Archive for ‘mezzogioeno d’italia’

aprile 27, 2020

UN’ETICA CONTRO IL NICHILISMO

di Luigi Anzalone

“La filosofia è, nell’esercizio critico della sua funzione critico-dialettica, pensiero in cui l’uomo vive la verità della sua vita”. Questa definizione della filosofia che il professore Aldo Masullo dà ne “Il senso del fondamento”, l’ha onorata al massimo livello per tutta la sua lunga e luminosa esistenza, interrottasi alla vigilia di questo 25 aprile dimidiato tra dramma della pandemia, memoria degli ideali della Resistenza e impegno a testimoniarli. Per coloro che come me e il professore Giuliano Minichiello hanno avuto la fortuna di seguire all’Università di Napoli le sue indimenticabili lezioni di Filosofia morale l’impronta del suo magistero resta indelebile. Nell’atmosfera raccolta nell’elemento del pensiero le sue parole e discorsi sembravano scaturire dalla «cosa stessa», esprimendosi in metafore, immagini, rappresentazioni, per poi risolversi nei concetti.
Mentre contribuisce a sprovincializzare il dibattito filosofico italiano scrivendo di Husserl e Heidegger, Nietzsche e Sartre (cfr. soprattutto “La comunità come fondamento”, “Struttura soggetto, prassi”), fin dagli esordi Masullo si oppone con le armi della critica ai pericoli mortali (la bomba atomica, in primis) che minacciano l’umanità, richiamandosi in “La storia e la morte” al principio: “La ragione, consapevole di essere mortale, lotta contro la morte. E questa lotta, finché dura, è la storia”. Appare quindi naturale che il suo impegno speculativo – parallelamente a quello politico, che ne farà un prestigioso parlamentare del PCI – si rivolga a costruire una prospettiva filosofica che, in nome di un’etica esigente, si opponga al nichilismo, “che è diventato abituale condizione dell’uomo” (“Stati del nichilismo”). Ed infatti la sua filosofia “fenomenopatica”, sulla scorta di Fichte e Hegel, avendo nella comunità il fondamento inconscio dell’uomo, la propone come “telos” (fine) cosciente della storia. Ciò richiede che la forma dell’eticità sia tale che chi agisce accolga l’“appello di un «bene» che gli appare trascendente rispetto alla sua effettualità”. Per farlo, deve realizzare un’unione autentica di ragione raziocinante nella polisemia dei suoi significati teoretici, “recta ratio” e paticità, in quanto intima, palpitante vissutezza, apertura al mondo e a un’affettività profonda nella tonalità e plurale nelle esperienze. Infatti la soggettività, come senso di una vita umana, rinvia al “sentirsi» invalicabile soggettività vivente e tuttavia insopprimibile dipendenza dall’altrui vita, da «sensi» irriducibili (i quali peraltro senza il nostro non sarebbero i «sensi» che sono, così come il nostro senza di loro non sarebbe il «senso» che è)”. Il senso è quindi un’intimità individuale nella misura in cui chiede “con-senso”, crescita valoriale “nel complicarsi di vissute relazioni sim-patetiche, nel tessuto di quelle occasioni di libertà” che, sconfiggendo il nichilismo e, con esso, innanzitutto il male e la guerra, rendono possibile la storia dando realtà e senso «consensuale» all’individualità e universalità allo spirito umano (“Il senso del fondamento” e “Metafisica”).
Ecco che quindi Masullo riprende e sviluppa il significato dell’“Innigkeit” di Hölderlin, approssimativamente traducibile come internità, per esprimere la comune intimità uomo-mondo. Così che – dice ne “Il tempo e la Grazia” – il soggetto umano non è altro che il soggettivarsi dell’oggettività, cioè la pluralità dei sensi umani, e l’oggettività non è altro che l’oggettivarsi dei sensi soggettivi. Ciò consente all’uomo, nel confronto con il potere pervasivo, disumanizzante della tecnica nel mondo attuale, di utilizzare la “tecnologia come una forma di sevizio per rendere il mondo migliore”, facendo sì che la tecnica divenga “la più promettente occasione di libertà” (“La libertà e le occasioni”). E’ in “Etica” che Masullo elabora in forma compiuta una teoria morale come “vincolo” (nel sentirsi parte di una comunità”) e libertà – eroicamente incarnata da Giordano Bruno, “maestro di anarchia” liberatrice-, la quale si lascia guidare dall’amore in quanto comunitarietà. Per cui, “L’amore è la comunitarietà. Ogni Io si origina contestualmente a un TU, alla cui chiamata risponde”.

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agosto 1, 2018

La solita canzone.

“Il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018, da 362 mila a 600 mila (nel Centro-Nord sono 470 mila)”. Così la Svimez che parla “di sacche di crescente emarginazione e degrado sociale, che scontano anche la debolezza dei servizi pubblici nelle aree periferiche”. E definisce “preoccupante la crescita del fenomeno dei ‘working poors'”, ovvero del “lavoro a bassa retribuzione, dovuto a complessiva dequalificazione delle occupazioni e all’esplosione del part time involontario”.

Nel 2019 “si rischia un forte rallentamento dell’economia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud”. E’ quanto prevede la Svimez, nelle anticipazioni del Rapporto di quest’anno. Nel 2017, si spiega, “il Mezzogiorno ha proseguito la lenta ripresa” ma “in un contesto di grande incertezza” e “senza politiche adeguate” rischia di “frenare”, con “un sostanziale dimezzamento del tasso di sviluppo” nel giro di due anni (dal +1,4% dello scorso anno al +0,7% del prossimo).

“Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800 mila non sono tornati”. E’ questo il ‘bollettino’ della Svimez sulla ‘fuga’ dal Sud, il cui peso demografico non fa che diminuire.

La Svimez, l’associazione per lo sviluppo industriale nel Mezzogiorno, nelle anticipazioni del Rapporto 2018 lancia l’allarme sul “drammatico dualismo generazionale”. E spiega: “il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di 212 mila occupati nella fascia adulta 35-54 anni e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila unità)”. Insomma, sintetizza, “si è profondamente ridefinita la struttura occupazionale, a sfavore dei giovani”.A GIUGNO LA DISOCCUPAZIONE TORNA A SALIRE, AL 10,9%

gennaio 30, 2015

Quando eravamo noi gli extracomunitari.

Quando fioccavano i cartelli “non si fitta ai meridionali” i nostri conterranei emigrati al nord in cerca di un lavoro e di un futuro migliore non trovavamo casa ed erano costretti a costruirla con le proprie mani, in quartieri chiamati poi Coree, ove in principio non c’erano strade, elettricità, acqua e dove erano accolti con ostilità.