03:30 am | L’UE ha avviato un progetto integrato su vasta scala chiamato “BlueGenics” per combattere l’osteoporosi. Il progetto mira a trovare negli organismi marini i progetti genetici per nuovi farmaci…
15 dicembre 2012 / Leggi tutto »
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03:30 am | L’UE ha avviato un progetto integrato su vasta scala chiamato “BlueGenics” per combattere l’osteoporosi. Il progetto mira a trovare negli organismi marini i progetti genetici per nuovi farmaci…
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03:47 am | Un nuovo test molecolare sviluppato dalla University of California di San Francisco potrebbe dare agli studiosi la capacita’ di predire meglio la mortalita’ nelle prime fasi post-operatorie degli…
6 novembre 2012 / Leggi tutto »
Un team internazionale di ricercatori ha scoperto un modo più efficace per la visualizzazione delle proteine, qualcosa che potrebbe presto portare alla possibilità di filmare il loro funzionamento a livello molecolare.
Il team proveniente da Germania, Svezia e Stati Uniti si è basato su un lavoro precedente guidato da uno degli autori dello studio, il professor Richard Neutze dell’Università di Göteborg, che fu uno dei primi al mondo a visualizzare le proteine usando impulsi a raggi X molto brevi e ad alta intensità. Quanto meglio gli scienziati riescono a mappare la struttura delle proteine e il loro comportamento nelle cellule, tanto più si possono approssimare alla scoperta della cura per gravi malattie quali cancro e malaria.
Questo nuovo studio, pubblicato nella rivista Nature Methods, verifica questo metodo su un nuovo tipo di proteina, e i risultati fanno ben sperare per gli esperimenti futuri. Il team ha osservato la proteina di membrana in un tipo di batterio che vive lontano dalla luce del sole. Lo studio delle proteine di membrana è importante poiché esse trasportano sostanze attraverso la membrana cellulare e quindi si occupano della comunicazione con l’ambiente che circonda la cellula e con le altre cellule.
L’autrice principale dello studio Linda Johansson dell’Università di Göteborg ha detto: “Noi siamo riusciti a creare un modello dell’aspetto di questa proteina. Il prossimo passo è quello di fare dei filmati in cui poter osservare le varie funzioni della proteina, ad esempio come essa si sposta durante la fotosintesi. Noi in pratica abbiamo sviluppato un nuovo metodo per creare cristalli proteici incredibilmente piccoli. Noi abbiamo anche mostrato che è possibile utilizzare cristalli molto piccoli per determinare la struttura di una proteina di membrana.”
Per trattare il melanoma esiste una cura efficace e personalizzata. I pazienti: “i nuovi trattamenti siano subito disponibili”
Esiste una cura che «migliora la sopravvivenza nella fase avanzata ed è efficace in pochi giorni», afferma il professor Paolo Ascierto presidente della Fondazione Melanoma, dell’Unità di Oncologia Medica e Terapie Innovative dell’Istituto ‘Pascale’ di Napoli.
Da più parti si ritiene necessario abbreviare i tempi affinché le terapie innovative per il trattamento del melanoma siano immediatamente disponibili per i pazienti. Gli esperti infatti ritengono che non si possa ritardare ulteriormente l’accesso a queste armi efficaci nel combattere il tumore.
La legittima richiesta sarà presentata il prossimo aprile a Bruxelles al Parlamento europeo da una delegazione di pazienti, guidata da Antonio Brancaccio della Fondazione Melanoma.
Anche in Italia il melanoma – una forma di cancro della pelle particolarmente aggressiva – colpisce molte persone con 7.000 nuove diagnosi ogni anno e 1500 decessi.
«Oggi assistiamo a una svolta nel trattamento – spiega il prof. Ascierto – Nel 50% dei casi di melanoma è presente la mutazione di una proteina, il gene BRAF V600, che svolge un ruolo chiave nello sviluppo del tumore. Vemurafenib è la prima ed unica molecola personalizzata ad aver mostrato di migliorare la sopravvivenza in pazienti affetti da melanoma metastatico positivo alla mutazione del gene BRAF. Agisce in modo mirato sulla proteina spegnendola e bloccando così l’evoluzione del cancro. È il primo caso di terapia personalizzata di così ampia portata in oncologia. Per individuare i pazienti candidati a questo nuovo trattamento è necessario effettuare un test molecolare per verificare la presenza della mutazione del gene. Gli effetti della molecola sono visibili in pochi giorni e il paziente ne trae un beneficio immediato: gli esami mostrano infatti una regressione tumorale dal punto di vista metabolico».
Grazie a un test su topi di laboratorio geneticamente modificati è stato possibile chiarire un meccanismo chiave per il quale due tipi di neuroni si attiverebbero in risposta a una “ricompensa” inattesa, rafforzando il comportamento che porta al premio.
