Archive for ‘servizio pubblico’

aprile 19, 2020

La Locanda dei Girasoli: “150 pizze al giorno gratis a chi non ha i soldi per mangiare”

di   Simona Berterame

Locanda dei Girasoli: un pulmino per i ragazzi con la sindrome di ...

Da mercoledì la Locanda dei Girasoli consegnerà 150 pizze al giorno alla Croce Rossa Italiana per distribuirle a chi non ha da mangiare. L’iniziativa è nata per aiutare le persone che in questo periodo si trovano in gravi difficoltà economiche e non hanno denaro sufficiente per fare la spesa. “Nessuno deve restare senza cibo”.

“In questo periodo ci sono moltissime persone che non hanno da mangiare, hanno perso il lavoro e sono totalmente sole. Sempre più spesso sentiamo di anziani lasciati a se stessi con il frigo vuoto che non mangiano da tre giorni, e famiglie con bambini che non sanno come mettere insieme il pranzo e la cena. Per questo, nel nostro piccolo, abbiamo voluto fare qualcosa e aiutare, anche consegnando una semplice pizza. I nostri ragazzi ne sono felici e noi siamo felici di poter dare una mano a qualcuno in questo periodo così difficile”. A parlare a Fanpage.it è Enzo Remicci, presidente della Locanda dei Girasoli, la pizzeria in via Sulpici a Roma gestita da Consorzio Sintesi e dalla Cooperativa Sociale I Girasoli, che dà lavoro a quindici ragazzi con la sindrome di Down. Da mercoledì 22 aprile, la Locanda dei Girasoli inizierà a consegnare 150 pizze al giorno alla Croce Rossa. Sarà poi quest’ultima a distribuirle alle famiglie in difficoltà che ne faranno richiesta grazie alla collaborazione con Marzia Pierini, presidente della Croce Rossa del V Municipio.
Da quando è stato approvato il decreto del Governo per il contenimento del coronavirus, la Locanda dei Girasoli ha chiuso. I ragazzi che prima lavoravano lì, ora sono a casa. Ma sono ansiosi di fare qualcosa e aiutare chi è in difficoltà. Da qui è nata l’idea di preparare delle pizze e regalarne a chi ne ha bisogno: e grazie alla collaborazione con la Croce Rossa, arriveranno nelle case di chi ha difficoltà a fare la spesa. “Non importa se dovremo sostenere dei costi – continua Remicci – per noi l’importante è che nessuno si debba trovare nella condizione di non avere cibo da mettere in tavola”.

