
Anziani fissati. Una categoria che non è prevista né dai politici né dai pubblicitari. Per i primi siamo autosufficienti: e quindi privileg…
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di Beppe Sarno
Scriveva Sandro Pertini sull’Avanti del 25 aprile 1947 “Tutti i lavoratori del braccio e della mente, che nella guerra di liberazione e nella insurrezione d’aprile furono uniti nella lotta per la nostra indipendenza e per la nostra libertà, rimarranno ancora .saldamente uniti perchè la Patria sia del popolo e perchè la libertà abbia finalmente come base una profonda giustizia sociale, onde essa divenga una conquista duratura per tutti gli italiani. La lotta, dunque, non è terminata il 25 aprile 1945, ma continua.
Gli rispondeva Pietro Nenni sull’Avanti del primo maggio “non sia da noi un giorno di feste, ma di lotta, concorrono oltre alle incognite politiche della situazione, le tristissime condizioni economiche del Paese e segnatamente dei ceti più diseredati.”
25 aprile e primo maggio. Ci troviamo a celebrare queste due date mentre infuria una tempesta senza precedenti .
Due date vicine, 25 aprile e primo maggio soprattutto nelle coscienze di ogni cittadino veramente democratico perchè il riscatto dal lavoro può avvenire solo in presenza della libertà dei lavoratori.
Mai avrei pensato di trovarmi in una situazione come quella attuale preoccupante e avvelenata dagli errori di una sinistra che non riconosce se stessa e si chiude per paura di affrontare la realtà e i problemi: fabbriche chiuse e strade vuote.
I lavoratori che non sanno se dopo questa terribile emergenza torneranno a lavorare. Molti probabilmente no. I partigiani cantavano “una speranza m’è nata in cuor” ma dove sono finite quelle speranze che all’indomani della liberazione tutto un popolo ha sognato?
Sono finite perchè oggi molti di noi non hanno voglia di ricordare queste due date e perchè le speranze si sono tramutate in una dolorosa sfiducia o in una cinica indifferenza.
“La lotta continua” diceva Pertini e gli rispondeva Nenni “Il primo maggio sia un giorno di lotta.”
La realtà non è stata capace di dare una risposta alle speranze della gente. Ma è evidente che all’indomani di “mani pulite” le responsabilità di noi socialisti sono state gravi e imperdonabili. Impegnati a salvare noi stessi non abbiamo provato a tornare alle origini, dalla parte dei lavoratori, la nostra casa madre. Non siamo stati capaci o non abbiamo voluto seguire la strada indicata da Pertini e di Nenni e di tutti i socialisti che hanno dato la vita per un principio.
Abbiamo lasciato i lavoratori soli ed il malcontento è nato dal perdurare dei problemi non risolti, che ha generato il qualunquismo, il disgusto per la politica, occupata da mestieranti senza scrupoli e da prime donne querule e senza sostanza.
In Europa, la Germania e l’Olanda preparano la trappola del MES per rendere privato tutto quello che è stato costruito con i sacrifici di generazioni di lavoratori.
Il divorzio, la scuola dell’obbligo, la nazionalizzazione dell’energia, del sistema sanitario, lo statuto dei lavoratori, che all’epoca ci sembrarono fatti quasi naturali, logica conseguenza di un percorso condiviso da tutti, paragonandoli alla forza del Capitale oggi, appaiono per quello che furono: conquiste gigantesche di democrazia e civiltà. La democrazia che ci hanno regalato i nostri padri l’abbiamo lasciata degradare e funziona male perchè noi siamo mancati al nostro dovere di socialisti.
Oggi i giovani ci voltano le spalle cercando altre strade, improbabili scorciatoie verso il nulla. In questo nulla, in questo non aver saputo ricostruire la nostra identità per difendere le istituzioni, i diritti del lavoro, le conquiste sociali che sta il pericolo maggiore: il pericolo di un vuoto che fa paura.
Quanti sono gli errori che dal 1992 noi socialisti abbiamo commesso con le nostre divisioni, le nostre vigliaccherie, i nostri tradimenti?
Sappiano i socialisti della mia generazione, i democratici tutti, trarre occasione da questa pausa forzata con cui celebriamo il 25 aprile e il primo maggio per trovare la forza ed il coraggio per compiere in umiltà un approfondito esame di coscienza per ritrovare la forza di ricominciare.
Attraverso la penna dell’editorialista Wolfang Munchau, il quotidiano ha dipinto tre scenari differenti, alcuni meno probabili di altri, che potrebbero delinearsi nei prossimi mesi.
