Posts tagged ‘Berlusconi’

dicembre 31, 2021

Democrazia assediata.

Di Beppe Sarno

L’art. 135, comma 1 della Costituzione afferma che la Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati:


• per un terzo dal Presidente della Repubblica;
• per un terzo dal Parlamento in seduta comune;
• per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa»;

I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati. Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni.

I giudici che attualmente compongono la Corte costituzionale e sono alla scadenza del mandato sono:

Giancarlo Coraggio, che attualmente riveste la carica di Presidente e dovrà essere sostituito dopo il 28 gennaio 2022. la sua nomina spetterà alla magistratura ordinaria e amministrativa.

Giuliano Amato e stato nominato dal presidente della Repubblica ed è in scadenza di mandato il 12 settembre 2022;

Daria de Pretis è stata nominata dal presidente della Repubblica ed è in scadenza di mandato al 18 ottobre 2023;

Nicolò Zanon e stato nominato dal presidente della Repubblica ed è in scadenza di mandato il 18 ottobre 2023.

Quindi il nuovo presidente della Repubblica nel biennio 2022 e 2023 dovrà nominare tre giudici costituzionali.

sono inoltre in scadenza Silvana Sciarra il cui mandato scade il 6 novembre 2023, Franco Modugno il cui mandato scade il 16 dicembre 2024, Giulio Prosperetti il cui mandato scade il 15 dicembre 2024 ed infine Augusto Antonio Barbera il cui mandato scade il 21 dicembre 2024.

Ciò significa che nei prossimi tre anni scadono otto giudici costituzionali e di questi tre saranno nominati dal presidente della Repubblica quattro dal Parlamento in seduta comune e soltanto uno dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa.

se Silvio Berlusconi dovesse essere eletto presidente della Repubblica avrebbe il diritto di nominare mentre componenti Della Corte costituzionale altri quattro verrebbero eletti dal Parlamento in seduta comune e soltanto uno dalla magistratura ordinaria.

Il capo dello Stato viene eletto dai cd. grandi elettori che in base alle regole vigenti saranno 1009(di fatto saranno1006): 630 deputati, 321 senatori (inclusi i senatori a vita) e 58 delegati regionali.

Nelle prime tre votazioni sarà necessario un quorum qualificato di due terzi dell’assemblea parlamentare, equivalente a 673 elettori su 1009 (il numero dei Grandi elettori). 

Dal quarto scrutinio pertanto  saranno sufficienti 504 voti per essere eletto presidente e non parteciperanno al voto i Presidenti di Camera e Senato.

Il centrodestra può contare su una base teorica di 452 voti in parlamento mentre il centrosinistra (PD,5stelle, leu e altri) contano su 436 grandi elettori. Determinanti saranno i voti dei parlamentari che non sono ascrivibili a nessuno dei due fronti.

Il quadro politico della Corte Costituzionale sarebbe completamente stravolto se Berlusconi e forse anche Draghi, venissero  eletti Presidente della Repubblica. Dei quindici membri infatti tre di nomina presidenziale verrebbero scelti fra le file del centrodestra, come pure i quattro in scadenza di mandato che dovranno essere eletti dal parlamento in seduta comune: Se dovesse vincere il centrodestra alle elezioni del 2023 avremmo altri quattro componenti scelti fra le file del centrodestra, in sostituzione di quattro eletti dal PD e dai 5 stelle; ciò significa che sette su quindici giudici costituzionale saranno di orientamento conservatore a cui si aggiunge Luca Antonini eletto in quota Lega Nord e quindi si può affermare con un certo grado di sicurezza che nei prossimi tre anni la Corte Costituzionale avrà fra i suoi componenti otto giudici sicuramente orientati a destra.   

E’ stato opportunamente detto “ la previsione di un organo investito del potere di incidenza sulla legge delinea un tipo di controllo che è politico nella sostanza, in quanto diretto a eliminare atti del potere politico quali sono le leggi, ma giurisdizionale della forma, in quanto esercitato attraverso lo strumento del processo che si svolge davanti a un giudice imparziale”.

