Nel 2014 la produzione mondiale di plastica ha forse superato le 300 milioni di tonnellate e per Gaelle Gourmelon del centro di ricerca ambientale fondato nel 1974, “il recupero e il riciclaggio restano insufficienti” e così la plastica finisce nelle discariche e negli oceani. Oggi il consumo di plastica in Europa occidentale e in Nord America è in media di 100 kg … Altro…
Viviamo in un mondo di plastica
Roma: coupon in cambio di bottiglie in plastica e lattine
Agnese Tondelli – Una bottiglia per un coupon: è così che l’iniziativa dell’azienda Plasturgica, approdata a Roma, trasforma i rifiuti in buoni sconto.
Dopo Pechino, dove le bottigliette di plastica si trasformano in biglietti per viaggiare gratis in metropolitana e Caserta, dove un biglietto per il teatro costa 5 bottiglie di plastica, or…Visualizza altro
Per saperne di più, potete leggere l’intervista pubblicata su ecodallecittà a questo link: http://www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=377855 o visitare direttamente il sito dell’azienda a questo indirizzo: http://www.plasturgica.com/home.html
(Foto: plasturgica.com)
http://ambientebio.it/roma-coupon-in-cambio-di-bottiglie-in-plastica-e-lattine/
Un mare di plastica.
Arriva in Italia la bottiglia di “plastica vegetale”
Dalla canna da zucchero arriva la nuova frontiera della plastica di origine vegetale, una vera e propria innovazione che dopo anni di studi e ricerche Levissima porta per prima nel mercato italiano delle acque minerali. La rivoluzionaria bottiglia in Bio Based PET è prodotta con l’impiego, in parte, di fonti rinnovabili di origine vegetale. A tutti gli effetti PET, questo materiale mantiene inalterate tutte le sue caratteristiche: leggero, infrangibile, perfettamente igienico, e adatto al gasato.
Ma come nasce il Bio Based PET? La molecola del PET si compone di due elementi principali: Acido Tereftalico, che ne rappresenta il 70%, e il Mono Etilene Glicole, detto anche MEG per il restante 30%. Le nuove tecnologie oggi consentono di ottenere quest’ultimo da fonti rinnovabili. Grazie alla lavorazione della canna da zucchero e ad un processo di fermentazione si ottiene l’Etanolo, dal quale successivamente ad altre lavorazioni si ottiene il MEG di origine vegetale, che rende il PET, bio based PET. Levissima ha deciso di investire nel Bio Based PET perché il PET, tra i materiali plastici per le acque minerali, risulta essere il migliore in termini di sicurezza e riciclabilità: l’obiettivo è quello di raggiungere un PET al 100% di origine vegetale. Ma questa plastica innovativa è anche al 100% riciclabile. Se avviate a riciclo, infatti, le bottiglie possono rinascere diventando nuovi oggetti commercializzabili
Plastisfera, la comunità batterica sui frammenti di plastica nei mari.
I microrifuti di plastica che galleggiano nei mari sono diventati un habitat per una flora batterica distinta da quella marina tradizionale, con conseguenze ecologiche difficilmente prevedibili
Con una produzione annua di plastica pari a 35 kg pro capite per ogni abitante del pianeta, è evidente che una discreta frazione di questa finisca nei mari e negli oceani, spesso sotto forma di detriti di meno di 5 mm (microplastica).
Questi rifiuti sono dannosi per i pesci e gli uccelli che possono ingerirli inavvertitamente, ma possono anche rappresentare un altro tipo di rischio, poichè ospitano un’abbondante flora batterica, in gran parte diversa da quella che si trova nell’acqua di mare. Gli scienziati hanno chiamato “plastisfera” questa comunità di batteri che vive sui residui microplastici che galleggiano sugli oceani del pianeta. (1)
L’immagine in alto riporta una foto al microscopio elettronico a scansione (2) della comunità batterica su un filamento di materiale plastico raccolto in mare (illustrato nel riquadro in basso a destra). Le tacche bianche rappresentano una scala di 10 µm.
L’essere a forma di medusa è un batterio ciliato con altri batteri simbiotici che vivono sulla sua superficie (ben visibili nel riquadro in alto a destra), oltre a diatomee e cellule filamentose.
Ciò che desta maggiore preoccupazione è il fatto che le popolazioni di batteri della plastisfera sono distinti dalla tipica flora microbica marina (come si vede dal diagramma di Venn qui sotto, da cui si deduce che sono poche le specie di batteri comuni all’idrosfera e alla plastisfera), il che significa che la plastica funge da nuovo habitat ecologico oceanico. Trattandosi di rifiuti poco degradabili e dalla lunga vita è difficile prevedere quali possano essere le conseguenze ecologiche a lungo termine.
L’Italia non fa il suo dovere.
La Commissione europea incalza l’Italia inviandole una nuova lettera di richiamo, al fine di conformarsi alla direttiva Ue che regola l’utilizzo dei sacchetti in plastica in Europa. L’Italia, spiega Bruxelles, in un primo tempo non ha notificato alla Commissione la messa al bando dei sacchetti non biodegradabili. In seguito, ha violato la direttiva Ue per aver mantenuto, nel decreto convertito in legge nel 2012, la messa al bando delle buste di plastica non biodegradabili
A sei anni dalla decisione dell’Italia di mettere al bando le buste di plastica tradizionali (divieto di fatto in vigore dal primo gennaio 2011) a favore di materiale biodegradabile, Bruxelles ritiene che la legge italiana del 2012 non sia ancora in linea con la direttiva europea. Per questo la Commissione Ue ha deciso di inviare a Roma un richiamo aggiuntivo alla lettera di messa in mora del 4 luglio 2011 per la mancata notifica della decisione a Bruxelles.
liberi dalla plastica: si può!
