Archive for settembre, 2021

settembre 21, 2021

Salvare l’alto calore Servizi s.p.a. si può. Basta volerlo.

Beppe Sarno coordinatore  regionale di Risorgimento Socialista.

 Il tribunale non può dichiarare il fallimento del debitore che abbia depositato la domanda di concordato con riserva ai sensi dell’art. 161 comma 6 l.fall..

Questo un principio ormai consolidato dalla giurisprudenza di merito e della Suprema Corte di Cassazione.

La sezione fallimentare del Tribunale di Avellino vista l’istanza della Procura della Repubblica di Avellino  ha fissato per il giorno 19 ottobre p.v. l’udienza di comparizione del legale rappresentante della società Alto calore Servizi s.p.a. 

Prima dell’udienza L’Alto calore servizi s.p.a dovrà depositare gli ultimi tre bilanci, una situazione patrimoniale economica e finanziaria aggiornata al 30 agosto; l’esistenza di eventuali procedure esecutive.

Sulla base delle deduzioni della società il tribunale dovrà decidere se dichiarare o meno il fallimento della società Alto calore Servizi s.p.a.

Il risultato, a parte eventi o interventi straordinari, appare scontato il Tribunale di Avellino sarà obbligato a dichiarare il fallimento della società, considerando i 150 milioni di euro di debito risultanti dall’ultimo bilancio, verificando altresì che i crediti che il presidente Ciarcia ha dichiarato esigibili per un importo di oltre 80 milioni di euro per  ben  72 milioni di euro sono inesigibili perché caduti in prescrizione e considerando infine che i piani di rateizzazione richiesti dagli utenti morosi sono rimasti lettera morta.

Infine a quanto risulta gli istituti di credito non concedono più alcuna elasticità alla società Alto Calore e sembra che siano stati congelati due mutui da un totale di 12 milioni di euro.

Come pensa il presidente Ciarcia i convincere la Sezione fallimentare del tribunale di Avellino a non dichiarare il fallimento della società da lui amministrata resta un mistero. Dice Ciarcia “faremo valere le nostre ragioni”. Peccato per lui, però, che anche la Procura della Repubblica farà valere le sue ragioni all’esito di un’indagine durata quattro anni. Vedremo. Sta in fatto che nel 2018 il Presidente Ciarcia nel chiedere i soci la ricapitalizzazione della società dichiarò pubblicamente che quello strumento era l’unica soluzione per evitare il fallimento dell’azienda. “La pesante situazione debitoria dell’Alto Calore non ci consente di andare avanti in questo modo”, aveva affermato Ciarcia ammattendo implicitamente lo stato di insolvenza della società.

Speriamo che il presidente dell’alto calore servizi SPA sia in grado di spiegare alla sezione fallimentare del tribunale di Avellino quale miracolo abbia compiuto per far cambiare la situazione disastrosa in cui  nel 2018 versava la società da lui amministrata.

Se dovesse essere dichiarato il fallimento della società Alto calore Servizi spa si verificherebbero una serie di conseguenze previste dagli articoli 42 e segg. Della legge fallimentare.

Il primo comma dell’art. 42 della L.F. dispone:“la sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento”.

Nominato il Curatore, questo entro trenta giorni dovrà depositare una relazione da inviare alla competente Procura della repubblica per verificare la sussistenza di eventuali reati.

Si aprirà quindi, presumibilmente anche la fase penale della vicenda con l’incriminazione degli amministratori attuali e precedenti per il reato di bancarotta.

Il delitto di bancarotta fraudolenta è previsto attualmente dall’art. 322 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, il quale punisce con la pena della reclusione da tre a dieci anni, l’imprenditore che, dichiarato in liquidazione giudiziale, abbia distrutto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni, ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, abbia esposto o riconosciuto passività inesistenti (comma 1, lett. a), oppure abbia sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li abbia tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari (comma 1, lett. b).

Oltre alla pena principale vi sono una serie di pene accessorie quali ad esempio l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa”.

