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giugno 19, 2022

Quando verrà tempo di partire.

di  Beppe Sarno

Bertold Brecht, in questa poesia  dal titolo “La guerra che verrà”, ci ammonisce sul significato della guerra.

La guerra che verrà

non è la prima.

 Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.

Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente egualmente.

Il mio amico Stefano è stato definito “pacifista Putiniano”, definizione che non significa nulla dato che i due termini mal si conciliano. Mia moglie molto più simpaticamente lo ha definito “cazzone americano”, che  nel suo immaginario significa sognatore, utopista.

Per Marx l’ideologia socialista è “scientifica” e la sua coscienza trasforma la classe operaia da fatto puramente economico-sociale a fatto politico; l’ideologia, però, intesa come un sistema di idee  è “falsa coscienza” della realtà nella misura in cui chi la elabora e chi la usa non tengono conto che la sua stessa elaborazione è stata condizionata dalle strutture. In questo senso ha ragione Ferdinando Pastore quando definisce i tre leader andati in pellegrinaggio da Zelesky “Quei bravi ragazzi che consegnano la guerra.” In questo senso l’ideologia diventa alienazione: “le idee dominanti in una data epoca sono quelle della classe dominante”.

L’ideologia potrebbe essere definita un insieme di valori “mitici” che si presenta come spiegazione del tutto e che si afferma nonostante le smentite della pratica quotidiana e come tale una risposta scientifica degenerata. Non siamo d’accordo con questa definizione di ideologia nella misura in cui non ci sentiamo ammalati di ideologismo nel senso che non ci estraniamo dai problemi concreti attraverso un richiamo formale a formule legate ai sacri principi del socialismo.

L’ideologia socialista ha costituito storicamente il superamento dell’utopia socialista. Kautsky,  in Italia Costa, Turati e tanti altri ne sono la testimonianza. L’utopia ha segnato un tappa importante nella storia del pensiero socialista e non solo  e parte da lontano: essa nasce dal Rinascimento con Moro, Campanella, Bacone. Essa porta naturalmente una profonda carica rivoluzionaria e di protesta, possiede l’illuminante capacità di contrapporre la razionalità delle idee all’irrazionalità dei fatti. L’utopia è evasione dalla realtà perché pretende di insegnare ai fatti come avrebbero dovuto accadere senza curarsi di sapere perché sono come sono.

L’utopia è arrogante!

L’utopia come insieme di idee guida non sa adattarsi al proprio tempo sia come modello puro razionale sia come fine ultimo senza alcuna verifica pratica. Quando l’utopia invece si adatta al proprio tempo e si propone come un insieme di idee guida in vista di un tempo futuro allora l’utopia diventa ideologia. L’utopia non si consuma con l’offesa del tempo, la carica di speranza che essa porta rimane intatta nel tempo. L’ideologia invece si spegne. Ci rendiamo quindi conto perché le ideologie della forze politiche presenti in Italia sono entrate in crisi perché, in questa fase di rapide trasformazioni   della realtà nessuna di esse sa spiegare tutta la realtà. Il pragmatismo uccide ogni ideologia.

Il Marxismo, di fronte a queste situazioni storiche contingenti può essere, viceversa, ancora la somma di quelle idee guida che esprime principi etici e politici ancora validi: “lotta dei lavoratori collegati internazionalmente contro il regime capitalistico; superamento di ogni divisione di classe, che non potrebbe essere completo e senza residui se l’iniziativa non fosse assunta dalla classe lavoratrice appunto perché è la classe sfruttata per eccellenza, la classe che, sentendo in sé, per la riduzione dell’uomo  a salariato, cioè a merce-lavoro, la negazione della sua umanità, aspira al grande atto storico di liberazione del mondo; di qui l’esigenza della conquista dei poteri pubblici come mezzo di abolizione della proprietà capitalistica e di riorganizzazione della produzione sociale, non più in vista del profitto privato, ma dei bisogni sociali. Sono caduchi questi principi? A noi non pare affatto!”

Certo il Marxismo va concepito come momento di ricerca, come un patrimonio problematico da analizzare  e da dibattere. L’internazionalismo non è più quello della seconda internazionale, il capitalismo è mutato è diventato sempre più aggressivo, si è globalizzato. La classe operaia come può essere oggi definita ed identificata?  E’ chiaro, però, che l’apporto del marxismo  e della cultura conseguente e successiva diventa fondamentale per capire i fenomeni del nostro tempo.  La necessità dell’ideologia nasce quindi dalla costatazione che in una società fortemente ideologizzata dal sistema capitalistico internazionale questa non può essere scalzata con la semplice politica delle cose e delle iniziative virtuose. Dire che è necessario un dibattito fortemente ideologico significa ribadire il principio che “la classe proletaria diventando arma materiale della filosofia, che è la sua arma spirituale, da all’ideale etico una concretezza storica e lo fa passare dall’utopia sul terreno dell’azione realizzatrice”. (Rodolfo Mondolfo in Critica Sociale 1924, nr 1). Assistiamo oggi inermi ad una deideologizzazione per indurre la gente a non pensare, a non discutere di politica: “qui non si parla di politica “e frasi del tipo “ ma i socialisti esistono ancora?”  “ Draghi ci salverà!” . L’unico scopo di queste frasi ad effetto è quello conservatore di non mutare lo status quo.

Il socialismo mira all’abolizione della miseria e a creare uomini liberi e uguali rendendo al lavoro quella dignità scritta nella nostra Costituzione. L’ideologia liberista tende invece a espellere queste ambizioni cancellando dalla storia il socialismo definendolo un’utopia irrealizzabile e dannosa per la società.

Un precisa ideologia socialista viceversa ci avverte che, malgrado la pubblicità sui giornali mass media, televisioni e altri strumenti di manipolazione di massa ci faccia vedere il mondo come il miglior mondo possibile, il nostro destino di uomini è in mano altrui. Combattiamo guerre che non vorremmo combattere, ignoriamo guerre che fanno milioni di morti. Senza idee non si cambia la storia, non si interpreta e non si modifica la realtà. Giochiamo a scacchi con la morte e non  sappiamo che alla fine perderemo la partita.

