Posts tagged ‘Europa’

giugno 2, 2022

Rassegnatevi alla Pace!

Di Beppe Sarno

Il governo Draghi ha inviato una proposta di pace fra Ucraina e Russia giudicata insoddisfacente dai vertici Russi. Contemporaneamente violando l’art.11 della Costituzione  Draghi continua a inviare armi  dei più svariati tipi. Ovviamente il parlamento è tenuto all’oscuro della natura degli armamenti  inviati per motivi di sicurezza.  Certo è che le armi vengono spedite sotto il controllo del Comando Operativo di Vertice Interforze (Covi) guidato dal commissario straordinario generale Francesco Paolo Figliuolo. E si occuperà la Nato della consegna logistica sul territorio ucraino. Se aggiungiamo l’adesione alle sanzioni contro la Russia e la feroce battaglia mediatica che fanno apparire Zelesky e il battaglione di Azov come degli eroici combattenti e Putin come un Hitler con l’atomica possiamo affermare senza tema di smentita che l’Italia è in guerra contro la Russia al fianco di Zelesky. Eppure l’ineffabile presidente del consiglio al pari di tutti i leaders europei sono  ammirevoli per il loro commovente zelo per la pace; ogni capo di governo la propone ne delinea le generose condizioni e nello stesso tempo studia come affamare la Russia e il suo popolo. Ci si indigna e ci si stupisce  del fatto che Putin si ostini a ricusarla per una pervicace e fatale incontentabilità. Nel frattempo i combustibili raggiungono prezzi  record, le piccole e medie imprese lavorano a ritmi ridotti le materie prime mancano, i granai cominciano a svuotarsi. Tutto questo accade mentre il Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, proponendo nuove e più feroci sanzioni contro la Russia,   affabula gli interlocutori e dedica alla pace discorsi non meno obbliganti e piani di condizioni estremamente vantaggiose, a suo dire, per la Russia e per tutti i paesi d’Europa all’Ucraina oppressa con particolare riguardo alla causa delle democrazia, del diritto e della indipendenza dei popoli.

Tutte queste cose di cui la von der Leyen sembra avere l’esclusiva presenta un inconveniente, lieve ma decisivo, che l’Europa, il Regno Unito,  gli Usa  pur volendo la pace continuano ad alimentare la guerra inviando armi, uomini, consiglieri militari, applicando sanzioni e non si intendono con Putin che da parte sua continua a bombardare l’Ucraina.

