di Beppe Sarno
“Una intervista che lascia il segno.” Così è stata definita l’intervista concessa da MassimoD’Alema al “Fatto”il 6 gennaio scorso. Non so se questa intervista lascerà il segno ma certo è un’intervista che presenta spunti importanti di riflessione. Afferma D’Alema “ Siamo in una situazione in cui le persone hanno paura e quando le persone hanno paura le istituzioni devono offrire sicurezza.” D’Alema chiama le istituzioni a garantire la sicurezza ai cittadini. C’è, quindi, da parte di D’Alema un richiamo forte allo Stato come garante delle istituzioni e del loro funzionamento per allontanare le paure, ogni tipo di paura delle persone. Nuovo lo Stato, finalmente.
Continua D’Alema “ La democrazia deve continuare a funzionare. Il problema vero è che questa esperienza deve essere l’occasione di un cambiamento. Ne abbiamo vissute due grandissime del modello della globalizzazione senza regole: una è stata quella finanziaria del 2008 e poi questa. In realtà, alla crisi del 2008 che doveva imporre un cambiamento, la risposta non è stata adeguatamente coraggiosa. C’è stata una capacità di resistenza, una pervicacia del modello neoliberista che è riuscito a spingersi oltre la propria manifesta insostenibilità.
D’Alema parla affermando “la ricerca e l’industria, dovranno orientarsi a dare risposte a bisogni umani collettivi…… Tornano di stringente attualità valori, idee che sono appartenuti al periodo d’oro della sinistra europea, quello del welfare, dello Stato sociale…ed ancora come si riorganizza una presenza pubblica nell’economia e in che modo i grandi beni comuni tornano ad essere considerati non delle spese ma fattori trainanti dell’economia.
Finalmente qualcuno esce dal solito dibattito asfittico in cui si parla di cosa fare per accontentare l’Europa o uscirne e ben vengano le parole di D’Alema. Di fronte al rassegnato consenso dato all’Europa ed alle sue stringenti regole che hanno impoverito le popolazioni di mezz’Europa c’è la necessità di ribadire come irrinunciabile e corretta alternativa un richiamo alla politica delle cose, dei bisogni, dei contenuti, dei caratteri distintivi qualificanti sotto l’aspetto sia ideologico sia operativo per consentire un’inversione di tendenza per modificare il contesto socioeconomico garantendo il diritto di rappresentanza ai lavoratori che oggi sono a margine del dibattito politico complessivo. In questa crisi si parla dei diritti delle imprese, delle imprese che chiudono, viceversa la parola “lavoratore”, “operaio” non viene mai menzionata, al pari di una bestemmia.
M domando di fronte alle osservazioni di D’Alema, come socialisti quale strategia, quale base concreta di confronto ideologico abbiamo da proporre per superare i limiti di una frammentazione della sinistra che impedisce la nascita di una forza numericamente sufficiente a difendere i diritti dei lavoratori, dei deboli, degli ultimi.
Di fronte agli appelli di volenterosi compagni a ricostruire l’unità socialista mi domando se siamo capaci di dare una risposta che sia una elaborazione aggiornata e moderna e che spieghi in termini chiari e compiuti quale realtà nuova economica, sociale e politica vogliamo creare. Mi domando ancora se abbiamo un progetto politico condivisibile che ci serva non per l’oggi e per il domani ma per costruirvi attorno una strategia basata su precise sequenze logiche e scadenze definite.
