Posts tagged ‘Presidente del consiglio’

aprile 11, 2021

LA PROTERVIA DEI COMPETENTI!

di ferdinando pastore

Ho atteso volutamente qualche giorno prima di commentare la conferenza stampa di Mario Draghi. Dovevo far fronte a una sensazione di fastidio morale e fisico di non semplice decodificazione. Una repulsione che non era strettamente connessa alle indicazioni di indirizzo politico espresse dal Presidente del Consiglio. Un’indigeribilità legata a un’atmosfera, a un atteggiamento. Ciò che rimaneva nell’ombra nell’immediatezza delle sue parole ha preso pian piano limpidezza. Draghi si rivolgeva alla popolazione con un’aria di rassegnata sufficienza. Ha riproposto semplicemente con lo sguardo quella predisposizione mentale tipica della managerialità. La realtà è troppo complessa per essere spiegata. Le interconnessioni tra mercati, decisioni economiche, reti della globalizzazione non possono essere oggetto di interpretazioni politiche. Attraverso quel contegno paternalistico si ammoniva l’intera comunità dell’infruttuosa perdita di tempo che determinate convenzioni comportano. L’utilizzo di questa retorica ha permesso al capitalismo concorrenziale di abbattere dall’immaginario collettivo in primo luogo l’interesse dei singoli alla partecipazione politica cosicché si andassero a deperire in una lenta agonia i corpi intermedi all’interno dei quali si sviluppava un tempo la conflittualità sociale che configurava la democrazia sostanziale e in secondo luogo di rendere le forme della democrazia formale desuete forme di discussione che non potranno in alcun modo reggere il passo con lo spirito della competizione educativa che necessita di interventi di rapida sottomissione alle tendenze dei mercati.Per assecondare questa visione ideologica e irrazionale della realtà la conferenza stampa è andata avanti per forza d’inerzia in un veloce susseguirsi di banali luoghi comuni ormai in voga da almeno tre decenni. La colpevolizzazione dei singoli e del sistema pubblico per le inefficienze per esempio. I giovani che indebitamente si vaccinano non rispettando il turno in un groviglio di clientelarismo e furbizia malandrina tipica dell’italianità da sempre così poco incline alla disciplina frugale del protestantesimo. L’abbandono dei falliti al proprio destino. Non al passo con la creatività necessaria per sopravvivere nel virtuoso percorso formativo dell’imprenditorialità. Quell’inclinazione all’impresa che proprio i governi dei competenti in questi anni hanno promosso con politiche attive – specchio dell’interventismo liberale – dando corpo al sistema degli incentivi, degli sgravi fiscali per confuse categorie di soggetti. I quali non dovevano in nessun modo rivendicare un’occupazione pubblica ma sfoderando coraggio e innovazione cimentarsi nella costruzione auto-disciplinante dell’uomo/impresa. Modo come un altro per celare i dati sulla disoccupazione. La famosa disoccupazione strutturale. Lo stesso meccanismo si deve applicare a questi costosi carrozzoni pubblici. Affezionarsi a una compagnia di bandiera è frutto di un arcaico sentimentalismo novecentesco. Tutto si deve misurare con lo spirito della concorrenza. Ce lo chiedono i trattati. Ce lo chiede l’Europa. A maggior ragione se la stessa oggi si sacrifica in modo così commovente nell’elargizione dello strozzinaggio caritatevole denominato Recovery Plan. Le famose condizionalità che non esistevano. L’Italia si genuflette ai suoi padroni. Nell’osservanza dei due vincoli esterni. Adempimenti acritici dei precetti morali impartiti dalla superiorità genetica tedesca e dei consigli portati dai venti di una nuova guerra fredda. Perturbazioni messe in circolo dal sempreverde imperialismo americano. Si dia un fermo e deciso stop a questa folle simpatia per Cina, Russia e Cuba. Lì ci sono i dittatori, qui una sana e civile oligarchia.

gennaio 6, 2021

Renzi e il governo parlamentare

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di Roberto Bin

Poche sono le regole formali del governo parlamentare. Sostanzialmente una: il Governo deve ottenere la fiducia delle Camere e resta in carica finché le Camere non gliela tolgono con un voto palese. Nel nostro sistema costituzionale il voto di fiducia e il voto di sfiducia sono mozioni parlamentari che devono essere approvate a maggioranza semplice: basta un voto per il SI in più dei voti per il NO e la mozione è approvata.