Ora il potere della Corte Costituzionale è enorme perché se è vero che il suo ruolo fondamentale e quello di mantenere un equilibrio fra giudice e legislatore per garantire l’osservanza della Costituzione, chi ci garantisce che una Corte Costituzionale politicamente sbilanciata  “scriva” un precetto normativo in via sostitutiva del Parlamento?

Già per il passato la nostra Corte Costituzionale si è assunta la responsabilità di svolgere una sorta di potere costituente, fondato sull’estrapolazione dei nuovi diritti dalla norma costituzionale attraverso tecniche interpretative. Si pensi, tra gli altri, al diritto alla riservatezza, al diritto all’ambiente, al diritto all’identità sessuale: tutti diritti non previsti e disciplinati in Costituzione ma ritenuti diritti fondamentali costituzionali in virtù di pronunciamenti della Corte. E che dire del giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo? E’ stato detto che “Di fatto la  Corte ha riscritto l’art. 75 della Costituzione, introducendo nuovi limiti – ben oltre cioè quelli già disciplinati in Costituzione – alla promovibilità del referendum abrogativo, suscettibili di essere, di volta in volta, integrati, modificati, ampliati.” Non a caso, ed è questo il pericolo di una Corte Costituzionale orientata a destra, in  una sentenza che non è stata l’ultima (la n. 1146 del 1988), è stato detto «la Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o altre leggi costituzionali […]. Non si può negare che la Corte sia competente a giudicare sulla conformità delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali anche nei confronti dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale».

Ciò significa che la Corte Costituzionale può di fatto arrogarsi il diritto di  rovesciare la Costituzione, irrigidendola oltremodo, integrandola con interventi paracostituenti, dilatandola per consentire di fare entrare nel testo diritti fondamentali, ovvero processi sovranazionali.

Che la Corte Costituzionale abbia svolto un ruolo politico a volte anche di supplenza è cosa nota. Esiste però il pericolo che una Corte non politicamente equilibrata, come quella che verrà, attraverso sentenze politicamente eterodirette stravolga la  democrazia rendendo sempre più precaria la difesa dei diritti costituzionalmente garantiti.

aprile 23, 2021

Dove siete Compagni?

Di Beppe Sarno

All’indomani di “mani pulite” il Partito Socialista si sciolse come neve al sole. I più furbi salirono sulle scialuppe di salvataggio che la nave di Berlusconi mise in acqua garantendo loro una navigazione sicura per oltre venti anni, altri conservarono il simbolo del nostro  partito con alterne fortune fino allo squallore odierno con un ragazzino che gioca a fare il segretario nazionale e l’indefinibile Nencini. Per il resto un diaspora di compagni dispersi in mille rivoli alla ricerca di una rinascita.

Molti di noi si chiedono ed io sono uno di questi, dove andare. Ognuno lo fa secondo le proprie origini culturali e politiche in modi contraddittori e diversi ed il discorso rimane sempre confuso e la paura dell’ignoto e la consapevolezza di essere ininfluenti non ci fa comprendere i discorsi e le ragioni degli altri.

Ci domandiamo chi sono i nostri interlocutori sul piano reale. Alcuni scelgono il paese come classe operante altri una classe politica che pretende di orientarne il cammino dall’alto.

Eppure gli spazi politici per ricostruire un’ agorà della sinistra esiste: un paese sempre più diviso fra nord e sud, con il nord che avanza verso un’epoca nuova dei rapporti produttivi dove la finanza determina le scelte ed un sud sempre più abbandonato a sé stesso, malgrado i proclami dei vari governatori regionali e che retrocede verso il malcostume borbonico e mafioso che ha fatto dei  rapporti  fra politica ed economia una fossa dei serpenti dove chi ci cade muore avvelenato.

In tutto questo i lavoratori, includendo in questa definizione anche le decine di piccole e medie aziende penalizzate da un’economia che tende sempre più ad emarginarle, vengono abbandonati al loro destino.

L’Ilva di Taranto, la Whirpool di Napoli per citarne alcune ne sono la prova.

Una classe politica senza cultura cresciuta nel clima del ventennio Berlusconiano attenta all’apparire si preoccupa solo delle scadenze elettorali in cui i partiti ricchi di bizantinismi ma poveri di volontà univoche e di progetti politici non hanno mai saputo portare a compimento il progetto democratico che la nostra Costituzione indicava.

