“La filosofia è, nell’esercizio critico della sua funzione critico-dialettica, pensiero in cui l’uomo vive la verità della sua vita”. Questa definizione della filosofia che il professore Aldo Masullo dà ne “Il senso del fondamento”, l’ha onorata al massimo livello per tutta la sua lunga e luminosa esistenza, interrottasi alla vigilia di questo 25 aprile dimidiato tra dramma della pandemia, memoria degli ideali della Resistenza e impegno a testimoniarli. Per coloro che come me e il professore Giuliano Minichiello hanno avuto la fortuna di seguire all’Università di Napoli le sue indimenticabili lezioni di Filosofia morale l’impronta del suo magistero resta indelebile. Nell’atmosfera raccolta nell’elemento del pensiero le sue parole e discorsi sembravano scaturire dalla «cosa stessa», esprimendosi in metafore, immagini, rappresentazioni, per poi risolversi nei concetti.
Mentre contribuisce a sprovincializzare il dibattito filosofico italiano scrivendo di Husserl e Heidegger, Nietzsche e Sartre (cfr. soprattutto “La comunità come fondamento”, “Struttura soggetto, prassi”), fin dagli esordi Masullo si oppone con le armi della critica ai pericoli mortali (la bomba atomica, in primis) che minacciano l’umanità, richiamandosi in “La storia e la morte” al principio: “La ragione, consapevole di essere mortale, lotta contro la morte. E questa lotta, finché dura, è la storia”. Appare quindi naturale che il suo impegno speculativo – parallelamente a quello politico, che ne farà un prestigioso parlamentare del PCI – si rivolga a costruire una prospettiva filosofica che, in nome di un’etica esigente, si opponga al nichilismo, “che è diventato abituale condizione dell’uomo” (“Stati del nichilismo”). Ed infatti la sua filosofia “fenomenopatica”, sulla scorta di Fichte e Hegel, avendo nella comunità il fondamento inconscio dell’uomo, la propone come “telos” (fine) cosciente della storia. Ciò richiede che la forma dell’eticità sia tale che chi agisce accolga l’“appello di un «bene» che gli appare trascendente rispetto alla sua effettualità”. Per farlo, deve realizzare un’unione autentica di ragione raziocinante nella polisemia dei suoi significati teoretici, “recta ratio” e paticità, in quanto intima, palpitante vissutezza, apertura al mondo e a un’affettività profonda nella tonalità e plurale nelle esperienze. Infatti la soggettività, come senso di una vita umana, rinvia al “sentirsi» invalicabile soggettività vivente e tuttavia insopprimibile dipendenza dall’altrui vita, da «sensi» irriducibili (i quali peraltro senza il nostro non sarebbero i «sensi» che sono, così come il nostro senza di loro non sarebbe il «senso» che è)”. Il senso è quindi un’intimità individuale nella misura in cui chiede “con-senso”, crescita valoriale “nel complicarsi di vissute relazioni sim-patetiche, nel tessuto di quelle occasioni di libertà” che, sconfiggendo il nichilismo e, con esso, innanzitutto il male e la guerra, rendono possibile la storia dando realtà e senso «consensuale» all’individualità e universalità allo spirito umano (“Il senso del fondamento” e “Metafisica”).
Ecco che quindi Masullo riprende e sviluppa il significato dell’“Innigkeit” di Hölderlin, approssimativamente traducibile come internità, per esprimere la comune intimità uomo-mondo. Così che – dice ne “Il tempo e la Grazia” – il soggetto umano non è altro che il soggettivarsi dell’oggettività, cioè la pluralità dei sensi umani, e l’oggettività non è altro che l’oggettivarsi dei sensi soggettivi. Ciò consente all’uomo, nel confronto con il potere pervasivo, disumanizzante della tecnica nel mondo attuale, di utilizzare la “tecnologia come una forma di sevizio per rendere il mondo migliore”, facendo sì che la tecnica divenga “la più promettente occasione di libertà” (“La libertà e le occasioni”). E’ in “Etica” che Masullo elabora in forma compiuta una teoria morale come “vincolo” (nel sentirsi parte di una comunità”) e libertà – eroicamente incarnata da Giordano Bruno, “maestro di anarchia” liberatrice-, la quale si lascia guidare dall’amore in quanto comunitarietà. Per cui, “L’amore è la comunitarietà. Ogni Io si origina contestualmente a un TU, alla cui chiamata risponde”.