Molto saggiamente i nostri costituenti non sono caduti nella tentazione di scrivere molto altro per cercare di “mettere le brache” alla politica, anche se in molti vorrebbero che fosse prescritto qualcosa di più: per esempio un meccanismo tipo la “sfiducia costruttiva” che c’è nella Costituzione tedesca (ma c’era anche nel vecchio Statuto della Regione Piemonte: qualcuno se ne è accorto?) che in qualche modo cerca di costringere il parlamento che vota la sfiducia a indicare contestualmente il nuovo cancelliere. Il fatto è che in Italia mai nessuna mozione di sfiducia è stata approvata, neppure in epoca precedente alla Costituzione, risalendo nella notte dei tempi dei governi italiani. Sono sempre stati governi basati su una coalizione: quando la coalizione, dopo aver a lungo scricchiolato, si sfascia, il Presidente del Consiglio “sale al Quirinale”, come piace scrivere ai giornalisti, e rassegna le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica; il quale, secondo la prassi degli ultimi decenni, invita il dimissionario a recarsi alle Camere e spiegare i motivi delle sue dimissioni, senza che ciò sia seguito da una votazione. Perché? Perché le coalizione si rompono ma, al contrario delle uova, si possono ricomporre, e quindi è meglio che le divisioni che hanno portato alla rottura non siano formalizzate in parlamento.

E poi c’è Prodi. I due Governi Prodi sono finiti in Parlamento. Ma non per una mozione di sfiducia contro di lui, ma perché è stato lui stesso a porre la fiducia sul proprio discorso politico, sfidando i parlamentari ad esprimersi a proposito. Le procedure sono le stesse della mozione di sfiducia: in entrambi i casi si procedere con voto “per appello nominale”, che obbliga ogni deputato e ogni senatore a dichiarare espressamente il suo voto. E ad assumersene la responsabilità. Il che non è un fatto senza importanza. Bertinotti, che ha causato la crisi del Prodi I nel 1998, la ha pagata con lo sfascio del suo partito e la sua sostanziale sparizione politica; Clemente Mastella, che è il principale artefice della crisi del Prodi II nel 2008, è anche lui tramontato dalla scena politica nazionale. Per quanto gli italiani siano di solito poco filo-governativi e sembrino poco interessati all’incessante e deprimente schermaglia della politica, tuttavia qualche bilancio poi lo traggono e qualche sanzione la infliggono.

Sarebbe bene che Renzi ne tenesse conto, prima di aprire una crisi di Governo. Perché, accanto alle poche regole scritte, ve ne sono altre che appartengono alla correttezza dei rapporti politici: non solo quelli che intercorrono tra i palazzi e le segreterie, ma anche quelli che passano tra chi vuole ergersi a protagonista e le persone che non tutto sono disposte a subire. E’ chiaro che aprire una crisi di governo in un momento tanto delicato – pandemia in corso e Ricovery Plan da presentare in Europa, un debito pubblico sempre più enorme che potrebbe esploderci in mano con un’impennata dei tassi d’interesse a causa dell’instabilità politica – deve avere cause importanti, precise, di gran significato per la collettività. Quali? Io francamente non sarei in grado di spiegarle a uno straniero, se non arrossendo dall’imbarazzo.

Le regole del governo parlamentare sono state ben interpretate da Prodi, e sarebbe bene che le seguisse anche Conte: se il Governo si regge sulla fiducia del Parlamento e questo si legittima in forza del voto degli italiani, il Governo deve presentarsi in Parlamento, spiegare cosa intende fare su quei terreni su cui Renzi “lo sfida”, si deve aprire un dibattito ovviamente pubblico, dopo il quale si voterà la questione di fiducia e gli italiani sapranno chi, se c’è, si assume la responsabilità della crisi. In questo dibattito le forze politiche che votano a favore del Governo dovrebbero dire apertamente se saranno disponibile a sorreggere un suo eventuale successore, o se la crisi porterebbe dritti dritti alle elezioni; e dovrebbero anche preannunciare come si presenteranno al voto, se cioè si stringono impegni precisi a restare unite nella maggioranza oppure non avranno questo coraggio. Questo non lo prescrive la Costituzione, ma la decenza: è un modo di dichiarare se davvero l’appoggio al Governo c’è o e solo una soluzione di facciata.

