Posts tagged ‘euro’

dicembre 15, 2021

Si è interrotta la catena dei rifornimenti, ma non quella degli speculatori.

Di Alberto Angela

Ricorrere alla metafora Smithiana della mano invisibile quale colpevole della interruzione della catena degli approvvigionamenti, costituirebbe una semplificazione della crisi che sta investendo il mondo ancora alle prese con la pandemia COVID 19. Nessuno, men che meno gli economisti di rito classico avevano presagito quale sarebbe stato il disastro sulla logistica nella fase centrale della pandemia. Ora lo sappiamo, perché abbiamo appreso quale sia la portata dell’interruzione della catena di approvvigionamento globale. I media ci hanno messo di fronte a un docufilm attraverso cui abbiamo potuto vedere navi portacontainer attraccate ai più grandi porti o file di autotreni in attesa di svolgere il proprio lavoro di trasporto delle merci. Manca di tutto, chip per computer, attrezzature per esercizi, cereali per la colazione, medicinali, materie varie per le attività industriale. Dai giornali e dalla TV abbiamo appreso che il mondo è a corto di moltissimi prodotti. Sorprende questa notizia, visto che viviamo in un epoca in cui ci siamo abituati a fare clic e ad aspettare che tutto ciò che desideriamo arrivi alle nostre porte. So di molti miei amici che da mesi aspettano di ricevere lo smartphone o di altri che devono rinunciare alla pretesa di avere l’auto nuova, da lungo tempo ordinata, con il colore preferito. La pandemia fin dai suoi inizi è stata una lezione terribile a causa dalla mancata disponibilità e ritardi nei rifornimenti dei dispositivi medici. La pandemia ha quasi interrotto ogni procedura della catena di approvvigionamento globale; cioè il percorso solitamente invisibile di produzione, trasporto e logistica che porta le merci da dove sono fabbricate, estratte o coltivate fino al luogo del deposito o dell’ordinazione, e poi nelle vicinanze della nostra abitazione. Alla fine della catena c’è un’altra azienda o un consumatore che ha pagato per il prodotto finito e la scarsità ha fatto aumentare i prezzi di molte cose, da cui, come l’Araba Fenice, riprende a padroneggiare la speculazione. Quindi, i segnali c’erano già nella fase iniziale della pandemia.  Le fabbriche in alcune parti del mondo in cui si trova gran parte della capacità produttiva mondiale, paesi come Cina, Corea del Sud e Taiwan, nonché nazioni del sud-est asiatico come il Vietnam e giganti industriali europei come la Germania,  sono state duramente colpite dalla diffusione dei casi di coronavirus. Molte fabbriche hanno chiuso o sono state costrette a ridurre la produzione perché i lavoratori erano malati o in isolamento. In risposta, le compagnie di navigazione hanno ridotto i loro impegni in previsione di un calo della domanda di merci in movimento in tutto il mondo. La spiegazione che viene data è che con il lockdown il cittadino ha fatto più acquisti, per cui la quantità e la tempistica degli  acquisti dei consumatori hanno sommerso il sistema. Le fabbriche, la cui produzione tende ad essere predefinita mediante un  processo di programmazione abbastanza prevedibile, si sono impegnate ad aumenta tali processi per soddisfare un’ondata imprevista di ordini e questo ha prodotto i suoi problemi organizzativi. Le fabbriche generalmente hanno bisogno di introdurre componenti, programmare i tempi e la logistica per realizzare le cose che esportano. Ad esempio, un computer assemblato in Cina potrebbe richiedere un chip prodotto a Taiwan o in Malesia, un display a schermo piatto dalla Corea del Sud e dozzine di altri dispositivi elettronici provenienti da tutto il mondo, che richiedono prodotti chimici specializzati da altre parti della Cina o dell’Europa. Il drammatico aumento della domanda ha intasato il sistema di trasporto delle merci alle fabbriche che ne avevano bisogno. Allo stesso tempo, i prodotti finiti, molti dei quali realizzati in Cina, si accumulavano nei magazzini e nei porti di tutta l’Asia a causa di una profonda carenza di container.