Quali sono i meccanismi neurologici attraverso i quali viene rafforzatoun comportamento, dall’abuso di droghe fino all’apprendimento?
Una risposta, seppure parziale, viene ora da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Harvard, guidato da Naoshige Uchida, professore associato di biologia cellulare e molecolare dello stesso ateneo.
La ricerca si è focalizzata in particolare su un processo noto come errore di previsione della ricompensa, ritenuto una componente chiave dell’apprendimento. Tale processo è stato ritenuto finora un prodotto dei neuroni dopaminergici, che si attiverebbero in risposta a una “ricompensa” inattesa, rinforzando il comportamento che porta alla ricompensa.
But Uchida e colleghi dell’Harvard and Beth Israel Deaconess Medical Center riferiscono nel loro articolo di resoconto sulla rivista “Nature” che la previsione dell’errore è in realtà il prodotto di complessi interscambi tra due tipologie di neuroni, quelli dopaminergici e quelli GABAergici (neuroni con funzione inibitoria che si basano sul neurotrasmettitore acido gamma-aminobutirrico).
L’obbiettivo è il solito: provare ogni mezzo per bloccare i tumori. In questa sfida che impegna ogni giorno la ricerca oncologica, un’altra tappa è stato il congresso mondiale sui tumori al polmone, appena concluso ad Amsterdam. Gli oncologi sanno che la guerra contro il cancro non sarà facile da vincere e richiede tempo; intanto è importante concentrarsi su singole battaglie, come rallentare la progressione del cancro, di ‘cronicizzarlo’, o come migliorare le terapie esistenti. E su questo stanno lavorando gli scienziati di tutto il mondo, in attesa di scoprire la ‘pallottola magica’ contro questa malattia.
Anche ad Amsterdam si è rilevato come accanto alla chemioterapia tradizionale, che uccide in maniera più o meno indiscriminata cellule maligne e cellule sane (con una ‘predilezione’ naturalmente per quelle che si moltiplicano a più alta velocità, quali appunto quelle tumorali), si vanno affiancando terapie sempre più sofisticate, costruite su misura contro gli obiettivi sensibili del cancro, cioè quei recettori e quegli ingranaggi intracellulari che, una volta attivati, conferiscono alla cellula tumorale la possibilità di costruire nuovi vasi attraverso i quali espandersi.
Il risultato è ritenuto importante per progettare nuove strategie terapeutiche contro malattie, come l’artrite reumatoide, caratterizzate da una risposta infiammatoria abnorme.
Una proteina che funge da “interruttore generale” in alcuni globuli bianchi determinando la promozione o l’inibizione del processo d’infiammazione è stata scoperta da un gruppo di ricercatori dell’Imperial College di Londra, che ne riferiscono in un articolo sulla rivista Nature Immunology.
Il risultato è ritenuto importante per progettare nuove strategie terapeutiche contro malattie, come l’artrite reumatoide, caratterizzate da una risposta infiammatoria abnorme dell’organismo.
Le risposte infiammatorie non sono sempre patologiche, ovviamente; anzi rappresentano un’importante meccanismo di difesa dell’organismo nei confronti di infezioni e danni ai tessuti.
Le cellule del sistema immunitario denominate macrofagi possono sia stimolare l’infiammazione sia sopprimerla rilasciando segnali chimici che alterano il comportamento di altre cellule. Il nuovo studio ha dimostrato che la proteina IRF5 rappresenta un interruttore molecolare che dà il via a un processo invece che all’altro. Tale circostanza suggerisce che bloccare la produzione di IRF5 nei macrofagi potrebbe essere un modo efficace per trattare un ampio range di patologie autoimmuni, quali l’artrite reumatoide, la sindrome del colon irritabile, il lupus e la sclerosi multipla.
Scienziati americani hanno scoperto come creare un ”cerotto” molecolare per bloccare il sanguinamento. E’ quanto emerge da uno studio dell’Oklahoma Medical Research Foundation che hanno individuato la proprieta’ cicatrizzante in un anticorpo in grado di frenare le emorragie. Il team di ricercatori guidato da Charles Esmon, dopo studi condotti sui topi gia’ pubblicati su Nature Medicine, ha individuato nelle proteine istoniche la causa delle lesioni ai vasi sanguigni e sta avviando ricerche sugli uomini.
Gli istoni si trovano nel nucleo della cellula e sono simili a ”bobine” dentro le quali sono avvolti i filamenti di DNA.
In presenza di un trauma, un taglio o una malattia, Esmon e i suoi hanno scoperto che le cellule rilasciano gli istoni che attaccano le pareti dei vasi sanguigni, provocando ulteriori danni. Studiando i pazienti con malattie auto-immuni, i ricercatori hanno scoperto la possibilita’ di bloccare le proteine-tossiche con un anticorpo monoclonale, in grado di arginare i danni da infarto fino alle ferite da armi da fuoco.(liquidarea)