Inoltre gli amministratori della società presenti e passati in base all’art. 12 del T.U. 19 agosto 2016, n. 175, che nel  riordinare la materia delle società a partecipazione pubblica, prevede “azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria di società di capitali”,  fa espressamente “salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house”, possono avanzarsi notevoli dubbi sulla concorrenza nei confronti degli stessi soggetti di azioni in sede civile e contabile per i medesimi atti di mala gestio.

Il fallimento manderà a casa i dipendenti, farà saltare tutte le aziende affidatarie di lavori, i creditori perderanno i loro crediti fino all’ultimo euro. Forse i creditori privilegiati prenderanno qualche cosa ma solo alla chiusura del fallimento la cui durata media in Campania si attesta sugli 8,7 anni, secondo gli indici ISTAT.

Mi auguro per il Presidente Ciarcia e per tutti noi, che questa ipotesi da incubo non abbia a verificarsi.

Temo però per lui e gli altri amministratori che questa speranza sia vana.

Morta l’Alto calore Servizi s.p.a. la Regione Campania dovrà procedere ai sensi dell’art. 29 dal regolamento regionale 6 marzo 2018, n. 2 e 18 maggio 2020, n. 6 a evocare la concessione della distruzione delle acque.

Molto probabilmente si procederà temporaneamente alla nomina di un commissario per poi ridefinire la concessione concedendola ad altro soggetto giuridico  pubblico o privato.

Ecco perché molti fanno il tifo perché venga dichiarato il fallimento dell’alto calore SPA in modo tale da poter far diventare realtà il sogno di alcuni politici di cui coraggiosamente il direttore di Orticalab Marco Staglianò ha fatto i nomi, a cui ha fatto eco l’ex presidente dell’Alto calore, ingegnere Maselli il quale ha rivendicato la sua gestione virtuosa dell’ente.

Esiste però una soluzione alternativa al fallimento e cioè che l’organo amministrativo della società alto calore servizi SPA il 19 ottobre si presenti in tribunale e  depositi istanza di concordato con riserva ai sensi dell’articolo 161 comma sei della legge fallimentare.

il primo effetto di questa domanda sarebbe l’impossibilita del tribunale fallimentare di dichiarare il fallimento avendo l’obbligo di concedere un termine di 60 giorni per il deposito del piano del concordato. Tale termine può essere ulteriormente prorogato per altri 60 giorni. Nelle more il tribunale deve nominare un commissario per controllare l’attività della società in questo periodo intermedio. Depositato il piano del concordato entro il 120 esimo giorno i i creditori chirografari saranno chiamati a votare il piano del concordato in continuità e una volta approvato la società Alto Calore servizi SPA potrebbe continuare a gestire il servizio di distribuzione alle acque sotto il controllo del tribunale attraverso i commissari. Nel frattempo i debiti antecedenti all’apertura del concordato rimarrebbero congelati e ogni azione esecutiva per crediti anteriori non potrebbe essere avanzata. Nel piano così concordato la società sarebbe chiamata a pagare i propri debiti non garantiti da privilegio per un importo non superiore al 20%, dovendo invece pagare i debiti privilegiati per l’intero. Questo significa che i 150 milioni di debito di cui si parla potrebbero essere ridotti in maniera esponenziale e pagati con i tempi della durata del concordato. Si eviterebbe così il fallimento e tutte le conseguenze negative soprattutto in merito ai reati fallimentari, si salverebbero centinaia di posti di lavoro, le ditte sub fornitrici potrebbero continuare a lavorare e soprattutto l’acqua rimarrebbe nelle mani nella società alto calore servizi SPA e non ai privati. Il presidente Ciarcia dovrebbe avere il coraggio di assumere l’iniziativa per far deliberare agli amministratori la volontà di depositare la domanda di concordato preventivo con riserva ai sensi dell’art. 161 comma 6 l.fall. ma per fare questo prima del 19 ottobre dovrebbe convocare il consiglio di amministrazione per prendere atto della situazione di insolvenza della società. Alternativamente i soci che rappresentano almeno il 10% del capitale sociale potrebbero chiedere la convocazione dell’assemblea dei soci per deliberare in ordine alle misure da adottare per salvare dal fallimento la società. Anche il sindaco di Avellino da solo, poiché rappresenta il 10% del capitale sociale, può invitare Ciarcia a convocare l’assemblea dei soci. Il  tempo stringe e il tempo delle decisioni è arrivato, chi ha le responsabilità se le assuma prima che sia troppo tardi.

settembre 19, 2021

La lotta di classe delle multinazionali.

