Posts tagged ‘keynes’

giugno 4, 2022

RICCARDO LOMBARDI TRA MARX E KEYNES

di Giuseppe Giudice

Lombardi fu certamente uno dei primi uomini della sinistra che lesse approfonditamente Keynes. Ma il keynesismo di Lombardi era quello “di sinistra” – i postkeynesiani di Cambridge : Joan Robinson, Nicholas Kaldor, in particolare , di orientamento socialista rispetto al liberale Keynes. Quindi in Lombardi credo che si sia operata una sintesi tra il suo marxismo eterodosso ed il postkeynesismo. Che poi è alla base della sua ben nota teoria della Riforme di struttura come mezzo per una transizione democratica e graduale verso il socialismo. Di qui , anche la sua opposizione alla “politica dei redditi ” di Ugo La Malfa volta alla razionalizzazione del neocapitalismo e non al suo superamento. La prospettiva del Lombardi, a cavallo , tra gli anni 50 e 60, consisteva nella “politica di piano” o programmazione democratica che avrebbe dovuto orientare il processo di sviluppo dell’economia italiana , tramite l’intervento pubblico, verso parametri diversi ed alternativi rispetto al neocapitalismo. Da sottolineare , che anche tra i postkeynesiani inglesi il concetto di programmazione era un punto di forza. Dopo il 1968 Lombardi integrò nel suo schema teorico anche parte della teoria dei contropoteri , in particolare quella di Panzieri. Anche se egli non fu mai un “gauchiste” nondimeno dà centralità al movimento di massa, come leva essenziale per la modifica dei rapporti di potere nell’economia e nella società . Del resto è del 1968 il libro di Gilles Martnet “la conquista dei poteri” in cui viene coniato il termine riformismo rivoluzionario che Lombardi fece proprio. In Lombardi e Martnet non basta avere in mano le leve del potere pubblico: esso va radicalmente trasformato tramite un profondo processo di democratizzazione dell’apparato statale, in grado di permettere una trasformazione in senso democratico e socialista della società. Quindi il socialismo come processo dal basso, nella dialettica tra poteri e contropoteri, nel quadro della democrazia costituzionale repubblicana. In cui la socializzazione dell’economia si accompagna alla socializzazione del potere. Lombardi ha sempre difeso l’idea del sindacalismo confederale, nella forma specifica del “sindacato dei consigli”. Riteneva importante , ma non esaustiva la spinta alla crescita salariale, come fattore di ampliamento del mercato interno. Ma altrettanto decisiva la modifica profonda dell’organizzazione del lavoro. “Catene di montaggio socialiste” non esistono, ripeteva dire. E da Panzieri acquisiva la tesi della non neutralità dello sviluppo tecnologico ed anche il superamento dei residui economisti e produttivisti presenti in una certa ortodossia marxista. Certo il Marx che prediligeva era quello del Capitale e dei Grundrisse, il Marx critico dell’economia politica e non il marxismo inteso inteso come filosofia deterministica della storia. E non da dimenticare la sua forte insistenza sulla riduzione dell’orario di lavoro. Di qui l’attualità di Lombardi per un faticoso processo di ricostruzione della sinistra (che oggi appare quasi impossibile in Italia). Del resto il mondo pare andare in una direzione opposta a quella immaginata da Lombardi. Ma emergono, qua e là , delle controtendenze. Del resto in Melenchon e Corbyn appaiono molti temi sviluppati da Riccardo Lombardi

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marzo 4, 2021

SFRUTTAMENTO E CLASSE!

di Franco Astengo

Pubblicato a Lipsia nell’estate del 1845 ritorna in libreria (edizioni Feltrinelli), nella storica traduzione di Raniero Panzieri “La situazione delle classe operaia in Inghilterra” di Friederich Engels.

Sfruttamento e Classe: ci troviamo così nell’occasione di una rilettura di questi due termini fondamentali per la storia (e l’avvenire?) di quello che un tempo avevamo definito movimento operaio.

Un’occasione di riflessione che si presenta in un momento di grande difficoltà per le espressioni politiche, di sfrangiamento sociale, di mutazione pressoché antropologica imposta da circostanze ed eventi da molti non previsti e ignoti nella loro destinazione storica.

Nella recensione del testo, curata per il “Manifesto” da Donatella Santarone, si fa cenno a quanto scrivono i due curatori della riedizione, Donaggio e Kammerer, indicando come uno dei temi centrali del libro di Engels appaia essere quello “dell’odio di chi lavora verso i padroni del lavoro”.

Sale subito alla mente il Sanguineti “dell’odio di classe” e ci si interroga su quanto vale oggi quell’affermazione in tempi di indefinitezza delle contraddizioni e di società non più liquida ma “gassosa”,almeno in quelli che qualche anno fa avremmo definito “ i punti alti dello sviluppo”.

