Archive for agosto, 2021

agosto 16, 2021

AFGHANISTAN!

di Alberto Benzoni.

Nel 1975 gli americani scapparono da Saigon ben due anni dopo la firma degli accordi con i nord vietnamiti; ma, in tutta fretta, dal tetto dell’ambasciata, con in mano la bandiera e la valigetta diplomatica. In quanto ai vietnamiti del sud, che avevano combattuto, assieme agli americani, per circa quindici anni, sarebbero stati abbandonati alla loro sorte, tra la totale indifferenza degli americani, compensata, si fa per dire, dalle palinodie di Sartre e intellettuali affini.Oggi i talebani sono entrati a Kabul senza sparare un colpo, così come è avvenuto in quasi tutte le grandi e piccole città del paese. E, attenzione, senza uscire da un quadro negoziale avviato da Trump più di un anno fa con lo scopo di fissare i rapporti reciproci, lasciando al tempo e alla buona volontà delle parti afgane di vedersela, per il resto, tra di loro.Ed è ciò che puntualmente avvenuto in una serie continua di incontri tra ex nemici che hanno coinvolto talebani, potentati locali, eredi anzi figli di Massud, coalizione del Nord, con la sollecita assistenza di cinesi, russi, iraniani, pakistani e via discorrendo. Tutti interessati, attenzione, a che la transizione sia pacifica e quanto più possibile consensuale e che l’Afghanistan diventi uno stato “normale anche se con connotati islamici” e non sia più luogo o focolaio di tensioni, conflitti e, soprattutto, di tentazioni di tipo jhadista. Un obbiettivo condiviso anche dagli Stati uniti; e, oggettivamente, nell’interesse degli stessi talebani.Prendiamone atto. Senza compiacimenti del tutto fuori luogo ma anche senza stracciarsi preventivamente le vesti. Come prendiamo atto che l’interventismo democratico cui tutti noi abbiamo creduto non è più proponibile come criterio per l’azione o anche solo come risorsa per la politica. E che il grande progetto lanciato dagli Stati uniti negli anni ottanta- sconfiggere Russia e Cina con il ricorso all’islam politico e militare, è nel giro di qualche decennio, totalmente fallito. Assieme alla pretesa di governare il mondo, spendendo meno di 5 dollari al giorno.Ci sarà naturalmente chi, all’insegna dell'”armiamoci e partite”, griderà alla capitolazione di Biden e dell’occidente e proporrà nuove crociate: Boris Johnson, i repubblicani americani secondi a nessuno per faccia tosta, i nostalgici della guerra fredda e, in coda, la coppia Salvini/Meloni, intenta insieme a denunciare come un grave pericolo per l’occidente la vittoria dei talebani ma anche, l tanto per non farsi mancare nulla, l’arrivo dei profughi in fuga dall’Afghanistan.E, allora, nervi a posto. Abbiamo gli americani che ci dicono che si trattava fin dall’inizio di una “mission impossible”; con il piccolo particolare che ce lo dicono con il senno del poi. Mentre, forse, erano in grado di saperlo sin dall’inizio.Da noi, poi, solo due Cassandre. L’una- Gino Strada- morta di recente, con la tara irrimediabile di odiare tutte le guerre. L’altra- Massimo Fini, con quella di non credere nella democrazia a geometria variabile. Se qualcuno fosse disposto a chiedergli scusa, mi associo; ma non penso di averne l’opportunità.

agosto 7, 2021

RICORDO DI OTTO BAUER.

