Posts tagged ‘avanti’

Maggio 9, 2020

NON DIMENTICARE L’ORRORE FASCISTA!

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di Giuseppe Galzerano

75 ANNI FA…
La prima pagina del quotidiano «Avanti!», Milano, n. 14 , mercoledì 7 maggio 1945.
In prima pagina, il quotidian

Altro…

Maggio 7, 2020

La salvaguardia della libertà.

di Gaetano Colantuono
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“(….) La salvaguardia della libertà e dignità, umana e sociale, del lavoratore, nella sua duplice qualità di cittadino e di parte del rapporto di lavoro, non potrebbe ritenersi compiutamente realizzata da una normativa che si esaurisca nella garanzia di una attiva presenza del sindacato nel luogo di lavoro; né può tacersi che vi sono interessi in ordine ai quali lo Stato non può esimersi dalla emancipazione di una disciplina che ponga a disposizione del lavoratore mezzi di tutela diretta, azionabili, cioè, indipendentemente dall’intervento delle associazioni sindacali. In considerazione di ciò, il titolo primo della presente legge vuole assicurare ai lavoratori l’effettivo godimento di taluni diritti e libertà fondamentali che, pur trovando nella Costituzione una disciplina e una garanzia complete sul piano dei principi, si prestano tuttavia, in carenza di disposizioni precise di attuazione, ad essere compressi nel loro libero esercizio. (…)”
Giacomo Brodolini, socialista, ministro del Lavoro, relazione al Disegno di Legge presentato nel giugno 1969 con il titolo “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro”, meglio definito in seguito come “Statuto dei Diritti dei Lavoratori”, diventato legge dello Stato il 20 maggio 1970.

 

aprile 29, 2020

SOCIALISTI AL CAPOLINEA; COME RIPARTIRE

di Alberto Benzoni.

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Chi scrive, dopo 63 anni vissuti all’interno di una comunità socialista, è oggi senza fissa dimora. Una situazione, credetemi, soggettivamente e oggettivamente intollerabile. Soggettivamente perché coinvolge tanti altri compagni, “rimasti fuori” o chiamatisi fuori nell’arco di una generazione; insieme ad un universo che penso assai ampio di persone che, fuori dal nostro piccolo recinto, hanno bisogno del socialismo democratico ma non sanno a chi o a che cosa rivolgersi.

Oggettivamente perché le, diciamo così, strategie perseguite dal socialismo politicamente organizzato sono tutte arrivate al capolinea. Non so quante sigle, tutte chiuse nella loro piccola dimensione e totalmente insensibili, per varie ragioni, a qualsiasi richiamo unitario; la principale delle quali e titolare del nome raccoglie lo 0.2% dei consensi e appare caudataria di un partito, Italia viva, che con il socialismo non ha e non vuole avere nulla a che fare.

Quando e dove abbiamo sbagliato? Per chiunque voglia ripartire, una domanda cui dobbiamo una risposta.

La mia ipotesi (frutto, beninteso, del senno del poi) è che abbiamo sbagliato all’inizio; ma che non potevamo non sbagliare.

Avremmo potuto, come i tre partiti minori, scioglierci; affidando le fortune personali di questo o di quel dirigente a chi l’avesse adottato. Una scelta forse corretta ma, nelle circostanze date, improponibile.

Avremmo dovuto, come la Dc, riciclarci in una nuova veste e con un gruppo dirigente di ricambio; ma, come sappiamo, non esistevano, nel nostro caso, le condizioni necessarie per portare avanti, con successo, questa operazione.

E però, avremmo potuto e dovuto, a questo punto, prendere campo; leggi chiamarci fuori, come suggeriva Craxi, dal falso bipolarismo della seconda repubblica, un ambiente, peraltro, per noi del tutto inospitale; presentandoci, nel 1994, solo nel proporzionale. Una scelta che avrebbe tenuto insieme compagni, ansiosi di fuggire nelle più diverse direzioni, e che ci avrebbe gradualmente collocato (ma questa è una mio giudizio personale) a sinistra del Pds/Pd sia sulle questioni economico-sociali sia su quelle di libertà e di rispetto dello stato di diritto.

Avremmo dovuto però pagare il prezzo di una non breve traversata nel deserto. Ipotesi che però era vista con orrore da diecine e diecine di migliaia di compagni, di quadri, di eletti di un partito allo sbando e assolutamente dominati, questo è il punto centrale, dalla duplice ansia di protezione e di vendetta. Una duplice aspirazione che, ci piaccia o no, sarebbe stata la stella cometa del popolo socialista nei decenni successivi.