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marzo 31, 2020

LO STERMINIO DELLA MIA GENERAZIONE

di Giorgio Cremaschi

Il Covid19 sta sterminando chi ha dai settant’anni in su, la mia generazione e quelle più vicine. Generazioni nate a cavallo della seconda guerra mondiale, che ne hanno incontrato le sofferenze, le distruzioni, i morti, le lotte o direttamente, o subito dopo nei ricordi dei genitori che ogni tanto si lasciavamo scappare qualche frase, magari mentre si parlava d’altro.
Io, che sono nato nel dopoguerra, ho conosciuto questa parola per un gioco stupido che avevo imparato in strada, allora i bambini ci vivevano, da miei compagni più grandi. Facevano con la bocca il rumore sempre più forte degli aerei che si avvicinavano: uuuuuuuuu. Mi era sembrato divertente e poi ero bravo a riprodurre quel suono ed una sera lo provai a tavola. Un urlo disperato di mia madre – smettila!- mi ammutolì. Seppi poi che ad altri bambini non era andata così bene, il loro rievocare il rumore dei bombardieri in arrivo era stato interrotto da solenni scapaccioni.
La mia generazione ha visto il mondo cambiare forse come poche altre. Quando ero piccolo il solo mezzo di comunicazione della famiglia con il mondo, oltre ai giornali, era la radio. Telefoni e televisione erano un lusso che sarebbe arrivato dopo, già con l’adolescenza.
La mia generazione non è stata determinante per la ricostruzione del paese, realizzata da quelle precedenti. Però la mia generazione è stata decisiva, questo sì, per la costruzione sociale civile e culturale. Quando ero adolescente la moralità dominante era ancora quella medioevale. La donna era sottoposta all’uomo, vigeva persino il diritto di ucciderla se traditrice dei doveri di matrimonio. E divorzio, aborto, omosessualità, erano proibiti persino come parole, la maledizione ed il sospetto incombevano su chi osasse parlarne senza usare termini spregiativi.
La scuola era un privilegio da cui erano esclusi i figli degli operai e dei contadini. Il primo esame era in seconda elementare e si poteva essere bocciati, ricordo miei compagni di classe che lo furono. Poi dopo l’esame di quinta elementare c’era la vera spartizione sociale. Per entrare nella scuola media – dove si studiava il latino e solo attraverso la quale si poteva accedere al liceo ed all’università – si doveva superare un difficile esame di ammissione, pubblico però senza alcuna preparazione pubblica. Così le famiglie dovevano pagare un’insegnante privata e quelle che non potevano permetterselo mandavano i figli alla scuola di avviamento, che dopo tre anni spediva direttamente al lavoro. La maggioranza della mia classe seguì quella via e a tredici o quattordici anni molti di quei ragazzi erano già apprendisti operai, o semplicemente garzoni, così si chiamavano, in qualsiasi altro posto di lavoro.
Nei luoghi di lavoro vigeva un autoritarismo padronale che si sommava a quello che si era riaffermato in tutta la società, dopo il breve dilagare di libertà seguito al 25 aprile del 45. Giuseppe Di Vittorio lo definì il ritorno del fascismo nelle fabbriche. E anche se il paese cresceva e diventava diverso , lo sfruttamento era gigantesco, come la miseria che spingeva milioni di persone dal Mezzogiorno verso il Nord, ove si accelerava lo sviluppo industriale. Il mondo cambiava e la politica, la grande politica entrava nelle vite della mia generazione da tanti lati. Dal conflitto delle sinistre , comunisti e socialisti, con la democrazia cristiana, che attraversava tutto il paese e che prima o poi ti coinvolgeva Dallo sconvolgimento del mondo dove crollavano gli imperi coloniali e avanzava il socialismo, dalle lotte di liberazione, Cuba, l’Algeria, il Vietnam che ti chiedevano di prendere posizione. Dal cambiamento dei costumi che avanzava e minava l’Italia bigotta, familista e autoritaria che ancora dominava. Magari si cominciava con la musica, il rock contro il melodico, e poi si finiva in piazza. Quelli più grandi di noi lo fecero già nel 1960 scendendo in strada con le loro magliette a righe contro il governo filofascista di Tambroni e furono uccisi a Reggio Emilia, in Sicilia. Poi ci furono il 68 ed il 69, le grandi lotte degli settanta, che davvero trasformarono il paese, spazzarono via tutto l’autoritarismo che ancora lo permeava e provarono a costruire una società giusta.
Negli anni 80 cominciò il riflusso, il giro di boa della storia, e in diversi decenni di restaurazione molte conquiste sociali e democratiche furono cancellate. Nel nome del mercato e dell’impresa, che si presentavano come moderni, rivoluzionari persino. Una parte della mia generazione fu catturata da questi tempi nuovi e se ne fece complice e artefice. In molti però resistemmo, per fermare ciò che vedevamo come il ritorno al passato, mentre si presentava come il futuro. Così da rivoluzionari in fondo diventammo conservatori, e così fummo definiti e dileggiati. Lottammo tanto, ma perdemmo, il mondo diventò ciò che non avremmo mai voluto che fosse, dominato dalla ricchezza e dal denaro. Prima di restare chiuso in casa, girando per Brescia mi capitava spesso di incontrare operai con cui avevo lottato negli settanta e ottanta e tutti mi facevano lo stesso discorso: quanti scioperi quante lotte e ora si è perso tutto, i giovani non hanno più nulla di ciò che avevamo conquistato noi.
Già i giovani, ai quali la mia generazione era additata come causa dei loro guai, da chi ci aveva sconfitto. Noi eravamo considerati dei privilegiati, perché avevamo conquistato un lavoro più sicuro, perché avevamo una pensione, bassa ma dignitosa. Noi avevamo lottato contro la distruzione dei diritti sociali e del lavoro, contro la precarizzazione dei lavori e delle vite, ma paradossalmente, proprio coloro che avevano cancellato le nostre conquiste, ora ci accusavano di essere la causa del fatto che nessuna di esse fosse arrivata ai giovani.
Eravamo i baby boomers, la generazione nata col boom delle nascite del dopoguerra, che viveva alle spalle di tutte le altre. Ok boomers era il termine che si stava diffondendo e che serviva a zittire con disprezzo uno della mia generazione, se provava a dire che il mondo attuale non gli piaceva affatto. Vai all’inferno vecchietto, accontentati dei tuoi privilegi e della tua vita fortunata.
Poi è arrivato il morbo che ha aggredito in particolare gli anziani e ucciso tante e tanti di essi. Come per una tremenda legge del contrappasso, noi che abbiamo lottato per la sanità pubblica e contro i tagli e le privatizzazioni, ora siamo vittime della nostra sconfitta e del successo di chi ci ha battuto.
Ora di fronte allo sterminio delle generazioni anziane l’opinione verso di noi sta mutando, e una società che ha colpito i diritti ed il futuro dei giovani dandone la colpa a noi, ora riscopre le parole e le idee della nostra gioventù. Il conflitto generazionale quasi scompare e tornano le differenze di classe, le ingiustizie sociali, la divisione tra ricchi e poveri, anche quelle tra stati nel mondo. E la solidarietà e l’eguaglianza riconquistano improvvisamente la ribalta, i politici che le hanno sempre ignorate e dileggiate ora si nascondono ipocritamente dietro di esse.
La mia generazione e quelle più vicine pagano con migliaia di morti il ritorno di ciò per cui si sono battute fin dalla gioventù e per cui bisognerà riprendere a lottare. Coloro che ce l’avranno fatta in fondo torneranno giovani e ci auguriamo che essi siano il più possibile.