di Giuseppe Giudice

Un grande militante , intellettuale e dirigente socialista austriaco. Uno dei principali esponenti di quell’Austromarxismo (il nome fu dato loro , se non erro, dal socialista americano Boudin – loro non si definirono come tali). Che poi fu la maggiore espressione teorica e politica di quella “socialdemocrazia di sinistra” che ebbe notevole influenza su tutte le correnti di sinistra dei partiti socialisti. Marcando una posizione di critica radicale alla socialdemocrazia di destra tedesca (quella di Ebert e Noske, per intenderci), e nel contempo contestando la deriva burocratica, dittatoriale ed autoritaria del bolscevismo. Ma di questo abbiamo già parlato. Otto Bauer fu indubbiamente un grande leader politico, di vastissima cultura. Cresciuto con gli altri suoi compagni Fritz e Max Adler, nella Vienna dei primi del 900. Uno straordinario crogiuolo di culture , movimenti artistici , nuove scienze e filosofie. Basti pensare all’empiriocriticismo, alla Psicanalisi (da Freud ed Alfred Adler), alle avanguardie artirtische nella musica , nella pittura , nella letteratura. In questo brodo di cultura emerge la peculiarità del marxismo dei socialisti austriaci. Che rifiutarono sia una lettura positivista sia quella hegeliana, del marxismo stesso. Ciò non va confuso con il “revisionismo” di Berstein (verso cui Bauer fu sempre critico) , ma il rifiuto del marxismo come concezione del mondo; no un marxismo evolutivo e ripensato come “sociologia” o per usare le parole di Max Adler : il materialismo storico come “scienza sociale mediante esperienza”. Insomma il marxismo come strumenti di analisi critica delle contraddizioni del capitalismo come base per un socialismo come progetto etico-politico. Una chiara “terza posizione ” tra il doppio determinismo , sia della II che della III Internazionale. E comunque gli austromarxisti ebbero una influenza importante anche in molti intellettuali e politici socialisti italiani negli anni dell’esilio o della prigione. Addirittura in personaggi diversissimi come Morandi e Saragat. Del resto il Saragat degli anni Trenta, attento lettore di Marx (lesse tutte le sue opere in tedesco) ebbe una forte influenza da parte di Bauer (che conosceva personalmente) essendo stato in esilio a Vienna dal 1924 al 1930. Era il Saragat che contstava le derive parlamentaristiche dei riformisti e il velleitarismo astratto dei massimalisti. Un nuovo socialismo sarebbe dovuto andare oltre riformismo e massimalismo. Ma era il Saragat che , con Nenni , firmò il Patto di Unità D’Azione con i comunisti. Non certo certo il Saragat ultratlanitista del dopo 1948 e totalmente subalterno a De Gasperi. Irriconoscibile rispetto a quello di di dieci anni prima, Ma non mi interessa parlare di Saragat. Torniamo a Bauer. Merito suo e dei suoi compagni fu quello di aver costruito un partito fortemente radicato nella classe operaia e nei ceti popolari. Con un rappoprto fecondo con il sindacato e le altre forme di autorganizzazione sociale. A Vienna (che era città land) costruirono uno dei progetti più arditi ed ampi di edilizia popolare (la Karl Marx Offe) negli anni 20. Organizzavano concerti per gli operai. Un grande partito socialista. Ma in un piccolo paese , dove la parte occidentale (Tirolo, Carinzia) era ultra reazionaria. E dopo la crisi del 29, venne alla ribalta un personaggio come Dolfuss, un clerico-fascista, che attuò un colpo di stato e fece bambardare la “Karl Marx Hoffe dove gli operai socialisti si rivoltarono contro il colpo di stato, e diedero un grande tributo di sangue. I dirigenti del partito andarono in larga parte in esilio. Bauer andò in Cecoslovacchia e poi a Parigi dove morì nel 1938. Inchiniamoci alla memoria di questo grande compagno.

agosto 7, 2021

La malavita non porta niente di buono!

Di Antonella Ricciardi.

Intervista a Maria Morabito

Maria Morabito, moglie dell’ex boss della ‘ndrangheta, Pasquale Condello, torna a esprimere un intenso appello contro le faide, ed a favore dello Stato di Diritto. In particolare, Maria considera scorretta la non precisazione, sul giornale “Domani”, che ampie parti del libro dedicato al marito, “Il supremo-storia di un comandante del male”, siano state romanzate ed in parte non rispondenti a verità, per esplicita ammissione degli autori, che, però, a loro volta, non chiariscono quali siano le parti di cronaca vera rispetto a quelle frammiste di pura fantasia e di verità solo parziali. Pasquale Condello non ha più contatti con la devianza, nella sua vita ha cercato anche il bene ed il suo non avere denunciato altri è da inquadrare nella contrarietà alla delazione e nel desiderio di proteggere la famiglia La sua vita, assieme a quella dei familiari, si svolge alla ricerca della legalità ad Archi, quartiere di Reggio Calabria, dove non mancano disagi, e sono presenti molte povere case: perfino baracche dell’epoca del terremoto del 1908, di Reggio di Calabria e  Messina.   

