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aprile 22, 2020

Coronavirus USA: cosa si nasconde dietro le proteste anti-lockdown?

di  Violetta Silvestri

Coronavirus USA: cosa si nasconde dietro le proteste anti-lockdown?

La sfida politica è tutta concentrata su due concetti chiave, in netto contrasto: mantenere prudenza da una parte – soprattutto per la precarietà sanitaria – e accelerare la ripresa delle attività e delle libertà dall’altra.

Una vera battaglia si sta scatenando all’interno della grande potenza economica, ben rappresentata dalle proteste anti-lockdown iniziate – e ancora attive – in alcuni Stati USA.

Cosa vogliono i cittadini scesi in strada? Tornare a lavorare, uscire di casa, aprire aziende e negozi. Proprio come desidera Donald Trump. Non a caso, le manifestazioni contro il blocco stanno sempre più diventando un sostegno alla campagna per la rielezione del presidente repubblicano. Cosa nascondono realmente?

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Non è proprio un caso che le proteste anti-lockdown che si stanno diffondendo negli USA stiano avvenendo in tutti gli Stati chiave per le elezioni presidenziali di novembre.

Secondo Reuters, in Michigan, gli organizzatori della manifestazione della scorsa settimana contro l’ordine di restare a casa del governatore democratico Gretchen Whitmer sono tutti coinvolti nella campagna a sostegno di Trump.

In altri Stati incerti sull’esito del voto, come Pennsylvania, Wisconsin e Carolina del Nord, i legislatori repubblicani, i leader di partito e gli alleati del presidente in carica hanno incoraggiato i loro seguaci sui social media a unirsi alle proteste, spesso organizzate da attivisti conservatori – come il Tea Party – e gruppi a favore dei diritti alle armi.

Nel Wisconsin, dove Trump vinto con meno di un punto percentuale nel 2016, Stephen Moore, membro del consiglio del presidente per riaprire l’economia e consigliere economico esterno della Casa Bianca, ha esortato le persone a partecipare a una manifestazione anti-lockdown.

Alla protesta di lunedì a Harrisburg, la capitale dello Stato della Pennsylvania, diversi parlamentari repubblicani si sono rivolti alla folla, prendendo in prestito gli slogan preferiti di Trump.

Riapriamo l’economia. Facciamo di nuovo grande la Pennsylvania”, ha dichiarato il senatore repubblicano Doug Mastriano.

E ancora, nel Wisconsin, i repubblicani hanno fatto causa per bloccare l’ordine del governatore democratico che estende l’obbligo di restare a casa fino al 26 maggio.

In questo scenario, occorre ribadire che Donald Trump non ha mai nascosto la sua simpatia – e il suo appoggio – al movimento anti-lockdown che si sta creando.

Persone responsabili, che vogliono tornare a lavorare: così le ha etichettate il presidente, incitandole attraverso discutibili slogan su twitter. E non sono mancate critiche contro l’eccessivo rigore imposto dai governatori democratici.

Nonostante il piano di riapertura proposto con le linee guida dalla Casa Bianca cerchino di mantenere la prudenza, è evidente che Trump scalpita per ritornare alla normalità. E i cittadini in piazza lo stanno galvanizzando, preparando la sua campagna elettorale.

 

gennaio 13, 2015

Marx 2.0? “Il Capitale del XXI secolo” – Incontro con Thomas Piketty

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Parigi. L’hanno definito il Marx 2.0. Sul suo libro hanno oscillato il turibolo benedicente guru della stazza di Paul Krugman o Joseph Stiglitz. I consiglieri economici di Barack Obama lo hanno convocato a palazzo per farsi spiegare le sue ricette in materia di lotta alle disparità sociali. Per gli accusatori, il francese Thomas Piketty non sarebbe invece che l’ennesimo gauchista plutofobo, magari tendenza Occupy Wall Street, dispensatore di soluzioni retrò, interventiste, vetero-stataliste – tipo una tassazione progressiva sui grandi capitali. Insomma, l’ultimo coniglietto spuntato dal cilindro di un keynesismo fuori tempo massimo. Per confutare le sue idee, la cosiddetta stampa neoliberista – Financial Times in testa – ha sguinzagliato tutta una muta di esperti, giornalisti da punta e da riporto. Ma il risultato della demolizione è stato piuttosto deludente. Si è cercato di cogliere in castagna Piketty aggrappandosi a minutaglie, errori marginali stanati nelle 950 pagine del suo Il capitale nel XXI secolo, che adesso esce in Italia da Bompiani. In Francia ne sono andati via 150 mila esemplari. Però, con mezzo milione di copie vendute, è stata la versione in inglese a farne un caso editoriale e un titolo à la page.