Archive for ‘Tutti gli articoli di Quaderni’

dicembre 27, 2009

Bagnoli informa

dicembre 25, 2009

San Pietro: donna psicolabile spinge a terra il papa

Attimi di paura ieri sera durante la messa di Natale celebrata dal papà Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro.Donna vestita di rosso che salta le transenne e gli si getta addosso. Il pontefice cade a terra. Per qualche secondo si vede solo un gran trambusto, e il card. Etchegaray che si accascia. Poco dopo, questione di pochi secondi, il Papa è di nuovo in piedi, la processione prosegue, raggiunge l’altare e la messa comincia. Il Papa appare appena un po’ scosso, e conduce la celebrazione senza tentennamenti.La donna è ora nella Gendarmeria vaticana in stato di fermo. Viene descritta come confusa e agitata, forse sofferente di mente, dice di aver voluto abbracciare il pontefice. Si sospetta possa essere la stessa che lo scorso anno tentò un gesto analogo, ma al momento non ci sono conferme. E’ certo che non aveva addosso alcuna arma o oggetto contundente. Il card. Etchegaray è stato ricoverato al pronto soccorso vaticano per accertamenti, ma è stato trasferito in nottata al Policlinico Gemelli.

dicembre 11, 2009

Insultò Travaglio, Sgarbi condannato

Apostrofò Marco Travaglio con insulti e parolacce durante la puntata di Annozero del primo maggio 2008.

Per questo Vittorio Sgarbi dovrà pagare trentamila euro. Lo ha stabilito il tribunale civile di Torino, che ha condannato Sgarbi anche al pagamento delle spese legali e ha rigettato la sua richiesta di risarcimento danni per le presunte offese ricevute dal giornalista.

dicembre 4, 2009

Acqua Irpina: Montella Cascata Del Mulino

Foto di Salvatore Maio

dicembre 1, 2009

Il Fini parlante

Fini: “Qualche giorno fa rileggevo un libro sull’Italia giolittiana e a Giolitti, che era considerato il ministro della malavita, un oppositore gli disse: ‘Lei rappresenta lo stato… participio passato del verbo essere’. Efficace, no?”

Trifuoggi: “Potrebbe essere riesumata”

Fini: “Infatti non escludo di farlo, citando la fonte… prima o poi lo faccio”

Fini (riferendosi ad Aldo Pecora): “Lui è un creativo nato, perché il movimento lo ha chiamato ‘Ammazzateci tutti’… e sì… il talento è quello”

Pecora nell’ambito del suo discorso afferma: “Noi siamo di passaggio, qua nessuno è eterno, non si vive in eterno”

E allora Fini commenta: “… se ti sente il Presidente del Consiglio si incazza”

Fini: “Sono un ragazzaccio io… come dicevano i greci… poco se mi giudico molto se mi confronto… è così, sembra una battuta invece è una massima di vita. E’ l’umiltà e nello stesso tempo la consapevolezza di vivere”

Fini: “Per i ragazzi come questi (riferendosi a Pecora) .. è chiaro che una delusione a 23 anni, non alla nostra età, ti toglie qualunque possibilità di credere nella vita”

Fini, rivolgendosi a Pecora: “Con la giacca e la cravatta sei ancora più bravo”

Fini: “E’ che con i ragazzi non parli con le parole ma con gli esempi”

Fini: “Il riscontro delle dichiarazioni di Spatuzza (ndr il pentito Gaspare Spatuzza)… speriamo che lo facciano con uno scrupolo tale da… perché è una bomba atomica”

Trifuoggi: “Assolutamente si… non ci si può permettere un errore neanche minimo”

Fini: “Si perché non sarebbe solo un errore giudiziario, è una tale bomba che… lei lo saprà .. Spatuzza parla apertamente di Mancino, che è stato ministro degli Interni, e di …… uno è vice presidente del CSM e l’altro è il Presidente del Consiglio…”

Trifuoggi: “Pare che basti, no”

Fini: “Pare che basti”

