”, una sommatoria di personalità dotate di una certa notorietà a livello nazionale, fra cui la pur apprezzabile Elly Schlein (dichiaratamente interessata ad un nuovo centrosinistra e ad una collocazione liberale).

Tuttavia è una lettura del  documento preparatorio ad assumere carattere sintomatico. Quel documento è in sintesi una proposta di gestione progressista della situazione data, con alcuni spunti o proposte anche interessanti (il che dimostra l’intervento di competenze significative, che sarebbe un grave peccato si disperdessero).

A una lettura critica si noterà che esso menziona 22 volte la parola “sinistra” variamente aggettivata, quasi 2 menzioni per pagina. MAI la parola SOCIALISMO, SOCIALISTA.

Una lacuna che non è casuale ma che parla di una consapevole rimozione: non solo terminologica, si badi, ma di valori, tradizioni e prospettive. Il tutto accade (o meglio: è assente), mentre si manifesta un scivolamento a destra, frutto di una trasformazione antropologica indotta da dosi sempre più massicce di neoliberismo e fenomeni correlati: lo conferma il radicamento meridionale e nelle isole della lega, capace di imbarcare il peggio della vecchia destra e delle consorterie locali immortalate dal genio comico di Albanese.

Di tutto, di più pur di non parlare di socialismo. Ciò va detto senza polemica personale ma con chiarezza verso chi continua a pensare a alleanze tattiche con ceto dirigente di tal fatta. Si è detto più volte che i “post-comunisti ulivisti” (la destra del fu PCI) non possono diventare socialisti per due motivi: mantengono il loro ostracismo antisocialista e approdano subito a posizioni liberaldemocratiche, che spesso diventano propriamente liberiste pur temperate. 

Sempre nella bozza di documento per il congresso c’è scritto: “portare i sindacati nei consigli di amministrazione delle grandi imprese“. Ossia concertazione al quadrato. Inutile aggiungere che il modello di cogestione ha mostrato i suoi limiti in Germania, figuriamoci in Italia. Si snaturerebbe il ruolo dei sindacati che devono fare vertenze, conflitto, non litigare per chi deve partecipare – remunerato e coccolato (cfr. scandali Volkswagen) – ai tavoli del padronato. I luoghi di mediazione e (eventuale) controllo o contropotere sono altri. È inoltre significativo che nelle 25 pagine non si ricorda mai che gran parte delle conquiste sociali ora da difendere o aggiornare siano avvenute negli anni Sessanta-Settanta (e che molti dei dirigenti di SI hanno sostenuto governi o amministrazioni locali che quelle conquiste hanno contribuito a sopprimere).

Terza via, ulivismo, coalizione rossoverde, centrosinistra… tutto fuorché parlare di socialismo, ricostruire un partito socialista di sinistra, presentare una alternativa di società e economia. Anzi impedire tutto questo. In questa cornice va letto, lo ripeto, in Italia il recente tentativo di rilancio di SI.

Al netto delle narrazioni e delle personalità, si sta semplicemente riproponendo il solito schema del centrosinistra imperniato sul PD, con una appendice che si propone di “spostarne a sinistra l’asse”. Come se ciò che è tondo può diventare quadrato. Le recenti regionali in Emilia-Romagna sono state l’apripista di un nuovo bipolarismo, a condizioni peggiorate rispetto al precedente, per via dell’autoaffossamento dei 5stelle. Il problema è il circolo vizioso. Si vota il pd o alleati per non far vincere la destra, il pd fa politiche che rafforzano la destra che quindi rischia di vincere. Allora si vota il pd per non far vincere la destra etc. I contenuti di questa alleanza progressista restano sistematicamente sullo sfondo, buoni solo per qualche evocazione suggestiva. Perché, in definitiva, SI è e resta un equivoco politico.

Non stupisce che quasi nessuno dei dirigenti di Risorgimento socialista provenga da quella esperienza (SEL-SI) o che l’abbia abbandonata prima delle elezioni del 2018.

Il ruolo dei socialisti di sinistra: dalla maledizione di Sisifo al viaggio di Telemaco

Non è questa la sede per chiarire se tale rimozione del socialismo sia il lascito di un consapevole antisocialismo (pur non dichiarato) e quanto durerà ancora questa “conventio ad excludendum” che riguarda il socialismo in Italia.

È piuttosto tempo di lavorare altrove e per altri obiettivi. Dalla parte dei lavoratori e delle lavoratrici. A noi la sfida di un partito o fronte socialista di sinistra, se ne saremo in grado.