L’appello di Maria Morabito contro la violenza e gli assassinii, oltre che per la legalità, include anche l’appello per il diritto alla salute, e quindi alla vita, per i detenuti, che, condannati ad una pena detentiva, non sono però stati condannati a morte ed alla mancanza di cure, ed in quanto tali devono essere trattati. In particolare, Pasquale Condello è da tempo gravemente malato psichiatrico: la patologia lo porta ad isolarsi rispetto anche ad avvocati e familiari; inoltre, non tutto è chiaro sul trattamento ricevuto, e sul modo in cui lo ha vissuto: anni fa, fu ritrovato con strani ematomi, nel carcere di Parma, mai del tutto spiegati. La sua situazione di salute, che neanche la direzione sanitaria del carcere di Novara, dove attualmente si trova, è riuscita a migliorare, fa propendere per una possibile collocazione in struttura detentiva esterna al carcere: anche eventualmente in una delle REMS, cioè struttura sanitaria di accoglienza per autori di reati con problemi mentali… Un tempo, Pasquale Condello era sano, ma la sua mente non ha retto l’impatto con le misure del regime di 41 bis, applicate anche in modo particolarmente drastico. Del resto, la percentuale di persone che escono mentalmente non integre dalla reiterazione continua di questo regime è elevata e non viene considerata casuale da organizzazioni impegnate nei diritti umani, che denunciano le condizioni di carcerati ridotti in uno stato impressionante: simili a zombies, depressi, e che parlano con gli insetti, e rimuovono, per non soffrire,  il mondo esterno, che gli richiama quello su cui non hanno più potere, e non gli appartiene più. La realtà vera è comunque, che per Pasquale Condello la   priorità sia l’essere curato stabilmente all’esterno del carcere, anche a prescindere dal futuro regime detentivo, data la condizione di contrastato tra il regime carcerario e la sua salute.

Ricciardi: “Il giornale Domani per una settimana pubblica alcuni stralci dal libro “Il Supremo-ascesa e caduta di un comandante del male”, dedicato alla vicenda di cronaca legata a tuo marito, Pasquale Condello. Il volume, pubblicato quest’anno, scritto dal giornalista del Corriere della Sera Andrea Galli, e dall’ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, Giuseppe Lumia, fonde, però, cronaca vera e parti romanzate, da non prendere alla lettera, per loro stessa ammissione. Tuttavia, sulla testata giornalistica on line ciò non è precisato. Puoi spiegare meglio, ad esempio, perchè non risponde a verità il fatto che Pasquale Condello sia stato responsabile dell’assassinio del boss Antonio Macrì?

Morabito: “Quando ho saputo dell’uscita del libro “Il supremo”, ho voluto leggerlo anche se non amo questo genere. Parlava di mio marito, quindi ero molto interessata a ciò che avevano scritto gli autori. Già dalle prime pagine sono rimasta esterrefatta, leggendo questa storia  molto romanzata, dove si racconta che mio marito è stato l’autore dell’omicidio di Antonio Macrì. Io all’epoca non conoscevo mio marito, ma non è stato mai accusato di questo omicidio. Mi è dispiaciuto molto che venga aggravata la figura di mio marito, con cose che non ha mai fatto.”