E’ stato dimostrato che la famosa guerra dei trent’anni  durò tanto perché i condottieri dei popoli in guerra impiegarono tanto tempo per capire ciò che poi riconobbero essere stato chiaro per tutti sin dal primo momento e cioè che era perfettamente inutile cercare una decisione diversa da quella dettata dal primo anno di guerra e che gli altri ventinove anni furono spesi nel rincorrere ciò che si era fatto nel primo. Nel frattempo i morti, la fame e la carestia fecero milioni di vittime innocenti. Eppure appare chiaro a tutti l’inutilità di questa guerra. Deve estremamente eccitante per i soldati di un parte e dell’altra che combattono e muoiono, sapere che coloro che ritengono indispensabile la continuazione della guerra fino alla resa finale dell’uno o dell’altro contendente  e dei loro sacrifici sono anche dell’opinione che ci si potrebbe benissimo porre fine. I termini della questione che hanno generato questa guerra sono chiari: da una parte Putin  chiede l’indipendenza del Donbass e della Crimea dall’Ucraina sulla base della circostanza che sono stati di fatto legati alla Russia già da otto anni  e quindi si chiede cheKiev riconosca che le due regioni appartengono alla Russia. Inoltre la Russia ha chiesto la neutralità dell’intera Ucraina e quindi la dichiarazione formale che mai l’Ucraina entrerà nella Nato. Dal canto suo Zelesky mentre si dichiara disponibile a trattare sul modo di arrivare a un cessate il fuoco e pronto a discutere sui territori contesi dichiara “Questa guerra non finirà così. Scatenerà la guerra mondiale», aggiungendo che «Tutti coloro che sono venuti sulla nostra terra, tutti coloro che hanno dato gli ordini… sono tutti criminali di guerra». Difficile credere alla sincerità dell’uno e dell’altro anche perché se da una parte c’è l’America di Biden,  dall’altra c’è la Cina e ognuno sostiene  le rispettive ragioni dei contendenti. Intanto Biden fa sapere che se la Cina dovesse occupare Taiwan l’America è pronta a difenderla, dimenticando che Taiwan non è uno stato riconosciuto dagli USA. Ma si sa da sempre l’America è un paese che difende ed esporta democrazia per combattere “l’autoritarismo, la lotta alla corruzione e la promozione del rispetto dei diritti umani». La storia ci ammonisce del contrario e cioè che da una parte i popoli liberati il gusto della libertà prende il sopravvento sulla gratitudine dei liberatori sino a punto di  schierarsi contro questi ultimi, forse perché solitamente i liberatori hanno la strana tendenza a farsi pagare i loro disinteressati servizi con delle ipoteche  su quella libertà che fu la loro fatica.  Intanto assistiamo tutti ad un universale logoramento che ognuno della parti in causa progetta a danno dell’altro. Oggi giorno dai telegiornali nazionali, dai giornali, dai media sentiamo dire che è necessario logorare il nemico per giungere alla vittoria finale e mi domando che cosa ci sia  ancora da logorare per arrivare alla vittoria finale se è vero che oltre alle migliaia di morti  dall’una parte e dall’altra ci saranno gravissime ripercussioni economiche che pagheranno tutti, come universalmente riconosciuto. Pagheranno tutti: Ls Russia, l’Europa, gli Stati Uniti.  Quanto ci vorrà per l’Italia per ricostituire le ricchezze sprecate in questa assurda guerra? Per quel che ci riguarda il militarismo della signora Ursula von der Leyen santificata da  Mario Draghi che applaude soddisfatto, uscirà spezzato dalla guerra non per la eventuale vittoria o sconfitta del proprio campione, ma  per l’estenuazione alla quale  essa, complice il nostro Mario Draghi avrà ridotto il popolo che essa pretende di rappresentare: fabbriche chiuse, operai disoccupati, servizi sociali mortificati. D’altra parte, non mi sembra che chi si arma con rinnovato accanimento possa attribuire un significato democratico ed antimilitarista alla pretesa del disarmo altrui.  Questo poteva essere il punto di vista di Mefistofele nel duello fra Faust e Valentino.  D’altronde pretendere la pace come risultato esclusivo della guerra con la vittoria di uno dei contendenti significa voler  estirpare l’erba maligna della guerra lasciandone intatte le radici per le future rigerminazioni.  

Non c’è nessuno che crede sinceramente che l’Ucraina o la Russia siano in grado di assicurare la vittoria dell’uno sull’altro con un grande sacrificio di uomini e ricchezza nazionale perché se così fosse si potrebbe comprendere perché nessuno vuole la pace, ma dal momento che non è dimostrabile con assoluta certezza che una vittoria quale viene chiesta da Zelesky può essere ottenuta non solo cacciando i Russi dai territori occupati, ma obbligandoli ad arrendersi senza condizioni, domandiamoci se è logico porre termini che non si possono imporre fin che la guerra non sia stata vinta.

Moriranno ancora molti soldati, moriranno ancora molti civili, donne bambini, anziani ma alla fine ci si dovrà rendere conto che la guerra va fermata perché la vita non si arrenderà mai alle esigenze delle vittorie militari e per quanto ci si impegni sul piano del logoramento del nemico, la vita saboterà tuto questo perché la vita è vilmente ma irriducibilmente pacifista.

marzo 13, 2022

Prendere le distanze.

Di Beppe Sarno

Questa guerra trova gran parte dell’opinione pubblica schierata dalla parte dell’Ucraina. Si tende a dimenticare la cause, le ragioni di un parte e dell’altra. E’ opinione comune che solo la guerra può risolvere la guerra. E’ avvenuto cosi che ignorando la nostra Costituzione abbiamo mandato armi e uomini a sostenere la guerra del presidente Zeleski contro Putin.

 l’Europa intera trainata dalla Francia e dalla Germania si è affrettata a promuovere sanzione durissime contro la Russia. Fanno impressione le centinaia di sfollati che si stanno riversando in Europa ed è giusto dare loro sostegno e assistenza umanitaria. I sacrifici che vengono imposti, il fatto che i lavoratori e le fasce medie hanno cominciato a pagare un conto salato da pagare a causa della guerra sono ritenuti sacrifici assolutamente necessari.

