Errori, denunce, ricorsi, cambi delle regole del gioco: le elezioni regionali italiane, che si terranno in 13 regioni su 20 il 28 e il 29 marzo, tendono all’imbroglio, persino alla farsa. Lunedì 8 marzo il tribunale amministrativo di Roma ha rifiutato di convalidare una lista di sostegno alla candidata del partito di Silvio Berlusconi, il Popolo Della Libertà, nel Lazio, Renata Polverini. La corte d’appello aveva già annullato questa lista depositata oltre il termine.
Questa decisione è una cattiva notizia per il presidente del Consiglio che, per riparare al dilettantismo dei quadri del PdL, aveva fatto adottare nel Consiglio dei ministri del 5 marzo, un decreto interpretativo, firmato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, autorizzando una lettura più elastica della legge elettorale.
Tutto inizia sabato 27 febbraio a Roma. Quel giorno, il mandatario del PdL entra negli uffici della commissione elettorale di Roma, la sua lista sottobraccio, qualche minuto dopo mezzogiorno, ora limite per il loro deposito. Soltanto, ecco che il mandatario si allontana nuovamente poco dopo per ritornare dopo le 12. “Un onere più importante” argomenta, spiegando il suo ritardo col fatto di essersi fermato per strada “per mangiare un panino”. I funzionari dell’ufficio elettorale non si sono curati di ciò. Panino o meno, l’orario è orario : il mandatario, malgrado le sue proteste, viene invitato ad andar via.
Quella che non era altro che una figuraccia prende l’aspetto di una grottesca cantonata quando, due giorni dopo, la lista di Roberto Formigoni (PdL), governatore uscente della Lombardia potenzialmente sicuro di ottenere un quarto mandato, è con sua beffa escluso dalla competizione elettorale. Motivazione: le firme valide di Formigoni sono in numero insufficiente.
Nel corso della settimana, il dibattito si è concentrato sul problema di sapere se sia necessario privilegiare la legge elettorale alla lettera o piuttosto il suo spirito: permettere a 12 milioni di elettori ( 9 in Lombardia, 3 nel Lazio) di poter esercitare una scelta politica vera. Tra frustrazione e agitazioni, Berlusconi studia tre scenari: la possibilità di ricorsi giuridici, il rinvio delle elezioni e un adattamento alle circostanze della legge elettorale. È finalmente quest’ultima soluzione che sarà scelta, salvando anche Formigoni in Lombardia.
Questa manipolazione della legge elettorale è stata vivamente denunciata dall’opposizione. Domenica parecchi raggruppamenti di protesta hanno avuto luogo a Roma e in altre città della Penisola. Una manifestazione è prevista sabato nella capitale italiana per denunciare un presidente del consiglio che “cambia le regole del gioco a modo suo” e si comporta “come se il Paese gli appartenesse”.
La destra non esce al meglio da questi pasticci in serie. Fondato da un anno, il Popolo Della Libertà sembra un club di sostenitori, una corte devota a Berlusconi ma incapace di assicurare il compito basilare di un partito politico: presentare dei candidati alle elezioni. “Il PdL non mi piace” ha dichiarato Gianfranco Fini, nondimeno co-fondatore del partito. “Non sono nemmeno capaci di preparare le liste” ha borbottato Umberto Bossi, presidente della Lega Nord e alleato di Berlusconi.
Conseguenza: la quota di popolarità del governo è caduta di quattro punti secondo un sondaggio ISPO pubblicato domenica dal Corriere Della Sera. Gli italiani che approvano il governo non sono che il 39%, contro il 43% di inizio febbraio. “Le convulsioni osservate questi ultimi giorni a proposito delle liste hanno avuto un’influenza negativa sulla popolarità del governo” , spiega Renato Mannheimer, direttore dell’istituto.Un altro sondaggio, realizzato da DEMOS E PI, pubblicato lo stesso giorno da Repubblica, attesta anch’esso le conseguenze di questo imbroglio: il 45,3% delle persone interrogate stimano che i partiti politici di oggi sono “peggiori” di quelli della prima repubblica, mandati via per gli scandali politico-finanziari degli inizi degli anni ’90. Il politologo Ilvo Diamanti osserva: “Il modello inventato da Berlusconi crea oggi disillusione”.
Philippe Ridet su Le Monde, 10/3/2010