(anche sul sito dell’Espresso)
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The Berlusconi Show non è un nome di fantasia, ma il titolo di un documentario della BBC sul nostro eroe e più in generale sulla nostra deriva videocratica, anomalia fra le più interessanti nel panorama politologico europeo, che ispira l’occhio critico dei britannici. Il programma, off limits per l’Italia dove neppur se ne parla sui giornali racconta l’incredibile vicenda del tycoon nostrano, eletto per tre volte e per tre volte presidente del Consiglio, conservando la padronanza assoluta del mezzo televisivo, impiegato strumentalmente e in maniera scientifica per la formazione del consenso.
”Nei prossimi anni cambieremo le istituzioni, dimezzeremo il numero dei parlamentari che sono completamente inutili. Per dire quanto inutili sono sappiate che i deputati sono 630, i senatori 315 e al Senato si fa lo stesso lavoro che si fa alla Camera”. Lo ha detto il premier, Silvio Berlusconi, parlando alla Fiera del Levante a Bari per il candidato governatore Rocco Palese.(Ansa)Quest’uomo mette i brividi e mi piace ricordare cosa ha detto di lu Josè Sarmago su “El Pias” ripreso dal Manifesto.
«Ci sono due Italie. Voi parlate una lingua che ha unificato il paese, ma l’italiano che parla Silvio Berlusconi non è l’italiano che parla Rita Levi Montalcini. Voi dovete scegliere tra le parole di Rita Levi Montalcini e i pensieri che Silvio Berlusconi non ha. Ci sono periodi più o meno felici, pagine di storia più o meno nere, ma le vittorie e le sconfitte non sono mai totali. Il fascismo? Non dico che sia dietro l’angolo, ma è ovunque. Non tornerà con le camicie nere e saluto romano, ma veste Armani e usa l’acqua di colonia e ha molti soldi, molti soldi per continuare il suo processo di corruzione». «Berlusconi è un politico e una persona indecente. Si tratta di un esibizionista sessuale. Ma perché gli italiani l’hanno scelto per tre volte? Forse questi italiani sono d’accordo con lui». «Da troppi anni in Italia c’è questo problema. Io vi chiedo perché avete questa grande cultura e avete anche Silvio Berlusconi? Silvio Berlusconi rappresenta le tenebre». «Berlusconi è indecente perché non chiede scusa e perché continua il suo processo di corruzione. Noi in Portogallo abbiamo abbattuto la dittatura con un colpo di stato». «Non dico che dovete fare lo stesso in Italia, ma perché non usate il voto per cambiare? Trovatene uno decente».
Questa decisione è una cattiva notizia per il presidente del Consiglio che, per riparare al dilettantismo dei quadri del PdL, aveva fatto adottare nel Consiglio dei ministri del 5 marzo, un decreto interpretativo, firmato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, autorizzando una lettura più elastica della legge elettorale.
Tutto inizia sabato 27 febbraio a Roma. Quel giorno, il mandatario del PdL entra negli uffici della commissione elettorale di Roma, la sua lista sottobraccio, qualche minuto dopo mezzogiorno, ora limite per il loro deposito. Soltanto, ecco che il mandatario si allontana nuovamente poco dopo per ritornare dopo le 12. “Un onere più importante” argomenta, spiegando il suo ritardo col fatto di essersi fermato per strada “per mangiare un panino”. I funzionari dell’ufficio elettorale non si sono curati di ciò. Panino o meno, l’orario è orario : il mandatario, malgrado le sue proteste, viene invitato ad andar via.
Quella che non era altro che una figuraccia prende l’aspetto di una grottesca cantonata quando, due giorni dopo, la lista di Roberto Formigoni (PdL), governatore uscente della Lombardia potenzialmente sicuro di ottenere un quarto mandato, è con sua beffa escluso dalla competizione elettorale. Motivazione: le firme valide di Formigoni sono in numero insufficiente.
Nel corso della settimana, il dibattito si è concentrato sul problema di sapere se sia necessario privilegiare la legge elettorale alla lettera o piuttosto il suo spirito: permettere a 12 milioni di elettori ( 9 in Lombardia, 3 nel Lazio) di poter esercitare una scelta politica vera. Tra frustrazione e agitazioni, Berlusconi studia tre scenari: la possibilità di ricorsi giuridici, il rinvio delle elezioni e un adattamento alle circostanze della legge elettorale. È finalmente quest’ultima soluzione che sarà scelta, salvando anche Formigoni in Lombardia.