Come socialisti non possiamo, però, trasformarci in tifosi da stadio, e dobbiamo il dovere di ragionare su quello che è successo, perché, quali le conseguenze e come uscirne. E’ doveroso ignorare quello che una internazionale della disinformazione tende a dare per scontato, perché questo è il frutto di una campagna elettorale già in corso in Italia. I  partiti al governo,   attenti all’opinione pubblica perché l’anno venturo sarà anno di elezioni,  tentano di indirizzare il consenso senza nessuna seria discussione del problema e dei suoi aspetti complessivi. Invece tutto quello a cui stiamo assistendo con lo strazio di centinaia di morti dall’una e dall’altra parte e le migliaia di profughi che attraversano l’Europa in cerca di salvezza e di un futuro migliore è solo frutto di interessi economici contrapposti.  Il capitalismo occidentale a guida americana si scontra con il capitalismo russo per togliere spazi di sfruttamento al governo russo per sottrare alla Russia fette di mercato quale quello della fornitura delle fonti di energia: il gas, il petrolio ed altre fonti di approvvigionamento.

La  guerra in questo momento agli occhi di una determinata classe politica diventa non solo uno strumento per risolvere questioni di politica estera nei rapporti fra due stati in conflitto fra di loro, ma anche come mezzo estremo per la risoluzione di crisi economiche interne di uno stato per cui anche se il conflitto vedesse vincere l’odiato Putin, la finanza internazionale avrà trovato il suo profitto dalla guerra a prescindere da ogni altra considerazione.  

I pacifisti nostrani, che gridano all’orrore e vorrebbero Putin morto, considerano la guerra come un disastro per tutti perché alla fine si distrugge ricchezza nazionale intesa come un bene comune per cui  tutte le classi sociali debbono essere solidali fra di loro unite da un vincolo etico contro il nemico. La storia antica e recente e l’attualità di tutte le guerre in corso, dimostra che la colossale distruzione di ricchezza che ogni giorno avviene serve meravigliosamente a risanare economie in crisi e/o di sovrapproduzione all’interno degli stati, come  puntualmente ci ha insegnato Carlo Marx.

Mai come ora l’Europa è apparsa unita dietro alla parola Pace.  La guerra è una donna sterile che non produce nulla se non distruzione e morte perché come possiamo vedere in questi giorni  a meno di immaginare una soluzione finale vi si legge un’impotenza delle parti un causa a prevalere gli uni sugli altri. Questa impotenza della guerra a raggiungere gli obbiettivi suoi ci fa sperare che essa possa risolversi con un onorevole compromesso fra Russia ed Ucraina.

La sensazione però che qualcuno abbia interesse che la guerra duri a lungo nasce dalla considerazione che tanti, troppi traggono vantaggio, perché certe economie stagnati riprendono vigore,  i titoli industriali salgono vertiginosamente e le borse danzano allegramente sui cadaveri lasciati  a marcire per le strade. Certo la benzina aumenta, il costo dell’energia aumenta, i  camionisti si fermano, ma questa nuvola non offusca la fortuna di quelli che con l’economia di guerra si arricchiscono.

Noi che ci dichiariamo socialisti possiamo accettare tutto questo.  Per noi una produzione che abbia come unico scopo la crescita della ricchezza di una categoria di imprenditori e che ha per unico obbiettivo il profitto non può essere accettata, perché alla fine il conto sarà pagato sempre dagli stessi: i lavoratori e il ceto medio impoverito. Secondo l’analisi Marxista la guerra accelera con i suoi vantaggi e con i suoi danni il ritmo dell’economia generale solo a vantaggio delle classi dominanti siano esse le multinazionali finanziarie internazionali sia gli oligarchi di Putin.

In termini assoluti la guerra è solo e soltanto un mezzo di superamento di crisi interne economiche o come mezzo, come nel nostro caso di eliminazione di “concorrenze moleste”.