Trifuoggi: “Però comunque si devono fare queste indagini”

Fini: “E ci mancherebbe altro”

Fini: “No ma lui, l’uomo confonde il consenso popolare che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di… qualsiasi altra autorità di garanzia e di controllo… magistratura, Corte dei Conti, Cassazione, Capo dello Stato, Parlamento… siccome è eletto dal popolo…

Trifuoggi: “E’ nato con qualche millennio di ritardo, voleva fare l’imperatore romano”

Fini: “Ma io gliel’ho detto… confonde la leadership con la monarchia assoluta…. poi in privato gli ho detto… ricordati che gli hanno tagliato la testa a… quindi statte quieto”

Fini applaude Nino Di Matteo ed esclama “Bravo”

Nino Di Matteo, sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia di Palermo, con il collega Antonio Ingroia, sta raccogliendo le dichiarazioni di Massimo Ciancimino (ndr figlio di Vito) sulla trattativa avvenuta nel ’92 fra Cosa nostra e pezzi dello Stato.

Fonte LA REPUBBLICA

ottobre 21, 2009

Ru486, una possibilità in più per le donne

ru486_okNon è la pillolla del giorno dopo. Si chiama Ru486 ed è una tecnica alternativa all’aborto farmacologico. Il cda dell’Agenzia italiana del farmaco ha dato il via libera definitivo alla sua commercializzazione anche in Italia. E così, dal 19 novembre anche nel nostro Paese una donna che decida di abortire nelle prime settimane di gravidanza avrà la possibilità di scegliere tra l’aborto chirurgico e quello farmacologico, come quasi in tutta Europa. Sempre nel rispetto della Legge 194, che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza nel nostro Paese.

Insomma di fronte a un dramma che è quello dell’aborto, una persona ha una possibilità in più. Cioè quella di evitare l’intervento chirurgico e di assumere due compresse. La paziente assume due farmaci: il mifepristone prepara il terreno e la prostaglandina, somministrata due giorni dopo, provoca l’espulsione del materiale abortivo entro poche ore. In qualche caso l’espulsione può verificarsi già prima dell’assunzione della prostaglandina o nei giorni successivi. Una seconda dose di prostaglandina riduce la percentuale di espulsioni tardive e aumenta l’efficacia. L’espulsione del materiale abortivo avviene mediante sanguinamento e contrazioni. In pratica è come se si avesse il ciclo mestruale, per alcune donne è più intenso per altre meno. Rispetto ai metodi tradizionali l’aborto con la Ru486 non richiede né anestesia né l’intervento chirurgico e, se usata correttamente, funziona nel 95% dei casi. Qualora non funzioni si deve poi ricorrere al raschiamento tradizionale.

Sbaglia però chi pensa che sia una più scelta facile. L’aborto chirurgico, praticato legalmente in Italia da trent’anni, prevede un intervento con anestesia e ricovero. L’operazione prevede lo svuotamento dell’utero in anestesia locale o generale. Ma non bisogna dimenticare che possono esserci delle complicazioni (come il sanguinamento) sebbene il dolore immediato sia attutito dall’anestesia. Anche il coinvolgimento della donna fa la differenza. La paziente che sceglie l’aborto farmacologico è più autonoma nell’atto. È lei infatti che assume il farmaco. Nell’aborto chirurgico invece l’azione è delegata al medico e la sofferenza attutita dall’anestesia. “Gli effetti collaterali – si legge in un dossier dell’Aifa ‘Ru486: efficacia e sicurezza di un farmaco che non c’è – ci sono, ma sono minori rispetto all’aborto chirurgico: nausea (34-72%), vomito (12-41%) e diarrea (3-26%)”.

Attenzione però a non confonderla con ‘la pillola del giorno dopo’. Questa è un contraccettivo d’emergenza. Il mifepristone, il vero nome della Ru486, si differenzia dalla pillola del giorno dopo (Levonorgestrel), che è solo un contraccettivo ad alto dosaggio, sia per i tempi di assunzione, sia per il meccanismo di azione. ‘La pillola del giorno dopo’ impedisce che avvenga la gravidanza, la Ru486 la interrompe.

