03:04 am | Grazie a una nuova ricerca si sta studiando il modo di utilizzare le cellule natural killer (NK) per uccidere le cellule tumorali e stimolare il sistema immunitario per…
18 ottobre 2012 / Leggi tutto
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HDL, LDL, diagramma (in inglese)
Il colesterolo implicato in patologie come l’osteoporosi e la perdita di densità delle ossa
Il colesterolo, ahimè, non fa male solo al cuore e alle arterie ma anche alle ossa. Questo era già stato suggerito da alcuni precedenti studi, tuttavia il collegamento non era mai stato chiarito.
L’osteoporosi, per esempio, colpisce un importante fetta della popolazione e il numero di pazienti pare essere in continuo aumento. E, a contribuire alla diffusione di questa malattia, che assume anche carattere invalidante, c’è anche il colesterolo. Con un collegamento diretto. Lo suggerisce un recente studio ad opera di ricercatori americani del David Geffen School of Medicine presso l’Università della California a Los Angeles (UCLA).
Un team di scienziati del Regno Unito, finanziato dall’UE, ha rivelato in un nuovo studio come i globuli bianchi uccidono il tessuto malato impiegando granuli mortali.
Il team di ricercatori, dell’Imperial College di Londra e dell’Università di Oxford, spiegano sulla rivista PLoS Biology come hanno usato pinzette laser “ottiche” e un microscopio a super-risoluzione per osservare il funzionamento interno dei leucociti, a una risoluzione mai raggiunta prima dagli scienziati.
Lo studio, che è stato in parte finanziato da una borse di studio intraeuropea Marie Curie nell’ambito del Settimo programma quadro (7° PQ) dell’UE, ha esaminato un tipo di leucociti chiamati cellule natural killer (NK), che proteggono il corpo individuando e uccidendo i tessuti malati. Il team ha scoperto che per creare un foro, attraverso il quale fornire granuli pieni di un micidiale enzima per uccidere il tessuto malato, la cellula NK riorganizza la sua “impalcatura” di proteine actine all’interno della sua membrana.
Uno dei ricercatori dello studio, la dottoressa Alice Brown dell’Imperial College di Londra, dice: “Questi eventi, in precedenza non rilevabili all’interno delle cellule, non sono mai stati osservati in alta risoluzione. È davvero emozionante osservare ciò che accade quando una cellule NK entra in azione.”
Gli scienziati sperano che acquisire una più profonda comprensione del modo in cui le cellule NK decidono quali tessuti uccidere e di come avviano il processo di uccisione, potrebbe portare a una migliore assistenza sanitaria e allo sviluppo di nuovi trattamenti medici. Le cellule NK sono importanti nella nostra risposta immunitaria ai virus e ai tessuti invasivi come i tumori. Potrebbero anche avere un ruolo nel risultato dei trapianti di midollo osseo, determinando se il corpo del destinatario rifiuta o accetta il tessuto donato.
Si erano già menzionate alcune ‘zone calde’ del genoma, come riportato qui.
Adesso ci sarebbero le varianti di un solo gene dietro la comparsa dei tumori della pelle e del glioma. A confermarlo sono 5 studi, pubblicati dalla rivista Nature Genetics online e condotti da consorzi internazionali di ricerca a cui ha partecipato anche un Irccs italiano, l’Istituto nazionale tumori di Milano. Studi che identificano varianti genetiche associate allo sviluppo di tumori cutanei e del glioma, attraverso l’analisi di quelle sequenze del Dna che variano da individuo ad individuo e che gli scienziati ritengono responsabili della suscettibilità individuale a manifestare determinate malattie.
L’analisi, condotta in parallelo in una popolazione di controllo sana, coinvolge alcune migliaia di persone, reclutate grazie alla creazione dei consorzi internazionali di ricerca. Tutti e 5 i lavori, spiega in una nota Marco Pierotti, direttore scientifico dell’Int, “identificano varianti del gene CDKN2A-CDKN2B o adiacenti a questo nella regione cromosomica 9p21, una regione evidentemente cruciale per lo sviluppo di queste neoplasie, che sarà oggetto di intense ricerche in futuro indirizzate sia al possibile uso dei marcatori identificati come marcatori di rischio, sia allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche”.
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Una recente ricerca ha rivelato che i difetti dei geni associati al Parkinson sono la causa di circa il 10% dei casi di morbo di Parkinson, mentre altri studi hanno dimostrato che i mitocondri (che sono spesso descritti come gli impianti energetici delle cellule) danneggiati potrebbero essere un’altra causa. Un nuovo studio condotto da ricercatori in Germania collega questi due fenomeni, mostrando in modo efficace l’importanza di due geni associati al Parkinson nel mantenere la funzionalità mitocondriale. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Biological Chemistry.
“Le malattie come il Parkinson, dove almeno alcuni casi sono collegati chiaramente alla disfunzione di geni specifici, offrono una promettente opportunità di ricerca,” ha spiegato il biochimico, dott. Konstanze Winklhofer della Ludwig-Maximilians-Universität (LMU) di Monaco. “Quando capiremo la funzione di questi geni, potremo apprendere molte cose sulle cause della malattia, il suo decorso e le possibili nuove cure.”(liquidarea)
Nel Regno Unito alcuni ricercatori hanno provato che fumare cannabis può avere un effetto nocivo sul DNA. Questo effetto potrebbe potenzialmente incrementare la possibilità di sviluppare il cancro. I risultati, pubblicati nella rivista Chemical Research in Toxicology, sono l’esito della Rete d’eccellenza ECNIS (“Environmental cancer risk, nutrition and individual susceptibility”) che ha ricevuto un finanziamento pari a 11 milioni di euro in riferimento all’area tematica “Qualità e sicurezza alimentare” del Sesto programma quadro (6° PQ) al fine di analizzare in che modo l’alimentazione e i fattori ereditari possano influire sul rischio tumorale legato all’ambiente. Per analizzare la formazione dei composti cancerogeni nel DNA naturale (Calf thymus DNA) esposto al fumo di una sigaretta di cannabis in vitro, lo studio ha utilizzato una nuova tecnica: una cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa tandem ad elevata sensibilità. I risultati evidenziano che la cannabis, in laboratorio, danneggia il DNA.