Più luce, più luce!

di  Beppe Sarno

Al VI° congresso dell’internazionale Comunista che si tenne a Mosca  dal 17 luglio al 1° settembre 1928 chiese la parola con le parole di Goethe “Più luce, più luce!” Nel suo intervento Togliatti aveva ammonito a proposito delle divisioni interne al Komintern affermando “l’avanguardia del proletariato non può battersi nell’ombra!” Togliatti dopo quel congresso entrò a far parte della direzione dell’Internazionale e fece sua la scelta di Stalin  della terza fase, cioè della strategia chiamata classe contro classe caratterizzata da una radicale ostilità verso la socialdemocrazia.

Togliatti non era fra i compagni che uscirono dal teatro Goldoni di Livorno Venerdì 21 gennaio 1921 era infatti rimasto a Torino laddove invece era presente Gramsci che però non prese la parola.

Il fatto è che Togliatti nella accidentata storia del movimento comunista ebbe un solo faro orientato ad est. Questa sua fedeltà gli dette grande potere che gli derivava dal peso politico, parlamentare sindacale del più grosso partito comunista occidentale. L’unione sovietica aveva grande fiducia e stima del “Migliore” perché Togliatti fu il fedele interprete delle direttive che provenivano da Mosca.

Note sono le polemiche all’indomani del delitto Matteotti, quando Togliatti rientrato da Mosca che rifiuta ogni accordo con il PSI e con i massimalisti giustificando l’uscita blocco delle opposizioni. Secondo Togliatti i socialisti erano c oloro che “lottano per tenere in piedi il sistema capitalistico dall’altra (i comunisti n.d.r.) chi la vuole mandare in pezzi per sempre. Da una parte chi vuole un governo non più fascista ma sempre di capitalisti e sfruttatori, dall’atra chi vuole un governo di operai e contadini.” Questa posizione antisocialista e la debolezza dei socialisti incapaci si assumere una decisione farà poi fallire la proposta di sciopero generale. Il 18 giugno il comitato esecutivo della CGL dirà “Si decide di invitare alla calma le organizzazioni confederate, i dirigenti, le masse lavoratrici, per non compromettere con iniziative particolari e inconsulte lo svilupparsi degli avvenimenti.”

Quando  Togliatti arrivò in Italia non dialogò con i gruppi antifascisti ma con Badoglio, con la monarchia e con gli alleati. Il suo arrivo fu preceduto da una lettera indirizzata a Badoglio per chiedere l’autorizzazione a rientrare in Italia. Con la monarchia assunse fin da subito un atteggiamento blando “Abbiamo sempre evitato di fare della monarchia e del re il problema centrale del momento presente.”

La cd. svolta di Salerno fu il risultato di un accordo fra le diplomazie sovietiche e le potenze alleate e che ogni iniziativa di Togliatti furono concordate a Mosca. Scrive in proposito Valiani” i documenti diplomatici dimostrano che la svolta di Salerno fu suggerita dal governo sovietico prima ancora dell’arrivo di Togliatti ….”. In questa visione non ci sarà spazio per gli altri partiti. Sull’Unità del 2 aprile Togliatti scriverà “E’ il partito comunista, è la classe operaia che deve impugnare la bandiera della difesa degli interessi nazionali che il fascismo e i gruppi che gli dettero il potere hanno tradito.

Il 22 giugno 1946 per celebrare la nascita della Repubblica italiana, Palmiro Togliatti, firmò la cd. amnistia Togliatti definita “colpo di spugna sui crimini fascisti»; amnistia che interrompe i procedimenti giudiziari nei confronti di criminali fascisti e imputati di «reati di collaborazione con i tedeschi».

L’amnistia che chiudeva la svolta di Salerno divenne grazie ad un’interpretazione estensiva della magistratura un generalizzato perdono, applicato anche a torturatori e ad assassini. Piero Calamandrei definì l’amnistia un clamoroso errore della nuova classe dirigente italiana, gravido di conseguenze.

Consapevole del radicamento della Chiesa cattolica in tutto il paese ebbe in grande considerazione le gerarchie vaticane  e con l’approvazione dell’art. 7 della Costituzione provò a mitigare l’ostilità della Chiesa verso i comunisti. L’ inclusione dell’ articolo 7 nella Costituzione, osservò Benedetto Croce, “è uno stridente errore logico e uno scandalo giuridico“. Accorata la perorazione di Piero Calamandrei: “La pace religiosa esiste. Se volete alterarla votate l’ articolo 7

Piero Nenni così commenterà il voto dei comunisti : “E’ cinismo applicato alla politica. Ma non è il cinismo degli scettici, ma di chi ha un obiettivo e non vede altro. E’ la svolta di Salerno che continua, applicata questa volta alla Chiesa e ai cattolici…“. 

