06:34 pm | Dalle noci ‘aiutino’ agli aspiranti papà. Una manciata di gherigli al giorno, infatti, aumenta la qualità del liquido seminale. La ‘ricetta’ arriva da uno studio della Fielding School…
20 agosto 2012 / Leggi tutto
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Ricercatori dello Shanghai Institute for Biological Sciences hanno messo a punto un nuovo metodo per la produzione di animali geneticamente modificati destinati all’uso nella ricerca scientifica.
Ma la novità è che i topolini in questione sono nati grazie a cellule staminali embrionali, invece dello sperma paterno. Ecco quindi che la tecnica potrebbe in futuro essere impiegata anche nella fecondazione assistita umana, per le persone colpite da malattie genetiche.
Li Jinsong, Guo-Liang Xu e i loro colleghi hanno messo a punto un sistema per generare cellule staminali embrionali aploidi che possono essere utilizzate al posto dello sperma, dando vita a roditori ‘semi-clonati’, in grado di trasmettere le caratteristiche genetiche contenute nella cellula a metà della loro prole.
I ricercatori dell’Università tedesca di Muenster sono riusciti a produrre spermatozoi in provetta a partire da cellule germinali, aprendo così la strada a una nuova terapia contro l’infertilità maschile.
La sperimentazione sui topi – una precedente era stata realizzata in Israele – ha permesso lo sviluppo staminali estratte dai testicoli che immerse in una speciale soluzione hanno dato luogo a spermatozoi vitali e senza alcun danno dal punto di vista genetico.
Un nuovo marcatore in grado di scovare il cancro alla prostata in modo piu’ affidabile del piu’ conosciuto Psa (antigene prostatico specifico): ancora in via di sperimentazione, il nuovo test e’ stato messo a punto da un gruppo di ricercatori dell’Universita’ di Uppsala (Svezia) e si basa sulla rilevazione dei prostasomi nel sangue, particelle extracellulari che, in condizioni fisiologiche, vengono rilasciate dalla prostata nello sperma.
I ricercatori hanno dimostrato, in un articolo pubblicato su Pnas, che nei soggetti affetti da cancro alla prostata il livello dei prostasomi nel sangue e’ in grado di rilevare la gravita’ del tumore in modo piu’ evidente del Psa, noto test di screening per il cancro alla prostata recentemente criticato per l’alto numero di ”falsi positivi” che genera. Gli studiosi ipotizzano che in presenza di cancro invasivo alla prostata i prostasomi finiscano, anziche’ nello sperma, nel tessuto circostante il tumore, e quindi nel sangue: elevati livelli ematici di queste particelle indicherebbero quindi la presenza della neoplasia.
Individuata un mutazione genetica che potrebbe spiegare una percentuale dei casi di infertilità maschile: la scoperta arriva da uno studio pubblicato sull’American Journal of Human Genetics da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Pasteur (Francia) e dell’Institute of Child Healt dell’University College of London.
Il 4% dei casi di infertilità maschile dipendono, secondo i ricercatori, da alcune mutazioni del gene NR5A1: studi precedenti avevano già dimostrato che determinate variazioni di questo gene risultano associate a gravi difetti nello sviluppo di testicoli e ovaie, nonché ad anomalie dei genitali maschili.
Dopo aver esaminato il corredo genetico di 315 uomini con problemi di fertilità, il team guidato da Ken McElreavey ha concluso che “circa il 4% degli uomini con problemi di fertilità altrimenti inspiegabili risultano portatori di alcune mutazioni di questo gene. Molti geni già conosciuti sono essenziali per la produzione di sperma – continua McElreavey -. Noi abbiamo dimostrato, invece, che pochi cambiamenti all’interno di un solo gene causano un errore nella produzione degli spermatozoi”.
“I nostri dati suggeriscono inoltre che alcune forme di infertilità maschile possono essere indicatori di lievi anomalie nello sviluppo testicolare – concludono i ricercatori -, e sottolineano la necessità di un’attenta indagine clinica negli uomini che presentano infertilità e livelli anormali di ormoni sessuali”. (ASCA)
Maschi in via di estinzione? Il cromosoma Y, quello che possiedono solo i rappresentanti del “sesso forte”, si sta deteriorando da secoli. E potrebbe svanire in pochi milioni di anni. È quanto emerge da uno studio americano che, per la prima volta, ha messo in luce il processo evoluzionistico che controlla questo deterioramento. Una coppia di scienziate della Penn State University (Usa) ha infatti scoperto che questo cromosoma sessuale si è evoluto con una rapidità ben maggiore rispetto al cromosoma X (che possiedono sia i maschi che le femmine).
Un’evoluzione talmente veloce che ha portato a una drammatica perdita di geni sul cromosoma Y. Una specie di “emorragia” che, se proseguirà a questi ritmi, potrebbe portare alla completa scomparsa del cromosoma maschile. Lo studio, pubblicato su “Plos Genetics” dal team diretto da Kateryna Makova, analizza tre classi di mammiferi: marsupiali (con piccoli prematuri che completano lo sviluppo in una tasca materna come i canguri), monotremi (che depongono le uova come l’ornitorinco) e placentati (con piccoli che allo stato embrionale si alimentano mediante una placenta, come l’uomo). Gli esseri umani hanno 23 coppie di cromosomi, ma solo una è composta da cromosomi sessuali.
La scoperta di un gene che appare essenziale unicamente per la produzione dello sperma potrebbe consentire un decisivo passo verso una efficace contraccezione maschile
C’è un gene che è rimasto sostanzialmete inalterato per 600 milioni di anni, resistendo a tutte le pressioni evolutive: si tratta del gene Boule, responsabile della produzione dello sperma. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori della Northwestern University Feinberg School of Medicine, che descrivono la loro ricerca in un articolo pubblicato sulla rivistra on line ad accesso pubblico PloS Genetics.
Boule è anche l’unico gene che appare essenziale unicamente per la produzione dello sperma dagli insetti ai mammiferi.
“Questa è la prima chiara prova che la nostra capacità di produrre sperma ha avuto origine nel corso della evoluzione animale circa 600 milioni di anni fa, e suggerisce che questa capacità abbia una radice comune in tutto il mondo animale”, ha osservato Eugene Xu, che ha diretto lo studio.
Finora infatti non si sapeva se la produzione di sprema nelle diverse specie animali avesse la stessa origine. Come osservano i ricercatori, sia gli uccelli sia molti insetti volano, ma le rispettive ali hanno origini completamente indipendenti.
Nel corso dello studio i ricercatori hanno identificato la presenza del gene nello sperma di tutte le linee evolutive che hanno esaminato: essere umano, diversi mammiferi, pesci, insetti, vermi e invertebrati marini. Solamente nel caso dell’anemone, uno degli animali più “primitivi”, l’identificazione è stata fatta prendendo in esame il genoma dell’animale, data la difficoltà di raccogliere i campioni di sperma.