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giugno 19, 2022

Quando verrà tempo di partire.

di  Beppe Sarno

Bertold Brecht, in questa poesia  dal titolo “La guerra che verrà”, ci ammonisce sul significato della guerra.

La guerra che verrà

non è la prima.

 Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.

Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente egualmente.

Il mio amico Stefano è stato definito “pacifista Putiniano”, definizione che non significa nulla dato che i due termini mal si conciliano. Mia moglie molto più simpaticamente lo ha definito “cazzone americano”, che  nel suo immaginario significa sognatore, utopista.

Per Marx l’ideologia socialista è “scientifica” e la sua coscienza trasforma la classe operaia da fatto puramente economico-sociale a fatto politico; l’ideologia, però, intesa come un sistema di idee  è “falsa coscienza” della realtà nella misura in cui chi la elabora e chi la usa non tengono conto che la sua stessa elaborazione è stata condizionata dalle strutture. In questo senso ha ragione Ferdinando Pastore quando definisce i tre leader andati in pellegrinaggio da Zelesky “Quei bravi ragazzi che consegnano la guerra.” In questo senso l’ideologia diventa alienazione: “le idee dominanti in una data epoca sono quelle della classe dominante”.

L’ideologia potrebbe essere definita un insieme di valori “mitici” che si presenta come spiegazione del tutto e che si afferma nonostante le smentite della pratica quotidiana e come tale una risposta scientifica degenerata. Non siamo d’accordo con questa definizione di ideologia nella misura in cui non ci sentiamo ammalati di ideologismo nel senso che non ci estraniamo dai problemi concreti attraverso un richiamo formale a formule legate ai sacri principi del socialismo.

L’ideologia socialista ha costituito storicamente il superamento dell’utopia socialista. Kautsky,  in Italia Costa, Turati e tanti altri ne sono la testimonianza. L’utopia ha segnato un tappa importante nella storia del pensiero socialista e non solo  e parte da lontano: essa nasce dal Rinascimento con Moro, Campanella, Bacone. Essa porta naturalmente una profonda carica rivoluzionaria e di protesta, possiede l’illuminante capacità di contrapporre la razionalità delle idee all’irrazionalità dei fatti. L’utopia è evasione dalla realtà perché pretende di insegnare ai fatti come avrebbero dovuto accadere senza curarsi di sapere perché sono come sono.

L’utopia è arrogante!

L’utopia come insieme di idee guida non sa adattarsi al proprio tempo sia come modello puro razionale sia come fine ultimo senza alcuna verifica pratica. Quando l’utopia invece si adatta al proprio tempo e si propone come un insieme di idee guida in vista di un tempo futuro allora l’utopia diventa ideologia. L’utopia non si consuma con l’offesa del tempo, la carica di speranza che essa porta rimane intatta nel tempo. L’ideologia invece si spegne. Ci rendiamo quindi conto perché le ideologie della forze politiche presenti in Italia sono entrate in crisi perché, in questa fase di rapide trasformazioni   della realtà nessuna di esse sa spiegare tutta la realtà. Il pragmatismo uccide ogni ideologia.

Il Marxismo, di fronte a queste situazioni storiche contingenti può essere, viceversa, ancora la somma di quelle idee guida che esprime principi etici e politici ancora validi: “lotta dei lavoratori collegati internazionalmente contro il regime capitalistico; superamento di ogni divisione di classe, che non potrebbe essere completo e senza residui se l’iniziativa non fosse assunta dalla classe lavoratrice appunto perché è la classe sfruttata per eccellenza, la classe che, sentendo in sé, per la riduzione dell’uomo  a salariato, cioè a merce-lavoro, la negazione della sua umanità, aspira al grande atto storico di liberazione del mondo; di qui l’esigenza della conquista dei poteri pubblici come mezzo di abolizione della proprietà capitalistica e di riorganizzazione della produzione sociale, non più in vista del profitto privato, ma dei bisogni sociali. Sono caduchi questi principi? A noi non pare affatto!”

Certo il Marxismo va concepito come momento di ricerca, come un patrimonio problematico da analizzare  e da dibattere. L’internazionalismo non è più quello della seconda internazionale, il capitalismo è mutato è diventato sempre più aggressivo, si è globalizzato. La classe operaia come può essere oggi definita ed identificata?  E’ chiaro, però, che l’apporto del marxismo  e della cultura conseguente e successiva diventa fondamentale per capire i fenomeni del nostro tempo.  La necessità dell’ideologia nasce quindi dalla costatazione che in una società fortemente ideologizzata dal sistema capitalistico internazionale questa non può essere scalzata con la semplice politica delle cose e delle iniziative virtuose. Dire che è necessario un dibattito fortemente ideologico significa ribadire il principio che “la classe proletaria diventando arma materiale della filosofia, che è la sua arma spirituale, da all’ideale etico una concretezza storica e lo fa passare dall’utopia sul terreno dell’azione realizzatrice”. (Rodolfo Mondolfo in Critica Sociale 1924, nr 1). Assistiamo oggi inermi ad una deideologizzazione per indurre la gente a non pensare, a non discutere di politica: “qui non si parla di politica “e frasi del tipo “ ma i socialisti esistono ancora?”  “ Draghi ci salverà!” . L’unico scopo di queste frasi ad effetto è quello conservatore di non mutare lo status quo.

Il socialismo mira all’abolizione della miseria e a creare uomini liberi e uguali rendendo al lavoro quella dignità scritta nella nostra Costituzione. L’ideologia liberista tende invece a espellere queste ambizioni cancellando dalla storia il socialismo definendolo un’utopia irrealizzabile e dannosa per la società.

Un precisa ideologia socialista viceversa ci avverte che, malgrado la pubblicità sui giornali mass media, televisioni e altri strumenti di manipolazione di massa ci faccia vedere il mondo come il miglior mondo possibile, il nostro destino di uomini è in mano altrui. Combattiamo guerre che non vorremmo combattere, ignoriamo guerre che fanno milioni di morti. Senza idee non si cambia la storia, non si interpreta e non si modifica la realtà. Giochiamo a scacchi con la morte e non  sappiamo che alla fine perderemo la partita.

E’ vero l’ideologia senza la politica dele cose è un esercizio teorico, ma la politica delle cose senza ideologia è cieca e si lascia prendere per mano; i valori non calati nella realtà quotidiana diventano esercizi di retorica, ma il pragmatismo senza ideali diventa mero opportunismo.