In Italia non esiste solo un vuoto di potere che la Presidenza della Repubblica, sollecitata dai poteri forti europei prova a colmare con l’uomo forte Draghi, ma anche soprattutto un vuoto ideologico e politico assai più temibile che una sinistra responsabile e consapevole del proprio ruolo dovrebbe colmare.

Il paese reale, i lavoratori, le imprese sane sono ormai incapaci di prefigurare e preordinare un futuro diverso da quello che Draghi e  l’Europa con l’aiuto degli strumenti di comunicazione di massa propinano loro.

Ma fino a quando questo sarà possibile? Difficile rispondere! I partiti sono arrivati ai limiti dell’inefficienza ideologica e si rischia una crisi di governo per un’ora in meno o più di coprifuoco.

Al vuoto di potere governativo ed amministrativo si aggiunge un vuoto ideologico e politico. Si sente dire che la distinzione fra destra o sinistra non ha più senso, si propina un’ideologia del fare. Il pericolo che a questo vuoto faccia seguito una perdita di libertà e democrazia.

Allora che deve fare una sinistra responsabile per contrastare questa deriva che ci ha portato ad una sorta di Repubblica conciliare dove l’uomo solo al comando fa e disfa secondo il pensiero dominante del finanz-capitalismo?

In un paese dove la burocrazia è tutto e dove l’opposizione non conta nulla, le situazioni precipitano rapidamente e la mentalità reazionaria di Salvini, della Meloni cova in molti ambienti democraticamente immaturi. Quei lavoratori che un tempo votavano per i partiti tradizionali della sinistra ora credono alla Lega ed alla destra reazionaria fra le più retrive d’Europa, amica di Orban e Erdodogan.

Buona parte della magistratura, della polizia, di una pubblica opinione infettata da una televisione di Stato ed un giornalismo che  in genere che non è più servizio informativo ma solo cassa di risonanza del potere sono infettati da questa mentalità reazionaria.

Questo quadro desolante ci insegna una cosa: ci sono spazi per i socialisti e i compagni che intendono resistere.

Il paese i lavoratori hanno fame di politica, di idee, di obbiettivi di lotta. Rifondazione comunista ha lanciato uno slogan molto efficace “Praticare l’opposizione, costruire l’alternativa. Il tempo è ora!” Certo è condivisibile, ma per fare questo bisogna capire come riconquistare quelle masse di lavoratori operai, studenti, impiegati, piccole e medie imprese che oggi guardano a destra  e per fare questo  è necessario capire quali sono i bisogni dei lavoratori che contrastano con i desideri di quella classe politica che rappresenta solo la finanza internazionale  ed assecondarla rappresenta solo un suicidio politico.

Ritornare davanti alle fabbriche, sui posti di lavoro, parlare con la gente smettendo, come diceva Karl Kautsk “di parlare di tasse, dogane, vessazioni poliziesche e casse di malattie e cose simili dimenticando i grandi scopi comuni come un amore di gioventù trascorso”

Andiamo a parlare alle gente dei loro diritti annientati da venti e più anni di liberalismo, andiamo a  parlare e spiegare perché i partiti al governo non vogliono attuare la Costituzione o peggio vogliono ridurla ad un straccio inutile.

Stiamo andando verso una stagione politica in cui sarà varata una nuova legge elettorale che il PD, La lega e tutti i partiti al governo vogliono che abbia una conformazione maggioritaria. E’ il momento di impegnarsi a difendere i diritti politici  e un regime parlamentare effettivo come strumento di dominio democratico dei lavoratori e di tutti quelli che rifiutano questa deriva antidemocratica verso cui stiamo scivolando.

All’interno della sinistra ora più che mai è indispensabile deporre rancori, incomprensioni, rinunciare ai fini particolaristici per fra rinascere il paese e difendere la democrazia.

Sapremo compagni avere una visione lungimirante non solo degli interessi dei lavoratori, ma anche dei nostri stessi interessi?

gennaio 17, 2021

Il matto del barbiere!

Di Beppe Sarno

Nel gioco degli scacchi esiste una strategia definita “il matto del barbiere” e consiste in un particolare scacco matto che avviene dopo tre mosse, in cui spesso incappano i principianti.

