Posts tagged ‘Bertinotti’

gennaio 6, 2021

Renzi e il governo parlamentare

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di Roberto Bin

Poche sono le regole formali del governo parlamentare. Sostanzialmente una: il Governo deve ottenere la fiducia delle Camere e resta in carica finché le Camere non gliela tolgono con un voto palese. Nel nostro sistema costituzionale il voto di fiducia e il voto di sfiducia sono mozioni parlamentari che devono essere approvate a maggioranza semplice: basta un voto per il SI in più dei voti per il NO e la mozione è approvata.

Molto saggiamente i nostri costituenti non sono caduti nella tentazione di scrivere molto altro per cercare di “mettere le brache” alla politica, anche se in molti vorrebbero che fosse prescritto qualcosa di più: per esempio un meccanismo tipo la “sfiducia costruttiva” che c’è nella Costituzione tedesca (ma c’era anche nel vecchio Statuto della Regione Piemonte: qualcuno se ne è accorto?) che in qualche modo cerca di costringere il parlamento che vota la sfiducia a indicare contestualmente il nuovo cancelliere. Il fatto è che in Italia mai nessuna mozione di sfiducia è stata approvata, neppure in epoca precedente alla Costituzione, risalendo nella notte dei tempi dei governi italiani. Sono sempre stati governi basati su una coalizione: quando la coalizione, dopo aver a lungo scricchiolato, si sfascia, il Presidente del Consiglio “sale al Quirinale”, come piace scrivere ai giornalisti, e rassegna le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica; il quale, secondo la prassi degli ultimi decenni, invita il dimissionario a recarsi alle Camere e spiegare i motivi delle sue dimissioni, senza che ciò sia seguito da una votazione. Perché? Perché le coalizione si rompono ma, al contrario delle uova, si possono ricomporre, e quindi è meglio che le divisioni che hanno portato alla rottura non siano formalizzate in parlamento.

E poi c’è Prodi. I due Governi Prodi sono finiti in Parlamento. Ma non per una mozione di sfiducia contro di lui, ma perché è stato lui stesso a porre la fiducia sul proprio discorso politico, sfidando i parlamentari ad esprimersi a proposito. Le procedure sono le stesse della mozione di sfiducia: in entrambi i casi si procedere con voto “per appello nominale”, che obbliga ogni deputato e ogni senatore a dichiarare espressamente il suo voto. E ad assumersene la responsabilità. Il che non è un fatto senza importanza. Bertinotti, che ha causato la crisi del Prodi I nel 1998, la ha pagata con lo sfascio del suo partito e la sua sostanziale sparizione politica; Clemente Mastella, che è il principale artefice della crisi del Prodi II nel 2008, è anche lui tramontato dalla scena politica nazionale. Per quanto gli italiani siano di solito poco filo-governativi e sembrino poco interessati all’incessante e deprimente schermaglia della politica, tuttavia qualche bilancio poi lo traggono e qualche sanzione la infliggono.

Sarebbe bene che Renzi ne tenesse conto, prima di aprire una crisi di Governo. Perché, accanto alle poche regole scritte, ve ne sono altre che appartengono alla correttezza dei rapporti politici: non solo quelli che intercorrono tra i palazzi e le segreterie, ma anche quelli che passano tra chi vuole ergersi a protagonista e le persone che non tutto sono disposte a subire. E’ chiaro che aprire una crisi di governo in un momento tanto delicato – pandemia in corso e Ricovery Plan da presentare in Europa, un debito pubblico sempre più enorme che potrebbe esploderci in mano con un’impennata dei tassi d’interesse a causa dell’instabilità politica – deve avere cause importanti, precise, di gran significato per la collettività. Quali? Io francamente non sarei in grado di spiegarle a uno straniero, se non arrossendo dall’imbarazzo.