Perché le regole del governo parlamentare ci sono, e una domina su tutte: si chiama responsabilità, è una regola sanzionata che spetta agli elettori fare valere con la scheda. Così, se davvero dovessimo subire la crisi, sapremo come punire chi, con una formazione politica che non è uscita dal voto popolare (e che ha potuto costituire un gruppo parlamentare al Senato solo perché lì non si applicano le regole), che è accreditata dai sondaggi per una percentuale irrilevante, e che è fatta di plastica, cioè è nata in televisione senza alcun aggancio con la società, è riuscito ad affondare il Governo dopo aver passato mesi agitando le acque al solo fine di dimostrasi in vita.

aprile 23, 2020

Conte: “Recovery Fund tappa importante nella storia UE”

 Violetta Silvestri

Conte: “Recovery Fund tappa importante nella storia UE”

La giornata di oggi era sotto i riflettori dei mercati e della politica europea e non solo, vista l’urgenza di trovare gli strumenti più adatti per fronteggiare le conseguenze economiche del coronavirus, impattante per tutti i Paesi UE, soprattutto l’Italia.

Dopo essersi battuto a favore degli Eurobond come risposta alla crisi ora il Governo italiano ha portato avanti il sostegno deciso per il Recovery Fund, con finanziamenti a fondo perduto.

Conte, parlando in conferenza stampa pochi minuti fa, ha espresso soddisfazione per quanto deciso dai 27 Capi di Stato e di Governo. Queste le motivazioni di tanto entusiasmo da parte del presidente del Consiglio.

Conte soddisfatto sul Recovery Fund: ecco perché

La decisione di ragionare, tutti e 27 i Paesi dell’UE, sullo strumento del Recovery Fund ha segnato addirittura una tappa importante nella storia europea secondo Conte.

Il presidente del Consiglio si è detto molto soddisfatto dell’esito della riunione odierna, perché:

“A questa emergenza sanitaria, economica e sociale [si è risposto con] uno strumento innovativo, un fondo della ripresa con titoli comuni europei che andrà finanziarie i Paesi più colpiti, tra cui l’Italia. È passato anche il principio che è urgente e necessario, l’Italia in prima fila a chiederlo.”

Conte ha ribadito, inoltre, quanto sia stato fondamentale inviare, insieme ad altri 7 Paesi UE, una lettera specifica nella quale sono state date indicazioni sulle misure da intraprendere.

Un passo cruciale secondo il presidente del Consiglio, visto che fino a questo momento un accordo su uno strumento simile – il Recovery Fund – era impensabile.

La risposta europea, in questo modo, sarà molto più “solida, coordinata, efficace”. Al fondo si aggiungono gli strumenti già indicati dall’Eurogruppo.

I nodi da sciogliere sul fondo della ripresa

Nonostante l’entusiasmo del nostro primo ministro, che ha parlato di grandi progressi, la questione del Recovery Fund non è priva di intoppi. E di disaccordi.

Anche se la stessa Germania, infatti, ha dichiarato che lo strumento è nell’interesse nazionale tedesco, i Paesi si sono nuovamente divisi sulle modalità di erogazione dei finanziamenti.

Gli Stati del Sud, Italia compresa, vogliono la modalità fondo perduto, non accettata dal fronte dei Paesi del Nord. Ora toccherà alla Commissione trovare la quadra sul Recovery Fund.

Conte, naturalmente, spera di poter di nuovo esultare.

aprile 16, 2020

Il Nuovo dilemma di Antigone.

A proposito di “proporzionalità” delle misure di contenimento, di cui ho parlato negli ultimi giorni.

Non è un’ossessione garantista, ma piuttosto la base dello Stato di diritto costituzionale. Ed è, anche sul piano fattuale, il presupposto imprescindibile dell’effettività delle norme giuridiche. Cosa che un presidente del consiglio, che è nel contempo ordinario di diritto privato, dovrebbe sapere molto bene. E che anche i presidenti di regione, seppur meno qualificati culturalmente, dovrebbero anch’essi sapere. Mentre invece addirittura sul piano delle fonti del diritto lo spregio della Costituzione e l’ignoranza dilagano sovrane; e sono molto più semplici e deresponsabilizzanti misure draconiane, semplicistiche e stupidamente generalizzate, ma populisticamente – per il momento – efficaci ed accettate, e quindi per ciò solo ritenute legittime, senza troppo sottilizzare.

L'immagine può contenere: una o più persone e testo
luglio 4, 2013

La deroga supponente, ovvero Letta ci piglia per culo.