Ovviamente un giocatore esperto difficilmente cade in questa trappola e quindi sventato il colpo la partita viene giocata secondo altre strategie.

Oggi la lotta politica è sempre più ridotta a strategia e tattica, offensiva e difensiva, guerra di usura e guerra di movimento. Una specie di  vocabolario militare importato nella lotta per il potere. Non più progetti politici non più schieramenti ideologici, ma lotta dura per accumulare potere economico, politico, simbolico e culturale, accumulato e trasmesso di generazione in generazione dalle élite dominanti.

E’ quello che abbiamo visto in questi ultimi giorni dove da una parte il presidente del Consiglio Conte cercava di resistere e dall’altra Matteo Renzi ha provato a farlo ruzzolare dal ponte di comando del governo.

In gioco ci sono i 209 miliardi del recovery fund i soldi del MES e molto altro ancora.

Non si può comprendere esattamente quello che sta succedendo se prima non cerchiamo di capire chi sono i giocatori e che invece le pedine di questa drammatica partita a scacchi. Renzi ha provato d attuare la strategia del matto del barbiere, ma Conte ha sventato la manovra ed ora la partita si gioca secondo diverse strategie.

Per capire quello che sta succedendo bisogna ricostruire le mosse giocate fino ad oggi dai vari soggetti spostatisi all’interno della scacchiera in un succedersi senza apparente logica. Partiamo da lontano: il 14 ottobre 2019 Conte è presente ad Avellino ospite della Fondazione intitolata a Fiorentino Sullo per le celebrazioni previste nel 2021 per ricordare uno dei padri fondatori della Democrazia Cristiana. Dopo il convegno Conte è stato accompagnato in giro per l’Irpinia dagli esponenti storici della Democrazia Cristiana irpina quali: Gerardo Bianco, Nicola Mancino, Giuseppe Gargani, Ortensio Zecchino, Enzo De Luca, Mario Sena definiti dalla stampa locale “ciascuno con sensibilità e accenti diversi sostenitori della centralità dell’assemblea elettiva e della democrazia della rappresentanza.”

Contemporaneamente Gianfranco Rotondi si fa promotore della  Fondazione Democrazia Cristiana intitolata a Fiorentino Sullo destinata “raccogliere e tenere vive le idee della Democrazia Cristiana, rilanciarne la lezione e la prospettiva, diffondendone i princìpi e i valori democratici nella cultura politica della società italiana (ed europea) di oggi” In  questo progetto Rotondi e Buttiglione arruolano anche Silvio Berlusconi, considerato da Rotondi il leader politico che oggi in Italia ha la responsabilità di tutelare la storia democristiana, in quanto rappresentante in Italia  del Partito Popolare Europeo. In questo contesto riferendosi a Berlusconi Rotondi afferma “In questo contesto e con tale responsabilità il Cavaliere deve allontanarsi da una alleanza con la Lega assolutamente non compatibile con la tradizione democratico cristiana.”

Possiamo dire quindi con un buon margine di sicurezza che il 14 ottobre del 2019 è nato il progetto di una nuova alleanza del mondo cattolico sostenuto fortemente da quella parte della Curia Romana che fa riferimento a Papa Francesco.  Molteplici sono stati i messaggi del Pontefice a sostegno di Conte: è stato ricevuto dal Pontefice il 30 marzo dello scorso anno in un incontro definito “a sorpresa” e nel quale Francesco ha sottolineato la  vicinanza particolare della Santa Sede alla “cara Nazione Italiana”. Il Pontefice ha poi ha rimproverato la Cei in occasione della polemica della Cei contro il governo  affermando in un twitt “In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia a tutti noi la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni.” Inoltre non a caso  in questi giorni di crisi a sostegno di Conte segretario generale della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti: “Trovo un forte stimolo nelle parole pronunciate dal Presidente Mattarella nel messaggio di fine anno: ‘Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori’. Aggiungo: questo è anche tempo di speranza. Ci attendono mesi difficili in cui ricostruire le nostre comunità”.