Per mutare la realtà  per vedere “il sol dell’avvenire” occorre una lettura dialettica del reale filtrato dall’utopia diventata ideologia perché se non abbiamo nostre idee ci accadrà ciò che Bertold Brecht (per chiudere come abbiamo aperto), ha previsto

“molti non sapranno

Che il loro nemico

Cammina alla loro testa,

che la voce che li comanda

è la voce del nemico

e colui che parla del nemico egli stesso è il nemico.

aprile 22, 2022

ANCORA SU MELENCHON ….

di Giuseppe Giudice

Mi ripeterò, ma poichè , nei dibattiti televisivi, molti tendono a mettere sullo stesso piano Melenchon e la La Pen, cosa assurda, ma costantemente ripetuta anche da molti esponenti del PD. Secondo tale narrazione sia la sinistra radicale (e socialista) di Melenchon , che la estrema destra, nazionalista e reazionaria della Le Pen, sarebbero entrambi forze “antistema”. Bisognerebbe innanzi tutto chiedersi cosa si intende per “sistema” . Se essere radicalmente critici verso il capitalismo odierno significa essere antistema, anche il PSI degli anni 70 lo era. Nello statuto si dice a chiare lettere nella dichiarazione dei principi “(il partito -PSI – combatte per una società liberata dalle contraddizioni e dalle coercizioni del sistema capitalitico, in cui il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti”. Se per sistema intendiamo questo, la La Pen non è assolutamente anti-sistema. La sua posizione non è affatto conflittuale con il capitalismo (e come potrebbe essere!). Il suo , è, nella migliore delle ipotesi un neogollismo (ma con forti tinte razziste e xenofobe). Fautrice di un capitalismo sciovinista, fondato su una società fortemente gerarchizzata ed autoritaria nella gestione politica. Non a caso immagina una democrazia autoritaria con il rafforzamento del presidenzialismo. Il suo programma è l’opposto di quello di Melenchon, fortemente conflittuale con il capitalismo ma da un punto di vista socialista e democratico. Basta far riferimento alla sua intenzione di abolire il presidenzialismo, ed alla introduzione del sistema proporzionale. Alla socializzazione dei servizi pubblici (Ferrovie, energia, acqua, gas, poste) e di settori industiali di importanza strategica. Sviluppare la democrazia economica con il controllo democratico dei lavoratori nelle imprese; ridurre a 32 ore – a parità di retribuzione – l’orario di lavoro (progetto insito nella stessa tradizione del socialismo francese); pensione minima a 1400 euro mensili, ridurre a 60 anni l’età pensionabile. Un vasto programma di investimenti pubblici per trasformazione ecologica dell’economia, in grado di dare un lavoro sicuro e ben pagato ad una vasta platea. Il programma è l’opposto della Le Pen. Forse l’unico punto di contatto è sulle pensioni. Ma la visione del welfare dei socialisti è l’opposto della cosiddetta “destra sociale”. Per i socialisti il welfare è uno strumento di emancipazione della classe lavoratrice e di modifica dei rapporti di potere nella società. Per la destra radicale è solo uno strumento di controllo sociale dall’alto. La Le Pen è perfettamente funzionale ad un certo tipo di capitalismo (qualcosa di simile ad Erdogan). Il socialismo democratico è per sua natura fortemente conflittuale con il capitalismo ed il suo sistema di valori. Certo la socialdemocrazia (in larga parte) ha abbandonato la critica al capitalismo, sia pure nella versione di una sua forte riforma in senso sociale. Ritorna Riccardo Lombardi è l’idea di superare in forma democratica il capitalismo. Del resto la riduzione dei consensi (oggi solo il PSOE e la SPD sono abbondantemente sopra il 20%) parla chiaro. Corbyn lo mise ben in evidenza, in una conferenza ad Amsterdam nel 2017 (da presidente del Labour):” se i socialisti europei non recuperano la loro missione di trasformare la società e di combattere l’establishment capitalistico, perdono voti a favore della destra populista e reazionaria. Il vero modo per combatterla efficacemente è tornare ad essere socialisti”. Melenchon è alternativo a Macron ed antagonista alla Le Pen. E’ probabile che Macron vinca (sia pur di poco) le elezioni. Ma governerà una Francia profondamente divisa. Le sue politiche sono e restano alternative a noi socialisti.

2Francesco Matrone e 1 altra persona

aprile 11, 2022

QUALCHE NUMERO DALLA FRANCIA

di Franco Astengo

Spoglio quasi completato per il primo turno delle presidenziali francesi svoltosi domenica 10 aprile: scriviamo, infatti, al 97% delle schede scrutinate e a questo punto è possibile tentare qualche prima valutazione posta sul piano generale, riservandosi una analisi più approfondita posta sul terreno dell’articolazione territoriale.

Molto opportunamente il sito del Ministero dell’Interno francese riporta anche le percentuali sul totale degli aventi diritto: in Italia questo tipo di analisi non si svolge quasi mai e si finisce con lo stravolgere il senso delle percentuali effettive di voto assegnandole soltanto sulla base dei voti validi (sorgono così equivoci come quello clamoroso delle Europee 2014 con il PD attestato a un fasullo 40% ottenuto semplicemente per una massiccia diserzione dalle urne).

Nella Francia 2022 l’astensione è ancora cresciuta e questo elemento deforma il valore delle percentuali ottenute dai diversi candidati.

Andando per ordine, su questo punto: nel 2017 ci si era attestati sul 77,77% dei votanti con l’1,78% di schede bianche e lo 0,78% di schede nulle. Nel 2022 il totale dei votanti è sceso al 74,86% (meno 2,91% : circa 1.500.000 in più di elettrici ed elettori che non si sono recati al seggio).

Nel computo dei voti relativi ai diversi candidati si rileva anche una forte volatilità elettorale (non ancora, però, ai livelli assunti dal fenomeno nelle più recenti elezioni italiane) con la caduta dei due grandi partiti che avevano segnato il bipolarismo francese: il partito socialista e quello gollista (ed eredi) e la grande differenza tra centri urbani e Francia profonda.

Considerato che i due candidati che arriveranno al ballottaggio hanno incrementato il loro plafond passando (al 97% dei voti scrutinati) Macron da 8.656.346 voti a 9.560.579 e Le Pen da 7.678.491 a 8.109.802 diventa fondamentale per capire cosa è successo valutare il crollo di gollisti e socialisti facendo presente prima di tutto un elemento.