Questa manipolazione della legge elettorale è stata vivamente denunciata dall’opposizione. Domenica parecchi raggruppamenti di protesta hanno avuto luogo a Roma e in altre città della Penisola. Una manifestazione è prevista sabato nella capitale italiana per denunciare un presidente del consiglio che “cambia le regole del gioco a modo suo” e si comporta “come se il Paese gli appartenesse”.
La destra non esce al meglio da questi pasticci in serie. Fondato da un anno, il Popolo Della Libertà sembra un club di sostenitori, una corte devota a Berlusconi ma incapace di assicurare il compito basilare di un partito politico: presentare dei candidati alle elezioni. “Il PdL non mi piace” ha dichiarato Gianfranco Fini, nondimeno co-fondatore del partito. “Non sono nemmeno capaci di preparare le liste” ha borbottato Umberto Bossi, presidente della Lega Nord e alleato di Berlusconi.
Conseguenza: la quota di popolarità del governo è caduta di quattro punti secondo un sondaggio ISPO pubblicato domenica dal Corriere Della Sera. Gli italiani che approvano il governo non sono che il 39%, contro il 43% di inizio febbraio. “Le convulsioni osservate questi ultimi giorni a proposito delle liste hanno avuto un’influenza negativa sulla popolarità del governo” , spiega Renato Mannheimer, direttore dell’istituto.Un altro sondaggio, realizzato da DEMOS E PI, pubblicato lo stesso giorno da Repubblica, attesta anch’esso le conseguenze di questo imbroglio: il 45,3% delle persone interrogate stimano che i partiti politici di oggi sono “peggiori” di quelli della prima repubblica, mandati via per gli scandali politico-finanziari degli inizi degli anni ’90. Il politologo Ilvo Diamanti osserva: “Il modello inventato da Berlusconi crea oggi disillusione”.
Philippe Ridet su Le Monde, 10/3/2010
Articolo di Politica interna, pubblicato martedì 9 febbraio 2010 in Canada.
L’Italia, il cui caso è stato esaminato martedì a Ginevra dall’Onu, vive “un’erosione progressiva dei diritti dell’Uomo, in particolare rispetto agli immigrati ed alle minoranze”, ha affermato ad una radio locale il portavoce per l’Italia dell’organizzazione Amnesty International.
Secondo Ricardo Noury, intervistato dalla radio Cnr, l’esame annuale della situazione nella penisola da parte del Consiglio dell’Onu deve “essere l’occasione di un progresso sostanziale rispetto agli obblighi internazionali dell’Italia in materia di diritti dell’Uomo”.
“C’è un’erosione progressiva dei diritti dell’Uomo, in particolare rispetto agli immigrati, alle minoranze e alle possibili richieste d’asilo. Ci sono delle leggi ed alcune pratiche preoccupanti”, ha affermato.
“In particolare le disposizioni del “pacchetto sicurezza” (che è stato adottato l’anno scorso e che introduce il reato di immigrazione clandestina, N.d.R.), l’accordo tra Italia e Libia (per l’intercettazione ed il respingimento di tutte le imbarcazione che trasportano clandestini, N.d.R.), misure che riguardano cittadini stranieri, immigrati e potenziali aventi diritto ad asilo [politico, N.d.T.]”, ha spiegato Noury.
Il portavoce ha giudicato inquietanti “alcuni aspetti della legge anti-terrorismo, la legge Scajola (sulla regolarizzazione dei clandestini, N.d.R.)” e si è rammaricato dell’assenza di una clausola nel codice penale che preveda il crimine di tortura.
A Ginevra, il vice-ministro per gli Affari esteri Vincenzo Scotti ha confermato l’impegno dell’Italia nella lotta al razzismo e alla xenofobia. “La stigmatizzazione di alcuni gruppi etnici o sociali riamane un importante motivo di preoccupazione per il governo e per le autorità locali”, ha assicurato.
Le organizzazioni umanitarie e di difesa degli immigrati in Italia hanno duramente criticato la gestione da parte delle autorità degli scontri d’inizio gennaio a Rosarno, in Calabria.