Un amico, un tesoro di amico, Homo Aeserniensis, ci ha inviato una nota sulla supposta deroga al patto di stabilità. Pubblichiamo con la sua autorizzazione ma senza tagli che lui, persona educata, ci aveva chiesto con riguardo alla battuta da caserma. D’altronde è tipico degli economisti supporre questo o quello. Supponiamo, per esempio, di avere un supponente come Presidente del Consiglio…

La deroga supponente

di Homo Aeserniensis

Spero che a nessuno sia sfuggito il fatto che la supposta deroga al patto di stabilità sia una bufala. In realtà Letta non ha strappato nessuna particolare concessione all’Europa (a differenza della perfida Albione). ll margine dello 0,5% del Pil oltre il 3% di deficit esisteva già automaticamente per tutti i paesi fuori dalla procedura di infrazione. In ogni caso dovremo rispettare parecchie altre
condizioni. 

giugno 27, 2013

Can che abbaia…….

Berlino, Angela Merkel incontra Enrico Letta

“Sarà un confronto duro”. Così il presidente del consiglio Enrico Letta ha descritto, davanti alle Camere, il suo atteggiamento in vista del Consiglio europeo del 27-28 giugno. “L’Europa non riesce a riprendere velocità e ci sono ancora ombre sulla moneta unica. – ha aggiunto Letta – Sono bastate due notizie provenienti da posti anche lontani da loro (la sede della Corte Costituzionale tedesca e Atene che chiude la tv pubblica) per dare il segno che la crisi non è ancora finita”.

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marzo 26, 2011

Un amico dei mafiosi diventa ministro.

Il Fatto Quotidiano: “Un amico dei mafiosi diventa ministro”.

Come, non era già Presidente del Consiglio?

dicembre 12, 2010

Governo, il conto alla rovescia segna meno due…

schema fiducia
A chi gli ha chiesto la ragione di un’iniziativa fatalmente destinata al fallimento, come la mediazione tentata ieri, il finiano Silvano Moffa ha risposto di aver agito solo perché è convinto chil suo leader stia commettendo un errore. Ma quando lunedì sera il leader futurista riunirà i suoi per dire che non è il momento delle differenziazioni, i deputati di Fli saranno compatti nel votare la sfiducia, compresi i cosiddetti pontieri. Dubbi, ma questa non è una novità, riguardano solo l’atteggiamento del politico campano trapiantato in Abruzzo Giampiero Catone.

Del resto, nella possibilità di una mediazione dell’ultima, o penultima, ora non credeva nemmeno il presidente del Consiglio, come dimostra la risposta che ha dato all’appello: una risposta priva di reali appigli reali per il presidente della Camera, e limitata ad un generico impegno sulla revisione del sistema elettorale, ma con l’esclusione del premio di maggioranza, cioè proprio della questione che i terzopolisti vorrebbero mettere in discussione.
Con la sua finta apertura il Cavaliere, spiegano in ambienti a lui molto vicini, ha cercato ancora una volta di addossare a Fini tutte le colpe della rottura che si consumerà tra quarantotto ore a Montecitorio, magari con la speranza di sfilargli qualche voto in più perché, anche se la partita appare sempre più incerta, Berlusconi continua a dire d’essere convinto di farcela.

novembre 1, 2010

Salgono i consensi afavore di Berlusconi.

Modelle minorenni, festini con prostitute e orge lesbo a casa di Berlusconi.

Secondo me è la solita montatura per fargli riguadagnare consensi.

ottobre 15, 2010

Inchiesta Mediaset: indagati a Roma Berlusconi e figlio.

L’evasione fiscale è un male di famiglia. Infatti Silvio Berlusconi ed il figlio Piersilvio sono convocati in procura a Roma il 26 ottobre prossimo, secondo quanto si e’ appreso, nell’ambito del filone capitolino dell’inchiesta sulla compravendita dei diritti Mediaset.

La data e’ indicata nell’invito a comparire notificato a i due indagati. Il premier e il figlio, stando alle indiscrezioni, potrebbero non presentarsi.Ovviamente.

Silvio Berlusconi avrebbe dato “direttive” per mantenere le “relazioni d’affari” con il produttore statunitense Frank Farouk Agrama “nella fittizia intermediazione” nella compravendita dei diritti tv e cinematografici. E’ quanto si legge nell’invito a comparire inviato dalla Procura di Roma a una serie di indagati, tra i quali il Presidente del Consiglio, il figlio Pier Silvio, nell’ambito dello stralcio dell’inchiesta Mediatrade-Rti.

– “Ancora una volta scatta la giustizia a orologeria contro il Presidente Berlusconi. Ma gli italiani hanno occhi per vedere e testa per capire”. Lo afferma il portavoce del presidente del Consiglio Paolo Bonaiuti in merito al filone dell’inchiesta su Mediaset che chiama in causa il premier e il figlio Pier Silvio.

….e ti pareva.