Si tratta della divisione a sinistra: la presenza di 5 candidature (compresa quella dei Verdi, che nel frattempo in Francia hanno assunto una dimensione maggiormente “politica” dai tempi ruralisti di Bovè) ha impedito all’ex-socialista ora radical-populista Mélenchon di arrivare al ballottaggio.

La candidatura dell’ex-fondatore di Radio Tangeri è cresciuta in numeri assoluti da 7.059.951 a 7.605.495.

Intorno, a sinistra, registriamo: il pauroso arretramento della candidatura socialista, in questo caso Anne Hidalgo che rispetto a quella di cinque anni fa di Benoit Hamon si ferma a 604.203 voti contro 2.291.288; il comunista Roussel (non presente nel 2017) ottiene 799.352 voti; i Verdi con Jadot 1.587.541 e le due candidature trotzkiste complessivamente 461.720 voti.

Un’ipotetica candidatura da Fronte Popolare (compresi gli ecologisti) avrebbe ottenuto nel 2017 9.978.128 voti saliti nel 2022 a 10.454.108 a dimostrazione che, dal crollo dei socialisti, non si è avuto uno spostamento a destra ma ,considerato il quadro complessivo, semplicemente un maggiore frazionamento.

L’altro punto di caduta che andrà esaminato con attenzione è quello dei gollisti.

La candidatura ufficiale dei “Repubblicani” nel 2017, presentata da Francois Fillon aveva ottenuto 7.212.995 suffragi: nel 2022 Valérie Pécresse, presidente dell’Ile de France, è scesa a 1.658.377 voti con un calo di 5.554.618 suffragi.

Appare evidente che gran parte di questi voti abbiano rappresentato nel 2022 la base del consenso acquisito da Eric Zemmour, ultradestra, che ha raccolto 2.442.673 voti; un’altra parte dei perduti voti gollisti è da ricercarsi (oltre che nell’astensione) nell’incremento ottenuto dalla candidatura Le Pen.

Nella sostanza non c’è complessivamente uno spostamento a destra ma uno spostamento della destra verso l’estrema destra che Macron sta cercando di recuperare corteggiando ( come fa da tempo) l’ala più vicina all’ex-presidente Sarkozy: così la sinistra divisa si limita, pur disponendo di un notevole numero di voti, ad assistere abbarbicata al successo di Mélenchon che verificheremo quanto potrà essere trasmesso e reso efficace nelle elezioni legislative.

In sostanza si può affermare che per la prima volta la candidatura Le Pen di estrema destra non ha fatto il pieno al primo turno e dispone (al contrario dello scontro di 5 anni fa) di margini di crescita: oltre ai 2.442.673 voti di Zemmour sono da considerare anche il 1.095.703 voti di Lassalle (erede di Bayerou) e i 718.240 voti di Dupont – Aignan oltre all’incerta possibile divisione dei voti gollisti.

Macron ha portato avanti una politica di destra sottovalutando l’ampiezza del bacino della sinistra: Mélenchon ha dichiarato “non un voto per la Le Pen” ma non ha invitato a votare Macron.

Esiste allora un margine di incertezza da non trascurare, considerando anche l’articolazione sociale e culturale dell’elettorato di France Insoumise che risulta molto diversa da quella per così dire “classica” di PS, PCF e LO .

Sul voto per Mèlenchon sicuramente hanno insistito frange dei tanti “NO” che agitano l’estremismo europeo dall’emigrazione, all’emergenza sanitaria, alla guerra con richiami che, almeno in Italia, hanno assunto aspetti di dannunzianesimo di ritorno come nel caso del M5S che pure tentarono approcci con il movimento dei “gilet gialli”.

Pesa l’incapacità della sinistra francese di valutare le proprie forze nelle diverse componenti e, di conseguenza, l’impossibilità di costruire una qualche dimensione unitaria.

Sarà l’affluenza al secondo turno a decidere il ballottaggio e soprattutto la possibile partecipazione di elettrici ed elettori della sinistra, perché la volatalità elettorale tra il primo e il secondo turno non è così scontata come si verificò invece nel 2002, quando Chirac raccolti 5.665.855 voti al primo turno volò al secondo a 25,537,956 facendo il pieno dell’antifascismo francese e surclassando Le Pen sr. Passato da 4.804.713 a 5.525.032 ( su Chirac si assestarono gli oltre 4 milioni di voti socialisti di Jospin, i quasi 2 milioni del centrista Bayerou, mentre va ricordato che in quell’occasione le due candidature trotzkiste di Lotte Ouvriere e della LCR finirono davanti a quella del PCF).

marzo 13, 2022

Prendere le distanze.

Di Beppe Sarno

Questa guerra trova gran parte dell’opinione pubblica schierata dalla parte dell’Ucraina. Si tende a dimenticare la cause, le ragioni di un parte e dell’altra. E’ opinione comune che solo la guerra può risolvere la guerra. E’ avvenuto cosi che ignorando la nostra Costituzione abbiamo mandato armi e uomini a sostenere la guerra del presidente Zeleski contro Putin.

 l’Europa intera trainata dalla Francia e dalla Germania si è affrettata a promuovere sanzione durissime contro la Russia. Fanno impressione le centinaia di sfollati che si stanno riversando in Europa ed è giusto dare loro sostegno e assistenza umanitaria. I sacrifici che vengono imposti, il fatto che i lavoratori e le fasce medie hanno cominciato a pagare un conto salato da pagare a causa della guerra sono ritenuti sacrifici assolutamente necessari.

Come socialisti non possiamo, però, trasformarci in tifosi da stadio, e dobbiamo il dovere di ragionare su quello che è successo, perché, quali le conseguenze e come uscirne. E’ doveroso ignorare quello che una internazionale della disinformazione tende a dare per scontato, perché questo è il frutto di una campagna elettorale già in corso in Italia. I  partiti al governo,   attenti all’opinione pubblica perché l’anno venturo sarà anno di elezioni,  tentano di indirizzare il consenso senza nessuna seria discussione del problema e dei suoi aspetti complessivi. Invece tutto quello a cui stiamo assistendo con lo strazio di centinaia di morti dall’una e dall’altra parte e le migliaia di profughi che attraversano l’Europa in cerca di salvezza e di un futuro migliore è solo frutto di interessi economici contrapposti.  Il capitalismo occidentale a guida americana si scontra con il capitalismo russo per togliere spazi di sfruttamento al governo russo per sottrare alla Russia fette di mercato quale quello della fornitura delle fonti di energia: il gas, il petrolio ed altre fonti di approvvigionamento.

