Trascrivo in una grafica leggibile un mio articolo accluso, gentilmente pubblicato dal Quotidiano del Sud, che ringrazio ed elogio per l’ eccellente impaginazione. Ho tratto spunto da un vissuto irpino, molto simpatico, e ringrazio gli amici del cuore cui faccio cenno, e che non avranno difficoltà a riconoscersi… E poi l’articolo ha alzato le vele ed ha attraversato le onde ‘culturali’ del vino fino agli autori classici.
di Gina Ascolese.

Il vino, come sappiamo, ha un valore simbolico nella nostra tradizione, italiana ed avellinese, a tal punto che ne è nata una curiosa ‘cultura’ tra esperti, sociologi e filosofi. Si è arrivati a rimpiangere l’umida oscurità delle cantine, dopo la trasformazione della casa da ‘verticale’ (campagnola e paesana) a ‘concentrata’(orizzontale e cittadina: e dotata di garage, senza cantina). E si verificano spareggi diciamo amichevoli per il primato delle superstiti cantine: e del loro contenuto, chiaramente… In tempi para-natalizi anche a me, incolpevole, è capitato, a proposito di convivialità, di incappare tra due fuochi in un duello simpaticissimo: gli agguerriti spadaccini (niente paura! Io facevo da lettrice divertita di FB) si contendevano online la rispettabilità del loro vitigno di Fiano nelle rispettive case di campagna: meglio irpino, o anche sannita?… Eresia…!!! Rabbrividisco..! Ero stata ospite di entrambi e tra calici e leccornie avevo lodato il pavoneggiarsi di ‘ste bottiglie fuligginose e ripulite con tanto di etichetta… denominazione… annata…uee… otto anni!! E rispetto a loro chi sarà stato mai un certo monsignor Giovanni della Casa? Insomma, per chiudere la sfida, io spalleggio dell’amabile Mario Soldati la teoria della ‘degustazione assoluta’, senza vinti e vincitori, solo assaggi incomparabili! Eh, oro biondo avellinese…! Uniscici, per favore…!
E a proposito di nomi importanti in riferimento al vino, Rholand Barthes, tra filosofia e sociologia, identificava tra i miti d’oggi (veramente, settanta anni fa!) il vino come ‘vanto nazionale dei Francesi’! E lasciamolo pure parlare della Francia… non vorrei riprodurre qualche altra singolar tenzone! Il colore equipara, secondo Barthes, il trasparente ‘rubino liquido’ al sangue. Ah sì? E il bianco allora? A quale altro insospettabile umore lo raffronteresti?…. Sorvoliamo! E poi, al vino chiaramente, ma lo sapevamo già anche senza R. Barthes, segue splendidamente un maggior sollazzo di palato e lingua, se compare… la bistecca! Più o meno al sangue, o ‘al punto’ (ma dove sarà mai ‘sto punto?) succosa, alta, gratificante, con le sue laboriose proteine benefattrici…
Ma mica finisce qua, ce ne sono di speculazioni sul vino! Si dice che l’allettante calice serbi un che di arcano da scoprire: non si sa cos’è… cosa diventerà… E che abbia un ritmo ‘magico’ (‘Filosofia del vino’ di M. Donà), religiosamente scandito da tempi obbligati, un po’ come le litanie dei santi, possiamo commentare…. precise, cadenzate: rituali arcaici per la giusta maturazione… il consono ambiente di conservazione… le regole di invecchiamento … No, non facciamo fatica a convenire che ne è impossibile l’ industrializzazione, talmente unica, sottile… palatabile (!) è l’esperienza della degustazione. Ci si riferisce a grandi, grandissimi vini, ovvio. E anche lo dichiarava dagli schermi televisivi, e in amabile libro, ‘Vino al vino’, un intenditore come Mario Soldati.