A. Sa.

ottobre 5, 2009

Tutti in piazza per la libertà

bimba

«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».

Costituzione della Repubblica Italiana, Articolo 21

Un sabato pomeriggio insolito. Migliaia di persone hanno trascorso una giornata in Piazza del Popolo a Roma per manifestare il proprio pensiero. Al di là della cronaca dell’avvenimento, che lasciamo raccontare ai giornali, Quaderni socialisti la rivive quelle attraverso le immagini di chi c’era. Nella convinzione che la stampa sia davvero il quarto potere, ci impegnamo a sostenere il pluralismo. Qui, sulle pagine di questo blog, deve vivere il confronto, solo così la libertà di pensiero e la democrazia non finiranno mai.

GUARDA LA GALLERIA DI IMMAGINI

ottobre 4, 2009

Andiamo tutti a Praga

Mi è arrivato l’invito per andare a Praga nel prossimo mese di dicembre per partecipare al congresso Europeo del PSE.
Ovviamente nel sito del Partito Socialista (quello nostrano, all’amatriciana.) non se ne parla. Nencini e Di Lello sono troppo impegnati a studiare come farsi rieleggere e a far fallire sinistra e libertà.
Perchè non andiamo tutti a Praga?
Il biglietto aereo costa poco, si spende nulla per mangiare e la città e bellissima.
Tanto per respirare un pò di aria buona e parlare seriamente di socialismo, senza preoccuparsi se Bobo Craxi resta o se neva.(ma quando se ne va?)
L’invito è in francese ma è facilmente comprensibile.

Leggetelo e fatemi sapere. Si potrebbe organizzare una bella spedizione:
Congrès du PSE, 7-8 décembre 2009 à Prague
Le 22 septembre 2009
Chers amis,
Le Parti socialiste européen (PSE) organise son 8e Congrès les 7 et 8 décembre prochains à
Prague. Le Congrès constitue un événement politique majeur pour le PSE : il se déroule tous
les deux ans et demi et rassemble plus de 1000 participants, leaders de partis, délégués,
députés européens, invités et militants de toute l’Europe et du reste du monde. Les décisions
adoptées par le Congrès du PSE seront déterminantes pour les politiques que promouvra
notre parti européen dans les années à venir.
Après des résultats décevants lors des élections européennes, malgré une mobilisation et
une préparation communes sans précédent, les socialistes et sociaux-démocrates européens
tenteront de tirer les leçons du scrutin et d’élaborer des recommandations pour l’avenir.
Nous ouvrirons par ailleurs un important débat sur la façon d’adapter nos valeurs
fondamentales aux réalités d’aujourd’hui afin de développer une nouvelle vision pour une
société progressiste au 21e siècle.
Le Congrès du PSE abordera également les futures politiques de l’Union européenne et en
particulier, les thèmes des changements climatiques (en cette veille de sommet de
Copenhague) et de la réforme financière, puisque les choses ne semblent pas évoluer plus
d’un an après le début de la crise financière.
Nous aimerions vous inviter à participer à notre prochain Congrès du PSE. Vous trouverez
toutes les informations afférentes au Congrès, ainsi que le formulaire d’inscription sur notre
site web. Veuillez remplir ce formulaire avant le 15 novembre. N’hésitez pas à nous envoyer
un courriel à l’adresse pes.activists@pes.org pour toute question supplémentaire. Veuillez
noter que la FEPS organisera des réunions parallèles le 6 décembre. La date butoir pour
l’inscription est le 9 octobre. Pour vous inscrire au Congrès du PSE et/ou aux ateliers de la
FEPS, cliquez ici.
Nous nous réjouissons de vous rencontrer à Prague. Les militants du PSE ont plus que jamais
un rôle important à jouer dans la définition de l’avenir de notre mouvement.
Salutations fraternelles,
Poul