La  guerra in questo momento agli occhi di una determinata classe politica diventa non solo uno strumento per risolvere questioni di politica estera nei rapporti fra due stati in conflitto fra di loro, ma anche come mezzo estremo per la risoluzione di crisi economiche interne di uno stato per cui anche se il conflitto vedesse vincere l’odiato Putin, la finanza internazionale avrà trovato il suo profitto dalla guerra a prescindere da ogni altra considerazione.  

I pacifisti nostrani, che gridano all’orrore e vorrebbero Putin morto, considerano la guerra come un disastro per tutti perché alla fine si distrugge ricchezza nazionale intesa come un bene comune per cui  tutte le classi sociali debbono essere solidali fra di loro unite da un vincolo etico contro il nemico. La storia antica e recente e l’attualità di tutte le guerre in corso, dimostra che la colossale distruzione di ricchezza che ogni giorno avviene serve meravigliosamente a risanare economie in crisi e/o di sovrapproduzione all’interno degli stati, come  puntualmente ci ha insegnato Carlo Marx.

Mai come ora l’Europa è apparsa unita dietro alla parola Pace.  La guerra è una donna sterile che non produce nulla se non distruzione e morte perché come possiamo vedere in questi giorni  a meno di immaginare una soluzione finale vi si legge un’impotenza delle parti un causa a prevalere gli uni sugli altri. Questa impotenza della guerra a raggiungere gli obbiettivi suoi ci fa sperare che essa possa risolversi con un onorevole compromesso fra Russia ed Ucraina.

La sensazione però che qualcuno abbia interesse che la guerra duri a lungo nasce dalla considerazione che tanti, troppi traggono vantaggio, perché certe economie stagnati riprendono vigore,  i titoli industriali salgono vertiginosamente e le borse danzano allegramente sui cadaveri lasciati  a marcire per le strade. Certo la benzina aumenta, il costo dell’energia aumenta, i  camionisti si fermano, ma questa nuvola non offusca la fortuna di quelli che con l’economia di guerra si arricchiscono.

Noi che ci dichiariamo socialisti possiamo accettare tutto questo.  Per noi una produzione che abbia come unico scopo la crescita della ricchezza di una categoria di imprenditori e che ha per unico obbiettivo il profitto non può essere accettata, perché alla fine il conto sarà pagato sempre dagli stessi: i lavoratori e il ceto medio impoverito. Secondo l’analisi Marxista la guerra accelera con i suoi vantaggi e con i suoi danni il ritmo dell’economia generale solo a vantaggio delle classi dominanti siano esse le multinazionali finanziarie internazionali sia gli oligarchi di Putin.

In termini assoluti la guerra è solo e soltanto un mezzo di superamento di crisi interne economiche o come mezzo, come nel nostro caso di eliminazione di “concorrenze moleste”.

Cosa fa il governo Draghi di fronte alla crisi economica che la guerra sta accelerando? Condanna la Russia, esprime parole di solidarietà per il popolo Ucraino ma fa poco o nulla per noi sudditi e per impedire la mancanza di generi di ogni tipo, l’aumento dei prezzi generalizzati su ogni categoria di merci, all’aumento delle materie prime, dei trasporti e dell’energia.

 Il governo Draghi guarda da una sola parte, dimenticando  di tutelare l’interesse generale, si preoccupa solo gli interessi particolari degli imprenditori e delle banche: il mercato domina sovrano. Draghi passato il momento di emergenza della pandemia ha contribuito ad inasprire il costo della vita, con la sua politica tributaria, che riversa i suoi maggiori oneri sui consumi. Col  pretesto della guerra si determina sempre il maggior impoverimento della popolazione ed in particolar modo dei lavoratori incapaci di far fronte con il loro bassi salari al crescente aumento del costo della vita be dall’altra il sempre maggior arricchimento di pochi gruppi e ceti privilegiati per cui l’attuale condizione determina enormi profitti.

Putin e Zelesky capi di due governi reazionari sono stati per un verso e per l’altro costretti a suicidarsi e mentre il frutto di questo suicidio è terrore e morte.

 l’Italia intanto è attraversata da uno spirito reazionario mefitico, c’è collera, malvagità  dietro  la bandiera della pace si nascondono la malafede dei gruppi  al potere che usando ideali di libertà e fratellanza fra i popoli alimentano invece idee fortemente conservatrici  che servono  solo a giustificare la loro determinazione di rimanere al potere in nome di una emergenza da loro stessi generata. Così si giustificano le censure che sradicano i diritti dei cittadini.  E i mezzi di comunicazione? stampa, televisioni pubbliche e private, radio, social sono unanimi nel tacere o nel parlare  in un’unica direzione. Ci vuole poco per capire che non è più né la guerra, ne la sua evoluzione, ne il problema dei profughi che interessa  ma il gruppo di persone al potere. Il “Quarto potere” è ridotto al livello del buffone di corte che loda il padrone e ne ruffianeggia le trame. Tutto viene dall’alto: Draghi è onnipotente: una minoranza privilegiata fabbrica l’opinione e diventa la coscienza del paese. E’ l’ubriacatura del servilismo; è un cupio dissolvi collettivo. Chi non è con loro è contro di loro, chi prova a ragionare o è un fascista o un comunista. Questa dissoluzione porta gli uomini al potere che da maestri di cinismo quali sono,  ci giocano e ci portano dove vogliono. Un’oligarchia onnipotente che si identifica con lo Stato ne hanno occupato gli organismi e provano calpestando la Costituzione , ad annullare la  sovranità popolare.

Non so quando finirà questa guerra e come finirà; sono consapevole però che questa guerra come tutte le guerre soddisferà le pretese di qualcuno che resterà soddisfatto della guerra come istituzione e quindi, invece di desiderare la fine di tutte le guerre, avrà la tendenza opposta.  C’è una casta che guarda e sempre guarderà alla guerra come ad una finalità della vita.

luglio 8, 2021

HOLLANDE E LETTA.