E’ vero l’ideologia senza la politica dele cose è un esercizio teorico, ma la politica delle cose senza ideologia è cieca e si lascia prendere per mano; i valori non calati nella realtà quotidiana diventano esercizi di retorica, ma il pragmatismo senza ideali diventa mero opportunismo.

Per mutare la realtà  per vedere “il sol dell’avvenire” occorre una lettura dialettica del reale filtrato dall’utopia diventata ideologia perché se non abbiamo nostre idee ci accadrà ciò che Bertold Brecht (per chiudere come abbiamo aperto), ha previsto

“molti non sapranno

Che il loro nemico

Cammina alla loro testa,

che la voce che li comanda

è la voce del nemico

e colui che parla del nemico egli stesso è il nemico.

Maggio 4, 2022

PAPA FRANCESCO E LA GUERRA

di Giuseppe Giudice

In una lunga intervista al Corriere della Sera, Papa Francesco ha detto cose di grande rilevanza. Che fanno a pugni con il “mainstream” di una stampa, in larghissima parte sostenitrice di un bellicismo e di una escalation militare nella guerra russo-ucraina. In realtà , come ho già detto, l’Italia è tra i paesi dell’Europa Occidentale uno con minore libertà di stampa di fatto. Chi contesta il bellicismo è considerato oggettivamente un servo di Putin. Una grandissima menzogna. Del resto, negli altri grandi paesi europei, c’è molto più contraddittorio e dialettica nei mass media. In Francia, in Germania, perfino nei paesi più bellicisti come la GB e gli USA (vedi il New York Times ) non c’è narrazione unica. Ma veniamo a quelli che ritengo i passi più qualificanti dell’intervista del Papa.

1) riprende il discorso sulla Terza Guerra Mondiale a pezzi; sostenuta da una fortissima escalation (negli ultimi venti-trenta anni) della produzione di materiale bellico, del suo commercio e vendita; con gli enormi profitti realizzati

2) si pone apertamente il problema (pur certo non approvando la politica imperiale di Putin) delle concrete responsabilità dell’Occidente per aver voluto espandere ad est la Nato.

3) come ha rilevato Tomaso Montanari, il Papa rifiuta il concetto di “guerra giusta ” (vedi l’Enciclica “Fratelli tutti”) mettendo anche in discussione passi del Catechismo scritto da Ratzinger – che sia pur di sbieco non esclude che ci possano essere guerre giuste – La guerra giusta non esiste soprattutto in un mondo in cui c’è stato una enorme crescita di armi di distruzione di massa (l’atomica, le armi chimiche e batteriologiche) e il forte aumento del potenziale distruttivo delle stesse armi convenzionali

4) Si dichiara nettamente contrario all’escalation miltare , nella guerra in corso. All’aumento delle spese militari in Europa. La via da seguire è sempre quella della diplomazia e del negoziato, per quanto possa apparire difficile in questo momento

Chiaramente il Papa parla con il suo linguaggio (che è quello di Vescovo di Roma), ma mostra di avere una visione della politica estera molto più seria e profonda di molti leader politici.

Personalmente io condivido in pieno la posizione di Corbyn in merito alla guerra (non poi così distante da quella di Francesco). Corbyn è un critico feroce di Putin, del suo regime di capitalismo oligarchico, segnato da enormi disuguaglianze. Ma evidenzia sempre le gravissime responsabilità dell’Occidente , nell’aver determinato la situazione attuale. Chiede l’immediato ritiro delle truppe russe, la cessazione dei bombardamenti sui civili, e l’avvio di un negoziato …..ma non ha alcuna simpatia per Zelensky ed il suo nazionalismo. Contesta duramente l’ultra bellicismo di Boris Johnson (che fra l’altro ha intrattenuto ottimi rapporti con Putin fino al 2020) la sua volontà di estendere la guerra, di inviare armi sempre più micidiali ed offensive fra cui aerei potenti) all’Ucraina , per poter bombardare il territorio russo. E poi si rifiuta di accogliere i profughi ucraini (li vuole mandare in Ruanda!).

La posizione pacifista di Corbyn è la più coerente con l’essere socialisti oggi. Poi certo , quando si guardano le sparate di quel mezzo comico che minaccia la distruzione nucleare dell’intera isola britannica , non si può che sorridere per queste baggianate.

aprile 26, 2022

 SOCIALISTI CONTRO…….

Di Beppe Sarno

ll 20 ottobre 1914 la direzione nazionale del Partito socialista Italiano firmava un documento che aveva le seguenti conclusioni “in mezzo al fragore delle armi, innanzi all’orrore della guerra, noi socialisti d’Italia dobbiamo dire :il partito socialista è contro la guerra per la neutralità. Contro la guerra per la neutralità perchè così vuole il socialismo che per noi vive e per cui l’Internazionale oggi perita dovrà tornare vigorosamente a risorgere.” Il 24 novembre 1914 La sezione milanese del Partito Socialista Italiano chiedeva di espellere Benito Mussolini in disaccordo sulla sua tesi di intervento italiano nella Prima Guerra Mondiale al fianco dei Paesi della Triplice Intesa.

Matteotti, il disobbediente, l’unico a capire la pericolosità del fascismo, fu uno strenuo oppositore della guerra proponendo iniziative di boicottaggio,   bloccare i treni che portavano armi al fronte, lo sciopero generale  e contrastò in ogni modo il partito quando lanciò lo slogan “né aderire, né sabotare”