ottobre 3, 2009

L’idea socialista: una bandiera che non si può ammainare

L’agenda politica nazionale pare voglia offrire qualche spazio alle più “fastidiose” pagine, locale e regionale afflitte, oltre dalle endemiche deficienze ecologiche –sanitarie – camorristiche e del mondo del lavoro, anche da una opaca, confusa diatriba politico-istituzionale.
Lo scenario è completamente occupato dai pidieppini e pidiellini.
I primi segnati dal loro caotico, disordinato, evanescente, compromissorio “ congresso “ senza fine; i secondi, dalla ricerca di una linea politica identitaria che consenta di filtrare una classe dirigente abile a gestire il cambiamento, nella felice ipotesi di una loro vittoria elettorale prossima ventura.
Per entrambi il setaccio dei fatti non riesce a contenere la intera materia del contenzioso in atto. Gioco forza, risulta debordante più quella che si perde, che la restante setacciata. Con la conseguenza di rimanere interessati al dibattito attori, protagonisti, comparse e spettatori del teatrino della politica, invischiati dallo sterile gioco di potere caro alle classi dirigenti di ieri e di oggi, avulse dal magmatico aspetto sociale ribollente la piazza regionale, provinciale e comunale, ove lavoro, scuola, sanità e governabilità sono i link più scelti del sistema, nella speranza di qualche efficiente connessione con un motore di ricerca utile alla bisogna .
In tale realtà risulta oltremodo scomposto se non addirittura fuorviante introdurre elementi di riflessione politica, laddove a prevalere rimangono motivi di bottega, contingentati da una logica comportamentale definita dagli analisti , anni scorsi, clientelare, partitocratrica, scandalosa, foriera delle espressioni più recondite dello scibile. Quegli non si sbagliavano, ieri, visto l’andamento degli eventi, il loro periodare, la terribile conclusione.
E oggi c’è da chiedersi : cosa è cambiato ?
La risposta non ci sorprende e non ci soddisfa. Ci amareggia !
Il segmento temporale alle nostre spalle, comunque maturato nell’ultimo quindicennio, embricante la fenomenologia politica del vertice e della periferia, ci affida un responso senza appello: il bipolarismo – presunto- della classe politica italiana riduce, in un asfittico compattatore, le realtà socio politico economiche incomprimibili; mortifica intelligenze altrimenti foriere di espansioni esistenziali; svilisce tensioni ideali utili alla crescita civile e culturale; depaupera il territorio delle necessarie energie per una crescita delle complesse realtà in conflitto; esangue rimangono il popolo, le genti e quanti con le loro istanze, innervate nel tessuto sociale, avrebbero fatto ribollire un autunno fervido di copiosa vendemmiata, oggi smunto profilo di un popolo chiassoso.
A tale traguardo ci conduce anche il colposo ritardo di quelle residuali realtà politiche fino a ieri determinanti per il governo nazionale e locale, pendat continuo della nomenclatura partitica, oggi distinte dalle note cifre percentuali, da profonde insolvenze e dissesti, prodromico corollario di segno concorsuale.
In esse albergano motivi revanscistici, nostalgici, nel miglior dei casi radical-psico-culturali legittimanti la persona, il gruppo, la casta e mai la causa, l’idea, l’obiettivo.
Nello scenario delineato tutti sottolineano, soprattutto i maggior quotidiani e i più illustri maitres à penser, la caduta del socialismo o quantomeno l’inarrestabile declino, abbinato al fenomeno-paradosso, tutto istituzionale, delle politiche economiche nazionali, europee e mondiali- dell’intervento massiccio dello stato nell’economia.
L’apparente dicotomia rileverebbe appunto il paradosso premiale elettorale della destra in presenza di politiche economiche di sinistra, di guisa che la causa del fallimento della sinistra o delle sinistre (quindi del socialismo e dei socialisti) fosse riconducibile a scelte di politiche economiche ( l’antica ricetta Keynesiana), non al modus operandi delle sue classi dirigenti e delle centrali politiche nazionali e locali.
