Uno studio della Sapienza su bambini obesi con accumulo di grasso nel fegato rivela danni sia funzionali che morfologici a livello cardiaco. Lo studio, pubblicato su ‘Hepatology’, rivista dell’Associazione Americana per lo studio delle malattie del fegato, e’ frutto della collaborazione dei Dipartimenti di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile, Scienze della Salute Pubblica e Radiologia di Sapienza Universita’ di Roma insieme all’Istituto di Farmacologia Traslazionale del Cnr. La causa piu’ frequente di malattia epatica nei bambini e’ la steatosi epatica non alcolica (Nafld), comunemente conosciuta come fegato grasso. I dati sulla popolazione pediatrica mondiale mostrano come questa patologia colpisca fino al 17% dei bambini sani e al 50 % di quelli obesi.La Nafld e’ quindi una patologia emergente, che comprende un ampio spettro di condizioni epatiche; dalla semplice steatosi, alla steatoepatite con necro-infiammazione e fibrosi piu’ o meno avanzata (condizione nota anche come steatoepatite non-alcolica (Nash), fino alla cirrosi. I ricercatori della Sapienza, coordinati da Lucia Pacifico, hanno dimostrato che in eta’ pediatrica la steatosi epatica non alcolica si associa a una precoce alterazione della funzionalita’ cardiaca indipendentemente dai tradizionali fattori di rischio cardiovascolare. I risultati hanno evidenziato che nei piccoli pazienti con Nafld il danno cardiaco, inizialmente asintomatico, e’ caratterizzato da un’alterazione della funzionalita’ diastolica e sistolica del ventricolo sinistro. La gravita’ di tali anomalie diventa maggiore quanto piu’ severo e’ il danno epatico. La ricerca e’ stata condotta su un campione di 126 bambini di cui 108 obesi (54 con evidenza di Nafld e 54 senza) e 18 bambini normopeso. I piccoli sono stati sottoposti a sofisticati esami ecocardiografici come il tissue doppler imaging, e la risonanza magnetica nucleare dell’addome per misurare la frazione di grasso epatico e valutare la distribuzione del grasso addominale. Tra i bambini con Nafld, 41 sono stati sottoposti ad agobiopsia epatica, permettendo cosi’ la diagnosi istologica e la valutazione della severita’ del danno epatico. Paragonati ai bambini obesi senza coinvolgimento epatico, quelli obesi con Nafld mostravano segni ecocardiografici di disfunzione cardiaca, sia diastolica che sistolica. Inoltre, tra i 41 pazienti sottoposti alla biopsia, i 26 bambini con diagnosi di steatoepatite non alcolica mostravano alterazioni funzionali cardiache ancor piu’ gravi dei 15 bambini con semplice steatosi epatica. E’ emerso infine il dato che le anomalie cardiache risultano essere indipendenti dai tradizionali fattori di rischio cardiovascolare come il sovrappeso e l’obesita’, l’ipertensione e l’insulino-resistenza. Le conclusioni dello studio aggiungono un importante tassello alla valutazione diagnostica del piccolo paziente con Nafld, confermando e dimostrando come questa tipologia di pazienti debba essere esaminata e trattata con un approccio multi-disciplinare e lungimirante, in modo da prevenire sia l’evoluzione del danno epatico sia del danno cardio-vascolare. “L’importanza di un intervento di prevenzione su un target di giovanissima eta’ – spiega Lucia Pacifico – ha notevoli risvolti in termine di salute pubblica, fondamentalmente per due ragioni.
Steatosi epatica: in età pediatrica mina la salute del cuore.
Steatosi Epatica: un aiuto dalla vitamina E contenuta in noci e spinaci.
Mangiare cibi con alti livelli di vitamina E potrebbe alleviare i sintomi della steatosi epatica. La malattia del fegato anche nota come “fegato grasso” è causata da un’alimentazione scorretta, con troppi grassi e dall’obesità. Integrare nella dieta verdure a foglia verde, come spinaci e bietola, ma anche olio di semi – di girasole, mais, germe di grano e lino – noci, nocciole e mandorle, tutti alimenti ricchi di vitamina E, è efficace per contrastare la condizione, secondo Danny Manor, della Case Western Reserve University School of Medicine in Ohio, Stati Uniti, che ha condotto uno studio sui topi malati di steatosi epatica di origine non alcolica.
I ricercatori hanno studiato un gruppo di roditori sottoposti a una rigida privazione di vitamina E. Quando i topi venivamo alimentati con un integratore di alfa-tocoferolo – una delle forme in cui si presenta la vitamina E, indispensabile per riproduzione – si mostrava una riduzione dei sintomi.
Il “fegato grasso” deriva da un disordinato metabolismo degli acidi grassi che provocano una grave infiammazione dell’organo, spesso senza sintomi, ma causa della formazione di ulcerazioni e tessuto cicatriziale, tipici della cirrosi, che conducono ad insufficienza epatica e possono progredire causando il cancro al fegato.