 Giuseppe Modigliani in un famoso discorso tenuto alla camera dei deputati il 9/11 dicembre 1914 , propose di indire uno sciopero generale contro l’entrata in guerra a fianco delle potenze dell’Intesa (Francia, Inghilterra, Russia) contro gli Imperi centrali (Germania, impero austro-ungarico). Karl Liebtnech In una relazione tenuta a Mannheim nel 1914 riportata nell’Avanti del 2 gennaio 1915 afferma testualmente “ il proletariato sa che le guerre che la classe capitalistica sta facendo per interesse proprio, sono proprio le guerre che più pesano sulle spalle della classe lavoratrice imponendole e più gravi sacrifici di lavoro e di denaro. Il proletariato sa che ogni guerra travolge i popoli in  un’onda di barbarie e di volgarità e la civiltà ne viene annientata per anni e anni….. il proletariato non può quindi non essere profondamente e consapevolmente contrario alla guerra ossia a tutta la politica espansionista. Il proletariato ha un nobilissimo compito di combattere il militarismo nel modo più energico anche in questa sua manifestazione di violenta espansione capitalista.”  E segue  “Ci   troviamo       quindi    di    fronte    alla    più grande  tragedia   delle storia   di   puro  carattere  capitalistico,   che   si   consuma   in  uno  sfondo  grigio  di  basse  passioni   e  di  appetiti   insoddisfatti,   senza luce di    pensiero   e   genialità   di   aspirazioni.    Si  tratta  di   borghesie  giunte   ormai, qua    o   là,  all’apogeo  della   loro   forza    e    del    loro   sviluppo,    bramoso     continuamente   di   dominio    e   di   guadagno,    che    esauriscono   la   loro   funzione   in    barbariche   piraterie   od   in   ignominiosi   mercati,    e    rinnegano   e  sconfessano   i  loro   principi   del   «   pacifismo »  e  dell’   «  equilibrio  »     mentre   vergognosamente      si    palleggiano     le   responsabilità” (L’Avanti  del 7 gennaio 1915). Mai il giornale socialista venne meno alla sua funzione di sentinella contro la guerra denunciandone quasi quotidianamente come una guerra voluta dal capitalismo contro gli interessi delle classi lavoratrici.

Turati non riuscì a controllare il partito e dopo la scissione del 1912, con l’uscita di Bissolati per le sue posizioni interventiste (Carlo Tognoli lo definisce: “un liberal ante litteram”)  dovette mantener una posizione equilibrata e prudente che si condensò nella famosa formula “non aderire, non sabotare”.

Nel 1910 si tenne a Copenaghen il congresso internazionale socialista ed il dibattito più importante del congresso fu sulla guerra. Quasi tutti i delegati  erano d’accordo che l’Internazionale dovesse sollecitare i propri deputati all’interno dei propri parlamenti decisioni aventi ad oggetto un accordo tra le grandi potenze per la riduzione degli armamenti e che tutte le controversie tra gli  Stati venissero sottoposte ad arbitrato internazionale. I socialisti italiani  con  il relatore Morgari proposero una risoluzione che invitasse tutti i partiti socialisti con rappresentanza parlamentare a proporre ai propri parlamenti una riduzione del 50% di tutti gli armamenti. Alla fine fu approvata una risoluzione presentata da Vailland e Keir Hardie con l’appoggio del partito laburista britannico e del partito socialista francese che affermava “tra tutti i mezzi da usare per prevenire e impedire la guerra, il Congresso considera particolarmente efficace lo sciopero generale degli operai, soprattutto nelle industrie che producono gli strumenti bellici (armi, munizioni, trasporti, etc) oltre all’agitazione e all’azione popolari nelle loro forme più attive.”

Anche il successivo  Congresso di Basilea nel novembre 1912 ebbe esclusivo l’argomento della guerra e soprattutto la posizione dei socialisti contro la guerra in corso nei Balcani per impedire che il conflitto si allargasse.

nel 1914 si tenne in Francia il Congresso dell’internazionale già fissato per Vienna, che non si era potuto tenere per l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando erede al trono austriaco. La risoluzione approvata dall’internazionale socialista invitava tutti i movimenti operai dei paesi interessati affinché la controversia austro-serba venisse composta tramite arbitrato.  il 31 luglio successivo Jan Iaures veniva assassinato da un giovane reazionario in un ristorante mentre teneva una riunione con i colleghi della redazione dell’Humanitè.

Diversa fu la posizione dei socialisti Del Belgio i quali per effetto dell’ultimatum del governo tedesco di ottenere l’autorizzazione a traversare il territorio Belga si schierarono praticamente dalla parte della difesa nazionale.  Gli stessi socialdemocratici tedeschi  votarono compatti a favore dei crediti di guerra. Lo stesso Karl Liebtnech si adeguò alla volontà della maggioranza del partito. Il famoso gruppo degli spartachisti composto da Rosa Luxembourg  nel 1916 votò contro  il rifinanziamento dei crediti di guerra e per questo motivo furono espulsi dal Partito. La nascita del USPD determinò in Germania l’esistenza di due partiti di ispirazione socialista. A questa seconda organizzazione aderirono i capo storici del socialismo radicale e successivamente anche la  lega degli spartachisti.  Va osservato che Karl Liebtnech in un successivo momento decise di rompere la fedeltà al partito e votò  da solo contro gli  stanziamenti per la guerra e motivò la sua posizione in uno scritto in cui affermava che la guerra era il risultato dell’ imperialismo capitalistico che avrebbe avvantaggiato solo le forze imperialistiche che l’avevano provocata, che sarebbe stata usata per schiacciare il movimento dei  lavoratori nei  paesi belligeranti. La Germania combatteva quella guerra non per legittima difesa ma con fini espansionistici.

Karl Kautsky in un articolo pubblicato in Italia dalla “Critica sociale” difese la scelta dei socialisti tedeschi affermando “Ogni nazione deve difendere la propria pelle, donde segue che il partito socialista di tutte le nazioni ha lo stesso diritto e lo stesso dovere di partecipare a questa difesa.”(Critica Sociale pag 375/2014). La “Critica” a commento dell’articolo scriveva “Kautsky, unificando governi e governati,  astrae dal fenomeno di classe e ……non risolve in dottrina quale deve essere la condotta dei socialisti a guerra scoppiata.” I socialisti italiani criticarono aspramente le scelte dei socialisti tedeschi di votare a favore dei crediti di guerra “ Il Partito socialista tedesco legato all’Internazionale, il quale con la sua tenace resistenza ai criminali del patriottismo ufficiale e imperiale soleva fare scuso alla Germania delle simpatie del proletariato internazionale. Ma il partito Socialista Tedesco ad un certo punto si mise a spezzare tutto ciò …lasciò compiere l’infamia della distruzione del Belgio, lasciò passare la distruzione delle città e l’assassinio collettivo dei neutri…Così il Partito socialista tedesco, ha servito la Germania con la stessa stolidità cieca del suo kaiser e dei suoi kaiseriani. “ e conclude “Quale orrore! Quale delitto contro la patria, contro l’Umanità! ()Critica sociale 1915 p. 165/166)