Ovvero: errare humanum est, perseverare diabolicum

di Alberto Benzoni

Scrivo queste righe mentre, rotte, che dico rifiutate le trattative sul Ddl Zan, siamo arrivati alla vigilia della guerra. E già vedo Qualcuno che, salito sul podio, ci invita ad arruolarci. Ascoltiamo, distrattamente le sue parole (siamo, un gruppo di amici, tutti decisi a restarsene a casa). Ma, quando arriva, inevitabilmente, alla “scelta di civiltà”, con gli, altrettanto inevitabili, annessi e connessi, vedo uno di noi alzarsi e interromperlo. E, attenzione, non per discutere con lui nel merito del ddl Zan – sarebbe fiato sprecato – ma per dirgli che sta andando a sbattere e che è suo elementare dovere di cittadino non dico di impedirglielo ma di metterlo sull’avviso.Ecco, allora, le sue parole; sempre nella speranza che qualcuno sia ancora disposto ad ascoltarle.“La vostra legge, vedete, è la tipica “legge manifesto”. E cioè una proposta che non punta soltanto a risolvere un problema. Ma anche a chiarire “urbi et orbi” i propositi e la natura di chi la propone. Con il rischio permanente di disinteressarsi completamente delle sue sorti, leggi della possibilità concreta che la riforma venga svuotata in sede di attuazione.Ma non è questo il pericolo che ci preoccupa. Perché, nel nostro caso, fare una legge manifesto non era affatto necessario. Se aveste pensato alle persone da proteggere contro i reati di omofobia, avreste dovuto semplicemente tutelarli con una legge, cui nessuno avrebbe potuto dire no. E, invece, consapevolmente o, peggio, inconsapevolmente, avete partorito un testo che contiene in sé tutto il messaggio ideologico Lgbt: con il rischio di non farla passare. Ma con la assoluta certezza di porre al centro delle elezioni prossime venture uno scontro da cui rischiamo di uscire con le ossa rotte.Abbiamo detto “rischiamo”; non “rischiate”. Perché una cosa deve esservi ben chiara: che, in questo caso, continuare a sbagliare non vi è più consentito. Perché la più che probabile sconfitta del Pd porterebbe al disastro l’intera sinistra. Non stiamo lanciando profezie a casaccio. Vi stiamo avvertendo. Stiamo per raccontarvi, con la speranza di essere ascoltati, quello che è successo alla sinistra francese durante il trascorso decennio. E lo facciamo perché, qui da noi, siamo ancora nelle fase iniziale di un processo che in Francia si è concluso con un totale disastro mentre, in Italia, può ancora essere fermato.In Francia il dramma inizia nel 2012. E procede, inizialmente, in modo lento; e a tentoni. Ma, a partire da una certa data, accelera in modo incontrollabile, fino a portare la macchina a sbattere, ad altissima velocità, contro un muro.Il suo protagonista, Hollande è, in tutto e per tutto, compreso il suo aspetto fisico (come diceva un mio carissimo amico : “a partire da una certa età, ognuno ha la faccia che si merita”), la quintessenza della mediocrità. Mentre, come mestierante politico (è stato, per moltissimi anni segretario del partito socialista), è bravissimo. Il che lo porta a capire che, per battere Sarkozy, non c’è nessun bisogno di voli pindarici: basta far capire di essere diversi da lui (diciamo meno avventurosi e avventurieri) e garantirsi al ballottaggio il concorso della sinistra radicale e dei comunisti. Voti certi in cambio di impegni simbolici. Contestare l’austerity di Bruxelles; tassare i superricchi, difendere i posti di lavoro, cose così.Il fatto è che su ognuno di questi fronti viene respinto con perdite; all’insegna, esplicita, del “non se parla proprio”. Per ripiegare immantinenti, sul “matrimonio gay”. Anch’esso una misura fortemente simbolica. Perché il diritto di vivere insieme, con i relativi impegni diritti e doveri, l’avevano avuto, assieme alle coppie eterosessuali, nei patti di solidarietà della fine del secolo scorso. Mentre il matrimonio gay vi aggiungeva soltanto il diritto alla sua esibizione.Ora, il “combinato diposto” della rinuncia totale sul fronte economico e sociale e dell’esibizione di parata de matrimonio gay innescò un vero e proprio processo autodistruttivo.Prima, la rottura a sinistra. Poi, il trovare rifugio e consolazione nella braccia degli imprenditori. E, ancora, l’abbandono della zattera da parte prima di Valls poi di Macron. Nel giro di pochi anni, dalle stelle alle stalle. Con il partito socialista ridotto ad una delle tante sette che passano il loro tempo a litigare tra di loro.In quel periodo Enrico Letta era li’. Alla Sorbona. Ma non si è accorto di nulla. Affetto, evidentemente, da quella tendenza a guardare dall’altra parte, malattia professionale dei dirigenti Pd.Pure, il Nostro, tornato in Italia per salvare la baracca, era partito più che bene. Sottolineando il fatto che il Pd non era un partito alternativo; e che avrebbe dovuto diventarlo rapidamente, pena l’irrilevanza. E, ancora, che a tal fine fosse necessario porre al centro dell’agenda politica temi suscettibili di modificare, a proprio vantaggio, un senso comune e un immaginario collettivo oggi governati dalla destra.Candidati a questo ruolo, il riconoscimento dello jus soli, il ripristino dell’imposta di successione e, infine, il voto ai sedicenni.Tre appuntamenti perfetti per ricordare alla gente che il buon senso deve far premio sul senso comune. Mostrando a tutti che nel nostro paese vivono centinaia di migliaia se non milioni di persone che sono e si sentono italiani a tutti gli effetti; e che è assolutamente ignominioso pretendere di sottoporgli a qualsivoglia esame di ammissione. E ancora, che, da tempo immemorabile, le tasse di successione sono state strumento essenziale per una fiscalità redistributiva. E, infine, che non è vero affatto che i giovani schifino in linea di principio la politica; mentre spetta a noi il compito di coinvolgerli.Da allora, sono passate diverse settimane. E su questi temi è calato il silenzio. E non perché siano arrivati veti; più probabile che i vostri dirigenti se li siano posti da soli.Questo mentre la legge contro l’omofobia, che sino ad allora era andata avanti a fari spenti, appariva in una luce accecante. Trasformandosi da strumento di difesa delle persone in manipolazione ideologica; e, appunto, da proposta in legge manifesto.Una legge manifesto, ve lo diciamo subito che non possiamo proprio sottoscrivere. Perché trasforma i diritti in valori. E perché propone o suggerisce una visione della società in cui non ci possiamo proprio riconoscere. E ve lo diciamo a nome non solo nostro ma anche di quel popolo che avete il dovere di rappresentare.Modificare una legge o vedersela bocciare sarebbe uno smacco, ce ne rendiamo conto. Ma solo per voi. Mentre arrivare allo scontro, politico e culturale, con la destra su questo tema o, peggio, solo su questo , sarebbe una catastrofe per tutti. Tenetelo a mente.

aprile 29, 2021

La cultura dell’odio.