In assenza di un partito socialista di sinistra (ossia radicalmente antiliberista) in Italia, siamo costretti a esultare per i gruppi socialisti di altri paesi (che siano latinoamericani, nordeuropei o finanche negli USA con la seconda campagna di Bernie Sanders), siamo costretti a formulare solo auspici generosi, riflessioni talvolta molto acute, progetti che trovano il loro limite nell’assenza di quel partito, di una massa critica sufficiente per essere attivi nel mondo del lavoro e della cultura, mentre monta da tempo un’ondata reazionaria che si esprime nel razzismo, nella repressione delle residue lotte dei lavoratori, nei continui tentativi di manomissione della Costituzione (tentativi bipartisan, si ricordi sempre), nella depressione economica di vaste aree del Meridione.

Da qui per me un forte senso di impotenza, frustrazione e autentica voglia di dismettere un impegno che sa di fatica di Sisifo (o di maledizione di Cassandra), quando piuttosto il mito generativo è quello positivo di Telemaco: siamo alla ricerca di un senso che vada oltre noi stessi. Uscire dal labirinto in cui siamo stati sospinti e guardare la realtà e provarla a modificarne i rapporti di forza che ci vedono da tempo non tanto soccombenti quanto imbelli. Promuovere una migliore formazione di compagni-e in vista della costituzione di un gruppo che sappia essere capace di farsi classe dirigente potenziale. Potenziale: nel senso che non è scontato che ci riusciremo né che ci sarà data l’opportunità storica di essere messi alla prova.
In questi quattro anni e mezzo di lavoro intenso dentro il principale (non unico né forse migliore) tentativo in controtendenza – il partito Risorgimento socialista – ho più volte ribadito che non sarà una ricostruzione facile né breve, sarà piuttosto una lunga marcia: si tratta di ricostruire una comunità di dirigenti a livello nazionale e locale, una koinè (lingua comune), un metodo di stare in un partito organizzato, dove si prova a costruire insieme (il NOI scomparso) un qualcosa di più grande della semplice somma di persone o reti relazionali.

È sulle lunghe e articolate tesi congressuali che chiediamo l’adesione, la cui cifra comune è la scelta di contestare l’attuale sistema neoliberista da sinistra e sulla base dei principi costituzionali.

La nostra, allora, si configura come operazione si direbbe di pulizia delle macerie anche linguistiche. Il problema resta il nodo dell’organizzazione, radicamento, ritorno nelle istituzioni. Per fortuna sono nel frattempo sorti alcuni gruppi, talvolta ridotti talaltra anche in contrapposizione fra loro, che invece – pur avendo provenienze differenti – hanno riscoperto in parallelo tre temi: la difesa e l’attuazione della Costituzione; l’opposizione al neoliberismo e al sistema Maastricht; la riscoperta di una prospettiva neosocialista. È con loro che dovrà avvenire la costituzione di una terza forza politica, dichiaratamente socialista: percorso lungo ma necessario.

Nel frattempo, un nostro compito è riassunto dalle parole di Max Horkheimer:
«La teoria critica, che è una teoria pessimistica, ha sempre seguito una regola fondamentale: attendersi il peggio, e annunciarlo francamente, ma nello stesso tempo contribuire alla realizzazione del meglio».

marzo 31, 2020

Sondaggi politici: crescono Salvini e la Meloni, in calo PD e 5 Stelle

In queste ultime settimane dove il Paese è stato sconvolto dall’emergenza coronavirus, il leitmotiv dei vari sondaggi politici è stato quello di una crescita del Partito Democratico e di Fratelli d’Italia a discapito rispettivamente di Italia Viva e Lega.

Nell’ultima indagine realizzata dall’istituto Tecnè in data 27 marzo, rispetto al precedente sondaggio di sette giorni prima c’è da registrare un’inversione di tendenza con i due Matteo, Salvini e Renzi, dati in ripresa e il PD in calo così come il Movimento 5 Stelle.

L’unica eccezione a questo ribaltamento è rappresentata da Fratelli d’Italia, visto che il partito di Giorgia Meloni sembrerebbe continuare a crescere e ormai sarebbe il terzo partito del paese staccando i pentastellati.

In generale non ci sarebbero comunque grossi scossoni ma soltanto degli aggiustamenti, segno di come in questo momento così delicato la situazione politica sembrerebbe essersi cristallizzata aspettando che l’emergenza sanitaria in corso allenti la sua morsa.

Sondaggi politici: cresce il centrodestra

Sorride al centrodestra l’ultimo sondaggio politico realizzato dall’istituto Tecnè, con tutte e tre le principali forza politiche della coalizione date in crescita e che nel complesso insieme arriverebbero in questo momento al 50%.

