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Abiraterone Acetato incrementa significativamente la sopravvivenza complessiva nei pazienti affetti da carcinoma prostatico metastatico
resistente alla castrazione
Pubblicati oggi i risultati sul New England Journal of Medicine
Milano, 1° giugno 2011 – Pubblicato oggi sul New England Journal of Medicine uno studio condotto su pazienti affetti da cancro alla prostata metastatico sottoposti a chemioterapia e trattati successivamente con abiraterone acetato associato a prednisone, i cui risultati hanno mostrato un aumento della sopravvivenza complessiva rispetto ai pazienti trattati con placebo e prednisone.
Lo studio è stato sviluppato da Ortho Biotech Oncology Research & Development, Unit of Cougar Biotechnology, Inc., società affiliata di Janssen Pharmaceutical.
Lo studio di Fase III randomizzato, controllato verso placebo, COU-AA-301, ha dimostrato che la molecola abiraterone acetato, inibitore della biosintesi degli androgeni, aumenta la sopravvivenza globale nei pazienti affetti da carcinoma prostatico metastatico che non rispondono alla chemioterapia.
Gli androgeni sono ormoni che favoriscono lo sviluppo e il mantenimento dei caratteri sessuali maschili, ma nel cancro alla prostata possono stimolare la crescita tumorale. Se, infatti, la produzione di androgeni avviene generalmente nei testicoli e nelle ghiandole surrenali, nel carcinoma prostatico, il tessuto tumorale si inserisce come ulteriore fonte di rilascio degli stessi. Abiraterone acetato è un inibitore orale della biosintesi degli androgeni, che agisce attraverso l’inibizione selettiva dell’enzima complesso CYP17, necessario a queste tre fonti di produzione di testosterone.
L’esame del PSA (antigene prostatico specifico) non puo’ essere utilizzato in maniera indiscriminata come strumento di screening del tumore della prostata, la piu’ frequente neoplasia maschile che ogni anno in Italia fa registrare circa 23.500 nuovi casi e 7000 decessi.
La sensibilita’ del test varia dal 70 all’80%, questo significa che il 20-30% delle neoplasie non viene individuato quando il PSA viene utilizzato come unico mezzo diagnostico. Va eseguito solo quando e’ necessario, cioe’ dopo i 50 anni, se vi e’ familiarita’ diretta per questo tumore e quando si soffre di disturbi urinari.
L’importanza di un uso ”mirato” del PSA viene sottolineata dalla XIX Conferenza Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dedicata ai tumori urologici , in corso fino a domani a Torino. Spiega Carmelo Iacono, presidente nazionale AIOM: ” Non vi sono evidenze scientifiche che stabiliscano l’opportunita’ di utilizzare lo screening in maniera diffusa sulla popolazione generale, tendenza che aumenterebbe il rischio di sovradiagnosi ed uno scarso vantaggio in termini di riduzione di mortalita’. E’ importante, anche per la sostenibilita’ del sistema, che venga operato un bilancio tra costi e benefici”.