Tra questi come non citare l’Italexit, ossia la possibilità di uscire dall’euro, rispolverata negli ultimi anni con la progressiva avanzata dei partiti euroscettici. La domanda sorge spontanea: il rischio esiste ancora?
I tre scenari del Financial Times sono partiti da due considerazioni ormai assodate: nel 2020 il Prodotto Interno Lordo dell’Italia crollerà (come confermato dal FMI e da altri illustri analisti) mentre il debito pubblico decollerà.
In questo primo caso, nel Consiglio europeo di domani gli Stati membri troveranno un compromesso su un fondo di ristrutturazione.
“Una volta che gli applausi svaniranno e le persone inizieranno a concentrarsi sui dettagli, esse si renderanno conto che (il fondo, ndr) non avrà alcuna rilevanza macroeconomica. Ciò lascerà la BCE, ancora una volta, come l’unica istituzione dell’UE che conta. Quest’anno il suo programma sulla pandemia farà il necessario.”
Nel primo scenario non ci sarà il rischio Italexit. Ad agire sarà nuovamente l’istituto centrale magari con le OMT, Outright Monetary Transactions mai davvero lanciate. Come ricordato dal FT, il programma permetterebbe a Francoforte di acquistare direttamente titoli di Stato dei Paesi più colpiti dalla crisi ma soltanto in caso di accettazione del MES.
Una strada poco probabile viste le opposizioni dell’Italia nei confronti del fondo salva-Stati e le incertezze sulle reali possibilità di attivare le OMT.
Questa ipotesi richiederebbe comunque l’intervento della BCE che permetterebbe al debito del Belpaese di non perdere il suo status. Allo stesso tempo, però, uno scenario del genere metterebbe in difficoltà gli istituti bancari che, viste le grandi quantità di BTP detenute, potrebbero fallire.
Una possibile soluzione? Quella di “tagliare” i bond nazionalizzando i depositi e “spazzando via gli investitori”.
Uno scenario poco probabile, secondo il Financial Times, ma non da escludere.
“Come accaduto nel Regno Unito, gli italiani stanno iniziando ad accusare l’UE di qualsiasi cosa vada storta.”
In questo contesto il Movimento 5 stelle potrebbe tornare a guadagnare consensi cavalcando politiche anti-UE. L’euroscetticismo, ha tuonato il quotidiano, non finirà neanche dopo il lockdown.
In linea di massima, comunque, il rischio Italexit appare al momento molto basso. Certamente l’argomento continuerà ad essere dibattuto anche alla luce delle prossime decisioni dell’UE.
La storia è ben nota. Dall’Eurogruppo sono uscite fuori quattro soluzioni per aiutare economicamente i Paesi membri a sostenersi durante questa crisi dovuta dal coronavirus, tra cui anche un MES rivisitato vista l’emergenza in corso.
L’unica cosa che al momento appare certa è che per l’Italia ci sarebbero 36 miliardi a disposizione per le spese sanitarie. Sulla presenza o meno di condizionalità non è ancora dato sapere, così come sulle modalità di attivazione, con le linee guida che verranno decise (forse) nel Consiglio Europeo di giovedì.
Una parte del Partito Democratico e Italia Viva sarebbero favorevoli a un utilizzo del MES senza condizionalità, mentre il Movimento 5 Stelle non ne vuol sapere a prescindere. In mezzo c’è Giuseppe Conte che ha più volte ribadito come al momento l’Italia non è interessata ad attivare il fondo, puntando tutto invece sugli Eurobond.
Il premier durante il Consiglio Europeo potrebbe anche non porre il veto sul MES per non mettere in difficoltà quei paesi come la Spagna che vorrebbero utilizzarlo, senza che poi l’Italia poi ne faccia a sua volta richiesta.
Secondo le immancabili voci di corridoio, alla fine però Conte potrebbe anche decidere di non rinunciare ai 36 miliardi che sarebbero a disposizione per l’Italia. L’ultima parola comunque spetterebbe sempre al voto in Parlamento dove i giallorossi potrebbero andare in crisi.
Intervistato da La Repubblica l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao, considerato vicino ad Alessandro Di Battista, non ha usato giri di parole nel far capire come il governo Conte bis potrebbe arrivare al capolinea in caso di una attivazione del MES.