In parole povere, i prodotti sono rimasti bloccati nei posti sbagliati. Nella prima fase della pandemia, poiché la Cina ha spedito enormi volumi di dispositivi di protezione come maschere per il viso e camici ospedalieri in tutto il mondo, i container sono stati scaricati in regioni come l’Africa occidentale e l’Asia meridionale, che generalmente non rimandano in Cina altri prodotti diversi  e di cui  il Paese ha necessità. In quei luoghi, allora, i container vuoti si accumulavano proprio mentre le fabbriche cinesi stavano producendo una potente ondata di altri beni destinati ai ricchi mercati del Nord America e dell’Europa. Poiché i container erano scarsi e la domanda di spedizione intensa, il costo del trasporto delle merci è salito alle stelle. Prima della pandemia, spedire un container da Shanghai a Los Angeles costava forse 2.000 dollari. All’inizio del 2021, lo stesso viaggio costava fino a  25.000 dollari. E molti container venivano buttati giù dalle navi e costretti ad aspettare, aggiungendo ritardi lungo tutta la catena di approvvigionamento. Persino grandi aziende come Target e Home Depot hanno dovuto aspettare settimane e persino mesi per portare i loro prodotti di fabbrica finiti sulle navi.

Nel frattempo, nei porti del Nord America e dell’Europa, dove arrivavano i container, il pesante afflusso di navi ha travolto la disponibilità delle banchine. Allo stesso tempo, camionisti e lavoratori portuali sono rimasti bloccati in quarantena, riducendo la disponibilità delle persone per scaricare le merci e rallentando ulteriormente il processo. Questa situazione è stata aggravata dalla chiusura del Canale di Suez dopo che una gigantesca nave portacontainer vi è rimasta bloccata, e poi dalle chiusure dei principali porti cinesi in risposta ai nuovi casi di Covid. Molte aziende hanno risposto alle carenze iniziali ordinando articoli extra, aumentando le tensioni sui porti e riempiendo i magazzini . Con i magazzini pieni, i container, che improvvisamente fungono da aree di stoccaggio e si accumulano nei porti, il risultato è stato la madre di tutti gli ingorghi. Quasi tutto ciò che viene prodotto o fabbricato, dai prodotti chimici all’elettronica alle scarpe da corsa. Le carenze generano altre carenze. Un produttore di vernici che ha bisogno di 27 sostanze chimiche per realizzare i propri prodotti potrebbe essere in grado di acquistarne tutte tranne una, ma quella, forse bloccata su una nave portacontainer al largo del porto di Trieste, potrebbe essere sufficiente per fermare la produzione. Si consideri la domanda delle nuove auto, che beneficiano di contributi governativi, usano chip per computer, molti di loro, e la carenza di chip ha reso più difficile la produzione di veicoli. A sua volta, ciò ha reso più difficile e costoso acquistare automobili.