Quello che ai più poteva sembrare il tentativo di un gruppo di nostalgici invece un progetto politico forte teso a creare un partito di centro che il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Gualtiero Bassetti, ha battezzato con queste parole “La Chiesa …… può chiamare a raccolta tutte le coscienze, a cominciare da quelle dei credenti, invitando tutti a una nuova stagione di responsabilità personale attorno a valori fondamentalie lo stesso Basseti in  questi giorni afferma : “Trovo un forte stimolo nelle parole pronunciate dal Presidente Mattarella nel messaggio di fine anno: ‘Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori’. Aggiungo: questo è anche tempo di speranza. Ci attendono mesi difficili in cui ricostruire le nostre comunità”.

Comunque si chiamerà il partito di Bergoglio, che avrà come riferimento Conte  questo partito già esiste e continua la sua lunga marcia attraverso le istituzioni. Da chi sarà composto? Oltre ai promotori Rotondi e Buttiglione una parte di transfughi del PD, qualche anima dispersa dei 5 stelle e sicuramente sarà della partita Berlusconi soprattutto se gli si darà un ruolo nella coalizione che voterà il prossimo presidente della Repubblica. Che, visto l’andazzo, difficilmente sarà formata da Salvini e Meloni. Difficilmente vedremo Berlusconi fare il servitore sciocco della Meloni e di Salvini. Si vota fra due anni e non è detto che sarà la destra come la conosciamo (Berlusconi, Salvini e Meloni) a vincere le elezioni. Insomma un partito con boni numeri percentuali.

Ma che c’è dietro Matteo Renzi? Sicuramente il Pontefice ha capito  che Matteo Renzi a Matteo Salvini vogliono far cadere Conte per sostituirlo con un governo a lui ostile fatto di  sovranisti, populisti e persone e istituzioni sovranazionali  lontane dal progetto politico del pontefice.

I cattolici ultraconservatori concentrati soprattutto negli Stati Uniti, non hanno mai accettano l’impostazione della Chiesa di Bergoglio e hanno sempre reagito inorriditi e con estrema violenza ai richiami del pontefice alla solidarietà, alla cura di chi soffre, all’accoglienza del diverso, all’abbandono dell’egoismo.

John-Henry Westen, fondatore del sito cattolico Lifesitenews, non usa mezzi termini nella sua campagna anti-Bergoglio. Inoltre le figure più tradizionaliste del cattolicesimo statunitense si radunano attorno al cardinale in pensione Raymond Burke. . Altro nemico del Pontefice è Steve Bannon che ha definito il pontefice come un pericoloso leader politico. . Non può mancare a questo elenco  l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che continua ad avere una grande risonanza proprio negli USA. Tutta l’estrema destra americana è impegnata nella battaglia religiosa contro il Papa appoggiata dall’ex presidente USA Donald Trump.  Tra di esse, spiccano Alliance Defending Freedom (ADF) e American Center for Law and Justice, in prima linea nel diffondere i temi più conservatori del cattolicesimo.  Tutti gruppi che lavorano, anche con finanziamenti verso altre associazioni e reti europee di lobby di estrema destra, per un cattolicesimo fortemente conservatore, contrario all’idea di Chiesa di Papa Francesco. Nessuno può dimenticare l’endorsement di Donald Trump nei confronti di Renzi  da lui elogiato come presidente del Consiglio mentre si manteneva freddo con  Angela Merkel e François Hollande. Inoltre Renzi fin dal suo insediamento a capo del governo aveva accettato un accordo con grandi gruppi industriali tedeschi, la finanza speculativa anglosassone e le corporation statunitensi.

Sempre guardando al passato non possiamo dimenticare che il 30 maggio 2019 si è svolta la 67ma riunione del gruppo Bilderberg a Montreux, in Svizzera. In quella sede si è trattato di politica, economia, industria, finanza e media: tra i circa 130 partecipanti, nella “delegazione” italiana c’erano non a caso  Matteo Renzi, Stefano Feltri e Lilli Gruber.  Come ha ricordato il suo fondatore David Rockefeller , ‘la sovranità sovranazionale di un’élite intellettuale e di banchieri mondiali, sicuramente preferibile alle autodeterminazioni nazionali dei secoli scorsi’. Renzi è interprete se non fiduciario della  Bilderberg (come la Trilaterale e la Chatham House inglese, il American Center for Law and Justice, la stessa Bce).