L'immagine può contenere: 12 persone, persone in piedi e folla
gennaio 13, 2015

Eviva la sincerità!

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dicembre 18, 2011

Berlusconi colpisce ancora, chiude Rai international apre Mediaset Italia international.

Chiude Rai Internazionale apre Mediaset Italia International Un ennesimo pezzo di servizio pubblico radio-televisivo viene smantellato per fare un favore a Mediaset. Rai Internazionale chiude, proprio mentre il maggiore concorrente privato della Rai lancia il suo canale internazionale, Mediaset Italia International. Il Consiglio di Amministrazione Rai ha stabilito che dal 31 dicembre 2011 i servizi informativi sinora svolti dalla direzione guidata da Daniele Renzoni verranno riassorbiti da una nuova testata in cui saranno conglobate Rainews24 e Televideo. Il canale per gli italiani all’estero verrà privato della sua capacità produttiva autonoma e diventerà, semplicemente, “veicolo” di una selezione della programmazione delle reti nazionali; “La giostra del gol”, la trasmissione settimanale che permette ai nostri connazionali sparsi per il mondo di vedere le partite del campionato di calcio, verrà integrata nella testata sportiva Raisport.

novembre 4, 2011

Berlusconi invita la gente a vedere la nuova trasmissione di Santoro.

novembre 4, 2011

“Servizio Pubblico”. La libertà sul web fa boom di ascolti

La rivoluzione è un “Servizio pubblico”. Al via la trasmissione di Santoro

Interventi “anticasta” nella prima puntata del programma multipiattaforma del conduttore di Annozero. De Magistris: “Non c’è un’antipolitica, c’è un’anticricca e antimafia”. Lavitola: “Berlusconi disinteressato al potere”

E’ rivoluzione la parola ricorrente della prima puntata di “Servizio Pubblico”, il programma multipiattaforma di Michele Santoro, al debutto con il tema “Azzerare la casta”. La “rivoluzione civile” evocata dal giornalista all’inizio della trasmissione, la “rivoluzione pacifica” auspicata dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris, ospite in studio. In collegamento esterno, il latitante del caso escort Valter Lavitola. Mentre Marco Travaglio, in un lungo monologo, si è messo nei panni di un senatore assai gratificato dai privilegi concessi appunto alla casta. 

”Caro Biagi, caro Montanelli, so che siete molto in apprensione”, ha esordito Santoro. “So che siamo molto diversi, ma so che ci seguite. Non se ne può più di resistere, resistere, resistere. Bisogna fare la rivoluzione. Questa è la nostra piccola rivoluzione”.