Archive for ‘politica internazionale’

Maggio 13, 2020

Dignità umana e indegnità mediatica

di Alfonso Bruno

L’analisi della comunicazione istituzionale nei suoi contenuti e negli strumenti mediatici impiegati, rivela la vitalità e la creatività di una proposta politica o viceversa le sue qualità opposte.
Gli schieramenti esistenti nel nostro Paese non riescono purtroppo a gioire allo stesso modo nemmeno per il rilascio della giovane italiana Silvia Romano dopo diciotto mesi di sequestro in Africa Orientale.

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Maggio 4, 2020

Morire per la libertà: l’estrema protesta contro il regime di un gruppo di musicisti in Turchia

in Contro-informazione  4 Maggio 2020

La straziante lettera di Ibrahim Gökçek, 318 giorni di sciopero della fame contro la persecuzione politica da parte del regime di Erdogan. Nel 2919, insieme ad altri componenti della band Group Yorum, ha iniziato lo sciopero in seguito al quale sono morti l’attivista e cantante turca Helin Bölek e Mustafa Kocak, ambedue di 28 anni. Ormai stremato, Ibrahim Gökçek ha trovato la forza di scrivere ancora una lettera al giornale Humanité, che l’ha pubblicata domenica scorsa e di cui riproponiamo un estratto.

“Dalla mia camera da letto, in una delle baraccopoli di Istanbul, guardo fuori dalla finestra il giardino. Uscendo, potevo vedere il Bosforo un po’ più lontano. Ma ora sono a letto e peso solo 40 chili. Le gambe non hanno più la forza di trasportare il mio corpo. Al momento, posso solo immaginare il Bosforo.

Mi chiamo Ibrahim Gökçek, per 15 anni ho suonato il basso nel Grup Yorum. Siamo nati nelle lotte per i diritti e le libertà iniziate in Turchia dal 1980. Abbiamo pubblicato 23 album per riunire cultura popolare e pensiero socialista. 23 album venduti in totale per oltre 2 milioni di copie. Abbiamo cantato i diritti degli oppressi in Anatolia e in tutto il mondo. In questo paese, tutto ciò che vivevano coloro che combattevano per i loro diritti, gli oppositori, coloro che sognavano un paese libero e democratico e anche noi che cantavamo le loro canzoni, vivevamo le stesse cose: eravamo guardati a vista, imprigionati, i nostri concerti erano proibiti, la polizia ha invaso il nostro centro culturale e fracassato i nostri strumenti. E per la prima volta con l’AKP al governo della Turchia, siamo stati inseriti nella lista dei “ricercati terroristi”.
Nonostante la qualifica che mi è stata data, non mi sento assolutamente un terrorista. Il motivo per cui siamo stati inseriti in questo elenco è perché nelle nostre canzoni parliamo di minatori costretti a lavorare sotto terra, di lavoratori assassinati da incidenti sul lavoro, di rivoluzionari uccisi sotto tortura, di abitanti dei villaggi il cui ambiente naturale viene distrutto, di intellettuali bruciati, di case distrutte nei quartieri popolari, dell’oppressione del popolo curdo e di quelli che resistono. Parlare di tutto ciò in Turchia è considerato “terrorismo”.

Nel febbraio 2019 sono stato arrestato e nel maggio 2019 abbiamo iniziato lo sciopero della fame per fare revocare il divieto dei nostri concerti, fermare le aggressioni al nostro centro culturale, per fare rilasciare tutti i membri incarcerati del nostro gruppo e cancellare i processi avviati contro di loro e perché venissero cancellati i nostri nomi dall’elenco dei terroristi. Successivamente, con Helin Bölek, abbiamo trasformato la nostra azione in uno sciopero della fame illimitato: non avremmo rinunciato a questo sciopero fino a quando le nostre richieste non fossero state accettate. Al prezzo, se necessario, della nostra stessa morte.

Helin Bölek è morta il 3 aprile, al 288° giorno di sciopero della fame illimitato. Quanto a me, che da qualche tempo vivo dentro un letto, non so come finirà il mio viaggio. La battaglia che si sta impegnando nel mio corpo si concluderà con la morte? Oppure con la vittoria della vita?
Quel che so con maggior forza in questa lotta, è che, fino alla soddisfazione delle nostre rivendicazioni, mi aggrapperò alla vita anche in questo cammino verso la morte.”