“La conseguenza immediata sarà la caduta del governo – ha spiegato Corrao – Tutti nel M5S, anche i più moderati, sono sempre stati contro il MES. Ma non credo che Conte vi ricorrerà, è sempre stato di parola. Se l’Italia attiverà il Mes, sarà un altro governo a farlo”.
di Franco Bartolomei
NOI CONSIDERIAMO LA UE UNA GABBIA CHE PORTA ALLA FINE DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA ,ALLA DISTRUZIONE DEL NOSTRO TESSUTO ECONOMICO , ED AL COLLASSO DELLA NOSTRA SOCIETA’ CIVILE .
LA RITENIAMO ASSOLUTAMENTE IRRIFORMABILE
RITENIAMO che La rottura unilaterale da parte del nostro paese del sistema Euro /Maastricht, sia la condizione base per la rinascita della nostra economia ,e per la ricostruzione della nostra Democrazia , a partire dalla affermazione una nuova CENTRALITA’ DEL LAVORO…
(Adnkronos)
“Papa Francesco invita l’Europa alla ‘solidarietà’ e a ‘scelte innovative’. Come si può essere in disaccordo? A proposito di scelte innovative, mi sono impegnato già nel 2003 e poi ancora nel 2010-2011 sugli eurobond. Fa piacere che oggi anche il presidente Conte sia venuto a parlare di eurobond! Per mio conto mi assumo tutte le responsabilità sulle origini del Mes, ma una volta chiarita tutta la verità”. A sottolinearlo è l’economista e presidente di Aspen Institute Italia, Giulio Tremonti, su Mf Milano Finanza.
“Fin dall’inizio, e ancora nel corso della prima parte dei 2011, il nostro programma era mirato all’obiettivo finale degli eurobond. Fase 1: costituzione del fondo europeo (che poi sarebbe stato chiamato Mes). Fase 2: lancio (…) degli eurobond. È in questa logica sequenziale che nel luglio 2011 si arrivò alla prima firma sul Mes. In Europa dall’Eurogruppo-Ecofin al Parlamento Europeo, da Junker a Gualtieri, tutti sapevano che il nostro piano partiva dal Mes ma per arrivare agli eurobond” sottolinea Tremonti.
“Per noi -ricorda Tremonti, più volte ministro- il Mes senza gli eurobond non avrebbe avuto senso. Per contro, per gli eurobond il Mes era necessario. A quell’altezza di tempo non ci erano note ancora le manovre, da ultimo rivelate dal professor Monti, manovre che a partire dal 5 agosto 2011, da quella che lo stesso Monti chiama la lettera Trichet-Draghi’, avrebbero portato alla ‘chiamata dello straniero’ venuto in Italia in novembre, naturalmente ‘nel nostro interesse’. Di conseguenza il Mes, che era ancora privo di efficacia, diventa efficace e definitivo con la firma del presidente Monti nel febbraio 2012, ma, piccolo dettaglio, dopo che è stata affossata la funzione per cui era nato: lanciare gli eurobond”.
“E poi con la Grecia -argomenta Tremonti- che il Mes ha rivelato una funzione autonoma, totalmente diversa da quella per cui era stato costituito: non come base per lanciare gli eurobond, ma strumento europeo per la riscossione-estorsione in Grecia dei crediti qui vantati dalle banche tedesche e francesi. E in questi termini che, con la complicità italiana del governo Monti e con la furia finanziaria dei ‘creditori’ franco-tedeschi, il Mes si trasforma nello strumento che ha straziato la Grecia”.
“Non per caso, colpito da questo ‘stigma’, da questa maledizione greca, il Mes è rimasto nell’ombra per cinque anni, per essere infine, nell’autunno scorso, riproposto in Europa di nuovo, tanto per cambiare, come ‘salva-banche'”.
“Tutto questo orrore è ben diverso dal progetto degli eurobond. Questa -scandisce Tremonti- è la verità sul passato. Quella degli eurobond è ancora oggi la speranza per il futuro”.
“L’accordo con l’Eurogruppo non è positivo per l’Italia e l’Europa meridionale. Come spesso accade, vediamo un ministro delle Finanze italiano che accetta un accordo che alla fine non è nel migliore interesse del suo Paese”. Parola del tedesco Wolfgang Munchau – che non è certo un sospetto “sovranista” o un oppositore del governo Conte – direttore di eurointelligence ed editorialista del Financial Times e del Corriere della Sera. Perché quella a cui sta andando incontro il governo italiano è una vera e propria trappola tesa da Olanda e Germania che entrerà nel vivo nei prossimi mesi.