In Inghilterra nel periodo precedente la prima guerra mondiale non c’era un  partito socialista che potesse essere paragonato ai partiti socialisti di massa che c’erano in Francia, Germania, Austria, Italia. Certo c’era la Fabian Society, l’0ILP il Partito Laburista da cui nacque in seguito ad una scissione il Brithis Socialist Party. In Inghilterra nel period0 19010-1914  vi furono una catena di scioperi mai visti in precedenza ma tutti riguardavano in buona sostanza rivendicazioni salariali e sulle condizioni di vita dei lavoratori. Il personaggio più vicino ai socialisti della seconda internazionale fu sicuramente Keir Hardie. Devoto internazionalista diventò un ardente sostenitore dello sciopero generale per impedire la guerra.  Secondo Franco Astengo “In Gran Bretagna la resistenza alla guerra è più forte: si dimette il presidente del gruppo parlamentare laburista Mac Donald e quattro deputati dell’Indipendent Labour Party votano contro: ma la grande maggioranza dei dirigenti delle trade unions, la maggioranza del British Socialist Party e numerosi fabiani (ancorché la società fabiana non prenda ufficialmente posizione) approvano.” Anche se storicamente rappresenta la verità è pur vero che Ramsay Mac Donald era un personaggio ambiguo ed il suo atteggiamento contro la guerra non fu sempre chiaro. Dal 1929 al 1931 divenne primo ministro del secondo governo  laburista.

Altrettanto ambiguo il comportamento dei menscevichi in Russia divisi fra l’avversione alla guerra e quelli che invece appoggiarono le scelte dello Zar.

Nel maggio 1915 i socialisti italiani Lanciarono d’accordo con gli svizzeri “un appello per una conferenza socialista internazionale, rivolto a tutti i partiti, organizzazioni operaie, gruppi che erano rimasti fedeli ai vecchi principi dell’internazionale e che erano disposti abbattersi contro la politica di pace interna per la lotta di classe, che per un’azione unitaria dei socialisti in tutti i paesi contro la guerra. Il punto di sintesi sulla posizione dei socialisti controlla guerra fu trovato a Zimmerwald uno Svizzera dove si tenne una conferenza internazionale a cui parteciparlo i rappresentanti di 42 partiti socialisti nazionali dovuto Italia, Svizzera, Olanda, Svezia Norvegia Russia Polonia Romania Bulgaria. Ero presente anche per la Russia bolscevichi  e menscevichi e socialisti rivoluzionari di sinistra. la conferenza di Zimmerwald viene indicata come la madre della terza internazionale. Il documento finale recitava “Questa guerra non è la nostra guerra” e impegnava tutti i socialisti “a condurre un’incessante agitazione per la pace e costringere i governi a porre fine al massacro”. E concludeva “I socialisti dei paesi belligeranti hanno il dovere di condurre questa lotta con ardore ed energia; i socialisti dei paesi neutri hanno il dovere di sostenere con mezzi efficaci i loro fratelli in questa lotta contro la barbarie sanguinosa.

Mai fu nella storia una missione più nobile e più urgente. Non vi sono sforzi e sacrifici troppo grandi per raggiungere questo scopo: la pace fra gli uomini. Operai e operaie, madri e padri, vedove e orfani, feriti e storpiati, a voi tutti, vittime della guerra, noi diciamo: al di sopra dei campi di battaglia, al di sopra delle campagne e delle città devastate: Proletari di tutti i paesi unitevi!”

Malgrado il documento fosse approvato all’unanimità Lenin ed altri cinque delegati (Zinoviev, Radek (delegato di Brema), Hoglund e Nerman (rappresentanti dell’estrema sinistra scandinava) e il delegato lettone Winter.) presentarono un documento con lo scopo di  spostare a  sinistra il dibattito fra i socialisti. Nel documento si leggeva “La guerra che da più di un anno devasta l’Europa è una guerra imperialista per lo sfruttamento economico di nuovi mercati, per la conquista delle fonti di materie prime, per lo stanziamento di capitali. La guerra è un prodotto dello sviluppo economico che vincola economicamente tutto il mondo e lascia al tempo stesso sussistere i gruppi capitalisti costituitisi in unità nazionali, e divisi dall’antagonismo dei loro interessi. Col tentativo di dissimulare il vero carattere della guerra, la borghesia ed i governi, i quali pretendono che si tratti di una guerra per l’indipendenza, di una guerra che è stata loro imposta, non fanno che trarre in inganno il proletariato, perché in realtà lo scopo della guerra è proprio l’oppressione dei popoli e di paesi stranieri. Lo stesso è delle leggende che attribuiscono ad essa il ruolo di difesa della democrazia, mentre invece l’imperialismo significa dominio più brutale del grande capitalismo e della reazione politica. ……(sequitur)” Lenin e i suoi compagni non volevano che l’Internazionale si limitasse a promuovere Azioni di lotta per la pace, ma con quel documento si voleva spingere a s far nascere in ogni paese la guerra civile per realizzare la rivoluzione socialista. L’obbiettivo fu raggiunto nella successiva conferenza di Khiental, sempre in Svizzera le cui conclusioni furono che non si sarebbe potuta raggiungere la pace senza una rivoluzione socialista che portasse al potere la classe operaia.

Inutile proseguire fino ai giorni nostri per dimostrare che i socialisti storicamente sono allineati contro la guerra e per la neutralità. Il novecento con le sue disastrose guerre è costellato da grandi martiri socialisti e comunisti che hanno dato la loro vita per la pace e contro la guerra.

Nella sciagurata guerra a cui stiamo assistendo nei resoconti giornalistici come un sequel televisivo in cui tutti i media sono schierati in maniera acritica dalla parte dell’Ucraina e che dipingono Putin come un pazzo assassinio assetato di sangue, come socialista non ho dubbio a schierami con Matteotti, Modigliani, Turati e gli innumerevoli personaggi che hanno speso la loro vita per combattere il pensiero unico dominate dei fautori della guerra e mi sentirei se fosse possibile farlo pronto a firmare senza riserve il documento approvato alla Conferenza di Zimmerwald. Mi sentirei molto più a mio agio nei panni di un socialista di inizi novecento con la cravatta rossa svolazzante a predicare per le neutralità e contro la guerra.