L’interrogativo che principalmente dovrebbe interessarci adesso potrebbe essere così riassunto: Il mutamento che si è registrato nella condizione materiale di vita e di lavoro dal tempo in cui Engels scrisse quel testo ad oggi, è stato dovuto dall’impeto della lotta di classe o alla crescita infinita dello sviluppo produttivo oppure, ancora, quanto dal combinato disposto tra questi due fattori?

La lotta di classe vive se ci sono condizioni per un governo della politica verso lo sviluppo e non esiste quando questa capacità di governo viene meno e la politica resta ancillare rispetto alla tecniche, trasformandosi appunto in “tecnocrazia”?

Come si capirà bene l’attualità di questo secondo interrogativo appare quanto mai stringente.

Engels non aveva dubbi: lotta di classe e sviluppo (tecnologico, scientifico, industriale) dovevano camminare a fianco a fianco e da lì sarebbe nata la scintilla della trasformazione, che poi avrebbe assunto diverse forme fino al fallimento del più “forte” tentativo di inveramento statuale che ha attraversato il ‘900.

Così dalla lotta di classe portata dentro lo sviluppo tecnologico nacquero i grandi partiti di massa nell’Europa Occidentale fino al leniniano “Soviet più elettrificazione uguale socialismo” e all’interventismo statale della pianificazione e/o della programmazione (più o meno democratica).

Oggi l’evoluzione scientifica e la raffinatezza del comando mediatico hanno portato ad “smarrimento” determinato dall’individualismo (anche quello dei “diritti”) che agisce ormai indisturbato in un quadro di diseguaglianze complesse.

L’asimmetricità delle condizioni materiali di vita (e di sfruttamento) tra le varie parti del mondo appare come questione dominante tale da impedire, forse, di vedere oggi una dimensione compiuta e organica della lotta di classe facendo smarrire anche l’idea dello sviluppo.

Intendo affermare, con questo, che non possiamo più considerare lo scontro sociale patrimonio dell’avanzato mondo occidentale e che non basta il residuo di un “terzomondismo” condito da una sorta di esigenzialismo ambientalista per fornire alle contraddizioni una nuova miscela di lotta.

E’ rimasta tutta intera la questione irrisolta del XX secolo e che Engels non proponeva nel suo testo del 1845 (tre anni prima della pubblicazione con Marx del “Manifesto): la questione del potere e dello stato.

La traduzione di Panzieri fu pubblicata per la prima volta nel 1955 dalle edizioni Rinascita.

Panzieri in quel momento era impegnato nell’analisi con la quale elaborò i concetti di “operaio massa” e di “composizione di classe”.

Panzieri indicava la strada dell’alternativa in lotte di fabbrica che presentassero la richiesta di un controllo operaio sulla produzione (come produrre, per chi produrre).

L’avanzamento di questa domanda “tutta politica”, di presa di potere “nella e sulla fabbrica”, fu disconosciuta dalle organizzazioni ufficiali del movimento operaio, tutte intente – in quella

fase – a muoversi sulla linea delle politiche keynesiane indirizzate alla sfera dei bisogni e dei consumi (era il momento del cosiddetto “miracolo italiano”).

Le lotte di fabbrica di quel periodo spiazzarono, però, l’analisi marxista ufficiale incentrata sulla arretratezza del capitalismo italiano, sulla necessità della ricostruzione nazionale e sull’esaltazione della capacità produttiva del lavoro.

L’ analisi di Panzieri incontrò il limite del non incrociarsi con la possibilità di realizzare, in quella fase, una adeguata rappresentanza politica.

Rimase tutta interamente inevasa, anche allora, l’esigenza di incarnare l’analisi in una strutturazione politica.

Rileggere oggi Engels con la mente rivolta al suo traduttore può rappresentare un momento di riflessione non tanto e non solo sulle occasioni mancate e sull’impossibilità di ripetere schemi ormai desueti nella modernità ma per comprendere meglio la nuova qualità delle fratture sociali in una fase nella quale il tema del rapporto tra Potere/Stato/modello di sviluppo rimane ancora tutto da costruire, tanto più in assenza di soggettività definite e di egemonia di forti “contraddizioni in seno al popolo”, come si diceva una volta.

Maggio 9, 2020

LA RIDUZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO

di Giuseppe Giudice

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E’ da sempre una rivendicazione del movimento operaio e socialista. Già Marx parlava della riduzione della giornata lavorativa. E comunque fu un liberale progressista come Keynes, forse il Keynes meno conosciuto , che nel 1930 , in una conferenza tenuta a Madrid , disse che presupponendo costante il ritmo dello sviluppo tecnologico e quindi dell’incremento della produttività del lavoro, nel 2000 l’orario settimanale di lavoro sarebbe potuto 

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agosto 2, 2018

Blanchard: “Le élites hanno confidato troppo nel capitalismo”

Pubblicato da keynesblog il in Economia, Europa, Italia

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Intervista di Marie Charbel e Philippe Escande a Olivier Blanchard
da Le Monde del 10 luglio 2018.
Traduzione di Faber Fabbris

« Di fronte all’ascesa del populismo, i governi devono occuparsi urgentemente delle disuguaglianze », avverte l’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale Olivier Blanchard. Presente ai Rencontres Économiques di Aix-en-Provence, il 6 luglio scorso, Blanchard esprime timori anche sulla fragilità della moneta unica.