Qualsiasi scelta politica, occorre ricordare, si sostanzia dal suo corretto impiego e soprattutto dall’attività gestionale dalle classi dirigenti, in definitiva dai governanti, sorretti dall’impegno, onestà, sobrietà. Valori dimenticati e sostituiti dal concetto del profitto distribuito in tutte le salse: economico, politico sociale e quindi elettorale .
Destra, Sinistra, Centro sono soltanto terminali di percorsi pensati, elaborati, sofferti e setacciati da comportamenti di intere generazioni, nella convinzione di perseguire la via utile ai bisogni umani in continua mutazione, scevri però da equilibrismi e logiche di appartenenze determinative la semplice occupazione del potere .
Purtroppo la semplificazione della vita politica nazionale, la congerie delle situazioni europee post 89, le crisi internazionali legate al dramma medio orientale, soprattutto la grossa bolla speculativa conseguente la insolvenza dei bonds suprime, il drammatico fenomeno migratorio hanno reso l’ambiente politico inagibile, coperto com’è da una nebbia fittissima che induce i protagonisti a navigare a vista.
Nelle nostre contrade arrivano i resti dei conflitti, perdurano anacronistici amarcord di epoche trascorse, si attardano misure salvavita, come l’ossigeno al capezzale di una classe politica giurassica e senza scopi, con l’intento esclusivo di resistere, in tal modo trastullandoci sul più terribile dei mali: l’accidia.
Figli di una oziosa roulette politica affidata al superenalotto delle scelte casuali non riusciamo nell’affrancamento delle pratiche utilitaristiche e folgoranti. Solo così si spiegano la miriade formazione di partitelli, o analoghe formazioni associative di dubbia utilità sociale finalizzati al semplice particolare, all’esaltazione del Io personale.
Il socialismo resta sullo sfondo come un orizzonte abbandonato dai naviganti in profondo naufragio.
La moderna navigazione sociale è affidata a bussole precise, infallibili, tecnologicamente sorrette dai moderni totem della conoscenza: i sondaggi assurti a verità rivelate. Il mondo, gli spazi vengono segnati da coordinate precise e conosciute. Il sud del mondo può ancora segnare la rotta del socialismo; il nord invece abbandona il profondo richiamo, la salvifica dottrina socialista, agli emarginati, agli esclusi, a quanti sono alla ricerca di una terra per non morire, pronti a rinverdire, sostenere i concetti di libertà, eguaglianza, legalità.
Le descritte riflessioni riverberano gli effetti nelle nostre zone. Qui nel meridione d’Italia, nella Campania, in Irpinia, in presenza di una società terziarizzata, della scolarizzazione di massa, segnata dalla rincorsa dei consumi, dalla crescente eterogeneità delle condizioni di lavoro, e della galoppante disoccupazione, caratteristiche queste di tutto l’occidente europeo, fa da contraltare il dramma di una classe dirigente vecchia e senza prospettive, dell’ordine pubblico, del lavoro e della governabilità dei problemi sociali. Sessant’anni di governo democratico non sono stati sufficienti ad eliminare le differenze e le storture Nord-Sud, le inefficienze di politiche e di scelte economiche improntate al più dissacrante utilitarismo familistico e purtroppo spesso anche camorristico.
L’ ammainamento della bandiera Socialista non arreca vantaggio alcuno, non risolve i problemi e non ne semplifica le valenze. Serve però a far riflettere! La cultura, la tolleranza, la libertà, soprattutto, la intuizione del sentire socialista ch’e fatta di laboriosità, di rispetto nella reciprocità, di liberalità, di analisi e ricerche, tutto ciò, può ancora continuare a costituire una ossatura necessaria delle istituzioni italiane, della loro crescita civile al servizio del popolo e delle future generazioni.