Il neutralismo dei socialisti non è non può essere un neutralismo passivo, impotente, ma viceversa un neutralismo vivi, attuale , duttile pronto a prendere iniziative, pronto a discutere con chiunque e sempre dalla parte dei più deboli.

Nessuno vuole la pace non la vuole al momento Putin il ci ministro della difesa dice che non è arrivato il momento per una trattiva di pace non  la vuole Zelesky, il quel oltre a chiedere più armi vuole solo continuare la guerra invocando la terza guerra mondiale. Di fatto questa guerra è il frutto di una diversa interpretazione del capitalismo da una parte un regime basato su un capitalismo oligarchico dall’altro un paese che ambisce ad entrare nel consesso del capitalismo occidentale. Sulla base di questa la guerra mediatica in corso, ancora più efficace forse delle bombe impone un consenso sulla guerra di maniera tale che tutte le categorie sociali di ogni nazione siano unite dallo scopo di parteggiare per una parte o per l’altra. Il frutto di questa guerra è un nazionalismo esasperato e la guerra diventa soltanto uno strumento di offesa e difesa, mentre invece questa guerra la decidono solo le classi dirigenti, nello stesso tempo le classi subalterne sono chiamate ad una anomala collaborazione, pena essere definiti fascisti o filo putiniani mettendo da parte ogni rivendicazione e calpestando ogni diritto. Si accetta senza fiatare l’aumento del costo dell’energia, del carburante, le limitazioni delle libertà, i sacrifici economici per mandare armi alla nazione amica. Si chiama in causa la democrazia, l’interesse della civiltà occidentale. Qualcuno ha detto se Putin occupa l’Ucraina poi verrà il nostro turno. La gente è chiamata a difendere la civiltà occidentale dalla minaccia del mostro russo. La vittoria dell’Ucraina, per Draghi e i suoi amici, è la vittoria della democrazia. All’inizio della pandemia si diceva “tutti insieme ce la faremo” si sperava in un mondo migliore. Sappiamo com’è andata. I ricchi più ricchi e i poveri in mezzo a una strada.

La verità da quello che si legge sui giornali e si vede per televisione e che non si innesca una trattativa  di pace perché Zelesky non vuole la pace: l’obbiettivo di Zelesky è la guerra. La vuole perché il suo sodale american Biden vuole lo scontro con la Russia per vederla finalmente sconfitta. Quando Gorbaciov voleva smantellare l’Urss e sostituirla con una federazione di stati socialdemocratici, l’occidente,  a parte i socialisti, e Craxi questo lo capì, preferì appoggiare il colpo di Stato di Eltsin.

Le multinazionali, appoggiate dal governo americano in prima fila, pensavano che un fantoccio come Eltsin e la corruzione dilagante in Russia avrebbe consentito loro di arricchirsi ed impadronirsi di interi stati e le ricche risorse  naturali che esse avevano. Il disegno non è riuscito ed allora oggi si ripropone quel progetto con la guerra. L’obbiettivo di Zelesky è la guerra non l’indipendenza del suo popolo ed egli usa lo spettacolo delle migliaia di morti come scudo umano per attirare il consenso sulle sue scelte. Dal canto suo Biden accecato dalla sua sete di potere insieme all’0ingilterra ed all’Italia soffia sul fuoco di questa guerra che deve divampare  sempre più ardentemente- La destra americana a sua volta lascia fare Biden in questa sua folle corsa verso la distruzione. A suo tempo i mezzi di comunicazione di massa faranno il loro mestiere convincevo il popolo americano che questa è una guerra ingiusta e che costa troppo ai contribuenti americani e Biden sarà disarcionato dal cavallo del potere. Purtroppo non succederà molto presto.

La  guerra non darà un risultato rispondente alle aspettative di coloro che aspettano il trionfo del diritto e della democrazia  e l’eliminazione di tutte le cause di futuri conflitti. Anzi più andremo avanti nel conflitto e peggio sarà. La Francia e la Germania hanno inteso che è giunto il momento di prendere le distanze dal loro alleato d’oltreoceano perché hanno capito che è follia volere accrescere le stragi che vediamo per le vie di Mariupol e farci trascinare ancora di più in un conflitto che non risolve alcun   problema dei lavoratori ma ne genera altri e ancora più gravi. L’Europa deve in questo momento dimostrare di essere autonoma dall’America e costringere Putin ad accettare una trattativa di pace basata su reciproche concessioni. Deve essere l’Europa per quel poco o molto di credito che ha nei confronti della Russia di Putin di farsi garante della pace laddove si raggiungesse un risultato dalla trattiva. Sappiamo bene che il nostro governo, asservito acriticamente su posizioni filoamericane non ha alcuna credibilità internazionale, laddove storicamente invece le nostre diplomazie primeggiavano. Dobbiamo quindi trovare gli strumenti per convincere il governo Francese e quello tedesco anche in considerazione che la Francia ha la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea a chiedere n a Putin un immediato cessate il fuoco, su tutta la linea con interposizione di forze ONU prevalentemente europee, l’apertura di una conferenza di pace sulla configurazione internazionale dei territori contesi, la rinuncia definitva dell’Ucraina ad entrare nella Nato, con dichiarazione epslicita sulla sua neutralità, il ritiro delle sanzioni contro la Russia con un contributo della Russia a devolvere una parte degli introiti della vendita del gas a favore dell’’Ucraina per la sua ricostruzione.