Siamo circondati dalla plastica: non c’è oggetto di uso quotidiano che non ne abbia anche una piccola parte e dunque l’idea di bandirla dalla propria vita risulta quasi impossibile. La signora Sandra Krautwaschl è l’autrice di Plastikfreie Zone ossia Zona libera da plastica e nella foto in alto è in compagnia di Werner Boote regista del documentario Plastic Planet, ovvero colui che l’ha ispirata. Sandra racconta questa storia anche nel blog: niente plastica in casa (se masticate un po’ di tedesco) e poi appunto nel libro.
La consapevolezza nel voler abbandonare acquisti a base di plastica della famiglia austriaca, composta dai due genitori e tre figli, è nata nel 2009 dopo una vacanza in Croazia e dopo aver visto il documentario Plastic Planet del regista austriaco Werner Boote. Il primo passo concreto è stato eliminare tutti gli oggetti in plastica posseduti fino a quel momento e la foto della copertina del libro si riferisce proprio al giorno in cui accumularono in giardino tutta la plastica che avevano in casa. Il secondo passo è stato trovare oggetti di uso quotidiano ma con corrispettivi in materiali naturali: spazzolini in legno e setole naturali; oppure prodotti alimentari impacchettati in carta, vetro o metallo; ancora contenitori metallici per il latte.
Trovare la carta igienica che non fosse confezionata in plastica è stato molto complesso; alla fine hanno iniziato a usare i tovagliolini in carta riciclata destinati alla ristorazione e venduti in cartoni.
L’isola di plastica nel Pacifico aumenta considerevolmente.
La quantità di plastica che si trova nella zona di mare nota come “Great Pacific Garbage Patch” è aumentata di cento volte rispetto ai primi anni 1970. Questo secondo un nuovo studio che contiene risultati allarmanti che mira a fare pressione sulla California ed altri Stati costieri a fare di più per ridurre i rifiuti di plastica.
Durante una spedizione nel 2009, i ricercatori dello Scripps hanno prelevato campioni d’acqua a 1.000 miglia ad ovest della California, e li hanno confrontati con la quantità di plastica trovata nei campioni prelevati da altri ricercatori, risalenti al 1972.
Mentre in molti dei campioni di 40 anni è stata trovata poco o niente plastica, vaste distese del Pacifico settentrionale sono ormai inquinate da miliardi di piccoli pezzi grandi come confetti, provenienti dalla spazzatura che galleggia sul mare e si rompe col vento e con le onde.
I piccoli detriti galleggiano sopra o vicino alla superficie, dove vengono mangiati da pesci, tartarughe marine ed altri animali marini che li confondono per il cibo. Gli ultimi esempi mostrano che il Garbage Patch è cresciuto in dimensioni, ma non in densità: Ci sono piccoli detriti circa 100 volte di più per metro cubo di acqua rispetto ai campioni risalenti agli anni ’70.
Europa, ridurre l’inquinamento del mare del 50% entro il 2020.
Gli ambientalisti di Seas at Risk con altri sette gruppi affiliati chiedono ai paesi europei di ridurre di almeno il 50% il volume dei rifiuti immessi in mare e sopratutto della plastica. I Paesi Membri hanno infatti tempo fino al prossimo luglio per annunciare i provvedimenti che adotteranno nell’ambito della Marine Strategy Framework Directive. Peraltro la Direttiva impone già da 4 anni il monitoraggio dell’inquinamento entro la metà del 2014 per contenere sia le perdite di pesce sia di biodiversità marina. Peraltro la plastica dal mare sarebbe entrata nella catena alimentare.
L’appello è giunto oggi ai rappresentanti di OSPAR le 15 nazioni costiere e insulari europee che sono in riunione a l’Aja da oggi e fino al 20 aprile per discutere delle minacce ambientali nelle acque europee -Environmental Impact of Human Activities Committee.
Scoperto fungo capace di mangiare solo plastica
ROMA – La soluzione all’inquinamento da plastica potrebbe essere fornita direttamente dalla natura: secondo uno studio pubblicato dalla rivista Applied and Environmental Microbiology un fungo che cresce in Amazzonia e’ in grado di mangiare il poliuretano, uno dei materiali piu’ resistenti inventati dall’uomo.
Il microrganismo Pestalotiopsis microspora e’ stato scoperto da una spedizione degli studenti dell’universita’ statunitense di Yale, che ne hanno isolato diverse decine di specie. Dopo aver isolato il miglior ‘mangiatore’ i ricercatori hanno dimostrato che e’ in grado di sopravvivere con una dieta a base di sola plastica sia in ambiente aerobico che privo di ossigeno, e sono riusciti anche ad isolare l’enzima che il fungo usa per rompere i legami chimici piu’ forti nel materiale, la serina idrolasi: ”Questo fungo – conclude l’articolo – e’ una fonte molto promettente per il biorisanamento”.