20 Maggio 1970 lo Statuto dei Lavoratori dei Socialisti Brodolini/Giugni è LEGGE ! e adesso ci tocca avere un segretario al servizio di un buffone e un presidente che è stao nel partio del pregiudicato Berlusconi. Ma presto le cose cambieranno.
…e i comunisti dov’erano?
Giappone, le luci e le ombre dell’Abenomics: più Keynes o più Friedman?
L’Abenomics, la dottrina economica del premier giapponese Shinzo Abe, fa discutere il mondo. Il primo trimestre del 2013 ha segnato una crescita (annualizzata) del +3,5% del Pil. Due dati positivi sono evidenti: il primo è il calo della disoccupazione (4,1%) e il secondo è la svalutazione dello Yen (-30% rispetto al dollaro) che aiuta a trainare le esportazioni. Eppure l’indice delle attività composito, un indicatore dello stato di salute dell’economia reale, continua a mostrare segni di debolezza significativi. Il rischio, paventano molti, è che l’espansione monetaria in atto stia sì ridando fiducia, ma che essa si stia riversando principalmente sui mercati finanziari (la Borsa di Tokyo macina rialzi record ogni giorno) e non sull’economia reale, con il rischio di creare nuove bolle. A tale proposito tuttavia occorre rilevare che i capitali, invece che fluire, stanno fuggendo dal Giappone, attratti dai rialzi dei titoli di stato dei paesi deboli dell’Europa. Mentre negli ultimi giorni si è assistito ad un improvviso rialzo degli interessi sui titoli di stato giapponesi, quelli dei PIIGS sono in calo. Se questo è un vantaggio per noi per i minori interessi, dall’altro è il sintomo di un incipiente massiccio indebitamento con l’estero che, un giorno non troppo lontano, potrebbe chiederci il conto, riproducendo la crisi dei debiti sovrani dalla quale apparentemente sembriamo in lenta guarigione.
Come lo spread è stato usato per imporre l’austerità.
Un paper di Paul De Grauwe mostra che l’austerità è stata imposta ai PIIGS sulla base della paura dello spread e dei “sentiment” dei mercati. Ma non sono le politiche dei governi che determinano lo spread: è la BCE.
Come il sesso tra Minnie e Topolino.
di Giovanni Zibordi
Nei report delle banche d’affari sull’Italia (come quello di JP Morgan) sostanzialmente si dice: se i sondaggi mostrano che governeranno Bersani e Monti, allora non ci sono problemi. Ma se indicano che si devono fare nuovi elezioni (o che potrebbe vincere Berlusconi), il BTP crolla ed è il caos. Lo si legge tutti i giorni sul Financial Times e lo ripete quasi ogni giorno Mario Monti, supportato da questo “commissario” UE Olli Rehn citato dai giornali. Questa gente parla molto chiaro. Solo i nostri frivoli talk show, i nostri giornali e i nostri inutili economisti confondono sempre le acque in modo che la gente non noti l’essenziale. Monti, i suoi sponsor alla UE e le banche non si stancano mai di ripetere: “o vi tenete l’austerità, tutta, in blocco, cioè senza neanche pensare di togliere i 4 miliardi dell’IMU dai 714 miliardi di entrate fiscali dello stato, o vi togliamo il supporto della BCE, così le banche estere vi massacrano i titoli di stato”.
Leggete le loro dichiarazioni e poi fermatevi un attimo a pensare. Berlusconi ha proposto la riduzione di 4 miliardi, quelli relativi all’IMU, su 714 di tasse che lo stato incassa. Quattro su settecentoquattordici. E questi, da Monti alla UE, passando per Oscar Giannino e Pierluigi Bersani, per questi 4 fottuti miliardi hanno gridato alla tragedia economico-finanziaria come se Peron o la repubblica di Weimar fossero alle porte.
Sale lo spread, ma non solo per l’Italia. I mercati “guardano le carte” di Mario Draghi.
Il differenziale tra Btp e Bund ieri ha toccato i 282 punti base, superando per la prima volta quota 280 dal 9 gennaio. In Spagna invece ha superato quota 370 punti, e secondo alcuni osservatori le Borse di Milano e Madrid sarebbero legate da un unico comune denominatore: le elezioni sempre più imminenti. In questa intervista a Ilsussidiario.net Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, commenta le tensioni sui mercati.
Investire in ricerca è più efficace sullo spread che i salassi dell’austerity.

di Daniela Palma, da Scienza in rete
Intervenire su una crisi economica quale è quella che sta attraversando l’Europa in generale, e l’Italia in particolare, richiede un’analisi delle sue cause ben più complessa di quella che normalmente viene diffusa dai grandi mezzi d’informazione. Il termine di riferimento di tale crisi è – come ben noto – rappresentato dai valori dello “spread”, o in altre parole del differenziale (positivo) tra tassi di interesse sui titoli dei paesi “a rischio” e tassi dei titoli tedeschi – come “premio” per gli investitori per l’incertezza che grava sulla solidità delle economie più deboli – la cui crescente entità aumenta l’onere dei cosiddetti “debiti sovrani”. Comprendere quali siano le ragioni che inducono gli investitori a valutare la debolezza di una economia, diventa allora essenziale per poter poi concepire azioni efficaci per la riduzione dello “spread”, che consentano quindi di liberare risorse per riavviare il processo di crescita.
Lo spread, il sogno di Monti e l’incubo degli italiani.
di Riccardo Realfonzo
L’instabilità politica italiana aumenta e subito i mercati reagiscono. E dire che il presidente Monti aveva appena ammesso che l’obiettivo reale di questo suo anno di governo, la ragione di tutti i sacrifici imposti agli italiani, era dimezzare lo spread. Il fatto è che quando Monti prese le redini del governo lo spread di cui parliamo – cioè la differenza tra il rendimento dei titoli del debito pubblico italiani e quelli tedeschi (che poi è il diverso costo che i due Stati sopportano per finanziarsi sul mercato) – era pari addirittura al 5,74%; e Monti si è era proposto di dimezzarlo (portandolo al 2,87%). Nei giorni scorsi il risultato era stato sostanzialmente raggiunto, dal momento che lo spread si era affacciato sotto il 3%. Colpito dalla cosa, Mario Monti aveva anche fatto un sogno: quella riduzione dello spread era merito del suo governo e delle sue politiche di austerità. Insomma, per dirla col ministro Grilli, lo spread si è ridotto “perché rispettiamo gli impegni”. Continua a leggere »
La vera emergenza è la disoccupazione.
di Domenico Moro*, da Economia e Politica
In Eurolandia la disoccupazione è strutturale…
La vera emergenza nell’area euro non è lo spread ma la disoccupazione. Lo ammette la Bce nel suo ultimo rapporto sul mercato del lavoro[1], che rivela come un’elevata disoccupazione sia ormai una caratteristica strutturale dell’economia europea.
Un anno di governo Monti: i numeri di un disastro prevedibile.
Un anno di governo Monti riassunti in una tabella dal Sole 24 Ore. Un’operazione verità che serviva davvero.
Gli unici dati positivi riguardano i rendimenti dei titoli di stato. Importantissimo, si dirà. Sicuramente vero, tuttavia come è noto il calo dello spread non dipende dall’azione di governo – tant’è che dopo l’insediamento di Monti lo spread tornò a correre oltre quota 500 e così accadde anche a luglio – ma dalle azioni della BCE che con gli LTRO e il nuovo programma di acquisto OMT ha contribuito a riportare una molto relativa calma sui mercati. Poi ci sarebbe l’inflazione, ma il calo è relativo solo agli ultimi mesi, collegato in gran parte al prezzo del petrolio.