Ecco quindi la  corrente di pensiero si nasconde dietro Matteo Renzi e la crisi di questi giorni ha questi padri.

Siamo messi male, perché se da una parte si affaccia il nascente partito dei cattolici, dall’altra ci sono i poteri finanziari che vogliono decidere attraverso le loro pedine  le politiche dello Stato a prescindere dalle elezioni, che servono solo a certificare le scelte prese altrove.

Non a caso Renzi chiede  l’approvazione del MES per poter meglio ricattare lo Stato con un debito pubblico solo di nome ma di fatto privatizzato perché detenuto da banche e organismi finanziari internazionali.

Come chiede Rockfeller lo Stato deve svolgere solo una funzione di ordinaria amministrazione con l’obbligo di tagliare la spesa pubblica, fino a ridurre a zero il welfare con il pareggio di bilancio. Una linea politica risultata disastrosamente evidente in Italia con l’avvento di Monti nel 2011, fedele esecutore dell’austerity imposta da Bruxelles.

In sintesi, a saper leggere viene evidente l’esistenza di due gruppi che lottano l’uno contro l’altro per il controllo politico delle ingenti risorse finanziarie messe in campo dal recovery fund e dal MES e non solo.

E la sinistra? i disoccupati, i lavoratori, i migranti?

I politici nostrani rispondono come il Marchese del Grillo “io so io e voi non siete uncazzo

Maggio 6, 2020

LA NUOVA LINEA DI CONFINDUSTRIA

di Alberto Benzoni

In altri tempi, il terremoto ai vertici della stampa italiana, in coincidenza non casuale con l’elezione di Bonomi al vertice di Confindustria avrebbe suscitato un’ondata di commenti e di proteste, in particolare da parte della categoria. Questa volta solo un vagito di contestazione. Al minimo sindacale. E subito spento.

Questione di sensibilità al problema. Ai tempi della prima repubblica, questa era molto alta. E si accentuò con l’avvento di Berlusconi. Dopo è andata via via scemando. Per il progressivo disinteresse ai problemi delle regole e a quello che accadeva nel mondo dei media. E, corrispondentemente, con il “chiamarsi fuori” di quelle èlites democratico-liberali titolari della causa e progressivamente indebolite e in tutt’altre faccende affaccendate.

Tutto ciò premesso, la vicenda ha certamente a che fare con gli equilibri interni al settore. Ma non è questo il suo aspetto più importante. Perché quello che si manifesta in queste settimane è un nuovo protagonismo del potere economico nel nostro paese. E, insieme, la ricerca di un suo più equilibrato posizionamento e rispetto alla politica italiana e al suo governo e in relazione alle possibili evoluzioni dello scontro in atto a livello mondiale.

Sinora la Confindustria, e gli organi di stampa che ne riflettevano i diversi umori, si erano mossi in ordine sparso. In una cacofonia di richieste e di proteste; alla ricerca confusa di sempre nuovi e magari opposti referenti politici; e comunque con toni variamente ostili al governo, anche in vista di crisi destinate potenzialmente a esplodere in ogni momento.

Oggi, il quadro è diventato più chiaro. E su diversi fronti. I sondaggi d’opinione rafforzano lo schieramento di governo a danno di quello di opposizione, punendo, all’interno dei due schieramenti, quelli che giocano in modo più spericolato e irresponsabile su ipotesi di rottura. Per altro verso, non sembrano esistere, anche per la tenuta del M5S, combinazioni ministeriali suscettibili di ottenere la maggioranza in Parlamento e soprattutto padri della patria disposti ad assumerne la guida.

Per altro verso, viviamo un periodo in cui tutti ci amano, che dico, si precipitano per aiutarci. Dalla Cina, miliardi di mascherine e di messaggi di simpatia. Dalla Russia, materiale sanitario, accompagnato da militari per impedire che venga trafugato. In arrivo e con parole di ringraziamento per i nostri aiuti passati, gli albanesi. Medici da Cuba. La von der Leyen che si scusa. L’Oms che ci pone ad esempio. La Bce che acquista con avidità i nostri titoli di stato. Altri centinaia di miliardi in arrivo dalla Ue. I soldi del Mes, con l’unica condizione di essere effettivamente spesi. E, siccome a Trump piace sempre Giuseppi, una bella commessa per l’acquisto di fregate lanciamissili: una subito e le altre a scalare.