Maggio 1, 2020

La Germania dà ragione all’Italia (o almeno il Der Spiegel)  

La Germania dà ragione all'Italia (o almeno il Der Spiegel)

Ma la storia potrebbe cominciare a cambiare. A dare un segno verso una nuova direzione è il giornale tedesco Der Spiegel, non proprio favorevole allo stile italiano negli anni passati.

Questa volta però, incalzato proprio dalle impellenti questioni economiche dettate dall’epidemia, l’editorialista Thomas Fricke ha voluto offrire una visione diversa – e più coerente con i fatti – dell’Italia.

Ecco, allora, che dalle parole scritte dal giornalista tedesco è emersa una inaspettata conclusione: la Germania dà ragione al nostro Paese.

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Der Spiegel contro la Germania: la verità sul debito italiano

Spendacciona, rovina dell’Europa, inaffidabile, con perenne conti in disordine: così è stata dipinta l’Italia dai tedeschi da sempre. Nell’eterna contrapposizione tra virtuosismo e rigore economico da una parte e incapacità di governare le proprie finanze dall’altra, i due Stati non si sono mai apprezzati.

Lo stesso Der Spiegel non ha risparmiato copertine al veleno contro il nostro Paese, con spaghetti, pistole e addirittura un cappio a sottolineare la rovina italiana per tutta l’Europa.

Un editoriale di qualche giorno fa, però, ha provato a fare chiarezza e a rendere giustizia alla storia d’Italia. Forse, secondo le parole di Thomas Fricke, è ora di smascherare questo ingiustificato disprezzo tedesco nei confronti dell’Italia.

Che rischia, a detta del giornalista, di centrare il focus della stessa unione monetaria europea su un problema fuorviante: lo stereotipo dell’Italia che spende troppo e poi chiede soldi all’UE.

Non è proprio così. E per provare la sua tesi, Fricke chiama in causa l’analisi della professoressa dell’Università di Roma Tre Antonella Sturati. Questa la testuale spiegazione sul debito e la spesa pubblica italiane:

“Dal 1992, i Governi italiani hanno avuto eccedenze di bilancio anno dopo anno, escludendo il pagamento degli interessi…Con l’unica eccezione dell’anno di crisi finanziaria mondiale del 2009. Tutto questo è diventato una catastrofe dopo la crisi dell’euro, quando capi di Governo come Mario Monti hanno subìto riforme sotto la pressione internazionale e soprattutto tedesca. A volte sul mercato del lavoro, a volte sulle pensioni.”

La leggenda dello spreco del denaro pubblico italiano, quindi, viene smascherata: “Dolce vita? Sciocchezze. Dal 2010, gli investimenti pubblici in Italia sono diminuiti del 40% sotto la pressione del risparmio. Un vero crollo.”

La spesa pubblica italiana, stando ai dati riportati da Der Spiegel, è rimasta stagnante dal 2006, mentre in Germania è aumentata di quasi il 20%. Con tutte le conseguenze che ne sono derivate, quali anche il taglio di risorse per alcuni settori chiave italiani, quali la sanità.

Il punto, però, è che secondo Fricke i tedeschi devono smetterla di porsi come insegnanti e indicare agli altri cosa fare, con ricette che non sempre salvano dal disastro.

No, non è l’Italia a minacciare l’Europa

Sul tema europeo, poi, il giornalista ha le idee altrettanto chiare. L’intransigenza tedesca su come affrontare la crisi per la pandemia in Europa non è così funzionale.

Der Spiegel aveva già criticato il secco no della Merkel agli Eurobond. Fricke ricorda che la valuta comune riporta ad un destino condiviso, anche dalla Germania. In questa ottica, i bond possono essere una risposta comunitaria. Proprio per evitare che l’Unione Europea finisca tra due anni.

L’atteggiamento tedesco a Bruxelles rischia, infatti di causare danni. “E in Italia e in Francia, chi arriverà al potere potrebbe essere come Donald Trump o Boris Johnson, che non hanno alcun desiderio di prendere parte al gioco [dell’Europa]. Il gioco su cui la Germania ha costruito la sua prosperità per decenni.”

