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aprile 9, 2010

Il dramma dei rifugiati in Italia

ROMA – Ogni pomeriggio, dal lunedì al venerdì, formano una coda di uomini e aspettano di entrare nella mensa. Si rivolgono agli sportelli dedicati all’orientamento al lavoro, chiedono assistenza legale o partecipano ai corsi di lingua per imparare l’italiano. Gli uomini provengono soprattutto da Afghanistan, Eritrea e Somalia. Le donne dall’Africa nera. Il 67% ha tra i 21 e i 30 anni, mentre sono pochissimi quelli che superano i 40.

E’ questa la fotografia, aggiornata al 2009, sulle condizioni dei 19mila richiedenti asilo e rifugiati in Italia. Non immigrati ma “migranti forzati”, perché scappati dalla guerra. A scattare la foto è il Centro Astalli, un’associazione di gesuiti presente a Roma, Vicenza e Palermo che opera da centro polifunzionale per l’assistenza e la protezione dei rifugiati in Italia. E grazie al monitoraggio dei loro spostamenti in ogni settore della vita quotidiana, il Centro fornisce in esclusiva il Rapporto 2010: un’interpretazione statistica delle condizioni di vita dei rifugiati “italiani” che da gennaio a dicembre 2009 sono entrati in contatto con l’Associazione.

I numeri. I numeri sono conseguenza delle misure del governo in materia di immigrazione. La flessione delle domande d’asilo seguìta alla politica dei respingimenti nel Mediterraneo si è avvertita fin dal giugno 2009: il calo registrato rispetto all’anno precedente era del 35,5%. Ma rispetto al 2008, gli utenti che hanno usufruito dei servizi dei centri Astalli sono aumentati. L’afflusso nelle mense, passaggio obbligatorio per conoscere e accedere agli altri servizi dei Centri, è cresciuto del 33%. Di pari passo si sono estesi i tempi di permanenza: il periodo medio di frequentazione delle mense per ogni utente si è allungato, superando in molti casi i sei mesi.

Uomini. Dei quattro centri presenti a Roma, quello di via degli Astalli è il più grande. Qui, i rifugiati maschi in attesa di pasti caldi sono principalmente afgani (6mila 851), eritrei (2mila 275) e somali (2mila 159). E anche considerando scenari “micro”, le proporzioni non cambiano. Nel piccolo centro di San Saba, sempre a Roma, sono 81 gli ospiti accolti nel 2009. Di questi, 40 sono afgani, 7 iraniani, 6 della Costa d’Avorio, 3 dell’Eritrea e 3 dell’Iraq. Anche qui, l’età media è piuttosto bassa: il 74% ha meno di 30 anni.

Donne. Le donne rifugiate in Italia sono invece quasi tutte africane. Il 38% viene dal corno d’Africa (Eritrea, Etiopia, Somalia) e l’80% del totale ha un’età media compresa tra i 21 e i 40 anni, mentre più della metà ne ha meno di 30. Dal 2008 poi, c’è un cambiamento. Il periodo di permanenza delle donne nei centri si è allungato. Rispetto agli uomini, ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato è diventato più difficile. E le donne sono poche anche negli ambulatori medici messi a disposizione dai centri stessi: i pazienti sono per il 95% uomini, giovani afgani, o provenienti dai paesi del corno d’Africa ( 1/4 del totale).

Bambini. Aumenta la presenza di bambini in rapporto agli adulti: rispetto al 2008, i piccoli rifugiati hanno superato il 44% del totale. Di questi però, solo l’11% del numero complessivo dei rifugiati ospitati è riconosciuto dalla Stato italiano. Nel 38% dei casi si tratta infatti di minori in attesa di audizione in commissione. Al contrario degli adulti, i rifugiati-bambini vengono dal Kosovo, dall’Eritrea ma anche dalla Colombia e dalla Romania.

Lavoro. Diminuiscono le domande d’asilo ma crescono i rifugiati bisognosi di ascolto e orientamento legale: nel corso del 2009 il numero di persone che si è rivolto almeno una volta a uno dei Centri Astalli dedicati all’orientamento o al lavoro è cresciuto del 60% rispetto all’anno precedente. Il totale, 735 persone: 3/4 uomini, 1/4 donne e tutti titolari di protezione sussidiaria o di protezione umanitaria. Un dato, questo, che rivela una crescente difficoltà da parte degli stranieri a rivolgersi autonomamente ai servizi pubblici e privati, con analoga finalità, che operano sul territorio.

Nord-Sud. Nel 2008 si erano trasferiti nelle città del Nord Italia ma nel 2009 sono stati costretti a tornare sui loro passi. E’ questo quello che emerge dal Rapporto 2010: uomini e donne del Bangladesh, del Marocco, dello Sri Lanka, della Somalia, del Ghana e della Costa d’Avorio, dopo aver perso il lavoro trovato al Nord, sono tornate in massa al Centro Astalli di Palermo. Costretti a chiedere, di nuovo, aiuto e assistenza. 

Fonte: LA REPUBBLICA