Le regole del governo parlamentare sono state ben interpretate da Prodi, e sarebbe bene che le seguisse anche Conte: se il Governo si regge sulla fiducia del Parlamento e questo si legittima in forza del voto degli italiani, il Governo deve presentarsi in Parlamento, spiegare cosa intende fare su quei terreni su cui Renzi “lo sfida”, si deve aprire un dibattito ovviamente pubblico, dopo il quale si voterà la questione di fiducia e gli italiani sapranno chi, se c’è, si assume la responsabilità della crisi. In questo dibattito le forze politiche che votano a favore del Governo dovrebbero dire apertamente se saranno disponibile a sorreggere un suo eventuale successore, o se la crisi porterebbe dritti dritti alle elezioni; e dovrebbero anche preannunciare come si presenteranno al voto, se cioè si stringono impegni precisi a restare unite nella maggioranza oppure non avranno questo coraggio. Questo non lo prescrive la Costituzione, ma la decenza: è un modo di dichiarare se davvero l’appoggio al Governo c’è o e solo una soluzione di facciata.

Perché le regole del governo parlamentare ci sono, e una domina su tutte: si chiama responsabilità, è una regola sanzionata che spetta agli elettori fare valere con la scheda. Così, se davvero dovessimo subire la crisi, sapremo come punire chi, con una formazione politica che non è uscita dal voto popolare (e che ha potuto costituire un gruppo parlamentare al Senato solo perché lì non si applicano le regole), che è accreditata dai sondaggi per una percentuale irrilevante, e che è fatta di plastica, cioè è nata in televisione senza alcun aggancio con la società, è riuscito ad affondare il Governo dopo aver passato mesi agitando le acque al solo fine di dimostrasi in vita.

aprile 30, 2012

Pio La Torre: un martire della democrazia.

30 aprile 2012 –  Oggi ricade il trentesimo anniversario dell’uccisione a Palermo di Pio La Torre, segretario siciliano del Pci e del suo autista Rosario Di Salvo. La mattina del 30 aprile del 1982, Pio La Torre stava raggiungendo in auto, una Fiat 132, la sede del partito. Alla macchina si affiancarono due moto di grossa cilindrata: alcuni uomini mascherati con il casco e armati di pistole e mitragliette spararono decine di colpi contro i due uomini.

Pio La Torre morì all’istante mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere.

Dieci anni più tardi, un mafioso pentito, Leonardo Messina, rivelò che Pio La Torre fu ucciso su ordine di Totò Riina, capo dei corleonesi, a causa della sua proposta di legge riguardante i patrimoni dei mafiosi. La Torre ebbe infatti l’intuizione di capire che per colpire al cuore l’organizzazione mafiosa era necessario attaccare i patrimoni e spezzare il legame con il mondo politico-istituzionale. Da qui il suo primo intervento con il pacchetto di norme sul sequestro e sulla confisca dei beni mafiosi, oltre che sulla istituzione del reato specifico di associazione mafiosa che divenne legge (la Rognoni –La Torre) solo in seguito alla sua morte. La mafia fece in tempo ad eliminare anche il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa prima dell’approvazione, il 12 settembre del 1982.

aprile 21, 2012

Bertinotti contestato.

Fausto Bertinotti contestato dagli studenti di sinistra, nel liceo Socrate. Accusato di aver “svenduto la falce e il martello in cambio della notorietà”. E’ accaduto stamattina, al liceo Socrate, dove era in programma un incontro sul “conflitto sociale in Italia negli ultimi 30 anni”. Ospiti, Bertinotti e l’ex segretario della Cisl, Savino Pezzotta. Malumore palpabilissimo, soprattutto tra i ragazzi del collettivo “Senza Tregua”, entrati provocatoriamente in aula mostrando un articolo de “La Repubblica”, dal titolo “Dalla falce e martello all’alta moda, Bertinotti recita Eliot per Alda Fendi”.

Sarebbe ora che ricominciasse a fare politica.

marzo 14, 2012

L’esecutore testamentario.

Piccole polemiche fra Nanni Moretti e Bertinotti.
febbraio 20, 2011

Di Lello e Bertinotti.