Di Beppe Sarno

Sabato 18 settembre a Firenze  una grande giornata di lotta ha visto protagonisti i lavoratori della GKN per protestare contro i 422 licenziamenti comunicati a luglio dalla multinazionale britannica, oggi proprietà di un fondo americano.

Niente sarà come prima!  Così si diceva all’inizio della pandemia e “insieme ce la faremo.” Tutti i lavoratori italiani, soprattutto quelli impiegati nella sanità hanno dato prova di solidarietà, salvando vite umane, facendo funzionare fabbriche, negozi, supermercati.  

Passata l’emergenza, però tutto è tornato come prima, perchè Matteo Draghi capo del governo  ha scelto di privilegiare un sistema produttivo finalizzato esclusivamente al massimo profitto gestito dalle multinazionali finanziarie.

Oltre trentamila persone hanno aderito alla manifestazione di Firenze; erano presenti oltre quaranta sigle di sinistra fra cui socialisti e comunisti per una volta uniti, rappresentanze sindacali, l’ANPI.

Esiste un progetto politico degli imprenditori che tende a  dare il colpo di grazia ai lavoratori. La guerra contro i lavoratori è  iniziata da oltre trent’anni per distruggere un sistema di diritti sociali, politici ed economici conquistati con oltre mezzo secolo di lotte. La pandemia ha rappresentato per gli imprenditori il volano per intensificare questa guerra con delocalizzazioni, chiusure di stabilimenti, licenziamenti, uso di manodopera a basso costo e senza protezioni.  Si parla di bene pubblico, di interessi generali del paese, ma sono proprio questi che vengono aggrediti dai padroni e dalle multinazionali. La democrazia non è mai entrata nelle fabbriche che sono  terra di nessuno dove gli imprenditori sono liberi di fare ogni prepotenza, ogni attentato ai diritti costituzionalmente garantiti.

Firenze non è la prima manifestazione operaia e non sarà l’ultima di fronte all’attacco padronale. E’ successo a Napoli con la Whirpool, a Roma e  in tante altre piazze d’Italia, ma la manifestazione di Firenze ha assunto un tono politico mai registrato fino ad ora. A Firenze i lavoratori hanno dimostrato di voler resistere all’attacco padronale difendendo il diritto al  lavoro indipendentemente dagli interessi degli imprenditori. I lavoratori della GKN non sono stati soli. La solidarietà  è giunta da ogni parte d’ Italia e da tutti i settori produttivi. Si sta risvegliando nei lavoratori quella coscienza in base alla quale vince il concetto che  Il lavoro non è una merce bensì uno strumento di utilità collettiva che crea ricchezza per tutti. 

I lavoratori di Firenze, la città di Firenze  e le oltre trentamila persone hanno gridato che il principio della proprietà privata senza regole non è più sacro ed inviolabile, e che i tradizionali schemi delle gerarchie sociali vanno spezzati.

A Firenze si è dimostrato che si può  attuare la Costituzione indicando le nuove via da seguire e ridiscutere le regole per un’Europa più democratica individuando nella nostra carta costituzionale quegli strumenti, quelle leve che facciano diventare la collettività protagonista della rinascita economica e sociale. Uno stato sovrano che affronti il problema dell’equilibrio fra sistema produttivo  e l’ambiente, la gestione produttiva, la salute delle aree industriali, modifica dei metodi di produzione, limiti del concetto di PIL, l’uso collettivo e democratico della tecnologia e degli strumenti di comunicazione di massa.