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luglio 26, 2018

Sei punti per uscire dall’austerità, non dall’euro.

(fonte keynes blog)

di Giovanni Dosi, Marco Leonardi, Tommaso Nannicini e Andrea Roventini

Caro direttore,

questa lettera aperta è sottoscritta da economisti di tendenze politiche molto diverse, accomunati però dalla preoccupazione riguardante le politiche macroeconomiche in Italia e i nostri rapporti con l’Unione Europea, la discussione dei quali sembra polarizzata tra chi invoca l’inevitabilità dell’obbedienza a regole di rigore che paiono di provenienza divina e chi sconsideratamente invoca l’uscita dall’euro come soluzione di ogni male.

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gennaio 26, 2015

Superare l’euro con Keynes.

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Bernard Maris, Oncle Bernard (zio Bernard, come si firmava) è l’economista critico che ha perso la vita durante l’attentato a Charlie Hebdo. Bernard Maris ci ha lasciato contributi di grande interesse, estremamente critici nei confronti delle politiche sostenute dai leader europei che hanno marciato insieme a Parigi dopo gli attentati terroristici. In questo articolo apparso lo scorso aprile su Alternatives Économiques e tradotto da Economia e Politica l’economista propone di superare l’euro tornando allo SME ma introducendovi i correttivi che Keynes propose nel suo piano per una International Clearing Union.

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gennaio 23, 2015

Tasso di cambio, produttività e declino italiano.

Una delle tesi contro l’euro del professor Alberto Bagnai verte sulla correlazione tra il tasso di cambio e la produttività in Italia. L’idea è all’incirca questa: con l’ingresso nell’euro, o meglio con la rivalutazione del 1996, seguita poi dalla fissazione del cambio, l’Italia ha perso competitività, riducendo così il canale della domanda estera. Ora, poiché la legge di Kaldor-Verdoorn-(Smith) sostiene che la crescita della produttività è causata dalla crescita della domanda, questo spiega la stagnazione della produttività dalla metà degli anni ’90.

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febbraio 5, 2014

Detto ieri, ma è straordinariamente attuale.

Diceva Riccardo Lombardi:

Il  nuovo Stato ha il compito di un piano di ricostruzione economica che coordini i due settori a gestione socializzata e a gestione privata, indirizzi la politica finanziaria, del credito industriale e dei lavori pubblici all’integrale utilizzazione della capacità produttiva del Paese e all’assorbimento delle energie di lavoro disponibili. Questo piano di ricostruzione nazionale dovrà essere inquadrato in un piano europeo e mondiale di più razionale distribuzione delle materie prime, delle industrie produttive, dei traffici e delle forze del lavoro. Tale coordinamento economico, il cui fine dev’essere di sviluppare al massimo la circolazione libera degli uomini e delle merci sulla terra, è alla base del nuovo ordine democratico internazionale».

Sembra la ricetta per uscire dalla crisi. Questo messaggio profetico che ci viene da Riccardo Lombardi indica la straordinaria attualità del pensiero socialista.

luglio 31, 2013

L’Italia antikeynesiana (1981-2013)

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Una leggenda si aggira per l’Italia: il nostro sarebbe un paese keynesiano.

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marzo 16, 2013

La grande separazione tra finanza ed economia reale.

bolla-finanziaria-280Kemal Derviş, già ministro dell’Economia della Turchia e Amministratore del programma UNDP delle Nazioni Unite, punta il dito sul ritorno del bel tempo nelle borse di tutto il mondo, che hanno superato i livelli pre-crisi. Nel frattempo però, l’economia reale continua a languire: l’Europa è in recessione e negli USA il recupero è estremamente lento, mentre il salario reale dei lavoratori americani è crollato significativamente e non sembra voler risalire. Sembrano le condizioni ideali per una nuova bolla finanziaria globale.

di Kemal Derviş, da Project Syndicate

Dalla seconda metà del 2012, i mercati finanziari hanno registrato un forte recupero in ogni parte del mondo. Negli Stati Uniti, la media industriale del Dow Jones ha raggiunto un massimo storico all’inizio di marzo, con un incremento di quasi il 9% rispetto allo scorso mese di settembre. In Europa, i “cannoni d’agosto” del presidente della Bce Mario Draghi si sono rivelati molto efficaci. Draghi, infatti, è riuscito a far dimenticare lo scivolone dell’euro promettendo un acquisto di bond dei governi membri potenzialmente illimitato. Tra il 1° settembre e il 22 febbraio, l’indice FTSEurofirst è salito di quasi il 7%. Anche in Asia, sempre da settembre, i mercati finanziari hanno segnato un rialzo, quello giapponese in particolare.

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