01:35 am | Le protesi al seno rendono piu’ difficile diagnosticare un tumore. Infatti, le protesi possono impedire la visualizzazione della massa tumorale tramite gli esami di routine. Di conseguenza il…
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01:35 am | Le protesi al seno rendono piu’ difficile diagnosticare un tumore. Infatti, le protesi possono impedire la visualizzazione della massa tumorale tramite gli esami di routine. Di conseguenza il…
Un vero e proprio “farmaco postino”, capace di portarsi sulle spalle il farmaco chemioterapico “addormentato”, entrare nella cellula tumorale (e solo in quella), e li’ sganciare il chemioterapico che si attiva e inizia a distruggerla, con una superiore efficacia e soprattutto una minore tossicita’.
I dati sul nuovo farmaco dal meccanismo rivoluzionario, T-DM1, sono stati presentati al congresso mondiale di oncologia Asco a Chicago: si tratta in realta’ di un doppio farmaco che agisce contro il carcinoma mammario HER2 positivo: trastuzumab, il biologico che funge da “postino”, e la mertansine, il chemioterapico portato a destinazione nelle cellule malate. Lo studio ha mostrato che il rischio di peggioramento della malattia, o di morte, si e’ ridotto del 35% in coloro che hanno ricevuto il T-DM1 rispetto a chi e’ stato trattato con chemioterapia a base di lapatinib in aggiunta a capecitabina.
La somministrazione ai topi di agonisti dell’adrenalina ha determinato la degradazione progressiva della proteina di soppressione tumorale p53
Per molti anni numerosi studi hanno mostrato un’associazione lo stress cronico con il danno cromosomico; ma qual è la relazione causale tra questi due fattori? Un meccanismo molecolare in grado di fornire una plausibile risposta è stato scoperto grazie a un nuovo studio condotto presso il Duke University Medical Center.
“Il nostro è probabilmente il primo studio a proporre uno specifico meccanismo grazie al quale un marcatore di stress cronico, l’elevato livello di adrenalina, può alla lunga causare un danno al DNA”, ha commentato Robert J. Lefkowitz, professore di medicina e biochimica della Duke e autore seniordell’articolo apparso sulla rivista Nature.
Nello studio, a un gruppo di topi è stato somministrato un composto simile all’adrenalina che agisce sul recettore beta-adrenergico, che Lefkowitz e colleghi studiano da molti anni, riproducendo le condizioni di stress cronico. In particolare, l’attenzione si è focalizzata sulla P53, una proteina di soppressione tumorale considerata “un guardiano” del genoma, in grado di prevenire anomalie genetiche.
I ricercatori del Laboratorio di Genetica Umana del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Molecolari dell’Universita’ dell’Insubria, guidati da Roberto Taramelli, ordinario di Genetica umana alla Facolta’ di Scienze a Varese, hanno isolato un gene che contribuisce a chiarire il processo che sottende la genesi del tumore ovarico, uno dei tumori piu’ letali e per molti versi considerato misterioso dagli studiosi. Le ricerche hanno evidenziato che questo gene induce il reclutamento di particolari cellule che aiutano a circoscrivere la crescita tumorale: nelle persone ammalate di cancro ovarico e’ presente una alterazione di questo gene e di conseguenza una mancanza di reazione al tumore. Il tumore ovarico e’ il cancro ginecologico piu’ letale: porta alla morte della meta’ delle pazienti. Ogni anno in tutto il mondo sono 200.000 i nuovi casi, in Italia circa 4.000. Inoltre, i sintomi sono piuttosto vaghi (mal di schiena, dolori addominali) e spesso le pazienti arrivano all’attenzione del medico quando la malattia e’ ormai a uno stadio molto avanzato, da qui il triste appellativo di ‘killer silente’ dato a questo tumore. “Da alcuni anni il mio gruppo di ricerca si occupa dello studio dei meccanismi molecolari e cellulari alla base della genesi di alcuni tumori solidi quali i tumori ovarici – spiega il professor Taramelli -. Alla luce della notevole scarsita’ di nozioni che riguardano l’essenza di questi tumori, ossia la loro biologia di base, abbiamo cercato di trattare questa patologia con un approccio innovativo”. I ricercatori sono partiti da una considerazione molto generale ma abbastanza semplice: se e’ un dato ormai assodato che a una persona su tre sia diagnosticata una neoplasia, e’ anche vero che due su tre sono resistenti. Da questa premessa si e’ cercato di capire da cosa dipendesse questa ‘resistenza’. Per rispondere occorre pensare al cancro non come un susseguirsi di alterazioni che colpiscono una singola cellula, in questo caso quella dell’epitelio ovarico, bensi’ considerare il cancro come una malattia dovuta a un’alterata organizzazione strutturale dei tessuti che compongono i nostri organi.
L’epilessia e’ il sintomo piu’ comune nei pazienti con tumori cerebrali e l’approccio alla persona con questo disturbo e’ estremamente complesso. Si va dalla gestione delle diverse terapie farmacologiche all’impegno per offrire una buona qualita’ di vita. In ambito multidisciplinare e’ oramai fondamentale l’integrazione e il confronto di competenze specialistiche differenti. In linea con questi obiettivi l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena ha organizzato in occasione del Corso ”Epilessia e Tumori Cerebrali – Dall’epilettogenesi sperimentale ai nuovi approcci terapeutici” del 24 settembre prossimo, un incontro tra neuro-oncologi italiani e il Prof. Herbert Newton, Direttore della Divisione di Neuro-oncologia dell’Ohio State University Hospitals and School of Medicine di Columbus. Il prof. Newton, autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche, si occupa da anni in America di epilessia secondaria a tumore cerebrale, portera’ in questa occasione di incontro l’esperienza del trattamento di pazienti trattati presso l’OSU Medical Center di Columbus.(ASCA)
L’infezione da ceppi CagA-positivi è in grado di inibire l’attività di trascrizione della proteina RUNX3, un importante fattore di soppressione tumorale.
L’Helicobacter pylori è l’unico batterio noto a causare un tumore, il carcinoma dello stomaco. Ora una nuova ricerca ha permesso di comprendere il meccanismo biochimico che sta alla base di questa correlazione, che secondo quanto si legge nel resoconto pubblicato sulla rivista Oncogene, è legato alla proteina di virulenza denominata CagA.
Precedenti studi avevano evidenziato come i ceppi di H. pyloriche risultano CagA-positivi abbiano una maggiore probabilità di causare l’infiammazione dei tessuti gastrici, ulcere e in alcuni casi anche una proliferazione cellulare abnorme, all’origine delle forme tumorali. Sebbene infatti il batterio sia presente nello stomaco di circa i due terzi della popolazione mondiale, solo in una piccola percentuale di casi dà origine a manifestazioni patologiche.