La diagnosi, già in uso in diverse strutture anche in Italia, consente di calcolare il rischio direcidiva e individuare dunque le pazienti alle quali può essere evitato il ciclo chemio. Il problema resta il costo: 3mila euro. Ma i medici sono convinti che alla fine la sanità pubblica spenda meno.
Molte donne operate per tumore al senopotrebbero risparmiarsi la chemioterapiasuccessiva perché su di loro non darebbe alcun vantaggio aggiuntivo nel rischio di ammalarsi di nuovo, rispetto alla sola terapiaormonale. Il punto è: come individuarle? Un nuovo test genomico – già in uso in Italia all’Ist di Genova, al Pascale di Napoli, all’Humanitas ed al San Raffaele a Milano, negli ospedali di Cremona e Grosseto – analizza l’espressione di 21 geni coinvolti nel tumore mammario, disegnando il profilo molecolare del tumore e individuando quello con bassa probabilità di recidive o metastatizzazione.
Un aiuto e un orientamento per l’oncologo che può così decidere se – dopo l’intervento chirurgico – procedere con la chemioterapia – con tutti gli effetti collaterali fisici e psicologici – o fermarsi alla sola terapia ormonale perché è sufficiente. Un passo avanti importante verso una medicina a misura della singola malata.
Il test – utilizzato già negli Usa, in Canada,Spagna, Francia, Grecia, Irlanda e Gran Bretagna e discusso alla tredicesima conferenza internazionale sul cancro al seno di St. Galles, vicino Zurigo – non è per tutte le donne, ma soltanto per quelle con tumoreormonodipendente e senza metastasi ai linfonodi ascellari. Quindi a uno stadio iniziale dimalattia. “Parliamo di circa due terzi delle quarantamila malate italiane ogni anno – precisa Paolo Pronzato, direttore della divisione di Oncologia medica al San Martino-Ist di Genova– alle quali, come terapia complementare postoperatoria, abbiamo sempre proposto laterapia ormonale o la chemioterapia. Però c’è una bella differenza a proporre la chemioterapia a una donna che ha basso livello di rischio di una recidiva e a
una che lo ha molto elevato. La prima può permettersi di non farla, alla seconda la consiglio vivamente. Il test – riproducibile – ci dice quali donne sono ad alto rischio, con un punteggio che valuta la percentuale di recidiva e dunque aiuta l’oncologo a selezionare le donne da sottoporre a chemioterapia e ad evitare quelle inutili. Ovviamente – aggiunge Pronzato – bisogna operare una selezione delle pazienti e in Italia stimo che si potrebbe proporre il test a 7-8000 donne”.