Di Beppe Sarno

La “Dottrina Mitterrand” consisteva nella convinzione  del Presidente Francese di poter accettare sul suolo francese gli ex terroristi italiani e non solo a condizione che rinunciassero esplicitamente all’uso della violenza e che non si fossero macchiati di delitti di sangue.

In un discorso pronunciato a Rennes il 1 ° febbraio 1985 il presidente francese dichiarò: “Ho deciso di estradare, senza il minimo rimorso, alcuni uomini accusati di aver commesso crimini. Non ne sto facendo una politica. Il diritto d’asilo, trattandosi di un contratto tra chi ne beneficia e la Francia che lo accoglie, sarà sempre ed è sempre stato rispettato. (…) Dico ad alta voce: la Francia è e sarà solidale con i suoi partner europei, nel rispetto dei suoi principi e dei suoi diritti: sarà solidale, rifiuterà ogni protezione diretta o indiretta al terrorismo attivo, reale, sanguinoso. ” Alla fine dello stesso mese, alla presenza di Bettino Craxi, Presidente del Consiglio italiano, François Mitterrand  precisò ulteriormente  l’atteggiamento della Francia : “Abbiamo circa trecento italiani che si sono rifugiati in Francia, dal 1976 e che da quando sono venuti nel nostro Paese si sono “pentiti” e a cui la nostra polizia non ha nulla da rimproverare.

I socialisti pur condannando il terrorismo perché come dichiarò Craxi «Il terrorismo è il frutto velenoso di una confusa predicazione pseudo-rivoluzionaria, di una sottocultura di sinistra, che per anni ha scorrazzato quasi indisturbata […].” Condivisero la posizione di Mitterand perchè partiva dalla volontà di chiudere la  stagione terribile del terrorismo  aprendo un canale di dialogo nel tentativo instancabile di ravvicinare gli individui ed i sistemi. Creando un ponte fra quella confusa massa di giovani che in una maniera e nell’altra si rapportavano al terrorismo si sarebbe potuto aprire un dialogo ispirato alla logica dello stato di diritto con la consapevolezza  che quell’emergenza sociale determinata dal terrorismo  era finita e che un trattamento non basato su sistemi polizieschi e di repressione poteva essere riservato a chi si impegnava rispettare la Costituzione e le leggi dello stato che li ospitava.

Il clima di sospetto veniva sostituito da una situazione diversa in cui il terrorista non era più un crociato che cercava  di trasformare tutti in combattenti.

All’epoca chi  aderiva alla sinistra extraparlamentare non era necessariamente un violento  scriteriato, affetto da permissivismo catastrofico e terrorista potenziale.

 Grazie a Mitterand e a Craxi che incontrò il presidente francese il 22 febbraio 1985 si aprì una stagione nuova che in parte contribuì a chiudere, per quanto possibile, la stagione del terrorismo.

Oggi il partito della fermezza, quello che per intenderci decise la fine di Aldo Moro, che contribuì in modo determinante alla fine del partito Socialista ed alla morte di Craxi in esilio, si ripresenta con gli stessi slogan, le stesse parole d’ordine. Sergio Segio ha affermato che gli arrestati sono uno sparuto gruppetto di persone anziane, e da decenni pur faticosamente integrate. Il loro arresto risponde alla logica che ‘non la facciano franca’ “. Essi sono stati protagonisti di “un periodo cupo e insanguinato per il quale le ferite personali di chi è stato direttamente o indirettamente colpito esigono rispetto e considerazione, ma che non devono e non possono trasformarsi in vendetta, come sta avvenendo”.  Ed è ciò che sta accadendo!

Ciò  che con tanta enfasi raccontano i telegiornali, la stampa i mass media è la vendetta di un capitalismo malato che ha paura non dei dieci ex terroristi arrestati, ma ha paura di quello che potrebbe avvenire in seguito ad un momento così difficile per l’intera collettività ed il cui prezzo maggiore lo stanno pagando i lavoratori e le categorie produttive. Macron e Draghi stanno mandando un messaggio  di paura e di preoccupazione perché se qualcuno o qualche forza politica dovesse organizzarsi per contestare le scelte di politica economica che si stanno facendo e che saranno fatte a medio e lungo termine, non ci sarà spazio per il dialogo,  ma solo repressione. Non si considera però che la radicalizzazione dei sentimenti politici porterà a fare il gioco di questa violenza  e di chi dovesse sceglierla. Non è difficile che quelle decine e centinaia di operai che vengono cacciati dal sistema produttivo, vagamente ostile, ma che fino ad ora si erano tenuti lontano dalla protesta, aizzati da chi vi ha interesse, non avendo idee precise sul che fare si possano trasformare in nemico dichiarato del sistema. La disperazione è un carburante potente.

Il terrorista in quanto tale rinuncia all’ideologia preferendo affidarsi a slogan perchè non ha gli strumenti per spiegare le ragioni della propria lotta.  Chi non capisce e chi non aderisce non può essere spettatore, ma si trasforma in nemico. Ne abbiamo un esempio pratico nelle pratiche di Salvini che ogni giorno soffia sul fuoco  contro gli islamici. Quanta gente è diventata un fanatico razzista antiarabo grazie alle performances del capo leghista?. E che dire di quei criminali che  spaccano le lapidi nei cimiteri ebraici diventando  feroci antisemiti? Il messaggio che Draghi, Macron stanno lanciando è un messaggio che serve solo ad attivare odio. Ogni  estraneo diventa nemico mortale e quindi la lotta politica tende a radicalizzarsi e diventare lotta di sterminio. Se il mio nemico è un nazista – ed io avvelenando le sorgenti l’ho reso tale, la tolleranza è un lusso che nessuno potrà più permettersi. Trasformando la società in una società non più tollerante  e quindi rendendo la frattura fra potere e società civile insanabile, il potenziale terrorista abbandona ogni scrupolo morale: la sopravvivenza non è più conciliabile con la coesistenza sociale e la legge del più forte prenderà il sopravvento sullo stato di diritto. Le abbiamo già vissute queste esperienze e ne avremmo fatto volentieri a meno.

 
gennaio 6, 2021

FATTI E I PERCHE’IL RADUNO DI TRUMPE’

di Alberto Benzoni

cambiata la natura del raduno fissato in contemporanea con il giuramento del nuovo presidente. Non più lancio formale della campagna elettorale del 2024, in nome e per conto del Gop. Ma raduno dei fedelissimi; diciamo di quell’80% di elettori repubblicani che credono fermamente che Donald sia stato la vittima di una cospirazione di proporzioni gigantesche. E del 50% dei congressisti che difende questa tesi.L’ultimo urrà? L’inizio di una resa dei conti per la conquista del partito? O magari, chissà, l’avvio di una grande formazione populista, in concorrenza ostile con i due partiti del “sistema”. Chi scrive propende per quest’ultimo scenario. Voi che ne dite?