Cosa fa il governo Draghi di fronte alla crisi economica che la guerra sta accelerando? Condanna la Russia, esprime parole di solidarietà per il popolo Ucraino ma fa poco o nulla per noi sudditi e per impedire la mancanza di generi di ogni tipo, l’aumento dei prezzi generalizzati su ogni categoria di merci, all’aumento delle materie prime, dei trasporti e dell’energia.

 Il governo Draghi guarda da una sola parte, dimenticando  di tutelare l’interesse generale, si preoccupa solo gli interessi particolari degli imprenditori e delle banche: il mercato domina sovrano. Draghi passato il momento di emergenza della pandemia ha contribuito ad inasprire il costo della vita, con la sua politica tributaria, che riversa i suoi maggiori oneri sui consumi. Col  pretesto della guerra si determina sempre il maggior impoverimento della popolazione ed in particolar modo dei lavoratori incapaci di far fronte con il loro bassi salari al crescente aumento del costo della vita be dall’altra il sempre maggior arricchimento di pochi gruppi e ceti privilegiati per cui l’attuale condizione determina enormi profitti.

Putin e Zelesky capi di due governi reazionari sono stati per un verso e per l’altro costretti a suicidarsi e mentre il frutto di questo suicidio è terrore e morte.

 l’Italia intanto è attraversata da uno spirito reazionario mefitico, c’è collera, malvagità  dietro  la bandiera della pace si nascondono la malafede dei gruppi  al potere che usando ideali di libertà e fratellanza fra i popoli alimentano invece idee fortemente conservatrici  che servono  solo a giustificare la loro determinazione di rimanere al potere in nome di una emergenza da loro stessi generata. Così si giustificano le censure che sradicano i diritti dei cittadini.  E i mezzi di comunicazione? stampa, televisioni pubbliche e private, radio, social sono unanimi nel tacere o nel parlare  in un’unica direzione. Ci vuole poco per capire che non è più né la guerra, ne la sua evoluzione, ne il problema dei profughi che interessa  ma il gruppo di persone al potere. Il “Quarto potere” è ridotto al livello del buffone di corte che loda il padrone e ne ruffianeggia le trame. Tutto viene dall’alto: Draghi è onnipotente: una minoranza privilegiata fabbrica l’opinione e diventa la coscienza del paese. E’ l’ubriacatura del servilismo; è un cupio dissolvi collettivo. Chi non è con loro è contro di loro, chi prova a ragionare o è un fascista o un comunista. Questa dissoluzione porta gli uomini al potere che da maestri di cinismo quali sono,  ci giocano e ci portano dove vogliono. Un’oligarchia onnipotente che si identifica con lo Stato ne hanno occupato gli organismi e provano calpestando la Costituzione , ad annullare la  sovranità popolare.

Non so quando finirà questa guerra e come finirà; sono consapevole però che questa guerra come tutte le guerre soddisferà le pretese di qualcuno che resterà soddisfatto della guerra come istituzione e quindi, invece di desiderare la fine di tutte le guerre, avrà la tendenza opposta.  C’è una casta che guarda e sempre guarderà alla guerra come ad una finalità della vita.