Non solo l’accordo di ieri non costituisce quel contributo solidaristico che l’Europa avrebbe dovuto garantire, ma l’Italia rischia infatti di finire nella trappola del Mes. Perché è vero che, come chiarisce il professor Paolo Pini, l’utilizzo del Mes (Fondo Salva Stati) è previsto senza condizionalità e in via temporanea per le spese sanitarie sostenute dai Paesi dell’Unione per affrontare l’emergenza Covid-19, entro il limite di budget del 2% del Pil annuali del Paese che le sostiene e che fa ricorso al Mes come linea di credito. Ma è anche vero che che fuori da questa tipologia di spesa ed oltre il 2% di spese, si applicano le regole del Mes.
E comunque, come viene chiarito nell’accordo siglato all’Eurogruppo, “gli Stati restano impegnati a rafforzare i fondamentali economici, coerentemente con il quadro di sorveglianza fiscale europeo, inclusa la flessibilità”. Quando l’Italia sarà con l’acqua alla gola, infatti, sarà costretta a ricorrere al Mes, portandosi la troika – e dunque l’austerità – in casa, anche se una parte del governo si affanna a dire che non ricorrerà mai al fondo Salva-Stati. E allora perché hanno negoziato settimane e discusso sulle condizioni del Mes stesso? Dopotutto, lo stesso ministro delle finanze, Roberto Gualtieri, scrive: “Grazie alla solida alleanza tra l’Italia e gli altri Paesi firmatari della lettera promossa dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, l’agenda europea è cambiata e si è passati da un documento con un’unica proposta, il Mes con condizionalità leggere”.
Nell’art. 136 Tfue si legge che “gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme”, sottolineando però che “la concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”. Come ha spiegato il professor Alessandro Mangia, “i creditori possono cambiare quando vogliono le condizioni scritte all’inizio in quell’esotico Memorandum of Understanding (MoU) che in realtà dovremmo chiamare concordato fallimentare”. E possono farlo “in modo sostanzialmente unilaterale, perché ormai non solo c’è un contraente debole ed uno forte, ma c’è anche un accordo che prevede la sua modifica ed il suo adattamento al mutare degli eventi. E a decidere se gli eventi sono mutati non è il debitore, ma è il creditore. Non è difficile da capire”.
Di fatto, le condizioni del Mes possono cambiare ex-post. E se il 23 aprile l’accordo sarà ratificato dai premier, gli effetti dell’accordo di ieri non li vedremo subito: è una trappola che scatterà più avanti, a cui l’Italia rischia di andare inesorabilmente contro. Il sospetto, osserva Affari Italiani, è che Olanda e Germania puntino ad indebolire l’Italia negandole il necessario per sopravvivere (adottando ora provvedimenti volutamente deboli e insufficienti) per poi spolparla tra qualche mese, quando avrà l’acqua alla gola e sarà costretta a ricorrere al Mes.
Giuseppe Conte racconta cosa è davvero avvenuto sul tema del MES in occasione dell’ultimo Eurogruppo.
Giuseppe Conte si è a lungo soffermato, come promesso, per fare chiarezza su quanto avvenuto in occasione dell’Eurogruppo di ieri, in cui si è di fatto aperto alla possibilità di ricorrere al Meccanismo Europeo di Stabilità da parte dei Paesi che ne faranno richiesta, a condizioni agevolate, per far fronte alla crisi dettata dal coronavirus.
Qual è la verità di Conte? Il MES può davvero arrivare in Italia?
Il presidente del Consiglio parte dal principio, spiegando ai cittadini che l’ultimo Eurogruppo ha proposto, tra vari altri strumenti, l’attivazione di una nuova linea di credito, senza condizionalità, tranne l’obbligo di impiegare tali risorse per la spesa sanitaria. Tale strumento, come ormai sappiamo, è il MES.
Conte sottolinea che su questo punto, già dalle prime ore di ieri sera, si è creato un dibattito, legittimo ma impreciso.
Per questo motivo si è soffermato nel compiere alcune precisazioni, rivelando la sua verità su quanto recentemente accaduto:
In occasione dell’ultimo Consiglio europeo Conte lo ha chiarito ai suoi omologhi: l’Italia non accetterà mai l’arrivo del MES.
Alcuni Stati membri, che stanno combattendo in Europa insieme all’Italia per l’attivazione degli eurobond, sono anche interessati all’attivazione del MES senza le vecchie condizioni. Ed è questo il motivo per cui l’Italia partecipa a questa discussione sul tavolo.
Conte ha poi aggiunto:
Stiamo combattendo per avere ventaglio di nuovi strumenti innovativi (che includano gli eurobond, ndr). Lavoreremo fino alla fine con coraggio in questa battaglia difficile.