Marco Di Lello rivolgendosi a Bertinotti che ha parlato  in occasione dell’anniversario della scissione di Livorno lo invita, riconoscendo gli errori di decenni di militanza politica, a interloquire con i socialisti e pertanto a  rivolgersi al Psi che del Partito socialista Europeo fa parte essendone stato tra i fondatori. Come al solito Di Lello ha perso un’occasione per tacere. Per grazia di Dio di socialisti ce ne sono anche fuori del PSI e non hanno certo bisogno di patenti date d un partito che è pronto a calarsi le braghe davanti al migliore offerente per un posto in parlamento.

Quindi inviterei di Lello a guardarsi intorno per capire che c’è un universo socialista che non si riconosce nel PSI, ma che merita altrettanto rispetto e a rileggersi l’intervento di Bertinotti per comprenderne il significato, perchè ponendo il problema nei termini da lui posti, dimostra soltanto di essere un rozzo caporale di giornata e non  il dirigente di levatura nazionale che si professa.

febbraio 19, 2011

Livorno novant’anni dopo.

Oggi sono stato a Livorno e ho conosciuto fra gli altri Emanuele Macaluso e Fausto Bertinotti.

Che meraviglia!

febbraio 5, 2010

Bentornato “Avanti”

Il Partito Socialista forse dopo queste elezioni sarà definitivamente cancellato, almeno come rappresentanza nelle istituzioni. Peraltro Nencini ha grosse responsabilità se  il progetto di Sinistra e Libertà è in parte fallito o non è quello che avrebbe potuto essere. Ciò non ostante fa piacere salutare il ritorno (on line e a cadenza settimanale), dopo lungo e periglioso travaglio, di una testata storica e gloriosa come l’Avanti, non solo organo del Partito socialista, ma un giornale che nel secolo scorso ha combattuto tutte le battaglie di libertà ed ha registrato tutto  il percorso dei socialisti.

Il Partito socialista messo  fuori dalle Camere da una legge elettorale iniqua è stato di fatto cancellato dalle reti televisive pubbliche e private e anche dai quotidiani nazionali.

C’è un asfissiante “bipolarismo” dell’informazione retto dai due poli e fondato sulla “conventio ad excludendum” dei partiti più piccoli e retto sulla scelta – parole del segretario socialista Riccardo Nencini – del “miglior nemico” operata dai vertici dell’informazione (ieri Bertinotti, oggi Di Pietro sempre presenti nel piccolo schermo).
E’, appunto, la democrazia dell’informazione all’italiana, frutto del bipolarismo all’italiana. Bentornato “Avanti”

gennaio 23, 2010

Sin. e Libertà, Imbriano: il 22 febbraio Bertinotti ad Avellino

“Mi fa un enorme piacere poter annunciare la presenza di Fausto Bertinotti ad Avellino”, così Gennaro Imbriano, dell’Assemblea Nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà, anticipa l’importante iniziativa in calendario per il prossimo 22 febbraio. Il Presidente Bertinotti, uno dei leader più innovativi e radicali della sinistra, raffinato intellettuale, sarà ad Avellino per presentare la sua ultima fatica letteraria: “Devi augurarti che la strada sia lunga”. Un libro nel quale i ricordi personali di “Fausto il rosso” incrociano intense vicende politiche e sindacali, che hanno segnato la storia del nostro Paese. Una appassionata narrazione che non rinuncia affatto a guardare al futuro, che mai abbandona la ricerca e la speranza di costruire una nuova sinistra in Europa. Dunque, l’appuntamento per il popolo della sinistra è fissato: Avellino, 22 febbraio, ore 17.

 

Fonte: IRPINIAOGGI

novembre 12, 2009

Bertinotti: «SeL e il big bang della sinistra»

di Nicola Del Duce

Fauso Bertinotti parla della sinistra di ieri e di oggi nell’intervista rilasciata negli studi di Red Tv a Mario Adinolfi. Si parte da lontano per arrivare a noi e per parlare di Sinistra e Libertà e della novità rappresentata dalla vittoria di Pier Luigi Bersani alle primarie del 25 ottobre. Ma non fa sconti né a sé stesso né alle due sinistre di un tempo di cui oggi però non si vede più traccia.