Ma ora arriva il piatto forte: i classici. Niente paura, si continua a scherzare sul vino e sul dio del vino: Dioniso-Bacco. E allora diamogli dentro! Ci aspetta qualche simposio! Ma c’è una domanda propedeutica: perché i Greci e i Romani attribuivano la doppiezza del vino smodato al povero Dioniso? Ma certo, perché era doppio proprio lui! Anche di aspetto: tutta colpa sua! Anche un presbite vedrebbe la difformità tra iconografia vascolare e opere letterarie! Là mostruosamente irsuto, qua verginale e biondino… Insomma, si decidessero un po’ questi antichi! aveva una personalità mite o da rivoltoso? Troppo contraddittorio! E allora? qualcuno tra noi ex alunni ricorda un po’ di mitologia per sciogliere l’enigma? Ci potrebbe essere un’origine genetica della divina doppiezza? ‘Ma’…‘Forse’… ‘Cioè’…’ Basta così, tutti zitti! Lo spiega il prof Donà! Dioniso era ambiguo perché già in età fetale era stato …un bis! Tenero nascituro del suo papà…! Per finire i nove mesi, aveva goduto dell’eccezionale privilegio di passare dall’utero in fiamme della mamma…alla carnosa coscia protettiva di Zeus nutrita con ambrosia e nettare: dal pancione materno estratto e posto nell’incubatrice dei bei fasci muscolari di papà! Ecco chiarito allora il perché della doppiezza di Dioniso ancora nascituro: dapprima a ballare nell’ utero e dopo avvolto stretto stretto dentro un’aristocratica coscia. E il vino? Ambivalente, è chiaro, come Dioniso! Nelle ‘Baccanti’ euripidee, se ricordiamo qualcosa, l’enigmatico dio del vino rivela inizialmente un volto addirittura femmineo: capelli biondi, personalità dolce e arrendevole….ma è tutta scena! E’ un sobillatore! Scatena le donne in riti orgiastici ( chissà perché proprio le donne… non ci sarà un po’ di antifemminismo?) e quelle, per fargli un piacere, prima si ubriacano e poi che fanno? Per servirlo, si sbranano di buona lena il cattivo: povero Penteo, sceriffo di Tebe senza macchia e senza paura! Anche quello, però… troppo serio! Se l’era cercata! Che doveva aspettarsi? Essere sbranato! Ovvio!
Allora, per evitare di andare fuori di testa ‘Non è conveniente bere tanto da non poter tornare a casa da soli’ scrisse Senofane e in Grecia la convivialità moderata sancì un nobile patto indissolubile tra uomini, dei e antenati ( M.I.Finley, 1978) e ispirò alte intuizioni per bocca di Socrate nel ‘Simposio’ di Platone, come sappiamo.
Ora, sorvolando il diffuso tema conviviale a Roma, grecizzante, c’è ancora qualche minuto per altre degustazioni: due opposti exempla attinti a una meno nobile ‘sociologia’. Il primo in stile austerity, il secondo grasso grasso e volgare. Ecco il primo. Siamo nella romanità imperiale, primo secolo dopo Cristo. Seneca, vegetariano e scarno all’inverosimile, era quello che non riusciva a morire, anche se gliel’aveva comandato Nerone: ‘Per gentilezza, suicidati un po’, con eleganza, come sai fare tu!’ Non ce la faceva proprio, però, né col taglio delle vene, né col veleno, perché di sangue ne aveva troppo poco. Non gliene usciva tanto, forse non ce n’era… e anche il veleno non si spandeva per il corpo asciutto e dissanguato che aveva: e in effetti dove poteva andare a far danno ‘sto veleno se non c’era sangue..? Ma prima di tutto questo disastro, dunque, Seneca, mentre ancora girava col naso all’insù, tutto schifato degli uomini onnivori e depravati, compiangeva, ma qua aveva ragione, la sorte degli schiavetti, costretti, oltre che a soggiacere a notturni palpeggiamenti, a raccogliere sputi e vomito di commensali avvinazzati. Ma ecco affacciarsi da un palco antitetico un frequentatore degli stessi ambientini neroniani: il ‘felliniano’ Petronius, quel famoso tipo che per anticonformismo dormiva di giorno e vegliava di notte, e che, per rigetto della cafonaggine, ne fece oggetto derisorio della Cena di Trimalchione. Ma attenzione, e capisca chi può: con tanto di ‘straniamento’ e allusioni! Chiccosissimo arbiter elegantiarum, ad unguem factus homo, cioè snob, indusse il cafonissimo neo-arricchito Trimalchione a far versare, tra una leccornia e un vino prelibato, per puro spirito di grandeur, del puro vino sulle mani degli ospiti per un aromatico risciacquo. Una cosa chic. E originale, poi! Da ricconi! E che argenteria pesante!!! Quanto sarà costata? Ohhh! Che eleganza, ohhh! Persino cuscini color porpora con lana purpurea all’interno, con quel che costava la porpora firmata ‘murex’ nelle tintorie…. ‘Qualsiasi cosa tu possa chiedere’ andava ciarlando un commensale sdraiato vicino ad Encolpio, ‘Trimalchione ce l’ha! Forse non ci crederai, ma finanche il latte di gallina potresti trovare a casa sua!’ Che meraviglia… oooh!
Perugia, 10\04\2020