

75 ANNI FA…
La prima pagina del quotidiano «Avanti!», Milano, n. 14 , mercoledì 7 maggio 1945.
In prima pagina, il quotidian…
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75 ANNI FA…
La prima pagina del quotidiano «Avanti!», Milano, n. 14 , mercoledì 7 maggio 1945.
In prima pagina, il quotidian…
di Beppe Sarno
Scriveva Sandro Pertini sull’Avanti del 25 aprile 1947 “Tutti i lavoratori del braccio e della mente, che nella guerra di liberazione e nella insurrezione d’aprile furono uniti nella lotta per la nostra indipendenza e per la nostra libertà, rimarranno ancora .saldamente uniti perchè la Patria sia del popolo e perchè la libertà abbia finalmente come base una profonda giustizia sociale, onde essa divenga una conquista duratura per tutti gli italiani. La lotta, dunque, non è terminata il 25 aprile 1945, ma continua.
Gli rispondeva Pietro Nenni sull’Avanti del primo maggio “non sia da noi un giorno di feste, ma di lotta, concorrono oltre alle incognite politiche della situazione, le tristissime condizioni economiche del Paese e segnatamente dei ceti più diseredati.”
25 aprile e primo maggio. Ci troviamo a celebrare queste due date mentre infuria una tempesta senza precedenti .
Due date vicine, 25 aprile e primo maggio soprattutto nelle coscienze di ogni cittadino veramente democratico perchè il riscatto dal lavoro può avvenire solo in presenza della libertà dei lavoratori.
Mai avrei pensato di trovarmi in una situazione come quella attuale preoccupante e avvelenata dagli errori di una sinistra che non riconosce se stessa e si chiude per paura di affrontare la realtà e i problemi: fabbriche chiuse e strade vuote.
I lavoratori che non sanno se dopo questa terribile emergenza torneranno a lavorare. Molti probabilmente no. I partigiani cantavano “una speranza m’è nata in cuor” ma dove sono finite quelle speranze che all’indomani della liberazione tutto un popolo ha sognato?
Sono finite perchè oggi molti di noi non hanno voglia di ricordare queste due date e perchè le speranze si sono tramutate in una dolorosa sfiducia o in una cinica indifferenza.
“La lotta continua” diceva Pertini e gli rispondeva Nenni “Il primo maggio sia un giorno di lotta.”
La realtà non è stata capace di dare una risposta alle speranze della gente. Ma è evidente che all’indomani di “mani pulite” le responsabilità di noi socialisti sono state gravi e imperdonabili. Impegnati a salvare noi stessi non abbiamo provato a tornare alle origini, dalla parte dei lavoratori, la nostra casa madre. Non siamo stati capaci o non abbiamo voluto seguire la strada indicata da Pertini e di Nenni e di tutti i socialisti che hanno dato la vita per un principio.
Abbiamo lasciato i lavoratori soli ed il malcontento è nato dal perdurare dei problemi non risolti, che ha generato il qualunquismo, il disgusto per la politica, occupata da mestieranti senza scrupoli e da prime donne querule e senza sostanza.
In Europa, la Germania e l’Olanda preparano la trappola del MES per rendere privato tutto quello che è stato costruito con i sacrifici di generazioni di lavoratori.
Il divorzio, la scuola dell’obbligo, la nazionalizzazione dell’energia, del sistema sanitario, lo statuto dei lavoratori, che all’epoca ci sembrarono fatti quasi naturali, logica conseguenza di un percorso condiviso da tutti, paragonandoli alla forza del Capitale oggi, appaiono per quello che furono: conquiste gigantesche di democrazia e civiltà. La democrazia che ci hanno regalato i nostri padri l’abbiamo lasciata degradare e funziona male perchè noi siamo mancati al nostro dovere di socialisti.
Oggi i giovani ci voltano le spalle cercando altre strade, improbabili scorciatoie verso il nulla. In questo nulla, in questo non aver saputo ricostruire la nostra identità per difendere le istituzioni, i diritti del lavoro, le conquiste sociali che sta il pericolo maggiore: il pericolo di un vuoto che fa paura.
Quanti sono gli errori che dal 1992 noi socialisti abbiamo commesso con le nostre divisioni, le nostre vigliaccherie, i nostri tradimenti?