D’Alema parla nella sua intervista di irreversibile necessità di una svolta verso la green economy…… che non può essere affidata soltanto alla logica di mercato e si domanda se
esiste oggi un pensiero, oltre che un’organizzazione, di sinistra in grado di affrontare sfide quali quelle che tu hai delineato? D’Alema risponde che esiste tale pensiero che abbia come linee guida la riforma di un capitalismo compatibile con la democrazia e che ……… richiede un maggiore equilibrio tra il ruolo dello Stato e il mercato; un nuovo patto tra pubblico e privato. Secondo D’Alema nel momento in cui si decide di finanziare il Recovery fund attraverso la creazione di un debito europeo, si fa una scelta politica, una scelta di sovranismo europeo e più avanti afferma . “E’ il tema affrontato, non a caso secondo me, nell’ultima Enciclica di Papa Francesco che rappresenta un punto di vista illuminante. Enciclica che è stata accolta con molta freddezza nel mondo occidentale, ma che io credo accenda una luce nella direzione giusta.” Anche io credo che l’Enciclica di Papa Francesco indichi una via, che io condivido, ma io la voglio percorrere da socialista perché la risposta dei socialisti deve fondarsi sulla convinzione che l’unica risposta possibile ai problemi dei lavoratori e ai problemi del progresso sociale e quella ispirata dai principi espressi nella nostra Carta Costituzionale e che parli nei termini democratici e rinnovatori del pensiero socialista. D’Alema parla di una scelta giusta compiuta dal PD nell’avviare una collaborazione con i 5 Stelle ma secondo d’Alema non basta, bisogna spingere lo sguardo oltre l’emergenza, è necessario ricostruire un grande partito della sinistra che oggi non c’è. Quella del PD appare oggi un’esperienza non riuscita, così come gli altri tentativi di costruire esperienza politiche esterne o contrapposte al PD.”e conclude “Con onestà bisogna dire che non ce l’abbiamo fatta, c’è bisogno di una nuova forza…..c’è bisogno di una risposta ideologica. “ D’Alema non è Veltroni, fortunatamente, e infatti conclude affermando “. Non riesco ad immaginare una nuova sinistra che non assuma come propria l’idea di solidarietà umana e di fraternità che viene proposta nell’ultima Enciclica di papa Francesco.”
Questa intervista che secondo l’intervistatore è destinata a lasciare il segno, è certamente un’intervista importante perché D’Alema propone una base di discussione che innanzitutto prenda atto del fallimento del PD come forza innovatrice, che prenda atto della necessità di dare allo Stato la centralità che aveva e che oggi non ha più.
Lo Stato deve avere il diritto di intervenire per garantire La riduzione delle disuguaglianzenella distribuzione del reddito e della ricchezza all’interno della società e per eliminare quegli ostacoli atti ad eliminare l’incertezza del futuroche caratterizza l’attuale sistema capitalistico, dove ogni individuo deve sempre misurarsi in competizione con gli altri. D’altro canto D’Alema sottolinea la necessità di cambiare i sistemi produttivi adeguandoli ad un sistema basato sulla green economy e sullo sfruttamento devastante delle risorse naturali e per questo ritiene necessario misurarsi con l’Enciclica di Papa Francesco.
Bisogna dare credito a D’Alema, ma D’Alema deve capire che esiste una sinistra che si richiama ai principi del socialismo. Una sinistra che non è mai morta ed anche se non organizzata in un partito di massa respinge ogni suggestione di subordinazione, ogni tentativo di subordinare l’indipendenza ideologica, ogni tentativo di agire in funzione dei possibili giudizi altrui. Nessuno e tanto meno D’Alema, a cui va data l’attenzione e il rispetto che merita, può credere di arruolarci se non dopo un confronto aperto leale e paritetico che fondi le sue basi sulla necessità indifferibile di creare una nuova società che parta dal riscatto morale e materiale dei lavoratori, dei disoccupati, dei migranti, delle donne. In questa misura potremo misurarci con D’Alema consapevoli che il socialismo è l’unico strumento indispensabile per un’autentica rigenerazione della società. Se noi continueremo, viceversa a vivere la nostre vite come reduci di antiche e nobili battaglie, succubi dell’ascendente ideologico altrui, continueremo a navigare a vista e questa navigazione continuerà all’infinito impedendo ogni disegno strategico ed ogni confronto paritetico. Se questo dovesse avvenire non si potrà parlare per molto tempo, per nostra esclusiva responsabilità, di strategie socialiste e forse anche di socialismo tout court.