Un affondo alla nazione tedesca, quello di Der Spiegel. Che, per una volta, dà ragione all’Italia.

aprile 29, 2020

Orrore a El Salvador: centinaia di detenuti ammassati nelle prigioni nonostante il Coronavirus

Di Carmelo Leo

Immagine di copertina
Hanno fatto il giro del mondo le foto, provenienti dalla repubblica di El Salvador (in America centrale), che ritraggono centinaia di detenuti ammassati nelle sale comuni di molte prigioni mentre nelle loro celle erano in corso alcune perquisizioni straordinarie. In un periodo in cui tutto il mondo ha adottato misure di distanziamento sociale per affrontare l’emergenza Coronavirus, infatti, le immagini dei carcerati – alcuni dei quali dotati di mascherina – radunati in piccole stanze in barba a ogni protocollo di sicurezza hanno attirato moltissime polemiche sul presidente di El Salvador, Nayib Bukele, che ha ampiamente pubblicizzato sui social network la propria iniziativa.
aprile 25, 2020

25 aprile: tricolore all’ambasciata Iraq

‘Solidarietà a Paese amico,al fianco Italia in lotta a Covid-19’

(ANSA) – ROMA, 25 APR – Nell’ambito dell’Iniziativa Araba di Solidarietà con l’Italia nella lotta contro il Covid-19, lanciata dal Consiglio degli Ambasciatori Arabi all’inizio di aprile, e in solidarietà con le celebrazioni per la Festa della Liberazione italiana del 25 aprile, l’Ambasciata della Repubblica dell’Iraq a Roma illumina la propria sede con i colori della bandiera italiana per “esprimere – sottolinea in una nota – i sentimenti di solidarietà con il Paese amico e la profondità delle ottime relazioni che legano il popolo iracheno e quello italiano, ed in segno di apprezzamento allo spirito di pazienza e di determinazione espressa dal popolo italiano nell’affrontare la pandemia”.
“L’Iraq resta a fianco dell’Italia, ne condivide i dolori, ed è solidale con il suo popolo amico”, sottolinea nella nota l’Ambasciatrice Safia Taleb Al-Souhail.

aprile 24, 2020

Corea del Nord trema: Kim Jong-un malato o addirittura morto?

 Violetta Silvestri

Corea del Nord trema: Kim Jong-un malato o addirittura morto?

La Corea del Nord sempre più coinvolta in un nuovo mistero, quasi un giallo: le condizioni di salute – o addirittura la morte – di Kim Jong-un, presidente e immagine stessa dello Stato asiatico.

L’emittente statunitense CNN ha riportato la notizia sulla salute del leader nordcoreano, che sarebbero peggiorate a seguito di un intervento chirurgico.

La secca smentita da parte di Pyongyang non si è fatta attendere: non c’è nessuna preoccupazione sullo stato di salute del presidente.

Cosa sta davvero accadendo in Corea del Nord? L’intelligence USA sta indagando per scoprire la verità sulle condizioni di salute di Kim Jong-un. Ma Trump ha dato risposte vaghe a tal proposito e alcune fonti stanno diffondendo la notizia della morte del presidente nordcoreano.

Miistero Kim Jong-un: in gravi condizioni o già morto?

La notizia è stata lanciata dalla CNN qualche giorno fa e subito ha fatto il giro del mondo, arrivando anche ai diretti interessati: Kim Jong-un sarebbe in gravi condizioni di salute a causa di un intervento chirurgico risalente al 12 aprile.

La Corea del Nord si è affrettata a smentire l’informazione, facendo sapere tramite la stampa nazionale e citando fonti governative che: “Il leader nordcoreano non è malato né in gravi condizioni”.

Ma il mistero resta intorno alla figura del controverso leader dello Stato asiatico. Donald Trump ha voluto smorzare l’ipotesi di condizioni gravi per il presidente nordcoreano, affermando che il report della CNN è incorretto e bollandolo come fake news.

Intanto, il sito italiano Dagospia ha lanciato la notizia della presunta morte di Kim Jong-un, sulla base di fonti cinesi e russe. Un arresto cardiaco sarebbe stato letale per l’alta carica nordcoreana.