Dopo un periodo complicato torna infatti a crescere la Lega (+0,3%), sempre stabilmente primo partito del paese, così come sembrerebbero continuare il loro momento positivo Fratelli d’Italia (+0,1%) e Forza Italia (+0,1%).

Stando a queste percentuali, nel caso di elezioni anticipate il centrodestra vincerebbe a mani basse a prescindere dalla legge elettorale anche se, più di un nuovo voto, in questo momento si parla di un governo di unità nazionale magari presieduto da Mario Draghi.

Italia Viva (+0,1%) è l’unico partito che stando al sondaggio si andrebbe a migliorare rispetto all’indagine precedente, ma nonostante questo il nuovo partito di Matteo Renzi sarebbe sempre a rischio di finire sotto la soglia di sbarramento.

Ci sarebbe invece un passo indietro per il Partito Democratico (-0,3%), che nelle scorse settimane aveva rosicchiato molto terreno al Carroccio, mentre sembrerebbe continuare la crisi del Movimento 5 Stelle (-0,1%).

Stabile invece La Sinistra, che comunque sarebbe sotto l’asticella del 3% così come +Europa (-0,1%), Azione (-0,1%) e Verdi (-0,1%). Per tutte queste forze politiche, sembrerebbe essere indispensabile studiare qualche forma di alleanza per poter superare alle urne la soglia di sbarramento.

marzo 30, 2020

Coronavirus, ecco quanto spetta a ogni Comune dall’ordinanza della Protezione Civile

Coronavirus, ecco quanto spetta a ogni Comune dall'ordinanza della Protezione Civile

Come annunciato nell’ultima conferenza stampa tenuta dal premier Giuseppe Conte, con un’ordinanza della Protezione Civile sono da subito a disposizione dei circa 8.000 comuni italiani 400 milioni per sostenere le famiglie e i soggetti in difficoltà economica a causa del coronavirus.

A questi soldi poi verranno aggiunti dal governo i 4,7 miliardi del fondo di solidarietà, che saranno anticipati e versati ad aprile invece che a maggio. Una scelta questa dettata dal crescente numero di persone che al momento si trovano impossibilitate a reperire generi di prima necessità.

Lo Stato assegnerà a ogni Comune una determinata cifra, ma saranno poi i sindaci ad assegnare questi fondi come meglio si ritiene per “l’acquisizione di buoni spesa utilizzabili per l’acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell’elenco pubblicato da ciascun comune nel proprio sito istituzionale”.

Nelle intenzioni del governo questi soldi sono una sorta di misura tampone straordinaria, in attesa che come previsto dal decreto Cura dal 15 aprile inizieranno a essere erogate tutte le misure di sostegno al reddito messe in campo per aiutare le fasce deboli.

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Quanto spetta ai Comuni dalla Protezione Civile

Oltre ai 4,7 miliardi del fondo di solidarietà che arriveranno ad aprile invece che a maggio, gli ulteriori 400 milioni ai Comuni previsti dall’ordinanza della Protezione Civile sarebbero già a disposizione dei sindaci.

Per dividere i 400 milioni tra i vari Comuni per l’80% del totale è stato adottato il criterio della proporzionalità in base al numero degli abitanti, mentre il restante 20% andrà dove c’è un reddito pro capite più basso.

Elenco soldi elargiti a ogni Comune dalla Protezione Civile

Secondo delle indicazioni di massima da parte del governo, questi 400 milioni serviranno a fornire buoni spesa di un valore tra i 25 e i 50 euro per ogni nucleo familiare, in attesa che il 15 aprile arrivino gli assegni da 600 euro previsti dal decreto Cura.

La decisione di quanto e a chi destinare sarà presa però dalle varie amministrazioni comunali, che avranno la totale autonomia nel decidere come utilizzare questi soldi previsti dal decreto della Protezione Civile.

marzo 30, 2020

Mercati oggi: ancora coronavirus a dominare la scena

Mercati oggi: cosa sta succedendo nella prima seduta della nuova settimana, sempre dominata dal coronavirus?

Mercati oggi: ancora coronavirus a dominare la scena

Nella prima seduta della nuova settimana, numerose Borse hanno infatti lasciato osservare nuovi segnali di cedimento e in alcuni casi le perdite sono risultate piuttosto evidenti.

Tutto è accaduto in concomitanza con il crollo del prezzo del petrolio, affondato momentaneamente persino sotto i $20 al barile. Sui mercati, oggi, sembra essere tornato un sentiment di avversione al rischio, ma la seduta potrebbe ancora cambiare rotta.