Obesità nei giovani: nei ragazzi aumenta il rischio di steatosi epatica
I ragazzi obesi con particolari varianti genetiche possono essere piu’ inclini alla steatosi epatica, una delle principali cause di malattia epatica cronica nei bambini e negli adolescenti dei paesi industrializzati.
E’ quanto emerge da uno studio condotto da un team della Yale School of Medicine pubblicato su Hepatology. Guidati da Nicola Santoro, docente presso il Dipartimento di Pediatria della Yale, i ricercatori hanno misurato, grazie alla risonanza magnetica, il grasso epatico presente nei bambini. Lo studio si e’ basato su tre diversi gruppi etnici, includendo 181 caucasici, 139 afro-americani e 135 bambini ispanici, con una eta’ media di 13 anni. ”Nei bambini affetti da questa patologia abbiamo osservato una variante genetica comune, associata a un aumento dei trigliceridi e a una bassissima densita’ dei livelli di lipoproteine?”, ha detto Santoro.
Pediatria: allarme obesità, un bambino su tre è sovrappeso.
In Italia un bambino su tre e’ obeso, condizione che “rappresenta una seria minaccia e se associata ad altre complicanze come il fegato grasso, l’ipertensione, l’iperglicemia o l’abuso di alcol sin da giovanissimi, puo’ significare vedere le proprie aspettative di vita ridotte di 15 anni”.
A lanciare l’allarme sono i medici dell’ospedale pediatrico Bambin Gesu’ di Roma, che sottolineano come in Italia ci siano alcune regioni come la Campania in cui la percentuale di bimbi obesi sfiora il 49%. Secondo gli esperti, la condizione di obesita’ legata ai problemi del fegato “accresce il rischio di sviluppare diabete e cardiopatie ischemiche in eta’ molto piu’ precoce di quanto si possa pensare”: se e’ vero, infatti, che piu’ e’ lungo il tempo in cui si e’ obesi maggiori sono i danni per l’organismo, allora essere obesi sin da bambini e rimanerlo fino all’eta’ adulta si traduce in una drastica riduzione delle attese di vita. “Un bambino obeso ha un’elevata probabilita’ di avere un fegato grasso e altri problemi cronici e progressivi (infiammazione, steatosi, fibrosi) che compromettono la struttura dell’organo stesso fino alla perdita totale della sua funzione”, ha spiegato Valerio Nobili, Responsabile Epatopatie metaboliche e autoimmuni dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesu’ che portera’ l’esperienza dell’Ospedale in campo pediatrico di fronte ai 18.000 addetti ai lavori della 19esima edizione della Settimana Internazionale di Gastroenterologia di Stoccolma (22-26 ottobre 2011), congresso mondiale nel quale saranno affrontate tutte le patologie che coinvolgono intestino e fegato e quindi anche i problemi che continuano a destare un crescente allarme sociale come l’obesita’.
Studi italiani sul ‘fegato grasso’ – Silibina per fermare la steatosi.
Completato l’arruolamento dei pazienti, a breve i risultati che confermino l’efficacia del Realsil nel contrastare la progressione di steatosi in steatoepatite e fibrosi.Copenhagen, 23 aprile 2009 – Le principali malattie del fegato per quattro giorni sotto osservazione dagli epatologi europei. Gli esperti riuniti al Congresso EASL (European Association for the Study of the Liver) si confrontano sulle più diffuse patologie che minacciano la salute di questo organo e le armi per rallentarne i danni. Tra i temi la steatosi epatica, o fegato grasso, che interessa oltre 20 milioni di italiani. Ne soffre il 20% dei bambini in soprappeso, il 25% della popolazione adulta normale, il 40-100% dei pazienti con diabete di tipo II, il 20-80% dei dislipidemici e il 30-70% dei pazienti affetti da epatite da HCV (virus dell’epatite C). Per arginare questa vera e propria emergenza è stata testata per la prima volta su 181 pazienti la silibina, veicolata in una nuova forma (fitosoma) al fine di favorirne la biodisponibilità. “L’arruolamento dei pazienti nello studio multicentrico, randomizzato in doppio cieco, di fase III è ormai concluso – spiega il direttore medico Carlo di Manzano -. Ora dobbiamo aspettare solo i risultati dell’analisi statistica, ma siamo molto fiduciosi. Lo studio ha valutato l’efficacia di Realsil (Ibi Lorenzini), costituito dall’associazione di silibina estratta dal cardo mariano, fosfolipidi e vitamina E, nel migliorare il danno epatico in pazienti con fegato grasso non alcolico in presenza o meno di infezione da HCV.” E continua: “la steatosi può essere solo il primo passo verso una steatoepatite, infiammazione che rende più sensibili le cellule epatiche, gli epatociti, alla morte cellulare programmata (apoptosi) e alla necrosi. Di conseguenza anche alla cirrosi (che colpisce il 3% della popolazione) che assieme al carcinoma epatico ogni anno miete circa 50.000 vittime”.