Cosa c’è di vero? Al momento, non ci sono conferme. E il silenzio intorno alla figura della nazione asiatica rende il mistero ancora fitto.

Soprattutto perché non è la prima volta che il presidente sparisce per un periodo dalla vita pubblica, nascondendo problemi di salute alla nazione.

Nello specifico, il mistero su Kim Jong-un si è creato da quando il dittatore ha mancato di presenziare la cerimonia del 15 aprile al Palazzo del Sole di Kumsusan, mausoleo dedicato al nonno Kim Il-Sung, fondatore della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Le celebrazioni per omaggiare la sua nascita sono considerate di grande importanza e mai Kim Jong-un ha osato perdere l’appuntamento.

Da allora anche alcuni media asiatici hanno iniziato a domandarsi il motivo di tale assenza, riportando la notizia di un intervento chirurgico cardiovascolare al quale il presidente si sarebbe sottoposto a seguito di problemi dovuti a obesità, eccessivo fumo e affaticamento per il lavor

aprile 22, 2020

Il Myanmar rilascia 25mila detenuti: è la più grande scarcerazione di massa degli ultimi dieci anni

Ogni anno in Myanmar in concomitanza con il Capodanno che in Birmania viene festeggiato ad Aprile, vengono scarcerati un certo numero di detenuti. L’anno scorso, secondo i media statali, sono stati circa 23.000. L’anno precedente erano stati 8.000, quest’anno quasi 25.000, con ogni probabilità circa un quarto della popolazione carceraria.

Secondo l’AAPP, un’associazione che assiste i prigionieri politici, sarebbero oltre 90.000 le persone sotto il tetto del sistema carcerario che soffre di pesante sovraffollamento con strutture detentive che avrebbero raggiunto il doppio o il triplo della loro capacità. Non esistono invece stime ufficiali sul numero dei detenuti fornite dal governo.

Ufficialmente in Myanmar non esistono neanche prigionieri politici ma i gruppi per i diritti umani birmani sostengono che le persone incarcerate per la loro attività politica siano dozzine. Secondo l’associazione per i diritti umani Athan, nel 2019 più di 331 persone erano state perseguite per reati legati alla libertà di espressione; tra loro ci sono i membri di una compagnia di poesia satirica e alcuni studenti che avevano protestato contro la chiusura di internet imposta dal governo.

Il presidente birmano ha citato “motivi umanitari” tra le ragioni del rilascio ma alla domanda specifica su che tipo di prigionieri fossero stati rilasciati è stato risposto che la prigione non mette “etichette”. Secondo Amnesty International diversi prigionieri noti per reati di opinione e attivisti non sono stati inclusi nell’amnistia.

Nonostante la più grande scarcerazione degli ultimi dieci anni le carceri del Myanmar restano affollate, insalubri e carenti di servizi sanitari. Una situazione ancora più grave durante l’epidemia di COVID-19, allorché il distanziamento sociale e l’autoisolamento sono praticamente impossibili.

aprile 17, 2020

L’Europa e la fine della democrazia.

di Franco Bartolomei

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NOI CONSIDERIAMO LA UE UNA GABBIA CHE PORTA ALLA FINE DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA ,ALLA DISTRUZIONE DEL NOSTRO TESSUTO ECONOMICO , ED AL COLLASSO DELLA NOSTRA SOCIETA’ CIVILE .

LA RITENIAMO ASSOLUTAMENTE IRRIFORMABILE

RITENIAMO che La rottura unilaterale da parte del nostro paese del sistema Euro /Maastricht, sia la condizione base per la rinascita della nostra economia ,e per la ricostruzione della nostra Democrazia , a partire dalla affermazione una nuova CENTRALITA’ DEL LAVORO…

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aprile 16, 2020

Coronavirus: per gli USA è calamità in tutti gli Stati. La situazione

di Violetta Silvestri

Coronavirus: per gli USA è calamità in tutti gli Stati. La situazione

La situazione è grave e di assoluta emergenza. Con la dichiarazione dello stato di calamità nel Wyoming, la potenza statunitense si trova in una situazione inedita, mai successa nella sua storia: tutto il territorio è dichiarato in calamità.