novembre 22, 2020

EUROPA, SEGNALI DI ALLARME

di Alberto Benzoni

Proprio in questi giorni, Sassoli e Letta hanno rimesso in discussione il Mes e chiesto l’azzeramento del debito.Ad esprimersi in questo modo due personalità sicuramente importanti, sicuramente europeiste e sicuramente esperte della materia.E, allora, perchè questa sortita, apparentemente “fuori dal vaso”? Se queste cose fossero state dette, che so, da un dirigente grillino, apriti cielo; tutti a stracciarsi le vesti e ad inveire contro un populismo da ritardati mentali. Ma a Sassoli e a Letta non si poteva mancare di rispetto. Ma, forse, la peggiore cosa che gli poteva capitare era che il loro messaggio fosse interpretato in chiave interna e all’interno delle polemiche da cortile che colpiscono l’area di governo. Cosa che si è puntualmente verificata; con la ciliegina finale del richiamo all’ordine dal capogruppo Pd al Senato, tale Marcucci.Il tutto a confermare il fatto che la nostra cultura politica è, ad un tempo, provinciale, complottista. Intellettualmente inerte, oltre che affetta da una pandemia che, nel corso di trent’anni non siamo riusciti a debellare: la”viltà ambientale”. E, ancora, del fatto che il Pd ha il capogruppo che si merita.Immediatamente dopo, un salto di qualità nella contestazione di Polonia e Ungheria. Dove si è passato da un confronto sul merito (magari risolvibile in termini di soldi) a una questione di principio che tra l’altro colpisce alla base, i fondamenti stessi su cui si basa la costruzione dell’Europa. Il principale dei quali è il diritto/dovere della Commissione di formulare – sulla base di regole e di orientamenti già formalmente condivisi – delle direttive cogenti per tutti, di operare perché queste vengano rispettate da tutti e, eventualmente di varare sanzioni ove così non fosse. Un meccanismo contestato e ampiamente disapplicato in linea di fatto; ma ora rimesso in discussione in linea di principio: sostenendo che la Commissione è un organismo politico (come, del resto il Parlamento europeo) e che come tale è, per definizione, non obbiettiva e, quindi, non abilitata a formulare direttive e, soprattutto a giudicare, penalizzandoli, coloro che non intendessero rispettarle. Si apre così uno scontro, prolungato nel tempo e dall’esito incerto. Ma il cui immediato riflesso sarà quello di rinviare alla seconda metà del 2021 la messa in opera del Recovery Fund.Si dirà che, a sostenere le ragioni della Commissione, ci sono anche i paesi frugali. Ma non è certo una buona notizia per l’Italia (oltre che per la Spagna e magari anche per la Francia). Loro sono in prima fila nel sostenere la condizionalità degli aiuti; ma nella misura in cui questa venga fatta valere anche nei confronti, diciamo così, “fiscalmente irresponsabili”. E nelle more di questo dibattito fanno di nuovo sentire la loro voce.Ecco allora i Dambrovskis, già pubblici ministeri spietati nel caso della Grecia, ammonire Madrid e Roma per l’insostenibilità dei loro debiti e per i loro deficit in eccesso, aggiungendo, per chiarire meglio il concetto, che la moratoria di fatto di cui godono oggi con la “scusa della pandemia” non durerà a lungo; e che, alla fin fine, torneranno le vecchie regole (almeno nella misura del possibile…).Il tutto, ovviamente, costituisce la tela di fondo di uno scontro già in atto e che può avere solo due sbocchi. O la dissoluzione acrimoniosa dell’Europa che abbiamo oggi; o il suo radicale, e per alcuni anche traumatico, cambiamento.E’ in questo quadro che le prese di posizione di Letta e di Sassoli acquistano tutto il loro senso politico. Come altolà e avvertenza: “se volete cambiare le carte in tavola lo faremo anche noi; e nella direzione opposta alla vostra”. Così come quelle della Lega che esprime il suo pieno consenso alle tesi di Varsavia e di Budapest e ridà voce ai suoi esponenti sovranisti; nella convinzione che l’Europa non sarà in grado di rispettare i suoi impegni nei nostri confronti; e che, conseguentemente, il governo giallorosa che aveva basato tutte le sue carte sulla sintonia con Bruxelles, la Spagna, la Francia e soprattutto la Germania, sprofonderà con il mazzo in mano.Attenzione: il tutto non si concluderà con l’ennesimo compromesso dell’ultim’ora. Anche e soprattutto perché a definire i termini di un’alternativa globale e chiara a tutti è stato Macron. Con una denuncia globale e senza sfumature del “sistema di Maastricht”; austerità, insensibilità ai temi dello sviluppo e della giustizia sociale e, a garantire il tutto, una regola dell’unanimità fatta apposta per impedire qualsiasi cambiamento. Rendendo chiaro a tutti che, se questa regola dovesse essere mantenuta, sarà il “tana libera tutti” con la possibilità per ogni paese e con chi ci sta, di costruire l’”Europa fai da te” secondo le sue esigenze.E’ la formalizzazione di uno scontro aperto e senza esclusioni tra quelli che rimettono in discussione il sistema esistente nella speranza di costruirne uno nuovo, e quelli che lo vogliono mantenere in piedi a tutti costi, al costo di vederlo franare sotto i loro occhi. In un contesto in cui “più Europa” non significa più niente e “quale Europa” potenzialmente moltissimo.Per chiudere, ci vorrebbe il solito pistolotto su quello che il governo e la classe politica italiano dovrebbero dire o fare. Ma sarebbe, temo, un pistolotto scarico…

agosto 18, 2020

O briganti o emigranti!