Ni socialisti italiani siamo ormai una piccola pattuglia ma sulla guerra, come ho provato a dimostrare abbiamo le idee chiare. Dobbiamo quindi avere la forza di gridare e farci ascoltare  per convincere ad uscire all’orrore di questa guerra e riuscire a fermarla dimostrando concretamente il nostro antimilitarismo e il nostro internazionalismo. Contro il populismo ed il nazionalismo sostituiamo i doveri della solidarietà internazionale fra i popoli.  

aprile 19, 2022

LA NEUTRALITA’ ATTIVA DI RICCARDO LOMBARDI.

di Giuseppe Giudice

Il caro compagno Lombardi ha sempre avuto una posizione neutralista in politica estera. Era la sua posizione nel 1948 , alternativa sia al frontismo di Nenni e Morarandi, da un lato, che all’atlantismo di Saragat (che fino a tre anni prima era anch’egli neutralista). Era la posizione di molte parti della socialdemocrazia europea. La posizione di Kurt Schumacher , che rifondò la SPD nel 1945 (dopo aver trascorso 13 anni in un lager nazista); era la posizioone di una parte consistente (Bevan, Foot) del laburismo inglese. Nenni giustificò il suo filo-sovietismo nel nome del concetto di “unità di classe” . In quella fase , secondo lui, la unità della classse operaia imponeva lo schierarsi con l’URSS. Indubbiamente, quella posizione, sacrificò moltissimo alla autonomia ed alla specificità socialista, nella sinistra. Ma consentì di far mantenere un forte radicamento operaio e popolare al PSI, che pose le basi dell’autonomismo socialista dopo i fatti d’Ungheria. Anche se , per pagare pegno all’entrata nel governo di centro-sinistra , il PSI accettò la la NATO intesa come alleanza geograficamente e politicamente limitata. Del resto Berlinguer 13 anni dopo , accettò l'”ombrello protettivo della Nato”. C’è comunque da sottolineare che il PSI si mantenne molto distante dall’Atlantismo ideologico” del PSDI. Che fu una delle cause del fallimento dell’unificazione. Lombardi comunque continuò a rimanere sostanzialmente un neutralista. Ma in cosa consisteva il neutralismo di Lombardi? Era innanzi tutto un netto rifiuto dell'”atlantismo ideologico”, come “scelta di civiltà” (quella idea che ha portato alla mistificazione dell'”esportazione della democrazia”). Vi era in lui l’idea che europeismo ed atlantismo erano progetti contraddiottori, in quanto sanciva la piena subordinazione dell’Europa Occidentale agli USA non solo sul piano militare ma anche sui quello ideologico. E comunque Lombardi era un socialista occidentale ma non atlantico. Vedeva bene la differenza tra il concetto di occidente radicato in Europa, e quello declinato dagli USA. E vedete , non esiste neanche, una unità anglosassone. Questa era una idea dei conservatori da Churchill al Johnson. Non dei socialisti inglesi. Se è vero che il liberismo nasce in Inghilterra (ma ancora prima in Olanda), in questo paese (contemporaneamente alla Francia) nasce il movimento operaio e socialista. Nasce il movimento sindacale. La GB laburista vara il welfare universalistico, pubblico e gratuito, l’economia mista, la programmazione economica frutto della scuola post-keynesiana di Cambridge. Sviluppa il concetto di democrazia industriale. Nulla di più lontano dal modello economico e sociale USA. Ma torniamo a Lombardi. La sua idea di neutralismo era sostanzialmente vicina a quelli attuati dalla Svezia e dell’Austria socialdemocratiche. Nell’occidente, ma fuori dalla Nato. Vedeva, inoltre nell’Europa Occidentale il luogo privilegiato dove avviare una transizione democratica al socialismo, tramite un modello alternativo nel modo di produrre e consumare, che avrebbe reso possibile lo sviluppo del Terzo Mondo, ponendo fine allo sfruttamento imperialistico delle risorse. Anche se non accettò mai le ipotesi terzomondiste , il III mondo rimase sempre un oggetto costante di interesse. Per ultimo: Lombardi fu uno dei critici più acuti del leninismo e dei suoi sviluppi. Era un marxista laico ed eterodosso. La sua critica ai regimi sovietici si fondava non solo sul carattere dispotico e dittatoriale di quei sistemi, ma cercava di individuarne le basi strutturali. In definitiva l’URSS e i satelliti non erano paesi socialisti. Ma regimi di classe, fondate sul dominio organico di classe della burocrazie e della nomenclatura sulla società e l’economia…un tesi che richiama la previsione di . In conclusione, il neutralismo di Lombardi, oggi lo porrebbe in netta antitesi al ritorno all'”atlantismo ideologico” , quello che ha portato l’allargamento della Nato ad est (in cui è forte la componente relativa ai profitti fatti con la crescita delle spese militari), contro la subalternità dell’Europa agli USA. Senza alcun dubbio Lombardi sarebbe stato un critico feroce del regime reazionario, neo-zarista e del capitalismo oligarchico di Putin. Avrebbe condannato in modo netto l’invasione dell’Ucraina (ma, se mi consentite non avrebbe avuto fiducia in Zelensky). Anche se avrebbe riconosciuto il diritto di resistenza, sarebbe stato , senza alcun dubbio contrario all’escalation militare , ed al bellicismo di certi paesi europei. E per una soluzione negoziata del conflitto. Avrebbe visto , con chiarezza, che l’alternativa sarebbe stata la III guerra mondiale.

aprile 12, 2022

STORIA DI UN SOCIALISTA, ALEKSEJ MOZGOVOJ!

Di Ferdinando Pastore

Nella barbarie di falsità stampata nella comunicazione occidentale sulla guerra ucraina, il libro di Sara Reginella “Donbass, la guerra fantasma” aiuta a trovare una bussola che permette di riportare il discorso a una dimensione di ragionevolezza. E di umanità. L’autrice riesce nell’intento grazie e testimonianze dirette e al suo continuo peregrinare nei luoghi del conflitto, acceso nel 2014 a seguito della svolta autoritaria e fascista dello Stato ucraino corrispondente al colpo di stato di Euromaidan. Da lì, da quel momento, il nazionalismo ucraino si è dotato di prassi, icone, miti, simbologia di chiara matrice nazional-socialista, ha istituzionalizzato i battaglioni paramilitari ideologicamente appartenenti a quella tradizione, ha emanato leggi di persecuzione politica, sociale e culturale nei confronti della popolazione russofona, posto fuori legge i partiti di opposizione. Diventando, di fatto, il punto di riferimento di una nuova internazionale nera acclamata dai cantori della società aperta di stampo liberale.