Alcuni abitanti apparentemente guidati dalla mafia locale, la ‘Ndrangheta, avevano condotto una “caccia al nero” contro gli immigrati utilizzati illegalmente come stagionali dell’agricoltura. La calma era ritornata soltanto dopo l’evacuazione da parte della polizia della maggior parte di questi ultimi.
[Articolo originale “L’Italie épinglée sur les droits de l’Homme” di Agence France Presse]
Italia: più di 350.000 manifestanti a Roma per dire “no” a Silvio Berlusconi Articolo di Politica interna, pubblicato sabato 5 dicembre 2009 in Francia.
[Les Échos]
Sciarpe, bandiere e maglioni viola, centinaia di migliaia di manifestanti hanno sfilato sabato per il centro di Roma, su iniziativa di alcuni blogger, per dire “no” al capo del governo italiano Silvio Berlusconi, al quale hanno chiesto di dare le dimissioni per essere giudicato.
Gli organizzatori del “No Berlusconi Day”, dall’alto del palco, hanno affermato di aver vinto la loro scommessa riunendo nella capitale “più di 350.000 persone”. Uno di loro, Gianfranco Mascia, travolto dall’entusiasmo, ha riferito ad alcuni giornalisti che c’erano addirittura “più di un milione” di persone per le strade.
In piazza San Giovanni in Laterano, i blogger hanno sottolineato l’indipendenza del loro movimento nato su internet, il cui colore simbolo è il viola perchè era il “solo colore lasciato libero” dai partiti tradizionali. Altre manifestazioni simili si sono svolte a Berlino, Parigi, Londra e Sydney.
“Vogliamo le dimissioni di Berlusconi perché non ci sentiamo rappresentati da lui” ha spiegato all’AFP [Agence France Presse, N.d.T.] uno dei blogger, Emanuele de Pascale, 28 anni. “È una manifestazione politica secondo il senso greco del termine polis, poiché ci preoccupiamo per la cosa pubblica”, ha aggiunto.
La maggior parte dei manifestanti, tra cui molti giovani e donne, indossavano sciarpe, maglioni e anche parrucche di un colore tra il lilla e il viola. Molti avevano una maschera con il volto di Berlusconi con su scritto la parola “No”. Un gran numero di militanti di estrema sinistra, in particolare del Partito comunista italiano, riempivano le file del corteo a cui avevano apportato un aiuto logistico.
“Sa solo vendere pentole o spot pubblicitari, che si dimetta, questo presidente del consiglio non sa governare, la crisi ha messo in difficoltà un mucchio di artigiani e operai e non fa nulla per loro”, ha denunciato all’AFP Mario Cattaneo, un pensionato che sbandierava una pupazzo caricaturale di Berlusconi con la coda da diavolo.
La maggior parte delle bandiere sottolineavano i problemi giudiziari di Berlusconi, il quale ha due processi a carico, uno per corruzione di testimoni (caso Mills) e l’altro per frode fiscale (diritti televisivi Mediaset), che ripartiranno a gennaio.
“La politica va fatta con le mani pulite” diceva un lungo striscione viola. “Dai le dimissioni e accetta di essere giudicato”, diceva un altro.
Alcuni manifestanti gridavano “mafioso” quando incrociavano il suo volto, alludendo alle accuse per legami con Cosa Nostra a lui mosse venerdì a Torino dal mafioso pentito Gaspare Spatuzza.
L’ex ministro Rosy Bindy ha sottolineato di aver partecipato come “cittadina comune” e non come responsabile del Partito Democratico (PD), salutando i numerosi simpatizzanti del PD presenti. “È importante che una buona fetta del paese reagisca e si indigni contro un presidente del consiglio che non vuole essere sottoposto a giudizio e che non risolve i problemi”, ha detto all’AFP.
L’ex pubblico ministero anticorruzione, e capo del partito L’ Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ha denunciato “la grande truffa mediatica, elettorale, politica e giudiziaria di questo governo Berlusconi”. Sfilano movimenti di orizzonti politici molto diversi, tra le cui fila si distinguono personalità come il regista Nanni Moretti, per denunciare l’ egemonia di Berlusconi sulla televisione italiana, o ecologisti che si oppongono al ponte sullo stretto di Messina.