UN GIUDICE DI BERLINO O L’ULTIMO DEI MOHICANI?

Oggi, 4 marzo, una giudice di Londra era chiamato a decidere sulla richiesta di estradizione per Julian Assange. In linea generale e tenendo in conto delle forze in campo, l’esito appariva scontato. Pure, le cose sono andate in modo diverso. E non in nome di un giudizio di merito ma perché Assange non sarebbe sopravvissuto all’esperienza del carcere. Una rivendicazione dei diritti imprescrittibili dell’individuo, base della civiltà liberale. Il giudice di Berlino che ristabilisce la verità delle cose? O, il canto del cigno dell’ultimo dei Mohicani? Dipende anche da noi.

RENZI, PERCHE’ L’HAI FATTO?

Perché mai hai aperto una crisi, con un ultimatum che rischia di portarci a nuove elezioni? Nessuno è in grado di capirlo. Anche perché le cose mutano continuamente e in una nebbia sempre più fitta. Proviamo allora, come ci consigliano quelli dell’Eredità, a “giocare da casa”.Perché vuoi nuove elezioni? Sarebbero un disastro. Per il paese; bloccato per settimane se non mesi. Per lo schieramento di governo che, con l’attuale legge elettorale, sarebbe condannato alla sconfitta. E, anche per te, che rimarresti sotto le macerie.Perché vuoi un governo di unità nazionale sotto la guida di Draghi? Ma allora si aprirebbe un nuovo scenario con la dissoluzione dei due blocchi (impossibile); o, ipotesi riduttiva, un’intesa che lascerebbe fuori Fd’I, il M5S e Leu (molto improbabile). Perché vuoi arrivare ad un patto di legislatura? Se l’avessi voluto non avresti lanciato sfide e ultimatum.Perché vuoi fare saltare l’alleanza Pd/M5S? Ma la stai rafforzando.Perché vuoi un rimpasto? Vale l’ipotesi precedente. Ma allora perché tutta questa ammuina?Per acquisire maggiore visibilità? Ma di che tipo?Perché sei fatto così? Questo è indubbio.

ANDARE DOVE CI PORTA IL CUORE? MA IL PORTAFOGLIO DOVE LO METTIAMO?

Di recente il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione di condanna dell’Egitto per la sua violazione dei diritti umani; invitando i governi a operare perché vengano ripristinati o, in caso contrario, a usare il meccanismo delle sanzioni, a partire dall’embargo sulle vendite di armi.A favore, uno schieramento che va dai liberali alla sinistra. Astenuti, ma per ragioni di metodo, i popolari e i macronisti. Contraria la destra populista/sovranista.A determinare questo improvviso scatto d’indignazione, una fotografia. Ma non quelle che vengono dalla Bosnia (per inciso il governo italiano ha respinto circa 1300 profughi, destinati a essere rimandati in quell’inferno). Ma quelle che vedono Macron ricevere con tutti gli onori e i complimenti del caso al Sisi. A urtare, insomma, è la forma; non la sostanza.Nel contempo, a chiarire il concetto, la Gran Bretagna si propone di acquistare i droni turchi (“sono i migliori e costano poco”) mentre la Merkel, d’intesa con Erdogan, propone di rilanciare su nuove basi rapporti tra Europa e Turchia; a partire dal versamento dei 6 miliardi dovuti per il suo contenimento del flusso di profughi.Infine, l’Europa ha raggiunto in un arco di tempo di pochi mesi, due importantissimi accordi con la Cina: il primo sulla tutela dei prodotti tipici, il secondo sulla protezione degli investimenti. In ambedue le situazioni a fare le maggiori concessioni è stata Pechino.“Entriamo, in uno spazio che state occupando tutto voi, usando il meccanismo delle sanzioni a vostro vantaggio”. Questa, con il dovuto garbo, la risposta europea alle rimostranze di Washington.Quanto basta per accantonare il sanzioniamo a senso unico e per dare una chance ai sguaci del portafoglio? A certe condizioni, forse sì.

DESAPARECIDO; MA, COME E PERCHE’

A quanto ci risulta (in mancanza di nuove informazioni): Corbyn è stato sospeso dal gruppo parlamentare laburista per “antisemitismo”, senza che la cosa suscitasse particolari questioni.Il perché della scelta è chiaro; Corbyn è da tempo nel mirino del governo israeliano perché filo palestinese ma soprattutto perché sostiene, o tollera, la presenza del movimento “boicottare, disinvestire, sanzionare” Israele per la sua politica nei territori occupati. Insomma non perché sia antisemita – e non lo è – ma perché ostile nei confronti della destra israeliana e dei suoi governi. Che poi l’attuale dirigenza laburista faccia eco a questo giudizio è solo un altro esempio di viltà ambientale.Sorprende, invece, il silenzio di quanti, appena tre anni fa, lo portavano alle stelle.Disinteresse nei confronti del suo programma, magari perché troppo estremista? In base ai sondaggi non si direbbe.Effetto della campagna di demolizione personale lanciata nei suoi confronti? Il popolo di sinistra è perfettamente alla conoscenza dei fatti.Effetto della crisi generale del laburismo inglese? Il partito è risalito nei sondaggi sino a raggiungere sul 40%.Prevalenza, in un periodo di vacche magre dell’esigenza di “difendere le conquiste” più che di farne? Ipotesi ragionevole ma tutta da verificare.Infine, necessità di “serrare i ranghi” di fronte a una destra reazionaria? E’ una scelta che è stata fatta di fatto o apertamente, negli Stati uniti, come in Spagna, Bolivia, Polonia e Ungheria (per tacere dell’Italia). Una scelta. Giusta o sbagliata che sia, sembra essere stata fatta anche in Inghilterra. O no?