Il Senato ha approvato un piano di interventi economici fondamentale per la nazione.

Nel mirino delle critiche resta il presidente Trump, che ha appena deciso di sospendere i finanziamenti all’OMS, incolpando l’organizzazione per i ritardi su informazioni e interventi contro la pandemia.

La Casa Bianca, però, è stata accusata nuovamente di sottovalutazione del coronavirus e Trump ha mostrato molto nervosismo anche contro i governatoriminacciando “poteri assoluti” che, in realtà, la Costituzione non gli concede.

Intanto, il presidente degli Stati Uniti continua a ripetere che presto si potrà riaprire. Secondo la sua analisi, infatti, il picco è stato raggiunto e alcuni territori potrebbero allentare le misure già entro maggio.

Molti dubbi, però, restano da sciogliere, soprattutto quelli legati alla gestione sanitaria e dei tamponi.

Il coronavirus ha destabilizzato gli USA, non solo da un punto di vista economico e sanitario, ma anche sociale. La popolazione, infatti, ha reagito con [paure incontrollate, aumentando gli acquisti di armi.>/coronavirus-usa-armano-contro-epidemia-con-pistole].

aprile 13, 2020

Quando la Grecia ci chiedeva aiuto

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di Gad Lerner – Il Venerdì – 10 aprile 2020 –

“Il tempo (a volte) è galantuomo. E allora vale la pena rileggere, cinque anni dopo, come si comportò il governo italiano nel 2015, quando con l’acqua alla gola era la Grecia, e chiedeva la rinegoziazione dei suoi debiti.
A gennaio il partito di sinistra Syriza vinse le elezioni, Alexis Tsipras divenne primo ministro, e il governo greco fece appello agli altri Paesi dell’Europa mediterranea (Italia, Francia, Spagna, Portogallo) perché insieme dessero vita a un fronte comune antirigorista per superare i vincoli di un patto di stabilità divenuto insostenibile e anacronistico.
Il nostro premier dell’epoca, Matteo Renzi, per prima cosa invitò a Firenze la cancelliera tedesca Angela Merkel e, in una certa cena che i giornali definirono «blindata», la rassicurò: l’Italia non avrebbe ceduto alla tentazione del cosiddetto «Club Méd» perché il nostro non era un Paese malandato come la Grecia e, semmai, poteva offrirsi come mediatore tra l’Europa del Nord e l’Europa del Sud.
Quando in estate il gioco si fece duro e, dopo il fallimento delle trattative condotte dal ministro Varoufakis con la Troika, ormai si profilava lo strangolamento economico della Grecia, Tsipras escogitò una mossa clamorosa: la convocazione di un referendum per chiedere ai suoi cittadini se approvavano o bocciavano il diktat della Ue.
Fu allora che Renzi, prima con una serie di tweet dei suoi, e poi con un’intervista al Sole 24 Ore, scelse di tirare un colpo sotto la cintura al primo ministro greco: «Non abbiamo tolto le baby pensioni agli italiani per lasciarle ai greci. Noi abbiamo fatto la riforma del lavoro, ma non è che con i nostri soldi alcuni armatori greci possono continuare a non pagare le tasse. Potrei continuare».
Accusando Tsipras di essere un difensore di fannulloni e miliardari, e contrapponendogli l’immagine di un’Italia virtuosa applicatrice delle normative comunitari, il nostro primo ministro seppelliva definitivamente la possibilità di una riforma complessiva delle politiche di bilancio dell’Unione.
Altro che battere i pugni sul tavolo! Meglio fare i primi della classe, e al diavolo i poveri greci. Com’è andata a finire lo sappiamo. La Grecia si è piegata.
Due anni dopo, nel 2017, il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, ci avrebbe ripagati così, rivolgendosi agli europei mediterranei: «Non è che puoi spendere tutti i soldi per alcool e donne e poi chiedere aiuto». Che avesse tratto ispirazione da qualcuno?, cinque anni fa ci siamo giocati la chance di inaugurare una politica di vera solidarietà europea. Ci serva di lezione oggi che facciamo i conti con ben altro contagio”.