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Mercati oggi alle prese con il coronavirus: le ultime notizie

Esattamente come accaduto nel corso delle ultime, drammatiche settimane, anche oggi i mercati hanno ricominciato a valutare con crescente scetticismo l’impatto e le conseguenze globali del coronavirus.

Quest’ultimo, ormai trasformatosi in vera e propria pandemia globale, ha contagiato più di 700.000 persone stando ai più recenti dati della Johns Hopkins University. Le morti, invece, hanno superato quota 33.000, mentre i Paesi più colpiti sono risultati:

  • Stati Uniti: oltre 139.000 infetti
  • Italia: circa 97.000
  • Cina: oltre 82.000
  • Spagna: più di 80.000
  • Germania: circa 62.000

I mercati oggi sono tornati a riflettere proprio sugli effetti del coronavirus, che ha già messo con le spalle al muro numerose economie. Secondo Rodrigo Catril, currency strategist della National Australia Bank, essi continueranno a chiedersi se e quanto le misure di stimolo introdotte in tutto il mondo si riveleranno sufficienti per aiutare l’economia a resistere a questo shock inaspettato.

Per rispondere a questa domanda sarà necessario conoscere l’entità delle misure di contenimento oltre che per quanto tempo saranno implementate. Fino a che queste incertezze non verranno risolte è probabile che le Borse e i mercati tutti continueranno a scambiare in preda alla volatilità.

L’andamento delle Borse oggi

Durante la sessione asiatica, tra le Borse peggiori si è inserita di diritto quella di Tokyo, con un Nikkei che ha lasciato sul campo più di 3 punti percentuali e con un Topix altrettanto depresso.

Non è andata tanto meglio alla Cina, dove i principali indici hanno scambiato con ribassi più o meno evidenti. Lo SZSE Component ad esempio ha perso più del 2%, mentre l’Hang Seng di Hong Kong è riuscito a limitare i rossi.

Meno depresse, invece, sia la Corea del Sud (che ha tentato di resistere alle vendite), sia l’Australia e la Nuova Zelanda, rispettivamente in rialzo del 7% e dell’1,68%.

Nonostante le performance di alcune Borse siano risultate particolarmente negative, non tutti i mercati oggi sono stati trascinati nel baratro. I rossi sono stati molto più contenuti rispetto a quelli delle ultime sedute. Tutti gli occhi ora saranno puntati sull’apertura delle europee e degli USA.

marzo 29, 2020

La grande fuga.

di Beppe Sarno

Il 29 marzo 1932 moriva esule in Francia uno dei padri del socialismo italiano: Filippo Turati. A me più che ricordarlo da morto piace ricordarlo da vivo e mi piace più di tutto gli episodi della sua vita l’avventuroso episodio del suo espatrio.
il fatto avvenne fra l’11 e il 12 dicembre 1925. In un primo momento si era pensato do farlo espatriare in Svizzera, ma l’impresa si rivelò molto rischiosa e si optò per la via del mare.
“Una vertiginosa fuga in auto per monti e per valli gelate – scriveva Ferruccio Parri organizzatore dell’impresa – sfuggendo fortunosamente i blocchi stradali ci portò a Savona. Adriano Olivetti impassibile e silenzioso guidava la macchina. Ricoverammo al’albergo senza incidenti “il povero vecchio zio sofferente” Fuori dal porto non si può partire, a Vado nemmeno. Si tenta “ai pesci vivi” all’interno del porto. Ma riesce, momenti di sospensione alla bocca del porto: che fragore nei nostri cervelli quel motore! La sentinella è distratta. Evviva!Ammiragli della spedizione erano Lorenzo Dabove , macchinista navale ed Italo Oxilia, capitano di lungo corso. L’industriale Francesco Spirito aveva fornito il motoscafo. [……..] guardavo Turati. Aveva lasciato più che la sua patria e mi pareva una quercia crudelmente sradicata. Sapeva che non avrebbe più rivisto la sua casa, sentiva che sarebbe morto in esilio e lo diceva respingendo dolcemente le proteste di Rosselli. Ora anche Pertini era della partita. ” Continua il racconto Carlo Rosselli sul periodico parigino Libertà “…..dodici ore durò la traversata da Savona alla Corsica. orribili. Più volte dovemmo darci il cambio alla pompa per eliminare l’acqua che ogni ondata ci regalava. Oxilia e Dabove grandi lupi di mare si davano il cambio al timone, sapientemente accogliendo le ondate…..Ma ecco la linea dei monti farsi più chiara col monte Cinto che tutti li sovrasta. L’isola rossa ci saluta. Ci saluta il sole. Calvi svela il suo forte proteso sul mare. Navighiamo ora in un’atmosfera di sogno, zitti in piedi, protesi verso la terra amica. Entriamo i rada verso le dieci del mattino sfiniti, inzuppati ma felici”
Il gruppo viene accolto nel locale circolo repubblicano dove Turati tiene una conferenza.
Dirà Pietro Nenni su le “Soir” del 21 dicembre 1926 “Turati fronteggia dapprima la tirannia mussoliniana, ma ormai nuove leggi di eccezione vietano quel po’ che ancora sussisteva del diritto di parola, di scrivere di pensare ….Rimanere in Italia come ostaggio sarebbe una viltà. Filippo Turati, vecchio sofferente, ha preso la dolorosa via dell’esilio.
Claudio Treves definirà nel 1936 i fuggiaschi “Argonauti del dolore che puntano la prua verso una terra di libertà e di onore per porvi i lari della patria perduta e tradita.”
Scriveva in francese Turati “M hanno incaricato di assumere la direzione di un “Bollettino d’informazione” edito par” la concentration antifasciste Italienne,” Questo bollettino si chiamerà “ITALIA”.
Scriverà Vera Modogliani in “Esilio” “Chi vorrà essere lo storico dell’Italia martoriata dal fascismo troverà in LIBERTA’ dati e informazioni. Vi troverà, in particolare la statistica delle condanne a morte pronunciate in Italia da quell’autentica vergogna giudiziaria che prese il nome di “Tribunale Speciale”
Scrive Pertini, che fu definito il mozzo dell”imbarcazione fuggiasca, a Turati ” Maestro domani è l’anniversario della nostra partenza da Savona ed io voglio ricordarlo con lei”.
Siamo nel dicembre 1927 e Pertini, futuro Presidente della Repubblica, faceva il muratore per sopravvivere.
Beppe Sarno