di Beppe Sarno

La  crisi  sanitaria ed economica che la pandemia sta producendo ha messo sotto gli occhi di tutti che la politica lacrime e sangue che l’Europa ci chiedeva era una politica suicida che ha distrutto l’economia italiana in nome di un Europa intesa come un’unione di popoli e della democrazia. Ma l’Europa non è stato mai questo né mai lo sarà. La pandemia cambierà tutto: il nostro modo di vivere, il nostro modo di lavorare, il ritorno a politiche ambientaliste serie basate sul rispetto del territorio.

Basteranno le misure adottate dal governo italiano in carica ad invertire la tendenza di venti anni di servilismo nei confronti della Germania che su questa politica suicida ha costruito la propria rinascita?

Se qualcosa è stato fatto è nulla rispetto al danno che il Mezzogiorno d’Italia ha dovuto subire. Soprattutto la crisi ha messo in evidenza questo importante rapporto che esiste tra la crisi economica che la pandemia ha scatenato e il sottosviluppo delle aree depresse del mezzogiorno sottolineando come nessun progetto politico di rinascita e sviluppo e nessun investimento produttivo sia stato messo in campo per rilanciare il mezzogiorno.

In tempo di crisi sono proprio le aree più deboli a vacillare mentre quelle più forti riescono ad organizzare una difesa certamente più resistente. Non a caso il neo presidente della Confindustria  Carlo Bonomi è un lombardo   poco dialogante con la politica e molto attento agli interessi del padronato del Nord.

Per il sud non esistono piani di sviluppo perché non c’è una classe politica che li elabori e li sostenga, laddove il nord, e il nord-est trovano sostegno politico e nella stampa perché in tempi di crisi come quella che stiamo vivendo e che continueremo a vivere   nel prossimo futuro è più importante è più facile difendere il tasso di occupazione nelle zone ad alta concentrazione industriale.

Così succede che oggi di fronte alla crisi economica che avanza nulla si dice circa la possibilità di progetti industriali nel sud per accrescere l’occupazione e creare opportunità di lavoro. Vi è un progetto per la ripresa delle attività industriali? Certo sono state messe in campo misure per la salvaguardia dei livelli occupazionali che riguardano anche il SUD, ma fino a dicembre 2020 e poi? Che cosa ha fatto il governo per rilanciare le aree in crisi del mezzogiorno? Quali misure sono state messe in campo per attrarre nuovi investimenti e per la riqualificazione e il recupero ambientale? L’ex Ilva di Taranto è stata lasciata nelle mani della Mittal, imprenditori senza scrupoli che la porteranno alla chiusura dopo averla spogliata di ogni bene materiale ed immateriale. Stessa sorte è capitata alla Wirphool. Potremmo parlare per giorni del destino di Termini Imerese, di Gela, delle miniere sarde. Avviene quindi di ascoltare da parte di politici improvvisati che trovano media consenzienti    che tornano a riaffermare ancora una volta che il Mezzogiorno d’Italia deve rafforzare i suoi tesori naturali e cioè l’agricoltura ed il turismo in attesa di tempi migliori per gli investimenti industriali.

Il problema del sud non si risolve con l’agricoltura ed il turismo, che senza dubbio sono un parte importante della sua bilancia commerciale, ma il problema del mezzogiorno  si risolve salvando le attività industriali esistenti e promuovendone altre nel rispetto del territorio. Certo una promozione dell’agricoltura deve prevedere una industria di supporto come era la “Cirio” degli anni della Cassa del Mezzogiorno e dell’IRI.

Una riscoperta del sud come il giardino d’Europa dove i ricchi industriali tedeschi vengono a trascorrere  le vacanze e a mangiare i cibi genuini della cucina mediterranea  significa dare una risposta limitata al discorso dello sviluppo che deriva certamente da esperienze e da errori finora commessi per lo sviluppo delle aree industriali del sud. Oggi quegli errori e quelle imposizioni subite da un‘Europa poco attenta e forse contraria ad uno sviluppo economico vengono a galla ma vengono anche facilmente risucchiati e compressi nell’attuale situazione. La verità è che la politica meridionalistica va ripensata nella sua globalità e dovrà toccare da vicino l’industria manifatturiera, l’agricoltura ed il turismo.