Protezione e vendetta. Due pulsioni, inestinguibili anche perché mai veramente soddisfatte; e comunque incompatibili con l’esistenza stessa di un partito socialista degno di questo nome. Se tu affidi totalmente a Berlusconi la tua vendetta, puoi garantire il tuo contributo personale alla bisogna; ma scompari fatalmente come collettivo, oltre che nella tua stessa ragion d’essere. Se poi, nelle vesti di partito socialista, ti affidi, per essere prima riammesso in società e poi come protettore di ultima istanza, ad un partito che ha applaudito alla tua distruzione e che ha cancellato il socialismo dal suo passato e dal suo presente, finisci col perdere qualsiasi identità. Trasformando il desiderio di rivalsa dei tuoi iscritti in rancore impotente e autodistruttivo.

Alla fine della storia, c’è stato qualcuno che ha pensato bene, dando per scontato che il socialismo fosse un relitto del passato, di assicurare, insieme, ansia di protezione e ansia di vendetta, affidandosi al più grande rottamatore oggi in circolazione. Un binario morto; ma anche la fine, ingloriosa, della nostra storia.

Da dove ripartire allora? Per prima cosa, dalla liquidazione di questo mefitico retaggio. Il miglior modo per fare i conti con quelli che ci hanno distrutto è, semplicemente, di tornare a esistere; e per esistere e operare non abbiamo bisogno di alcuna protezione né di chiusure rancorose e impotenti.

Per tornare a esistere dobbiamo, per prima cosa, riscoprire e recuperare il socialismo: e non solo e non tanto nella sua dimensione partitica (quella verrà da sé, ma in un secondo momento) ma piuttosto come eredità del passato e come parte essenziale del nostro futuro. E, nel primo caso come nel secondo un socialismo democratico; con mille aggettivi ma anche, in proiezione futura, senza bisogno di averne qualcuno. Oggi, l’aggiunta automatica di “riformista” e “liberale” vale soltanto, come avviene di solito, a sminuire il valore del sostantivo; segnalando, al nostro interno, un richiamo al nostro passato riassumibile in una versione, per giunta edulcorata, del messaggio di Craxi.

Ora, il socialismo italiano, e in questo sta la sua capacità di risorgere, non comincia e, quindi, non finisce con Craxi. Perché ha mille fonti di cui nutrirsi; e quindi mille aggettivi. Mentre quello del presente e del futuro non ha bisogno di aggettivi; perché potrà e dovrà riassumersi in un messaggio che travalica le sue stesse frontiere – solidarietà, pace, lotta alle disuguaglianze, recupero, a tutti i livelli, dei valori e delle istituzioni della democrazia, internazionalismo – e intorno al quale si articolerà, durante e dopo la grande crisi della pandemia, lo schieramento alternativo al ritorno della barbarie.

Riscoprire il socialismo. Oggi e nell’oggi. Abbiamo gli strumenti per farlo. Riviste prestigiose, come Mondoperaio; ma non solo. Giornali come l’Avanti! non più soltanto organi di un partito ma appartenenti a tutti. Associazioni ed esperienze comuni a ogni livello; espressione, in particolare, di quanti, in nome della democrazia, si sono battuti, ieri, contro il referendum costituzionale e oggi contro la riduzione del numero dei parlamentari.

Per riscoprire, per far nascere tra di noi e soprattutto al di fuori di noi, la cultura anzi la civiltà socialista non possiamo, purtroppo, riferirci al nostro passato prossimo o a eventi esterni dell’oggi (sto parlando dell’Italia). Dovremo allora, riportare alla luce (con lo spirito del minatore non dell’archeologo) gli eventi e le parole; di ieri e di sempre. Ottima cosa, allora, uscire, periodicamente (mi riferisco al nuovo Avanti!), in relazione a grandi eventi del nostro passato nazionale: Primo maggio, 2 giugno, nascita del Psi, 20 settembre, 25 aprile, tanto per fare alcuni esempi.

E poi, i grandi appuntamenti che hanno segnato la nostra storia: dal 14 luglio alla formazione della seconda internazionale, dalla rivoluzione russa di febbraio, alle tante rivoluzioni condotte in nome di un’ansia di riscatto nei suoi più diversi aspetti.

