
Il sassofonista, geniale improvvisatore di uno degli strumenti protagonisti del genere, è morto a causa del Covid-19. Aveva 92 anni. Con Davis aveva registrato ‘Birth of the Cool’
Comincia con il clarinetto e, ad appena 11 anni, passa al sassofono, lo strumento della vita. Konitz era musicalmente quello che si può definire un onnivoro: per lui la musica era universale, passava da nomi importanti a progetti di seconda scelta, dalle big band ai duetti, sempre e solo per il gusto e il piacere di suonare. Infatti, non è mai diventato ricco con la musica. A quanto sembra, non ha mai avuto un ufficio stampa che promuovesse il suo lavoro, non aveva né un manager e neppure un indirizzo email dove contattarlo. Viveva di jazz perché bastava il jazz a dargli la vita.
In Italia, passava spesso, soprattutto a Umbria Jazz ma anche al Barga Jazz, suonando con nomi della nostra scena come Enrico Rava, Glauco Venier, Enrico Pieranunzi e Ornella Vanoni. Nel 2001, insieme a Franco D’Andrea incide l’album Inside Rodgers, con Stefano Bollani, nel 2003, Suite for Paolo e, infine, The Soprano Sax Albums: Standards nel 2007 con il pianista Riccardo Arrighini.
A 82 anni era pronto a gettare la spugna, pensando di aver fatto abbastanza: “Ho ottenuto quella sorta di rispetto, sono un ‘vecchietto’, anche se non ho mai fatto grossi soldi o venduto tanti dischi. Però ho l’opportunità di suonare e questo è grandioso”. “Improvvisazione’ significa ‘imprevisto'”, spiegava, “e questa è una domanda che faccio sempre a coloro che si definiscono improvvisatori: quanto di ciò che ‘improvvisate’ è davvero pianificato? L’idea che la musica è piena di sorprese”.