La verità è che, mancando un piano organico di sviluppo dell’economia del meridione, tutte le economie sono state punite: sia quella agricola che quella dell’industrializzazione, che deve continuare ad essere il punto principale intorno a cui fa ruotare l’economia meridionale. L’errore è stato è di aver bloccato l’industrializzazione trasferendola altrove. Se invece fosse stata legata con la realtà sociale ed economica  avremmo avuto certamente un aumento dell’occupazione e della ricchezza generale. Ricordo quando Prodi regalò l’Alfasud alla Fiat, tutto l’indotto della Campania fu azzerato. I responsabili acquisti della Fiat ripetevano il mantra che un fornitore Fiat rispettabile “doveva parlare torinese”. Morirono più di cinquecento aziende medio piccole in poco più di due anni.

E’ necessario un piano organico di sviluppo del Mezzogiorno investendo capitali ed energie senza rincorrere il sogno di una vita bucolica, di fare l’aria pulita, o dare il pane ai poveri con il reddito di cittadinanza.  E’ necessario risollevare le condizioni economiche del mezzogiorno e fermare quell’emorragia di giovani che partono in cerca di fortuna, inquadrando l’agricoltura  in un piano di sviluppo generale. Soltanto saldando le varie realtà economiche turismo, agricoltura, ambiente industrializzazione si potrà evitare che il sud diventi il solito alibi per sfuggire ai problemi che la crisi sanitaria, economica, sociale ed ambientale ci pone davanti e che normalmente si risolve rinviando al di la da venire la soluzione del problema. 

Ma siamo sicuri che “legge di Maastricht” preveda questo?

Siamo sicuri che questo sia possibile nell’orto chiuso dell’Ue, sotto la legge liberista dell’euro?


 [SARNO1]

 [SARNO2]

aprile 20, 2020

Coronavirus, medico Nobel africano: “Da noi sarà ecatombe”. Neanche 1000 letti di terapia intensiva.

premio nobel e medico africano Denis Mukwege ha dichiarato “Quarantena impossibile, prepariamoci ad un’ecatombe”. Il Coronavirus è giunto in Africa ormai da qualche giorno ed i dati riportano già ufficialmente oltre 5000 contagiati. La drammatica situazione sanitaria che sta flagellando l’Europa, l’Asia e l’America del Nord, rischia di diventare una vera e … Leggi tutto

aprile 3, 2020

La crisi del #Covid19 è l’occasione per ripensare il capitalismo

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di Mariana Mazzucato

da The Guardian (trad. Keynesblog.com)
Viviamo una crisi di portata mondiale. La pandemia di Covid-19 si sta rapidamente diffondendo in tutti i paesi, con una scala e una gravità che non si vedono dalla devastante influenza spagnola del 1918. A meno che non venga intrapresa un’azione coordinata globale per contenerla, il contagio diventerà presto anche economico e finanziario.
L’entità della crisi richiede ai governi di intervenire. E così è. Gli stati stanno iniettando stimoli nell’economia mentre cercano disperatamente di rallentare la diffusione della malattia, proteggere le popolazioni vulnerabili e contribuire a creare nuove terapie e vaccini. Le dimensioni e l’intensità di questi interventi ricordano un conflitto militare: questa è una guerra contro la diffusione del virus e il collasso economico.
Eppure c’è un problema. L’intervento necessario richiede una struttura molto diversa da quella scelta dai governi. Dagli anni ’80, ai governi è stato detto di fare un passo indietro e lasciare che fossero le imprese a orientare la creazione di ricchezza, intervenendo solo allo scopo di risolvere i problemi quando si presentano. Il risultato è che i governi non sono sempre adeguatamente preparati e attrezzati per affrontare crisi come Covid-19 o l’emergenza climatica. Partendo dal presupposto che i governi devono attendere fino al verificarsi di un enorme shock sistemico prima di decidere di agire, tutto ciò che è stato approntato strada facendo si rivela insufficiente.