Allo stesso modo, il nostro governo si dichiara amico di tutti; con particolare riferimento all’America ma senza escludere nessuno.

Il senso di queste convergenze amorose non sfugge affatto né alla nuova Confindustria né di riflesso alla grande stampa italiana. Come non sfugge affatto che il progetto salviniano – un populismo di destra, ostile all’Europa e perfettamente in linea con l’avventurismo di Trump – è non solo pericoloso ma sta anche andando in confusione.

E allora, sotto la guida del nuovo presidente Bonomi, la Confindustria, “farà da sé”. Niente rapporti promiscui e senza avvenire con questo e con quello ma un fronte compatto (in rappresentanza, anche, degli interessi delle piccole e medie imprese) nei confronti dell’esecutivo. E in un confronto in cui non si tratta di rivendicare questo o quel provvedimento; perché è in gioco, qui e oggi, il ruolo delle imprese private nel futuro assetto del paese.

Il primo e fondamentale rischio è che lo stato interpreti in modo estensivo il suo ruolo nel salvataggio delle imprese: o nel senso di una loro nazionalizzazione o più in generale come premessa di un rilancio di “politiche industriali”. Ora, Confindustria farà, d’intesa con i sindacati, tutto ciò che le compete per favorire l’uscita del paese dalla crisi; ma in piena indipendenza e senza accettare intromissioni “stataliste”. Su questo ha già avuto, da subito ampie assicurazione da Gualtieri: se lo stato entra nel capitale delle imprese è per salvarle dal fallimento o dalle brame predatorie dello straniero; non per nazionalizzarle o senza alcuna pretesa di “governante”. Sani principi; che poi questi possano essere rispettati nel caso di Alitalia o di Taranto (e annessi) è tutto da vedere.

Insomma, è bene che lo stato ritorni al suo posto. Anzi, che si faccia un po’ più da parte. Oggi bisogna correre; e per correre bisogna essere liberi di farlo: e, allora, via il codice degli appalti, via i controlli antimafia, via la malfamata “burocrazia”. Siamo al “meno stato più mercato”; anche se, di questi tempi, lo slogan non suscita più i consensi di una volta.

C’è poi la tentazione redistributiva. Insomma le varie ipotesi di mettere i soldi in tasca alla gente perché ne ha bisogno; magari perché ha perso il lavoro e non ha speranze di trovarne un altro. Anche su questo l’altolà del padronato è chiaro. I soldi sono pochi; e allora è meglio darli, nell’interesse generale del paese, a coloro che vogliono lavorare e soprattutto che il lavoro sono in grado di darlo. Aggiungendo, a buon bisogno, che chi pensa, anche per un attimo, a tassare patrimoni o rendite deve essere “silenziato”.

Alla fine, un velato avvertimento. Vada pure il “dopo nulla sarà più come prima”. Ma, mi raccomando, senza crederci troppo. E soprattutto, senza pensare, che in questo dopo, il ruolo e il peso dell’iniziativa privata possa essere ridimensionato. Questo è pronto ad assumersi tutte le sue responsabilità anzi a svolgere un ruolo “nazionale”nell’individuare le vie della ripresa; a patto però che questo ruolo vada riconosciuto, valorizzato e soprattutto premiato.

Abbiamo fin qui parlato dell’ideologo del nuovo corso e cioè di Bonomi. Dimenticandoci del controllore dei suoi diffusori; e cioè di Agnelli. Nella sua veste di cittadino del mondo: il fisco in Olanda, le auto negli Stati uniti. E, non a caso, attraverso La Stampa, di capofila dell’atlantismo, anzi del partito americano.

Non ce ne siamo affatto dimenticati. Ma prendiamo atto che lo schieramento atlantico e occidentale nel nostro paese non coincide più o coincide sempre di meno con il “partito americano” che, attualmente è quello di Trump. E per il semplice motivo che i suoi interessi e i suoi ideali non possono essere garantiti – nell’attuale scontro tra America e Cina – né dalla vittoria di una delle due parti né dall’inacerbirsi, sino a livelli incompatibili con la permanenza di qualsivoglia ordine mondiale; ma piuttosto dalla ricerca di un modus vivendi, con le sue regole del gioco, analogo a quello costruito ai tempi della guerra fredda.