L'immagine può contenere: 3 persone, persone in piedi
marzo 29, 2020

MI RICORDERO’ DI VOI.

DI Paolo Rumiz
Non c'è solo il coronavirus, l'inquinamento uccide più del fumo e di malattie come Aids e malaria
Stamattina ho appeso fuori dalla porta un foglio con su scritto: «Mi ricorderò di voi quando tutto sarà finito. Di voi che avete smantellato la sanitàpubblica per finanziare centri di estetica e ora tuonate contro lo Stato perché mancano respiratori. Di voi farisei che, mentre pontificavate sulla vita, mettevate il profitto davanti alla vita stessa, e la difesa dei beni davanti a quella delle persone. Di voi, che ci avete coperto di veleni e lasciato desertificare l’Italia dei borghi; e di voi, volonterosi partigiani dell’economia del saccheggio, dello scarto e dello spreco, che avete de-localizzato in Asia e tolto lavoro alla nostra gente. E di voi, che avete coperto tutto questo, facendoci credere che il problema fossero gli immigrati, quando siete stati i primi a chiamarli per ingrassarvi il culo. E soprattutto di voi, ultra-liberisti da talk show, che avete smantellato cultura e senso del dovere, obbligandoci a gestire questa emergenza più con la polizia che con l’educazione civica. E infine di voi, che anche ora, nel momento estremo, seminate zizzania e bugie per coprire di fango chi senza clamore si spende per soccorrere gli ultimi».
Scritto d’impeto, dopo avere letto un report agghiacciante sulle responsabilità dell’ecatombe a Bergamo, epicentro dell’infezione, con centinaia di morti al giorno. Ho due figli lontani, ciascuno con un nipotino. Uno nelle Langhe in Piemonte, l’altro in Svizzera. Il primo non è mai stato così contento di vivere in campagna. «Fino a ieri gli amici mi chiedevano: “ma come fai a vivere lì senza nemmeno un cinema?” e oggi sono io che chiedo loro come fanno a vivere in città, senza la natura accanto». Michele sa che, con una creatura di quattro anni, avere del verde dove sgambare è impagabile. Ora ci sentiamo più di prima, via Skype o Whatsapp. Stasera, su un tavolo pieno di tessere di legno colorato e bandierine, eccomi in collegamento video a spiegare al piccolo, affamato di storia, come Annibale ha battuto i Romani in battaglia, arretrando. Mi guarda, affascinato. Ma il “clou” della giornata è al mattino, quando lui è ancora aletto e al nonno —che per l’occasione indossa turbante e mantello — tocca il racconto della fiaba. Storie italiane mirabilmente asciutte, raccolte da Calvino. Mostri, metamorfosi, incantesimi. Un mondo antico che non ha ancora dimenticato che a governarci sono spesso forze misteriose, complesse e sconosciute.