Parte dai motivi delle sconfitte delle sinistre nel cuore dell’Europa l’ex Presidente della Camera per ribadire una sua celebre formula, “avevamo due sinistre, una riformista e una radicale, e oggi non ne abbiamo più neanche una se per qualcuna intendiamo la capacità dell’agire politico di incidere sugli eventi”. «Si sono sottovalutati gli effetti di lunga durata della caduta del muro sotto le cui macerie non sono rimasti travolti solo i comunisti. A 20 anni da allora infatti possiamo dire che di quella sconfitta hanno fatto le spese anche i socialisti, socialdemocratici e laburisti europei». Sì perché secondo Bertinotti «nel resto del mondo la sinistra non se la passa così male, penso all’America Latina e anche alla riforma della sanità fatta da Obama che ricorda molto il linguaggio della sinistra europea».

E dopo aver ricordato ad Adinolfi che il primo governo prodi non cadde sulle 35 ore bensì su una richiesta di politica redistributiva dopo l’ingresso dell’Italia nell’euro, l’intervista giunge ai nostri giorni e affronta le vicende riguardanti Sinistra e Libertà e il Partito Democratico. Su quella che è la sua formazione di riferimento l’ex Presidente della Camera, dichiara: «Sinistra e Libertà dovrebbe funzionare come uno stimolo alla ricostruzione dell’intero campo della sinistra riconoscendo che se si va avanti così non ci sarà salvezza per nessuno. Riapriamo un grande capitolo costituente per una formazione della sinistra in cui ci possano stare tutti».

E Bertinotti si spinge oltre, sollecitato dalle domande di Adinolfi: «Penso che sia necessario, anzi indispensabile che Sinistra e Libertà precipiti verso un soggetto politico che abbia una forza totalmente innovata della politica e che abbia come carattere distintivo la democrazia. Democrazia sempre: nella formazione delle decisioni, nella selezione della classi dirigenti e delle candidature. Sinistra e libertà non dovrebbe inoltre considerarsi come la soluzione del problema ma come un soggetto politico transitorio. Ogni formazione della sinistra oggi dovrebbe considerarsi tale per favorire un big bang da cui costruire davvero il nuovo».

Il passaggio successivo verte naturalmente sul rapporto che SeL dovrebbe instaurare con il Pd di Bersani. Se sul Pd in generale Bertinotti non cambia idea, “lo considero una parte del problema e non una soluzione” rimarcando poi come «in questo momento non esiste una formazione politica che da sola sia capace di portare fuori dalla crisi la sinistra».

Sul Pd di Bersani l’ex Presidente della Camera fa una riflessione: «la giudico una vittoria interessante, perché può essere un segnale di come la politica come virtualità e come prevalere del virtuale sul reale, possa prendere un colpo» aggiungendo poi che «se Bersani riuscisse non in un ritorno al passato ma alla reinvenzione di una costruzione solida e duratura entro cui si verifichino fenomeni di reale partecipazione e di reale confronto tra esperienze diverse, intellettuali e lavorative, credo che sarebbe un fatto positivo per tutti. Insomma la costruzione di un partito solido sarebbe un fatto positivo».

Dal Pd si scende poi giù e si arriva immediatamente alle candidature per le elezioni regionali ormai sempre più vicine. E il discorso non può che cadere su Nichi Vendola. E se Berintotti non nasconde il suo desiderio di rivedere candidato alla guida della regione Puglia, Nichi Vendola che – dice – «ha governato realmente con il consenso popolare» aggiunge anche che «Vendola è stato scelto sulla base di una consultazione popolare interna alla coalizione e ha poi vinto le elezioni. Sarebbe un colpo di stato se un’altra candidatura avvenisse senza la consultazione popolare». «Penso inoltre che all’interno della coalizione di centro sinistra in Puglia Nichi Vendola sconfiggerebbe chiunque» – ha aggiunto Bertinotti. A buon intenditor poche parole.

Tratto dal Blog Altrionline