Antonio Tulino

settembre 30, 2009

L’immigrazione dall’altra parte del mare

SI chiamano Mamadou, Jabbi, Saddok, Boubacar, Fatoumé, Mustapha,. Sono partiti dal Mali, dalla Nigeria, dalla Somalia, dalla Costa d’ Avorio, dal Sudan.
Stanno in Libia, senza lavoro, senza denaro, senza barca per la terra promessa dell’Europa.
Hanno lasciato tutto con la benedizione dei loro parenti e del villaggio, per trovare altrove un futuro più promettente, per fuggire la miseria, la violenza o la corruzione, affascinati dal miraggio dell’Europa, abbagliati dalle promesse degli scafisti, malgrado i racconti spaventosi di quelli che, per forza o per amore, sono ritornati al paese.
Questa spaventosa realtà non si può raccontare che per briciole, raccolte qui e là. Nessuna visione di insieme, nessuna statistica affidabile, partono da non si sa dove e non arrivano da nessuna parte. Se le foto-satellitari fossero accessibili, mostrerebbero delle vere colonne umane in strada per il Nord, a piedi, messe su dei camion improbabili, su degli asini o dei dromedari, un’ Africa in marcia, in cerca di un avvenire migliore. Queste formiche sono degli uomini! E delle donne, e dei bambini. Tutti fuggono dalla disperazione.

Soltanto alcuni anni fa, le vie erano numerose e diversificate. Dell’Africa occidentale, si partiva verso il Marocco, poi lo stretto di Gibilterra o le Canarie. Ma il Marocco si è fatto gendarme dell’Europa. L’Algeria, non ha avuto mai la costa. Il Sudan aveva la sua guerra civile che non si sa se è finita veramente. L’Egitto ha anche suoi estremisti islamici. Resta la Libia, vasta porta di sabbia verso le rive del Mediterraneo. È oggi la via di passaggio privilegiato. E, del resto, Gheddafi, Guida della Rivoluzione libica non ha detto qualche anno fa che le porte erano aperte agli africani?

E poi, soprattutto, c’è l’Eldorado, intravisto alla televisione del caffè del villaggio: Lampedusa, è l’Italia, è l’Europa. Immaginate un istante l’immagine che l’Europa dà di se stessa! Là, i poliziotti sono di un’estrema cortesia, vi accolgono coi guanti, danno delle bottiglie di acqua alle madri e prendono i bambini esauriti nelle loro braccia. Non vi minacciano mai, non brandiscono mai un’arma, né proferiscono una minaccia. Ai loro lati, degli uomini e delle donne della Croce Rossa curano e riconfortano. Sembra che non vogliono emigranti, ma sembrano tuttavia così accoglienti, questi europei della prima porta! È vero, perché lo si è visto alla televisione.

