02:55 am | Svelata completamente la catena biochimica di eventi che aiuta a mantenere l’erezione. L’agente chimico del sistema nervoso che innesca l’erezione maschile, infatti, aiuta anche a farla durare. La…
5 ottobre 2012 / Leggi tutto
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02:55 am | Svelata completamente la catena biochimica di eventi che aiuta a mantenere l’erezione. L’agente chimico del sistema nervoso che innesca l’erezione maschile, infatti, aiuta anche a farla durare. La…
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Uno studio della Northwestern University (Usa) che sarà pubblicato su Pnas fornisce la prima prova biologica che il bilinguismo giova al sistema nervoso uditivo e porta a destreggiarsi fra i vari suoni in un modo che migliora l’attenzione e la memoria.
L’esperta in bilinguismo Viorica Marian e la neuroscienziata Nina Kraus hanno collaborato per studiare come il bilinguismo influenzi il cervello. In particolare, hanno osservato le regioni subcorticali uditive. Nello studio, i ricercatori hanno registrato le risposte del tronco cerebrale a suoni complessi in 23 adolescenti bilingue e 25 che parlavano solo inglese in due diverse condizioni.
In una situazione tranquilla, i gruppi hanno risposto in modo simile. Ma in presenza di rumore di fondo, la performance del cervello dei bilingue è risultata significativamente migliore nel codificare i suoni, cosa che è stata collegata con un vantaggio a livello di attenzione uditiva. “La gente fa le parole crociate e altre attività per mantenere la mente brillante – commenta Marian – ma i vantaggi che abbiamo scoperto in questo studio derivano semplicemente dal conoscere e usare due lingue”.(ADNKRONOS)
Un team di ricercatori della Boston University School of Medicine (BUSM), sfata il luogo comune secondo cui l’ipertensione e’ semplicemente dovuta all’eccesso di sale nelle arterie.
Pubblicato online sul Journal of Hypertension, lo studio dimostra che l’eccesso di sale stimola il sistema nervoso simpatico per la produzione di adrenalina, che a sua volta e’ causa di costrizione delle arterie e di ipertensione. La ricerca e’ stata condotta da Irene Gavras e Haralambos Gavras, entrambi professori di Medicina presso la BUSM. “Lo scopo di questo lavoro – ha dichiarato la Gavras – e’ quello di correggere un concetto erroneo prevalso per molti anni, nonostante evidenze scientifiche abbiano da tempo mostrato il contrario”.
Un circuito che imita le funzioni del sistema nervoso: è il progetto SyNapse, appena presentato da Ibm. I futuri sistemi cognitivi rivoluzioneranno la scienza grazie a una capacità di calcolo e memoria sovrumane.
È IL PRIMO PASSO concreto verso un futuro in cui i computer ragioneranno come il cervello umano, grazie a reti neurali di sinapsi, che apprenderanno dall’esperienza e dall’ambiente. La promessa è risolvere problemi trovando un ordine, adesso invisibile, nella complessità del reale. È il risultato del progetto SyNapse, della storica azienda informatica Ibm, con la collaborazione di quattro università americane e finanziato dallo stesso governo americano. Che ha appena presentato i primi due prototipi di chip che funzionano come un cervello. Imitano infatti il sistema nervoso: sono fatti di nodi che elaborano le informazioni, alla stregua di neuroni digitali, collegati a memorie integrate che simulano le sinapsi. È una grossa differenza rispetto al modo con cui funzionano ora i computer, i quali elaborano le informazioni in modo meccanico e sequenziale. Un bit dopo l’altro, in base a un programma predefinito. È un limite strutturale e storico dell’informatica: risale agli anni ’40, quando sono state poste le basi dei primi computer. Il chip neurale va oltre perché è in grado di elaborare le informazioni in parallelo e di adattarsi all’ambiente, un po’ come fa il cervello di uomini e animali. L’apprendimento equivale in fondo a creare e rafforzare collegamenti sinaptici tra le cellule del cervello (i neuroni). SyNapse simula questo meccanismo: i chip neurali sono fatti in modo da prestare maggiore o minore attenzione a certi segnali di input, in base alla loro importanza, che cambia in misura di nuovi eventi ed esperienze.
ricercatori del Sanford-Burnham Medical Research Institute in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele hanno scoperto che l’espressione di un gene chiamato Sox2 assicura la potenzialità delle staminali della cresta neurale a diventare neuroni del sistema nervoso periferico. I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista Cell Stem Cell, potrebbero contribuire a migliorare le terapie contro le neurocristopatie, malattie causate da difetti nella cresta neurale.
All’inizio dello sviluppo embrionale, la cresta neurale – un gruppo transitorio di cellule staminali non ancora differenziate – dà luogo a parti del sistema nervoso e a diversi altri tessuti. Poco si conosce su cosa determini quali cellule differenziano in neuroni e quali in altri tipi cellulari.
Il team, guidato dal Dr. Alexey Terskikh del Sanford-Burnham Medical Research Institute (Sanford-Burnham) in collaborazione con il Dr Stefano Pluchino dell’INSPE- San Raffaele di Milano, ha recentemente scoperto che l’espressione di un gene chiamato Sox2 mantiene il potenziale delle cellule staminali della cresta neurale di differenziare in neuroni nel sistema nervoso periferico, dove si interfacciano con muscoli e altri organi. Gli importanti risultati di questo studio, pubblicati online il 5 Maggio dalla rivista Cell Stem Cell, potrebbero contribuire a migliorare le terapie contro le neurocristopatie, malattie causate da difetti nella cresta neurale o neuroni, che includono microftalmia e la sindrome di CHARGE.
Un team internazionale di ricercatori ha scoperto l’esistenza di una correlazione tra una variazione in un gene attivo del sistema nervoso centrale e un aumentato rischio di obesità. Lo studio, pubblicato nella rivista Public Library of Science (PLoS) Genetic, avvalora i risultati ottenuti in passato dai quali emergeva che i nostri geni determinano in modo significativo le nostre scelte rispetto agli alimenti e alla quantità di cibo che assumiamo e alla nostra predisposizione all’obesità. La ricerca fa parte del progetto EUROSPAN (“European special populations research network: quantifying and harnessing genetic variation for gene discovery”) che ha ricevuto dall’Unione europea un finanziamento pari a 2,4 milioni di euro nell’ambito del Sesto programma quadro (6° PQ). In questo ultimo studio, 34 istituti di ricerca statunitensi e europei hanno scoperto che le persone che hanno ereditato la variante genica denominata neurexin 3 (NRXN3) hanno dal 10 al 15% di possibilità in più di soffrire di obesità rispetto ai soggetti che non presentano tale variante. “L’obesità, sotto il profilo della salute, è un problema di dimensioni planetarie. Nel corso degli ultimi due anni, gli studi di associazione relativi all’intero genoma svolti sui marker del DNA (acido deossiribonucleico), denominati SNP (polimorfismi a singolo nucleotide) hanno individuato due fattori genetici che potrebbero essere d’ausilio agli scienziati per meglio comprendere perché alcune