Posts tagged ‘termini Imerese’

agosto 18, 2020

O briganti o emigranti!

di Beppe Sarno

La  crisi  sanitaria ed economica che la pandemia sta producendo ha messo sotto gli occhi di tutti che la politica lacrime e sangue che l’Europa ci chiedeva era una politica suicida che ha distrutto l’economia italiana in nome di un Europa intesa come un’unione di popoli e della democrazia. Ma l’Europa non è stato mai questo né mai lo sarà. La pandemia cambierà tutto: il nostro modo di vivere, il nostro modo di lavorare, il ritorno a politiche ambientaliste serie basate sul rispetto del territorio.

Basteranno le misure adottate dal governo italiano in carica ad invertire la tendenza di venti anni di servilismo nei confronti della Germania che su questa politica suicida ha costruito la propria rinascita?

Se qualcosa è stato fatto è nulla rispetto al danno che il Mezzogiorno d’Italia ha dovuto subire. Soprattutto la crisi ha messo in evidenza questo importante rapporto che esiste tra la crisi economica che la pandemia ha scatenato e il sottosviluppo delle aree depresse del mezzogiorno sottolineando come nessun progetto politico di rinascita e sviluppo e nessun investimento produttivo sia stato messo in campo per rilanciare il mezzogiorno.

In tempo di crisi sono proprio le aree più deboli a vacillare mentre quelle più forti riescono ad organizzare una difesa certamente più resistente. Non a caso il neo presidente della Confindustria  Carlo Bonomi è un lombardo   poco dialogante con la politica e molto attento agli interessi del padronato del Nord.

Per il sud non esistono piani di sviluppo perché non c’è una classe politica che li elabori e li sostenga, laddove il nord, e il nord-est trovano sostegno politico e nella stampa perché in tempi di crisi come quella che stiamo vivendo e che continueremo a vivere   nel prossimo futuro è più importante è più facile difendere il tasso di occupazione nelle zone ad alta concentrazione industriale.

Così succede che oggi di fronte alla crisi economica che avanza nulla si dice circa la possibilità di progetti industriali nel sud per accrescere l’occupazione e creare opportunità di lavoro. Vi è un progetto per la ripresa delle attività industriali? Certo sono state messe in campo misure per la salvaguardia dei livelli occupazionali che riguardano anche il SUD, ma fino a dicembre 2020 e poi? Che cosa ha fatto il governo per rilanciare le aree in crisi del mezzogiorno? Quali misure sono state messe in campo per attrarre nuovi investimenti e per la riqualificazione e il recupero ambientale? L’ex Ilva di Taranto è stata lasciata nelle mani della Mittal, imprenditori senza scrupoli che la porteranno alla chiusura dopo averla spogliata di ogni bene materiale ed immateriale. Stessa sorte è capitata alla Wirphool. Potremmo parlare per giorni del destino di Termini Imerese, di Gela, delle miniere sarde. Avviene quindi di ascoltare da parte di politici improvvisati che trovano media consenzienti    che tornano a riaffermare ancora una volta che il Mezzogiorno d’Italia deve rafforzare i suoi tesori naturali e cioè l’agricoltura ed il turismo in attesa di tempi migliori per gli investimenti industriali.

Il problema del sud non si risolve con l’agricoltura ed il turismo, che senza dubbio sono un parte importante della sua bilancia commerciale, ma il problema del mezzogiorno  si risolve salvando le attività industriali esistenti e promuovendone altre nel rispetto del territorio. Certo una promozione dell’agricoltura deve prevedere una industria di supporto come era la “Cirio” degli anni della Cassa del Mezzogiorno e dell’IRI.

Una riscoperta del sud come il giardino d’Europa dove i ricchi industriali tedeschi vengono a trascorrere  le vacanze e a mangiare i cibi genuini della cucina mediterranea  significa dare una risposta limitata al discorso dello sviluppo che deriva certamente da esperienze e da errori finora commessi per lo sviluppo delle aree industriali del sud. Oggi quegli errori e quelle imposizioni subite da un‘Europa poco attenta e forse contraria ad uno sviluppo economico vengono a galla ma vengono anche facilmente risucchiati e compressi nell’attuale situazione. La verità è che la politica meridionalistica va ripensata nella sua globalità e dovrà toccare da vicino l’industria manifatturiera, l’agricoltura ed il turismo.

La verità è che, mancando un piano organico di sviluppo dell’economia del meridione, tutte le economie sono state punite: sia quella agricola che quella dell’industrializzazione, che deve continuare ad essere il punto principale intorno a cui fa ruotare l’economia meridionale. L’errore è stato è di aver bloccato l’industrializzazione trasferendola altrove. Se invece fosse stata legata con la realtà sociale ed economica  avremmo avuto certamente un aumento dell’occupazione e della ricchezza generale. Ricordo quando Prodi regalò l’Alfasud alla Fiat, tutto l’indotto della Campania fu azzerato. I responsabili acquisti della Fiat ripetevano il mantra che un fornitore Fiat rispettabile “doveva parlare torinese”. Morirono più di cinquecento aziende medio piccole in poco più di due anni.