Un’opinione, in questo, condivisibile da qualsiasi persona ragionevole.

agosto 1, 2018

La solita canzone.

“Il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018, da 362 mila a 600 mila (nel Centro-Nord sono 470 mila)”. Così la Svimez che parla “di sacche di crescente emarginazione e degrado sociale, che scontano anche la debolezza dei servizi pubblici nelle aree periferiche”. E definisce “preoccupante la crescita del fenomeno dei ‘working poors'”, ovvero del “lavoro a bassa retribuzione, dovuto a complessiva dequalificazione delle occupazioni e all’esplosione del part time involontario”.

Nel 2019 “si rischia un forte rallentamento dell’economia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud”. E’ quanto prevede la Svimez, nelle anticipazioni del Rapporto di quest’anno. Nel 2017, si spiega, “il Mezzogiorno ha proseguito la lenta ripresa” ma “in un contesto di grande incertezza” e “senza politiche adeguate” rischia di “frenare”, con “un sostanziale dimezzamento del tasso di sviluppo” nel giro di due anni (dal +1,4% dello scorso anno al +0,7% del prossimo).

“Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800 mila non sono tornati”. E’ questo il ‘bollettino’ della Svimez sulla ‘fuga’ dal Sud, il cui peso demografico non fa che diminuire.

La Svimez, l’associazione per lo sviluppo industriale nel Mezzogiorno, nelle anticipazioni del Rapporto 2018 lancia l’allarme sul “drammatico dualismo generazionale”. E spiega: “il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di 212 mila occupati nella fascia adulta 35-54 anni e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila unità)”. Insomma, sintetizza, “si è profondamente ridefinita la struttura occupazionale, a sfavore dei giovani”.A GIUGNO LA DISOCCUPAZIONE TORNA A SALIRE, AL 10,9%

luglio 25, 2018

Non si può lasciarlo morire.

Molte cose sono cambiate dall’ultimo articolo scritto su questo blog.E’ rimasta in me l’amarezza per averlo abbandonato. Così oggi decido di rientrare. Non mi sono fermato, ho preso belle iniziative. Spero insieme all’amico Stefano di far rinascere l'”Avanti” il quotidiano socialista di cui abbiamo rilevato la proprietà della testata. Ma la cosa più importante che abbiamo fatto è stata quella di realizzare insieme all’Istituto Salvemini di Torino la scannerizzazione del giornale dalla fondazione alla chiusura ed ora grazie alla donazione che abbiamo fatto alla Biblioteca del Senato è consultabile online nel sito del Senato.
Ricominciare per aprire una discussione sulla politica, su quello che sta succedendo, su cosa fare. Dire una parola in umiltà per capire, per riflettere senza inutile demonizzazioni. La terza repubblica è effettivamente incominciata il PD è un partito liquido senza futuro, Berlusconi e Renzi sono solo un ricordo, sgradevole quanto volete ma fortunatamente appartengono al passato.
Gli argomenti su cui ragionare e discutere sono tanti e allora senza pregiudizi e con l’onestà morale che ci deve contraddistinguere ricominciamo da dove avevamo interrotto, scusandomi per averlo fatto.

febbraio 13, 2015

Non se lo fila nessuno.

gennaio 31, 2015

Poliziotto picchiatore a Genova 2001 diventa consulente Finmeccanica.

Il “superpoliziotto” Gilberto Caldarozzi, protagonista del pestaggio alla scuola Diaz durante il G8 di Genova ha trovato una nuova collocazione professionale. All’ex-capo dello SCO (che coordina le squadre mobili), condannato in via definitiva a 3 anni e 8 mesi per il “pestaggio forsennato, di inaudita violenza e privo di alcuna Altro…

gennaio 31, 2015

Morire democristiani.

gennaio 30, 2015

I dati sull’occupazione spiegati meglio

I dati sull’occupazione spiegati meglio.

In sordina rispetto al dibattito politico di questi giorni, tutto incentrato sull’elezione del Presidente della Repubblica, l’Istat pubblica i dati provvisori su occupazione e disoccupazione in Italia.

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