Restano gli scafisti. Prendono caro, molto caro: 1.000 € in media per andare del Ghana o della Nigeria a Tripoli, poi ancora 1.500 € o molto più per partire in barca. Tutto ciò può prendere dei mesi, tre, quattro, più ancora. E ci sono poi le stagioni. In inverno, il deserto libico uccide perché il freddo è duro. L’estate, il caldo può raggiungere 50° o 60°, intollerabile, molti sono morti. E c’è poi la stagione del mare, si può passare solamente di fine marzo a fine settembre, se no le tempeste hanno ragione delle barche di pescatori e anche dei pescherecci per cui il passaggio in questi periodi è più caro.
Molti fissano come primo obiettivo la Libia, arrivare, lavorare per ammassare di che pagare il passaggio verso Lampedusa, e se no restarci per nutrire quelli rimasti al villaggio. Gli scafisti hanno una risposta a tutto e sono organizzati: li trovate sempre nel villaggio indicato, al Caffè Al Qods o alla Pasticceria dell’amicizia. Hanno i loro telefoni satellitari, sanno per dove passare oggi o se è meglio aspettare domani. Conoscono, parlano ai poliziotti. Ciò che non dicono, prima della partenza, è la miseria della strada, le insidie, le violenze, l’assenza di lavoro a Tripoli. È tuttavia un paese petrolifero! Ciò che non sanno – e chi potrebbe dirglielo? Che un’economia petrolifera genera pochi impieghi. E che un’economia petrolifera di cinque milioni e mezzo di abitanti, e che non crea altra ricchezza perché non ha reinvestito la sua ricchezza, non può nutrire uno o due milioni di immigrati.
Nessuno sa esattamente quanti sono esattamente. Qualche mese fa, “l’affare dei campi” ha fatto scandalo in Europa. Qualcuno avrebbe suggerito di creare dei campi di transito, addirittura di selezione dei migrati. Orrore! Ciò che i giornalisti sbigottiti non hanno descritto, sono le decine di campi che esistono già in Libia, dei campi di ogni tipo, spontanei, organizzati, di transito, di rimpatrio più o meno volontario, di imprigionamento puro e semplice. Un concentrato di miseria umana, dell’arbitrario sécuritario e di disperazione ordinaria.
Chi biasimare esattamente? Il fallimento economico dell’Africa sub-sahariana, incapace alle rare eccezioni vicino ad offrire delle prospettive di avvenire alle sue popolazioni, in preda ai conflitti aperti o latenti ed alla corruzione? La chiusura delle altre vie di passaggio che finisce a riportare sulla Libia l’essenziale di ciò che gli specialisti chiamano graziosamente i “flussi migratori illegali?”
La disorganizzazione della Libia non sa né può gestire questa marea umana con le sue strutture “popolari”.
I charter di ritorno organizzato da Lampedusa nelle condizioni sono più o meno conformi al diritto di asilo internazionale? chi fa gli oscuri calcoli costo-benefici alle ignobili reti di trafficanti di carne umana e riempie le casseforti dalle loro banche in Shanghai e Singapore? Il problema è così complesso che i responsabile non sembrano sapere ancora come trattarlo. Una politica europea dell’immigrazione non esiste, è il meno che si possa dire. La recente iniziativa francese di “chiudere” le frontiere, qualunque sia la sua motivazione – politica interna o politico migratorio contrasta singolarmente coi politici seguiti dalla Spagna e l’Italia, per esempio. Il sito della Rete Euro-mediterranea delle Scienze dell’uomo fornisce una serie di articoli su questi argomenti. Difatti, questi due paesi procedono ad intervalli regolari alle “regolarizzazioni” spettacolari che mirano ad interinare la presenza sul loro suolo di immigrati illegali. In altri termini, la politica ufficiale è “no all’immigrazione”, ciò che soddisfa l’opinione e certi partiti politici, ma la politica effettiva è di soddisfare i bisogni reali dell’economia. L’Italia, peraltro, applica, particolarmente con la Tunisia, una politica di immigrazione, fondata sulla concessione di quote.
Contemporanemaente milioni di europei sono senza impiego, numero di imprese nei settori o nelle regioni dinamiche non trova abbastanza braccia! La Commissione europea ha appena stimato, in un “libro verde”, sulla gestione delle migrazioni economiche pubblicate in gennaio. da ultimo il declino della popolazione attiva dell’Europa dei 25 causerà un abbassamento del numero di lavoratori dell’ordine di 20 milioni.
In questo contesto, sebbene l’immigrazione in se non costituisce una soluzione al problema dell’invecchiamento della popolazione, dei flussi di immigrazione più sostenuta potrebbero essere sempre più necessari per coprire i bisogni del mercato europeo del lavoro e per assicurare la prosperità dell’Europa. Tra approcci sécuritari, protezione delle frontiere, quote, regolarizzazione, imperativi politici interni e bisogni economici reali, i responsabili europei dovranno confrontarsi con un imbroglio maggiore. Aspettando, tra la Libia e le Sicilia, la “stagione del mare calmo” è appena cominciata. Le intercettazioni alla larghezza di Lampedusa si moltiplicano ed il centro di transito è saturato. La generazione successiva a quella di Mamadou, Boubacar e Mustapha non sa ancora ciò che l’aspetta.
Giornalista libico anonimo
Traduzione di Beppe Sarno