Se stiamo a quanto scrivono alcuni politici ed economisti la carenza nella catena di approvvigionamento globale sembra potersi spiegare e giustificare ricorrendo alla pandemia, che ha sicuramente reso l’offerta e la domanda estremamente volatili, spostandosi più velocemente di quanto la catena di approvvigionamento possa adattarsi. Ma si può anche spiegare dal comportamento speculativo delle aziende produttrici, le quali per decenni hanno mantenuto e accumulato le scorte a livelli scarsi per limitare i loro costi, cosicchè all’accrescersi della domanda è stato per loro redditizio spostare sui prezzi dei prodotti resi carenti ulteriori incrementi dei loro profitti. Poi ci sono i gruppi di monopolio esercitato sulle materie prime, cioè delle terre rare a cui si associa il ricatto, non solo economico, esercitato dai paesi che controllano queste aree e i flussi di petrolio e gas naturale. La risposta a questi problemi non può essere data da un solo paese, qui occorre che sia l’Europa a costruire in fretta una sua iniziativa per impedire che i deboli segnali di ripresa dell’economia dell’area europea non siano soffocati da politiche speculative e monopolistiche, mettendo in atto tutte le difese che il momento difficile richiede per non compromettere quanto costruito in questi anni. Nell’ultimo Consiglio dell’Europa la questione strategica dello stoccaggio europeo del gas è stata posta con forza da Draghi, con l’invito ad assumere una più responsabile linea di chiarezza verso i paesi fornitori, in primis la Russia. Nello stesso tempo è stata affrontata la difficile materia della transizione energetica, che richiederà tempo e investimenti, nonché costi rilevanti prevedibilmente a carico dei consumatori, per cui, anche su questa condizionalità Draghi ha richiamato l’attenzione del Consiglio, confidando che alla fine l’Europa si mobiliti più rapidamente, superando i diversi interessi che tra i 27 sembrano ancora prevalere e ritardare una risposta. Singolare situazione politica quella del nostro Paese, che deve affidarsi ad un ex Banchiere per uscire da una crisi economica e sociale terribile, cogliendo l’opportunità di ingenti risorse finanziarie concesse dall’Europa contro la quale una parte della maggioranza di governo dell’emergenza cannoneggiava proponendosi financo l’obiettivo di uscire dall’Euro. Il momento è difficile e le alternative non sono all’orizzonte. Dobbiamo solo sperare che quando residua dei partiti della sinistra sappia trovare un’idea miracolosa sulla quale ricostruire l’identità della sinistra in una visione moderna e all’altezza dei compiti che il presente c’impone di affrontare per un futuro diverso.

aprile 22, 2020

Cos’è veramente la UE

Di Franco Bartolomei – coordinatore nazionale di Risorgimento socialista

Risultato immagine per risorgimento socialista

LA UE e’ una superstruttura finanziaria , monetaria , e normativa , finalizzata ad imporre in modo vincolante ed autocratico a tutti gli stati che la compongono un ordinamento sociale rigorosamente liberista e totalmente funzionale ai processi di globalizzazione finanziaria .

,attraverso la soppressione della loro sovranita’ costituzionale .

Lo strumento principale di garanzia e di tenuta di questo processo di omologazione sociale e’ l’EURO ,come moneta comune agli stati trai…

Continua a leggere

aprile 5, 2020

Tremonti avvisa gli italiani: “Non facciamoci fregare: il Mes è un enorme raggiro”

“Poi tutto saltò con la crisi greca e con la Troika appunto: Bce, Fmi e Commissione che salvarono, con i nostri capitali e calpestando la nostra democrazia, le banche tedesche e francesi”. Draghi, Lagarde e Juncker… “Ripeto che la proposta degli eurobond era per creare debito veramente europeo, non debito nazionale controllato dall’Europa. Ora sento sigle dalla sinistra semantica sanitaria. Il punto è: chi emette i titoli per cui si inventa varia nomenclatura? L’ambiguità sprigionata dal detto-non-detto suggerisce l’uso bizantino della formula ‘quasi’: quasi eurobond. Oggi come oggi i nuovi titoli non può emetterli a statuto vigente la Banca europea degli investimenti. Per statuto va esclusa la Bce, in teoria potrebbe farlo la Commissione, ma in realtà in questo senso c’è solo un precedente, remoto e marginale. Ecco che arriviamo al Mes. La situazione oggi è questa: devi capitalizzarlo per attivarlo, e per capitalizzarlo devi sottoscrivere nel nostro caso circa 100 miliardi. Ovviamente facendo altro debito”.

Ma che senso ha se dobbiamo mettere soldi in un veicolo che poi ce li restituisce, se la Bce si è sostanzialmente impegnata a sottoscrivere i titoli di tutti? – chiede Cervo. E Tremonti spiega: “Assumendo che il Mes cubi 700 miliardi, e che all’Italia venga data solo la sua quota di competenza, nel dare e nell’avere mettere 100 vorrebbe dire avere solo qualcosa in più in termini finanziari. Ma pagando un altissimo prezzo politico. Sarebbe una partita di giro, anzi in realtà è una partita di raggiro. Possono raccontarcela come vogliono: avvio soft, finalità virtuose, eccetera. Ma l’ingresso del veicolo in Italia presuppone comunque fortissime condizionalità. Può essere che la partenza sia soft, ma l’evoluzione sarà hard. Anche perché c’è un punto che tutti hanno ignorato: il ministro tedesco deve riferire al Bundestag ogni minimo elemento dell’attività del Mes. Noi abbiamo costituzionalizzato l’Ue, la Germania l’ha germanizzata. Possono dire quello che vogliono, ma la disciplina del Mes spinge verso una direzione diversa da quella che ci viene raccontata”.