L’auto-proclamazione della Repubbliche indipendenti di Lugansk e di Doneck si comprende solo se si volge lo sguardo su queste premesse. E sulla specificità di quei territori che risultarono decisivi nella contrapposizione all’invasione tedesca durante la Grande Guerra Patriottica – così i russi chiamano la Seconda Guerra Mondiale. A dimostrazione del fatto che ogni popolo possiede una propria consapevolezza storica e anche in base a quella compie le proprie scelte di ordine politico. Sta di fatto che lo Stato ucraino ha reagito sin dal 2014 con una guerra distruttiva nei confronti dei propri connazionali dell’est, guerra molto apprezzata dai vertici militari della NATO e dai fascisti di mezzo mondo che improvvisamente sono stati riverniciati con il colore della dignità. Guerra completamente dimenticata dai media “democratici”.

La popolazione del Donbass ha così riscoperto le proprie radici di resistenza alla nuova ondata nazistoide e ha iniziato a difendersi dall’aggressione fratricida dell’esercito ucraino e delle sue inquietanti milizie. In questo contesto tra le storie raccontate nel libro/documentario c’è quella della Brigata Prizrak, in russo Brigata Fantasma. Nome evocativo di una leggendaria riapparizione della divisione dopo che i mass media ucraini diedero la notizia del suo annientamento. Il primo comandante della Brigata fu proprio Aleksej Mozgovoj. Per descrivere la sua sensibilità politica riporto le parole dell’autrice: “Nel 2014, solo un anno prima della sua morte, Mozgovoj, un uomo comune che non aveva mai avuto velleità politiche si era ritrovato a guidare l’insurrezione popolare ad Alchevsk nella regione di Lugansk. Come in molte altre città del Donbass, nei mesi successivi il golpe di Kiev anche in quella città erano stati occupati i palazzi delle amministrazioni pubbliche, i militari delle caserme si erano uniti alle rivolte armando il popolo, e i minatori si erano associati all’insurrezione, rifornendo la brigata d’ingenti quantità di esplosivo.

Aleksej Mozgovoj era orgoglioso delle proprie radici russe e ortodosse e in quella ribellione portava avanti un progetto non comunista, ma socialista.”

“Tutti sanno che ho alcune riserve rispetto alla rivoluzione del 1917 – aveva spiegato il comandante della Prizrak, basco in testa e kefiah al collo, durante il suo discorso al popolo nell’ambito delle celebrazioni per la Rivoluzione d’Ottobre, ad Alchevsk. – Da un lato è stata una rivoluzione socialista, ma dall’altro è stato un evento accompagnato da distruzione. Io sono per costruire, sempre, ma dal momento che ora tutti noi stiamo vedendo come vengono abbattute le statue di Lenin nelle diverse città dell’Ucraina, abbiamo il dovere di schierarci dalla parte dei socialisti e dalla parte dei comunisti, perché lo sviluppo del fascismo che osserviamo in Ucraina è inaccettabile per il mondo intero!.” E ancora: “Mi rivolgo a tutti coloro che sono coinvolti in questa guerra, mi rivolgo a entrambe le fazioni. Ci stiamo uccidendo tra noi, anziché punire coloro che andrebbero puniti. Combattiamo contro gli oligarchi da una parte come dall’altra parte, ma uccidendoci tra noi ci stiamo solo suicidando in modo sistematico”.

“Aleksej Markov e Aleksej Mozgovoj ritenevano che gli ucraini fossero il loro popolo fraterno e che molti di loro avessero iniziato le proteste a Maidan lottando contro gli sessi mali per cui si lottava in Donbass, mali che andavano dall’oligarchismo all’ingiustizia sociale. La cellula nazista e quella ultranazionalista, però, avevano veicolato le proteste fungendo da sudicia manovalanza per il golpe, ma del fatto che vi potesse essere un’unione di intenti con una parte del popolo ucraino, al di fuori della frangia nazista, Mozgovoj era certo.”

Mozgovoj è stato ucciso il 23 maggio 2015 all’età di 40 anni in un’imboscata su una strada tra Luhans’k e Alčevs’k, quartier generale della Brigata Prizrak. La sua segretaria Anna Samelyuk, l’autista, e sei guardie del corpo sono rimaste uccise. La vettura del comandante è stata assaltata con IED e armi da fuoco.

Naturalmente era descritto dalle autorità ucraine come un terrorista.

Oggi molti socialisti occidentali sono schierati dalla parte dei suoi aguzzini.

marzo 13, 2022

Prendere le distanze.

Di Beppe Sarno

Questa guerra trova gran parte dell’opinione pubblica schierata dalla parte dell’Ucraina. Si tende a dimenticare la cause, le ragioni di un parte e dell’altra. E’ opinione comune che solo la guerra può risolvere la guerra. E’ avvenuto cosi che ignorando la nostra Costituzione abbiamo mandato armi e uomini a sostenere la guerra del presidente Zeleski contro Putin.

 l’Europa intera trainata dalla Francia e dalla Germania si è affrettata a promuovere sanzione durissime contro la Russia. Fanno impressione le centinaia di sfollati che si stanno riversando in Europa ed è giusto dare loro sostegno e assistenza umanitaria. I sacrifici che vengono imposti, il fatto che i lavoratori e le fasce medie hanno cominciato a pagare un conto salato da pagare a causa della guerra sono ritenuti sacrifici assolutamente necessari.

Come socialisti non possiamo, però, trasformarci in tifosi da stadio, e dobbiamo il dovere di ragionare su quello che è successo, perché, quali le conseguenze e come uscirne. E’ doveroso ignorare quello che una internazionale della disinformazione tende a dare per scontato, perché questo è il frutto di una campagna elettorale già in corso in Italia. I  partiti al governo,   attenti all’opinione pubblica perché l’anno venturo sarà anno di elezioni,  tentano di indirizzare il consenso senza nessuna seria discussione del problema e dei suoi aspetti complessivi. Invece tutto quello a cui stiamo assistendo con lo strazio di centinaia di morti dall’una e dall’altra parte e le migliaia di profughi che attraversano l’Europa in cerca di salvezza e di un futuro migliore è solo frutto di interessi economici contrapposti.  Il capitalismo occidentale a guida americana si scontra con il capitalismo russo per togliere spazi di sfruttamento al governo russo per sottrare alla Russia fette di mercato quale quello della fornitura delle fonti di energia: il gas, il petrolio ed altre fonti di approvvigionamento.