Si pone il problema urgente ed ineludibile di ricostruire il tessuto sociale ed economico dalle macerie che questa guerra senza nemici Ha prodotto.

Una giornata di lotta se si qualifica politicamente per come essa si è svolta ed indica il grado di debolezza delle forze politiche che governano il paese, non per questo produce in sé alcuna nuova posizione definitiva. Il potere economico politico, sociale, rimane in mano al capitale. L’amministrazione pubblica, le banche, l’apparato commerciale le forze di polizia sono in mano alle forze reazionarie. i lavoratori non hanno nessun mezzo coercitivo per rispondere agli attacchi della finanza internazionale. Ciò non significa che non c’è via d’uscita.  Solo la forza di una classe lavoratrice unita è capace di dare risposte come quella di ieri.

Nel 1920 i lavoratori italiani condussero una battaglia che è rimasta nella storia del movimento operaio italiano occupando le fabbriche garantendo responsabilmente la continuità della produzione.  Quella battaglia fu possibile solo perché i lavoratori si presentarono uniti e coesi dall’inizio alla fine. Difendere una fabbrica che chiude è diritto dei lavoratori.  Occuparla per garantire la continuità non è un delitto.

Trenta  anni di liberismo ci hanno insegnato che non c’è più garanzia di libertà e di sviluppo economico autonomo. Il rispetto delle leggi non conta più nulla.  esiste all’interno dello Stato uno stato nascosto che vive attraverso un’organizzazione privata in mano a pochissime grandi imprese sovranazionali che possono decidere della sorta di milioni di lavoratori, impiegati, tecnici, specialisti. Questa organizzazione sovranazionale per il fatto di amministrare senza alcun controllo tutta la ricchezza industriale dispone di mezzi superiori degli stati nazionali. Queste multinazionali sono liberi di violare ogni legge. Esse privano i lavoratori del lavoro, le donne e i loro i figli dal sostentamento. La nostra Carta Costituzionale tra i diritti e i doveri dei cittadini nei rapporti economici disciplina  in ordine i diritti del lavoro, dell’iniziativa economica, e della proprietà.

Gli uomini di Governo sono impotenti. L’unica forza che può spezzare questa organizzazione criminale sovranazionale, l’unica forza che può restaurare le garanzie di libertà e di sviluppo  sono i lavoratori uniti, sono i consigli di fabbrica, sono i sindacati che debbono dismettere il loro ruolo di mediatori. Cambiando il paradigma dei rapporti con il capitale i lavoratori diventando protagonisti della guerra che li vede   aggrediti e non aggressori. Si deve rimettere il lavoro al centro dell’attività politica per rimettere in funzione il sistema produttivo italiano affinché anche lo Stato torni ad essere strumento di garanzia costituzionale per la libertà dei lavoratori di ogni ordine e grado che rispettano le leggi e lavorino per il bene comune. Alla dichiarazione di guerra della finanza internazionale bisogna rispondere con altrettanta fermezza. Le fabbriche che vengono chiuse debbono essere occupate impedendo lo spostamento dei macchinari e possibilmente non fermando la produzione. Unità dei lavoratori, collegamento dei consigli di fabbrica, solidarietà dei sindacati; tutto questo è necessario per invertire la lotta e per mutare i rapporti di produzione industriale all’interno delle fabbriche. L’obbiettivo deve essere quello di far entrare la democrazia nelle fabbriche consentendo ai lavoratori di gestirle direttamente laddove  predoni che hanno sottratto finanziamenti pubblici fuggono; la cogestione laddove l’imprenditore in difficoltà chiede l’aiuto dello Stato; la nazionalizzazione laddove come nel caso della ex ILVA imprenditori incapaci hanno instaurato una dittatura all’interno delle fabbriche.  Il sistema produttivo nazionale deve essere liberato dallo sfruttamento delle finanziarie internazionali, ma per fare questo i lavoratori uniti sotto un’unica bandiera  debbono prepararsi ad una lotta dura, non sarà facile e non succederà subito ma questa è la via da seguire  per la costituzione di un nuovo rapporto di potere per i lavoratori.