Tra la folla, si vedono anche difensori degli immigrati o membri del movimento “popolo delle agende rosse” i quali chiedono la verità sul giudice Paolo Borsellino morto nel 1992 in un attentato dinamitardo a Palermo, le cui agende segrete non sono mai state ritrovate. L’attentato fu attribuito alla Mafia ma la stampa italiana ha recentemente diffuso la notizia di possibili complicità politiche ad alto livello.
Articolo di Giustizia, pubblicato mercoledì 2 dicembre 2009 in Francia.
[Libération]
Ville con piscina, immobili di lusso, automobili sportive o proprietà agricole. Che siano appartenuti alla Cosa Nostra siciliana, alla ‘Ndrangheta calabrese o ai camorristi napoletani, i beni della criminalità organizzata confiscati dallo Stato sono una miniera d’oro. Ma per le autorità italiane, il loro utilizzo sta diventando un rompicapo e porta verso la polemica politica.
Dall’adozione, nel 1996, di una legge che permette di colpire al portafoglio i boss attraverso la confisca del loro patrimonio, il governo deve infatti gestire migliaia di beni di varia natura. Attualmente, “i tre quarti sono inutilizzati”, rivela il quotidiano La Repubblica. Quanto alle imprese confiscate ed affidate ad associazioni, un terzo sarebbero fallite.
Recentemente, il magistrato incaricato dell’inchiesta, Antonio Maruccia, ha reso note le difficoltà incontrate per riconvertire i beni dei mafiosi. Più che le minacce verso i potenziali acquirenti, tra cui enti locali, associazioni o cooperative, gli ostacoli sono spesso di ordine giuridico e amministrativo. In un rapporto, il magistrato cita il caso di un immobile confiscato alla Sacra Corona Unita. Ci sono voluti quindici anni per sfrattare il proprietario.
A volte, la Piovra riesce ad infiltrarsi nel processo di riconversione, obbligando a ripetere l’operazione. A Castelvolturno, vicino a Napoli, alcuni terreni sequestrati al clan dei Casalesi sono stati affidati all’Associazione Cristiana Lavoratori Italiani (Acli). “Il presidente locale è stato in seguito arrestato. Aveva legami con la camorra”, cita come esempio Antonio Maruccia, sottolineando che la ristrutturazione dei beni rappresenta un costo molto elevato per la collettività. A Siracusa, per creare una cooperativa agricola che produce grano, arance ed olive su un terreno di Cosa Nostra, lo Stato ha dovuto sborsare 3 milioni di euro.
Il governo di Silvio Berlusconi ha di recente previsto di semplificare la questione mettendo all’asta il patrimonio di Totò Riina, Bernardo Provenzano e di altri boss. Drastica, la proposta ha provocato il terrore delle associazioni antimafia, che temono che i clan recuperino i loro beni tramite dei prestanome e pensano che “è un regalo ai boss”.
In fumo quasi la metà dei processi’ Articolo di Giustizia, pubblicato domenica 29 novembre 2009 in Olanda. sul giornale De Volkskrant
ROMA – Un piano del premier italiano Silvio Berlusconi che mette un limite di tempo ai processi può mandare in fumo più del 40 percento dei processi, ha messo in guardia martedì un’istanza giuridica italiana competente in materia.
Secondo il Consiglio Superiore della Magistratura, l’organismo che ha il controllo sul potere giudiziario, l’approvazione della legge farà saltare il 40 per cento delle cause penali in alcune parti del Paese. Per le cause civili la cifra sarebbe addirittura del 47 per cento.
Secondo la proposta di legge, un processo in Italia durerà da ora in avanti un massimo di sei anni. Questo limite di legge comprende i tre livelli: il processo di prima istanza e i due appelli.
In questo modo, secondo i magistrati italiani saranno principalmente i processi complicati a saltare, ad esempio quelli per corruzione, abuso d’ufficio, truffa contabile, frode fiscale e altri delitti economici. Berlusconi è coinvolto in una serie di processi del genere. Se la nuova legge verrà introdotta, avrà inoltre effetto retroattivo.
In precedenza Berlusconi ha provato a evitare i processi facendosi dare l’immunità durante il proprio incarico, ma la Corte Costituzionale italiana gli ha messo i bastoni tra le ruote.
Peraltro, in Italia vi è consenso sulla necessità di una riforma del sistema giudiziario, che è spesso macchinoso e lento. I processi possono durare così a lungo in appello che l’accusa originaria finisce per andare in prescrizione.