Continua Tremonti: “Nei palazzi e dintorni c’è in giro troppa gente che pensa di utilizzare il programma Mes per restare al governo come ha fatto Tsipras, il ventriloquo della Troika. Considerando quello che sta succedendo, e prevedendo quello che succederà a livello sociale nel Paese, il problema non sarà avere la fiducia dei mercati ma avere un governo che abbia la fiducia del popolo. Non tanto adesso, ma quando ci sarà la vera crisi economica in tutte le sue manifestazioni (posti di lavoro persi, aziende chiuse, disordini, mali tipici di queste fasi)”. Condivide la necessità di non bypassare il Parlamento in una circostanza del genere?

Conclude Tremonti: “Quella del Mes è una partita di raggiro, dato che la cifra economica è marginale, mentre quella politica è enorme. La chiamata dello straniero è un film che gli italiani hanno già visto nel 2011, effetti disastrosi compresi. Qualche tempo fa, prima della pandemia, a Londra ho avuto una conversazione con un importantissimo politico laburista inglese che mi ha detto: ‘L’errore fatto dal Regno Unito nel 2011 fu quello di non contrastare Merkel e Sarkozy che attaccavano l’Italia. È vero che il tuo era un governo proto-populista, ma allora fu consentito alla Germania di dominare sull’Italia e sull’Europa’. Quindi certo, come minimo bisogna passare dal Parlamento. Non è una idea mia peraltro: sta scritto in Costituzione”.

 

febbraio 15, 2015

Gente per bene!

I mem­bri della troika sono «gente decente», ma anche la Cia ha avuto «per­sone molto buone che si sono si sono impe­gnate nel water­boar­ding con­tro la loro volontà». L’accostamento è del mini­stro dell’Economia greco, Yanis Varou­fa­kis, inter­vi­stato dal dif­fu­sis­simo set­ti­ma­nale tede­sco «Der Spiegel».

Secondo Varou­fa­kis per i cre­di­tori della Gre­cia «un taglio del debito è pre­fe­ri­bile rispetto a un’estensione delle sca­denze. Tutti sanno che non saremo mai in grado di soste­nere il debito attuale senza un nuovo contratto».

Poi, Varou­fa­kis spiega al Guar­dian : se i nego­ziati con Bru­xel­les fal­li­scono «non c’è un piano B. Ci minac­ciano sem­pre che se non fir­miamo gli accordi ci sarà l’Armaggedon. Beh, lasciamo che ci sia». Il mini­stro greco riba­di­sce di essere un «mar­xi­sta» anche se «impre­ve­di­bile»: «Non posso e non voglio sepa­rare il destino della Gre­cia dall’Europa — aggiunge — ma abbiamo perso tutto. Adesso è tempo di dire la verità ai potenti».

febbraio 1, 2015

Ma che vuol dire?

gennaio 26, 2015

Syriza vince davvero.

gennaio 26, 2015

Superare l’euro con Keynes.

bernard-maris

Bernard Maris, Oncle Bernard (zio Bernard, come si firmava) è l’economista critico che ha perso la vita durante l’attentato a Charlie Hebdo. Bernard Maris ci ha lasciato contributi di grande interesse, estremamente critici nei confronti delle politiche sostenute dai leader europei che hanno marciato insieme a Parigi dopo gli attentati terroristici. In questo articolo apparso lo scorso aprile su Alternatives Économiques e tradotto da Economia e Politica l’economista propone di superare l’euro tornando allo SME ma introducendovi i correttivi che Keynes propose nel suo piano per una International Clearing Union.

Continua a leggere »

gennaio 26, 2015

Quando succederà in Italia?

gennaio 26, 2015

Merkel disperata.

gennaio 25, 2015

FORZA GRECIA ! FORZA EUROPA!