E’ necessario un piano organico di sviluppo del Mezzogiorno investendo capitali ed energie senza rincorrere il sogno di una vita bucolica, di fare l’aria pulita, o dare il pane ai poveri con il reddito di cittadinanza.  E’ necessario risollevare le condizioni economiche del mezzogiorno e fermare quell’emorragia di giovani che partono in cerca di fortuna, inquadrando l’agricoltura  in un piano di sviluppo generale. Soltanto saldando le varie realtà economiche turismo, agricoltura, ambiente industrializzazione si potrà evitare che il sud diventi il solito alibi per sfuggire ai problemi che la crisi sanitaria, economica, sociale ed ambientale ci pone davanti e che normalmente si risolve rinviando al di la da venire la soluzione del problema. 

Ma siamo sicuri che “legge di Maastricht” preveda questo?

Siamo sicuri che questo sia possibile nell’orto chiuso dell’Ue, sotto la legge liberista dell’euro?


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giugno 19, 2013

Fiat. Ritorna la protesta a Termini Imerese.


Torna la protesta in Sicilia con gli operai della Fiat dell’indotto di Termini Imerese che sono tornati a manifestare a Palermo per chiedere risposte.

Torna la protesta in Sicilia con gli operai della Fiat e dell’indotto di Termini Imerese che sono tornati in piazza a manifestare a Palermo per chiedere ai governi nazionale e regionale delle risposte riVisualizza altro

dicembre 24, 2012

Non per tutti è Natale.

La bandiera del sindacato davanti all'ingresso murato dai lavoratori ex Rockwool, chiusi denti
Feste nel segno della crisi e di un’Italia che lotta contro le difficolta’. L’Ansa ha raccolto le storie di Medolla e Cavezzo (VIDEO), l’Alcoa (VIDEO), Euroillumina (VIDEO), Termini Imerese (VIDEO) e Bienne Sud (VIDEO)

ILVA: CIG OPERAI,FESTE SENZA LUMINARIE – In fabbrica non ci sono luminarie, ma neanche in alcune case. Sarà un Natale povero per 2.500 operai dell’Ilva. A loro l’azienda ha fatto recapitare le lettere che annunciano la cassa integrazione: ordinaria, in deroga e per ‘eventi atmosferici eccezionali’. Al sequestro giudiziario degli impianti si è aggiunta la crisi di mercato. Poi una tromba d’aria ha devastato parte dello stabilimento e ucciso un giovane operaio, Francesco Zaccaria, rimasto intrappolato nella cabina di una gru inghiottita dal mare. Nonostante la legge ‘salva Ilva’, approvata due giorni fa, abbia ridato il via alla produzione a pieno ritmo, i lavoratori, anello debole della catena produttiva, hanno paura per il futuro. Ognuno ha una storia da raccontare. Massimiliano Portulano è entrato in Ilva a 24 anni. Ora ne ha 39 e lavora nel Reparto Ril (Officina riparazione locomobili), proprio nell’area portuale devastata dal tornado del 28 novembre scorso. “Questo – sottolinea Massimiliano, in cassa integrazione per calamità – è un periodo davvero tragico e lo stiamo vivendo malissimo. Prenderemo l’80% dello stipendio perché il sindacato non è riuscito a farci avere l’integrazione salariale. La mia famiglia è monoreddito. Sono sposato e ho una figlia di 9 anni, a cui devo dare spiegazioni e non trovo le parole”. Il lavoratore si commuove. Vorrebbe urlare la sua rabbia, ma quando parla della bambina i suoi occhi si inumidiscono. “Lei è preoccupata per me. Per noi. Tra mutuo e bollette varie spendiamo 800 euro al mese”.

FABBRICHE CHIUSE NEL SULCIS MA SI LOTTA – La tristezza si vede negli oggi degli operai davanti alle fabbriche ormai ferme. Questa volta di fronte agli stabilimenti non c’é spazio per messaggi d’auguri, i pensieri dei pochi lavoratori che ancora varcano i cancelli sono tutti rivolti al futuro “che non c’é”. Salvatore Corriga è uno dei delegati della Rsu dell’ex Rockwool, la fabbrica di lana di roccia di Iglesias chiusa da anni. Rappresenta gli operai che il 12 novembre hanno occupato la galleria Villamarina a Monteponi, una protesta estrema culminata con la decisione di murarsi all’interno ostruendo gli accessi con blocchetti di cemento. “Siamo in una situazione disperata – dice Corriga – noi chiediamo solo una cosa, il rispetto di un accordo firmato un anno fa che prevede la nostra stabilizzazione”. Dalla ex Rockwool all’Alcoa. Renato Tocco da 25 anni lavora nello stabilimento di Portovesme. In fabbrica ci è entrato venticinquenne. “Io sono colatore in fonderia – racconta – per me è una tristezza vedere la fabbrica spenta. Il silenzio degli impianti è quasi una tortura. L’altro giorno ho fatto un giro nei reparti, mi è venuto un colpo al cuore, tutto spento, un silenzio tombale, e io ero abitato a vedere billette, anodi e impianti in funzione”. Il suo pensiero va anche a quelli più sfortunati di lui, senza l’ombrello della cassa integrazione. “E’ necessario che venga fatto l’accordo quadro per chi lavorava nelle imprese d’appalto, ma soprattutto che ci sia una prospettiva”. Bruno Usai, 49 anni, in fabbrica ci è entrato 24 anni fa. Delegato sindacale della Rsu Cgil, ha vissuto tutte le vertenze. “Primo sciopero dopo un mese – racconta – poi tutto il resto”. Oggi la fase più nera, con la fabbrica ferma. “E’ il momento più triste e drammatico – dice – Speriamo solo che si trovi al più presto la soluzione. Non è pensabile che per andare avanti ci si debba far aiutare dai genitori o dai nonni”.