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marzo 31, 2020

Sondaggi politici: crescono Salvini e la Meloni, in calo PD e 5 Stelle

In queste ultime settimane dove il Paese è stato sconvolto dall’emergenza coronavirus, il leitmotiv dei vari sondaggi politici è stato quello di una crescita del Partito Democratico e di Fratelli d’Italia a discapito rispettivamente di Italia Viva e Lega.

Nell’ultima indagine realizzata dall’istituto Tecnè in data 27 marzo, rispetto al precedente sondaggio di sette giorni prima c’è da registrare un’inversione di tendenza con i due Matteo, Salvini e Renzi, dati in ripresa e il PD in calo così come il Movimento 5 Stelle.

L’unica eccezione a questo ribaltamento è rappresentata da Fratelli d’Italia, visto che il partito di Giorgia Meloni sembrerebbe continuare a crescere e ormai sarebbe il terzo partito del paese staccando i pentastellati.

In generale non ci sarebbero comunque grossi scossoni ma soltanto degli aggiustamenti, segno di come in questo momento così delicato la situazione politica sembrerebbe essersi cristallizzata aspettando che l’emergenza sanitaria in corso allenti la sua morsa.

Sondaggi politici: cresce il centrodestra

Sorride al centrodestra l’ultimo sondaggio politico realizzato dall’istituto Tecnè, con tutte e tre le principali forza politiche della coalizione date in crescita e che nel complesso insieme arriverebbero in questo momento al 50%.

Dopo un periodo complicato torna infatti a crescere la Lega (+0,3%), sempre stabilmente primo partito del paese, così come sembrerebbero continuare il loro momento positivo Fratelli d’Italia (+0,1%) e Forza Italia (+0,1%).

Stando a queste percentuali, nel caso di elezioni anticipate il centrodestra vincerebbe a mani basse a prescindere dalla legge elettorale anche se, più di un nuovo voto, in questo momento si parla di un governo di unità nazionale magari presieduto da Mario Draghi.

Italia Viva (+0,1%) è l’unico partito che stando al sondaggio si andrebbe a migliorare rispetto all’indagine precedente, ma nonostante questo il nuovo partito di Matteo Renzi sarebbe sempre a rischio di finire sotto la soglia di sbarramento.

Ci sarebbe invece un passo indietro per il Partito Democratico (-0,3%), che nelle scorse settimane aveva rosicchiato molto terreno al Carroccio, mentre sembrerebbe continuare la crisi del Movimento 5 Stelle (-0,1%).

Stabile invece La Sinistra, che comunque sarebbe sotto l’asticella del 3% così come +Europa (-0,1%), Azione (-0,1%) e Verdi (-0,1%). Per tutte queste forze politiche, sembrerebbe essere indispensabile studiare qualche forma di alleanza per poter superare alle urne la soglia di sbarramento.

luglio 27, 2016

“Basta comprare petrolio dall’Isis e vendergli armi!”

Una semplice verità.

Intervista con il vescovo Maroun Elias Nimeh Lahham, vicario patriarcale per la Giordania. Il dramma dei profughi che hanno raddoppiato la popolazione del Paese. «L’Europa è centrata su se stessa e vuole applicare i suoi criteri a tutto il mondo. Questo è sbagliatissimo»

ANDREA TORNIELLI Altro…

febbraio 14, 2015

Lo schiaffo agli USA in un accordo firmato Putin.

Il “cessate il fuoco” è deciso e l’obiettivo minimo dell’incontro di Minsk viene così raggiunto, ma gli altri punti sprigionano incertezza e poco fondamento. Putin ne esce a testa alta, l’UE a pezzi ma l’Europa, per assurdo, scrive una pagina di storia affrancandosi dall’America.
La notizia del giorno non Altro…

gennaio 28, 2015

Ucraina, l’Ue verso nuove sanzioni. In ballo anche la partita del gas. Il No della Grecia a Mogherini.

L’escalation della crisi Ucraina torna ad agitare l’Europa. C’è stato un colloquio telefonico – il secondo in due settimane – tra il presidente Barack Obama e la cancelleria tedesca Angela Merkel e la stampa russa oggi fa capire senza mezzi termini che sta tornando in ballo la partita sul gas.
O Altro…