La  guerra in questo momento agli occhi di una determinata classe politica diventa non solo uno strumento per risolvere questioni di politica estera nei rapporti fra due stati in conflitto fra di loro, ma anche come mezzo estremo per la risoluzione di crisi economiche interne di uno stato per cui anche se il conflitto vedesse vincere l’odiato Putin, la finanza internazionale avrà trovato il suo profitto dalla guerra a prescindere da ogni altra considerazione.  

I pacifisti nostrani, che gridano all’orrore e vorrebbero Putin morto, considerano la guerra come un disastro per tutti perché alla fine si distrugge ricchezza nazionale intesa come un bene comune per cui  tutte le classi sociali debbono essere solidali fra di loro unite da un vincolo etico contro il nemico. La storia antica e recente e l’attualità di tutte le guerre in corso, dimostra che la colossale distruzione di ricchezza che ogni giorno avviene serve meravigliosamente a risanare economie in crisi e/o di sovrapproduzione all’interno degli stati, come  puntualmente ci ha insegnato Carlo Marx.

Mai come ora l’Europa è apparsa unita dietro alla parola Pace.  La guerra è una donna sterile che non produce nulla se non distruzione e morte perché come possiamo vedere in questi giorni  a meno di immaginare una soluzione finale vi si legge un’impotenza delle parti un causa a prevalere gli uni sugli altri. Questa impotenza della guerra a raggiungere gli obbiettivi suoi ci fa sperare che essa possa risolversi con un onorevole compromesso fra Russia ed Ucraina.

La sensazione però che qualcuno abbia interesse che la guerra duri a lungo nasce dalla considerazione che tanti, troppi traggono vantaggio, perché certe economie stagnati riprendono vigore,  i titoli industriali salgono vertiginosamente e le borse danzano allegramente sui cadaveri lasciati  a marcire per le strade. Certo la benzina aumenta, il costo dell’energia aumenta, i  camionisti si fermano, ma questa nuvola non offusca la fortuna di quelli che con l’economia di guerra si arricchiscono.

Noi che ci dichiariamo socialisti possiamo accettare tutto questo.  Per noi una produzione che abbia come unico scopo la crescita della ricchezza di una categoria di imprenditori e che ha per unico obbiettivo il profitto non può essere accettata, perché alla fine il conto sarà pagato sempre dagli stessi: i lavoratori e il ceto medio impoverito. Secondo l’analisi Marxista la guerra accelera con i suoi vantaggi e con i suoi danni il ritmo dell’economia generale solo a vantaggio delle classi dominanti siano esse le multinazionali finanziarie internazionali sia gli oligarchi di Putin.

In termini assoluti la guerra è solo e soltanto un mezzo di superamento di crisi interne economiche o come mezzo, come nel nostro caso di eliminazione di “concorrenze moleste”.

Cosa fa il governo Draghi di fronte alla crisi economica che la guerra sta accelerando? Condanna la Russia, esprime parole di solidarietà per il popolo Ucraino ma fa poco o nulla per noi sudditi e per impedire la mancanza di generi di ogni tipo, l’aumento dei prezzi generalizzati su ogni categoria di merci, all’aumento delle materie prime, dei trasporti e dell’energia.

 Il governo Draghi guarda da una sola parte, dimenticando  di tutelare l’interesse generale, si preoccupa solo gli interessi particolari degli imprenditori e delle banche: il mercato domina sovrano. Draghi passato il momento di emergenza della pandemia ha contribuito ad inasprire il costo della vita, con la sua politica tributaria, che riversa i suoi maggiori oneri sui consumi. Col  pretesto della guerra si determina sempre il maggior impoverimento della popolazione ed in particolar modo dei lavoratori incapaci di far fronte con il loro bassi salari al crescente aumento del costo della vita be dall’altra il sempre maggior arricchimento di pochi gruppi e ceti privilegiati per cui l’attuale condizione determina enormi profitti.

Putin e Zelesky capi di due governi reazionari sono stati per un verso e per l’altro costretti a suicidarsi e mentre il frutto di questo suicidio è terrore e morte.

 l’Italia intanto è attraversata da uno spirito reazionario mefitico, c’è collera, malvagità  dietro  la bandiera della pace si nascondono la malafede dei gruppi  al potere che usando ideali di libertà e fratellanza fra i popoli alimentano invece idee fortemente conservatrici  che servono  solo a giustificare la loro determinazione di rimanere al potere in nome di una emergenza da loro stessi generata. Così si giustificano le censure che sradicano i diritti dei cittadini.  E i mezzi di comunicazione? stampa, televisioni pubbliche e private, radio, social sono unanimi nel tacere o nel parlare  in un’unica direzione. Ci vuole poco per capire che non è più né la guerra, ne la sua evoluzione, ne il problema dei profughi che interessa  ma il gruppo di persone al potere. Il “Quarto potere” è ridotto al livello del buffone di corte che loda il padrone e ne ruffianeggia le trame. Tutto viene dall’alto: Draghi è onnipotente: una minoranza privilegiata fabbrica l’opinione e diventa la coscienza del paese. E’ l’ubriacatura del servilismo; è un cupio dissolvi collettivo. Chi non è con loro è contro di loro, chi prova a ragionare o è un fascista o un comunista. Questa dissoluzione porta gli uomini al potere che da maestri di cinismo quali sono,  ci giocano e ci portano dove vogliono. Un’oligarchia onnipotente che si identifica con lo Stato ne hanno occupato gli organismi e provano calpestando la Costituzione , ad annullare la  sovranità popolare.

Non so quando finirà questa guerra e come finirà; sono consapevole però che questa guerra come tutte le guerre soddisferà le pretese di qualcuno che resterà soddisfatto della guerra come istituzione e quindi, invece di desiderare la fine di tutte le guerre, avrà la tendenza opposta.  C’è una casta che guarda e sempre guarderà alla guerra come ad una finalità della vita.