Maggio 17, 2012

Chi lavora non è in grado di vivere – puntata 24 – Servizio Pubblico

dicembre 1, 2011

Una bella notizia: accordo tra Fiat e i sindacati Nello stabilimento arriverà Dr Motors

E’ stato firmato l’accordo tra Fiat e sindacati sullo stabilimento di Termini Imerese. Tutte le organizzazione dei lavoratori hanno sottoscritto, quindi, l’intesa raggiunta sabato scorso sugli incentivi alla mobilità per 640 dipendenti. A dare l’annuncio della formalizzazione dell’accordo è stato l’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, confermando per i lavoratori di Termini “l’impegno del governo a usare il sistema pensionistico in vigore nel momento in cui l’accordo viene siglato”. In particolare, l’accordo prevede che, al termine dei due anni di cassa integrazione per cessazione di attività, tutti i dipendenti per i quali non è possibile l’aggancio dei requisiti pensionistici attraverso la mobilità saranno assunti da Dr. Motors. In serata è stato sottoscritto anche l’accordo tra sindacati e Dr Motor, per il passaggio dello stabilimento di Termini Imerese dalla Fiat all’azienda guidata da Massimo Di Risio. Si chiude così, dopo due anni, il capitolo sulla riconversione industriale dello stabilimento siciliano aperto nel 2009 quando Fiat annunciò la decisione di chiudere l’impianto. Il piano industriale di De Risio prevede la produzione di 60 mila vetture annue a regime nel 2017, investimenti per 110 mln di euro e un’occupazione di circa 1.312 lavoratori.

La classe operaia esiste ancora e quando lotta vince.

novembre 27, 2011

Tempi moderni.

Termini Imerese.
O.t. oggi su Liberazione la vignetta sull’ Egitto.

Sempre oggi su Il Misfatto de Il Fatto Quotidiano altre quatto vignette tra cui:
Update; Mondo non trasferibile; V vendetta DC.

novembre 26, 2011

Fantozzi contro Ichino sulla questione Fiat.

Roberta Fantozzi, segreteria nazionale Prc – FdS e responsabile area Lavoro Welfare Prc, dichiara:
«E’ veramente impagabile il senatore Ichino, che in ogni sua dichiarazione si fa ormai portavoce di Sergio Marchionne. Secondo lui è democratico che le lavoratrici e i lavoratori non possano più eleggere i loro rappresentanti sindacali, ma che questi vengano nominati. Ed è democratico che il sindacato più importante venga escluso dalla rappresentanza dei lavoratori perché non sottoscrive un accordo o meglio un diktat della Fiat, che attacca il diritto di sciopero, e prevede condizioni di lavoro insostenibili. Per Ichino non è questo il problema, ma che esista ancora chi si batte per i diritti e le libertà dei lavoratori. Anzi il problema è che esistano ancora diritti, giacchè non perde occasione per esternare contro l’articolo 18.

novembre 26, 2011

Fiat formato Marchionne.

novembre 25, 2011

FIAT, dopo 41 anni via dalla Sicilia. Il grido di un operaio: “Che Marchionne provi il nostro dolore!”

(foto di palermo.blogsicilia.it)

Dopo 41 anni di storia la FIAT si appresta ad abbandonare la Sicilia: così un pezzo della grande Casa torinese lascia un pezzo d’Italia. I partiti, la politica, i media sono su tutt’altre faccende affaccendati.

Oggi è stato l’ultimo giorno di piena produzione, da domani e fino al 31 dicembre i lavoratori saranno messi in cassa integrazione. All’Assemblea davanti ai cancelli della fabbrica il segretario generale della Fiom Cgil, Maurizio Landini ha rilanciato la lotta.

Se aspettate ceh i vostri problemi ve li risolva Bersani o Vendola vi illudete.

Debbono tornare le partecipazioni statali.

novembre 25, 2011

C’è poco da ridere.