Ricciardi: “Tuo marito, pur avendo commesso degli errori, in una situazione sociale esplosiva, dove la ‘ndrangheta aveva a tratti sostituito uno Stato poco presente, si è sempre dichiarato contrario al traffico di droga. Nell’estratto dal libro, pubblicato, ciò non viene considerato, viene piuttosto detto il contrario, pur divergendo dalla realtà. Inoltre, nell’opera, romanzata esplicitamente, Pasquale Condello viene indicato anche in quanto responsabile di sequestri di persone. Eppure, dagli atti processuali Pasquale Condello non risulta essere stato condannato per droga e sequestri. Puoi spiegare meglio la situazione al riguardo?”

Morabito: “Ho letto di mio marito che ha fatto traffico di droga sequestri di persona. Mio marito non ha mai fatto queste cose, nè tantomeno ha avuto mai accuse o processi per tali cose. Non mi sembra giusto accreditare a Pasquale Condello cose che non gli sono mai state contestate, è scritto come un romanzo tutta la prima parte, ma bisogna rispettare la realtà, perché si sta parlando di una persona reale.”

Ricciardi: “Tra gli altri aspetti non rispondenti alla realtà, c’è anche il fatto che il padre di tuo marito viene descritto morto di malattia; invece, suo padre morì per un incidente sul lavoro, in un periodo di scarse tutele sociali. Puoi raccontare ulteriormente la realtà effettiva, su questo drammatico evento?

Morabito: “Certo se si vuole scrivere un romanzo la storia può essere inventata, semi inventata come si vuole, ma se si sta parlando di una persona, bisogna rispettare la realtà, perchè non è affatto giusto peggiorare la figura di una persona. Ho notato tante incongruenze, tra cui pure dove si parla della morte di mio suocero, avvenuta per incidente sul lavoro e non per malattia.”

Ricciardi: “Ci sono altre parti del libro su tuo marito differenti dalla verità effettiva? Se sì, quali?

Morabito: “Io non ho mai saputo che mio marito è stato arrestato all’hotel “Commodore. Nè farò indagini su questo. Io so che era stato arrestato per la prima volta al ristorante “Il fungo”, da cui poi nacque il processo “I sessanta”, dove fu condannato per associazione mafiosa. Tra la bomba a villa S.  Giovanni e la morte di Paolo De Stefano mio marito non ha avuto nessun messaggio in carcere, come viene detto nel libro. Infatti proprio per questo è stato assolto allora per la morte di Paolo de Stefano. Io avrei preferito che gli autori di questo libro fossero venuti a conoscerci, a parlare con noi: molte cose inesatte si sarebbero potute evitare. Avrei avuto un cordiale colloquio con loro.”

Ricciardi: “Attualmente, tuo marito non ha alcun ruolo di comando, ed è in condizione di grave malattia in carcere, dove addirittura non riuscite a vederlo da ottobre (e da anni, per quanto riguarda tuo figlio); puoi raccontare meglio questa realtà?”

Morabito: “Sì ad oggi mio marito non sta bene; è un malato psichiatrico, che ha bisogno di essere curato. Noi ottobre non lo vediamo. Respinge il colloquio anche con gli avvocati. Io spero che possa essere curato, come tanti altri detenuti malati, perché sono esseri umani e hanno diritto come tutti a ricevere cure appropriate. È un diritto questo che non deve essere negato a nessun detenuto, chiunque egli sia e qualunque cosa abbia fatto. Sì mio figlio è un bravo ragazzo, lavora onestamente, non ha mai avuto processi per associazione mafiosa. Per una condanna di favoreggiamento nei riguardi del padre gli era stata affibbiata la sorveglianza speciale, ma all’appello gli è stata tolta, perché ritenuto ragazzo che lavora onestamente, che mantiene la famiglia e conduce una vita congrua al suo guadagno. Questa per me è stata veramente una grande vittoria, perché giustizia era stata fatta. La verità era venuta fuori.

Siamo una famiglia che aspira alla legalità. Io ho cresciuto i miei figli, con questi valori e sentimenti. Ho inculcato loro l’onestà, il lavoro e ne sono fiera. Dobbiamo essere noi donne, noi madri, mogli a essere le prime a voler un cambiamento. La malavita non porta niente di buono. Vivere una vita onesta non ha prezzo, di fronte a qualsiasi ricchezza illegale.”