Fu sempre Togliatti che fece bocciare con un artificio tecnico la proposta  di Mortati di inserire l’obbligo del sistema elettorale in Costituzione e di far approvare il sistema maggioritario al senato.

Dopo aver combattuto Tito definito “un tirannello Jugoslavo”, si recò personalmente in Jugoslavia per stringergli la mano non appena Mosca lo riabilitò.  Sempre dalla parte dei vincitori fu nell’immaginario collettivo considerato un nemico dei padroni, ma egli stesso fu un padrone severo con i suoi sottoposti. Nel partito Comunista Italiano non esisteva l’opposizione. Quanti compagni si scoprirono agenti dell’OVRA a loro insaputa solo per essere stati troskisti.

Il pensiero di Togliatti era un non pensiero e nella sua biografia non è possibile rintracciare alcun contributo teorico anche se con lui il PCI ha sempre raccolto valanghe di voti. Questi voti però non hanno contribuito significativamente nell’evoluzione della società italiana del dopoguerra condizionata positivamente dal compromesso fra la Democrazia Cristiana e il partito socialista.

La fortuna del partito Comunista fu dovuta in gran parte all’impotenza del partito Socialista che nel dopoguerra non riuscì ad attrarre i sindacati, il movimento cooperativistico, e perdette l’egemonia nelle amministrazioni locali di sinistra.

Certo il PSI non disponeva dell’appoggio internazionale dell’URSS e Togliatti da grande stratega quale era organizzò un gande partito efficiente compatto, con un grade giornale di massa “L’Unità” grandi pubblicazioni per la massa e per gli intellettuali. Per lunghi periodi potè contare anche sull’alleanza del PSI considerato un partito subordinato.

Con la forza politica che aveva e con l’organizzazione di tipo militare che era stata messa in piedi il PCI avrebbe potuto essere una reale alternativa alla DC ed imprimere alla storia italiana una ben  altra evoluzione.   La cultura italiana per oltre cinquant’anni è stata  monopolio esclusiva degli intellettuali comunisti. Malgrado ciò e con tutta la sua potenza di fuoco il PCI non è riuscito ad ottenere l’attuazione della Carta Costituzionale ed oggi stiamo ancora scontando questa sconfitta.

Togliatti disprezzava il riformismo e il massimalismo dei socialisti, ma quale risultato ha dato l’azione del PCI diverso dall’impotenza dei massimalisti? Se il movimento operaio  attratto dalla seduzione del Pci si è trovato isolato ed è stato spinto verso la DC e i partiti delle classi medie è stato solo ed esclusivamente per una scelta politica del PCI, che non ha voluto mai promuovere alcun sviluppo democratico e socialista della società.

Dei massimalisti Turati ebbe a dire nel congresso socialista di Bologna del 1919 “Il massimalismo è il nullismo, e il massimalismo è la corrente reazionaria del socialismo.” Questa definizione si adatta perfettamente alla personalità di Togliatti.

La domanda allora è perché malgrado la forza elettorale, il radicamento sul territorio, la presenza organica nelle fabbriche, l’essere stato il maggior partito comunista occidentale il PCI non ha combattuto una battaglia realmente socialista? Forse perché il Pci  nell’assumere posizioni a parole sinceramente socialiste nei fatti si smentiva perché quelle posizioni erano solo tattiche e strumentali. Il PCI non avrebbe mai contraddetto le indicazioni che provenivano da Mosca e queste indicazioni erano in contraddizione evidenti con i principi che venivano enunciati in Italia.

Togliatti era l’artefice e nello stesso tempo il prodotto di questo risultato politico negativo. Uomo freddo senza vera passione politica fu u costruttore politico ed amministratore accorto del patrimonio che gli era stato affidato. Non si può certo dire che sia stato un rivoluzionario di professione, piuttosto un burocrate attento a rispettare le direttive di Mosca.

 L’impotenza del PCI  è dimostrata dalla sua storia e dalla sua fine ingloriosa.

Riprendendo  le parole di Goethe mi sia consentito, ora che la  differenza fra comunisti e socialisti non ha più senso, invitare tutti quelli che hanno a cuore la democrazia di fare: più luce, più luce!

Ad esempio la subalternità del micro PSI di adesso al PD senza nemmeno quel senso critico del Nenni di allora che individuata il cinismo del PCI e Togliatti di predicare in un modo socialista ma di praticate in senso contrario.

La disputa coi socialisti massimalista di allora che oggi sarebbero stati come Craxi si oppose alla privatizzazione vergognosa della SME mentre il PDS DS favorì privatizzazioni delle grandi imprese anche in settori strategici espellendo lo Stato dal capitale come in Autodtrade e Telecom che nessun paese eutopeo… men che meno Francia e Germania ha fatto, al di fuori dell’Italia hanno fatto.

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