Dovranno esserci da guida in questo percorso le tre parole lanciate al mondo dalla rivoluzione francese. E soprattutto una, la prima ad essere brutalmente cancellata e soppressa, l’unica che ci appartiene totalmente e in tutti sensi: fraternità.

aprile 16, 2020

Fare squadra.

Di Gaetano Colantuono.

Abbiamo bisogno non di un leader mediatico, ossia funzionale ai media per vendere o vendersi, ma di un gruppo dirigente all’altezza dei compiti sul piano politico e anche umano.

Una squadra, insomma, non un leader. Fare squadra, non assumere leadership che per lo più hanno portato alla deriva. Assenza di settarismo interno ma collaborazione entro regole chiare.
Dare continuità al progetto negli enti locali, nel sindacato, nei movimenti e nelle auspicabili mobilitazioni popolari, senza delle quali noi siamo inutili, anzi siamo fritti.

Noi storicamente le congiure di palazzo le subiamo soltanto. Noi conoscemmo conquiste solo col binomio lotte popolari-lavoro nelle istituzioni.

1. NESSUNA VOCE PREVALGA SULLA DIFESA E ATTUAZIONE DELLA COSTITUZIONE.
2. Casse di resistenza.
3. ABROGAZIONE DEI DECRETI SICUREZZA E RIPRISTINO DELL’ART. 18.
4. ABROGAZIONE DELLA REVISIONE DEL TITOLO V NEL 2001.
5. MULTIPOLARISMO COERENTE.

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marzo 7, 2020

Bentornato ” Avanti!”

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aprile 25, 2012

Il nostro vero “Avanti.”

febbraio 9, 2012

Avanti.

Altri tempi.

settembre 2, 2011

AVANTI ( per non dimenticare ).

 

 

 

settembre 30, 2010

Uno scatto d’orgoglio. …..e meno male!

Il Partito Socialista Italiano  ha chiesto, tramite il suo tesoriere e rappresentante legale Oreste Pastorelli, al liquidatore patrimonionale del disciolto Psi di adoperarsi per tutelare la proprietà della storica testata socialista “Avanti!” anche considerando il danno di immagine che ha provocato e continua a provocare spacciandosi come “quotidiano socialista dal 1896” quello attualmente in edicola diretto da Valter Lavitola.
Il quotidiano Avanti! in edicola e nel web, salito alla ribalta della cronaca per le affermazioni del suo direttore a proposito della vicenda Fini-Tulliani, sta infatti utilizzando impropriamente una testata che non gli appartiene. Quella registrata nel 1996 presso il Tribunale di Roma, al registro della stampa, è infatti “L’Avanti!” con l’articolo determinativo proprio perché la società che ne è editrice non è proprietaria della testata originale del Psi.
A questo punto ci sono due certezze: il liquidatore del Psi ha l’obbligo di porre in essere tutte le azioni a tutela del patrimonio del disciolto Partito socialista italiano in cui rientra la storica testata; il quotidiano diretto da Valter Lavitola non ha nulla a che vedere con il quotidiano che venne diretto, tra gli altri, da Pietro Nenni.

febbraio 5, 2010

Bentornato “Avanti”

Il Partito Socialista forse dopo queste elezioni sarà definitivamente cancellato, almeno come rappresentanza nelle istituzioni. Peraltro Nencini ha grosse responsabilità se  il progetto di Sinistra e Libertà è in parte fallito o non è quello che avrebbe potuto essere. Ciò non ostante fa piacere salutare il ritorno (on line e a cadenza settimanale), dopo lungo e periglioso travaglio, di una testata storica e gloriosa come l’Avanti, non solo organo del Partito socialista, ma un giornale che nel secolo scorso ha combattuto tutte le battaglie di libertà ed ha registrato tutto  il percorso dei socialisti.

Il Partito socialista messo  fuori dalle Camere da una legge elettorale iniqua è stato di fatto cancellato dalle reti televisive pubbliche e private e anche dai quotidiani nazionali.

C’è un asfissiante “bipolarismo” dell’informazione retto dai due poli e fondato sulla “conventio ad excludendum” dei partiti più piccoli e retto sulla scelta – parole del segretario socialista Riccardo Nencini – del “miglior nemico” operata dai vertici dell’informazione (ieri Bertinotti, oggi Di Pietro sempre presenti nel piccolo schermo).
E’, appunto, la democrazia dell’informazione all’italiana, frutto del bipolarismo all’italiana. Bentornato “Avanti”