UNA SPARIZIONE MISTERIOSA: I MEDIA ITALIANI

Un tempo era, “visto da destra visto da sinistra”. Notizie e commenti faziosi ma bilanciati.Poi abbiamo avuto opinioni diverse su fatti dati per scontati (come al liceo, dove si davano giudizi sui poeti, senza leggerli). Un percorso che, all’indomani della caduta del muro di Berlino ha portato a manipolarli o a cancellarli, così da arrivare all’uniformità delle opinioni.Ultima tappa, la loro pregiudiziale soppressione per l’impossibilità/incapacità di commentarli.Questo per un’infinità di ragioni. A voi di discuterne.

marzo 29, 2020

L’etica protestante e lo spirito del capitalismo

 

di Gaetano Petrelli

In questo dipinto di Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553) si vede Martin Lutero sulla sinistra, con i capelli grigi, mentre assiste al miracolo di Gesù che resuscita Lazzaro dalla morte

Forse non tutti sanno che “Schuld”, in tedesco, significa non solo “debito” ma anche “colpa”. La concezione luterana (o calvinista) del mondo è meritocratica, e per comprenderla davvero bisogna leggere, tra gli altri, il grande Max Weber, “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”.

La reazione della UE alla grande crisi dei debiti pubblici, a partire dal 2010, si spiega in buona parte con l’esigenza, etica prima ancora che politica ed economica, fortemente sentita dalle nazioni nordeuropee, di non incoraggiare l’azzardo morale foraggiando gli Stati spendaccioni del sud Europa. Poi, certo, c’era anche l’esigenza di tutelare i creditori esposti sui debiti sovrani, tra i quali anche le banche tedesche e francesi. Ma pecca di semplicismo, ai limiti del grottesco, chi considera solo quest’ultima come causa della c.d. austerità imposta a partire dal 2010, come condizione alla quale la Grecia, l’Italia, la Spagna e altri hanno potuto accedere a meccanismi quali le Omt, o il quantitative easing della Bce, salvandosi da un sicuro default. Proprio perché, ripeto, l’elettore tedesco, olandese o finlandese non avrebbe mai accettato di dare aiuti senza condizionalità, incentivando l’azzardo morale. La cifra per la comprensione della realtà è la complessità, non l’ottuso semplicismo dei sovranisti, siano essi europei meridionali o settentrionali. Ed è proprio il complesso scenario suddescritto (ossia, la storia economico-politica dell’Europa nell’ultimo decennio) che viene descritto in questi giorni da Conte e Macron come crisi “asimmetrica”.

Orbene, la tragedia che sta piegando tutto il mondo in queste settimane è qualcosa di totalmente diverso. Nessun azzardo morale, nessuna colpa, nessuna asimmetria. Ci sono persone, popoli, che stanno soffrendo l’indicibile a causa di una terribile pandemìa, e se non si comprende questo, se non sorge ora uno spirito di fratellanza tra popoli che stanno soffrendo insieme, quegli stessi popoli che si sono date istituzioni comuni per evitare guerre fratricide dopo il disastro della seconda guerra mondiale, allora – e lo dice un europeista convinto – non c’è davvero futuro per questa Europa. Perciò bene ha fatto Conte, nella conferenza stampa di ieri sera, come all’Eurogruppo dell’altro ieri, ad essere duro e determinato nei confronti dei partners europei. La storia sta bussando violentemente alla porta, e non si può far finta di niente rifugiandosi, ottusamente, negli schemi e nelle soluzioni pensati per gestire problemi totalmente diversi. La soluzione – per alleviare la drammatica situazione vissuta soprattutto, sul versante economico, dai popoli del sud Europa – c’è ed è semplice: si scorpori il debito contratto per far fronte alla crisi da coronavirus, tutto il debito che serve senza limiti, e si emettano i c.d. coronabond, che godranno di un buon rating e saranno in tal modo meno onerosi, e potranno essere acquistati in buona parte dalla Bce, e per il resto dagli investitori. Certo, si possono studiare altre soluzioni tecniche, ma se vogliamo parlare di Europa al singolare l’epidemia non deve generare debito aggiuntivo per le disastrate finanze pubbliche dei singoli Stati, perché esso non è dovuto a loro colpa, la crisi non è responsabilità di nessuno.

Se così non sarà, prepariamoci a un disastro europeo di proporzioni immani. I popoli italiano, spagnolo, portoghese, greco, non accetteranno di essere ridotti alla fame per l’intransigenza dei popoli del nord (e parlo di popoli, non di governi, perché oggi il conflitto è, purtroppo, in primis tra le diverse opinioni pubbliche, la “pancia” dei diversi paesi). Perché appare chiaro che gli strumenti della Bce, che pure sta agendo bene, non saranno sufficienti, se gli Stati del sud Europa vedranno esplodere i propri debiti pubblici.

Le élites dei paesi nordici devono fare una scelta, e devono farla oggi, altrimenti non potremo mai più parlare di “etica protestante”, ma solo dell’ottuso rigido fanatismo di quanti avranno egoisticamente – e assai poco cristianamente – sepolto insieme a milioni di cadaveri il sogno europeo, per sempre.

agosto 1, 2018

Lazar,migranti? Non lasciamo a populisti

Le elezioni europee del 2019 saranno un banco di prova, si gioca una partita importantissima per le sorti dell’Europa che potrebbe uscirne rafforzata o disgregata”. Così in un colloquio con l’ANSA il politologo francese Marc Lazar, ospite di punta del festival letterario “7Sere7Piazze7libri” in programma fino al 5 agosto a Perdasdefogu, in Ogliastra. “Lo scontro forte – argomenta Lazar – sarà tra Macron, che vuole rilanciare il processo di unificazione dell’Europa, e Salvini, che si presenterà a nome dei populisti per cercare di disgregarla con l’obiettivo di rinazionalizzare le politiche”. Lo studioso vede con interesse l’esperimento del governo giallo-verde. “C’è un elemento che unisce le due anime – spiega – benché divergano su tanti aspetti e benché gli interessi del loro elettorato siano quasi contrapposti: il filo rosso è la sovranità nazionale, l’Italia prima dell’Europa”.