Sappiano i socialisti della mia generazione, i democratici tutti, trarre occasione da questa pausa forzata con cui celebriamo il 25 aprile e il primo maggio per trovare la forza ed il coraggio per compiere in umiltà un approfondito esame di coscienza per ritrovare la forza di ricominciare.
(Tiziana Parisi)
Tra gli antifascisti aumenta la rabbia verso Togliatti che aveva, in nome della pacificazione, concesso l’amnistia ai fascisti.
Anche militanti del PCI scrissero lettere di protesta. Riportiamo il testo della lettera fornitaci dal partigiano Enzo Galasi, compagno di lotta di Sergio Bassi.
Caro Togliatti, sono un vecchio comunista compagno di Picelli . Lei mi crederà settario perché così sono chiamati quelli che hanno la propria fede e sono disposti a qualunque sacrificio. Intendo parlare dell’amnistia. So già che lei mi dirà che si tratta di una mossa politica indispensabile e strategica. I lavoratori, anche se ignoranti, sono in grado di capire certe necessità date le condizioni in cui ci troviamo, gli alleati ecc. Ma i lavoratori capiscono anche che c’è un limite a tutto, specie se hanno sofferto. I migliori compagni pensano che lei ha passato ogni limite e non conosce i fascisti se pensa che questi si ammansiranno di fronte al generoso gesto dell’amnistia generale. Perché di questo si tratta non si è ridotta la pena di cinque o dieci anni. No signori.
Si sono mandati addirittura a casa uomini che avevano meritato l’ergastolo o trent’anni di galera, che sono fra i maggiori responsabili della rovina del popolo.
Si è dato ragione in questo modo alle canaglie fasciste che si atteggiavano a martiri e che chiamano delinquenti i valorosi partigiani che hanno combattuto contro tedeschi e fascisti.
Io che le parlo sono il padre di Sergio Bassi. A 19 anni si è battuto come un leone in difesa della libertà e ha compiuto circa venti azioni pericolose. Anche lui è morto abbattuto alla mitraglia insieme ad altri cinque giovani generosi come lui all’idroscalo di Milano.
Ma il compagno Togliatti queste cose riesce a comprenderle? Mio figlio non può avere pace se io tengo ancora la tessera del Partito per il quale egli è morto, di quel Partito che trascura i migliori che favorisce i profittatori, di quel partito che non rispetta più nemmeno i suoi morti perché manda in libertà i loro assassini. Lei mi dirà che è stato obbligato a questo da altri componenti del governo, ma piuttosto che commettere una cosa simile era molto meglio dimettersi.
Distinti saluti.
Bassi Roberto
Via Carlo Imbonati 9, Milano. Buona giornata Comunisti Resistenti ✊✊
Oggi, 25 aprile, si celebra l’anniversario della Liberazione. Nel 1945 tornavamo liberi con le armi in pugno, così pensavano i nostri nonni e i nostri padri che combatterono e persero la vita. Volevano un’Italia libera, unita e democratica. Speravano per i loro figli possibilità inimmaginabili. Mentre morivano, sognavano un futuro migliore. La vita valeva poco e però non aveva prezzo.
Oggi, 25 aprile, i partigiani vedrebbero un’Italia senza sovranità economica, appaltata alla BCE e alle agenzie di rating. Un Paese senza sovranità territoriale, occupato dalle forze americane da 67 anni, con basi e testate nucleari disseminate nella Penisola, da Napoli, a Ghedi Torre, ad Aviano e con la costruzione della più estesa area militare europea a Vicenza con il concorso beffardo delle cooperative rosse. Vedrebbero in Parlamento senatori e deputati collusi con la mafia, con la camorra, con la ‘ndrangheta. Un Paese senza sovranità popolare, con l’elezione a tavolino dei parlamentari da parte di pochi segretari di partito. Un Parlamento immorale, peggio di quello fascista che almeno non si nascondeva dietro alla parola democrazia. Un Paese senza industrie, senza le grandi fabbriche, le stupefacenti idee che trovarono sostanza nel dopoguerra grazie a uomini come Mattei e Olivetti, il primo morto ammazzato, il secondo emarginato dal Potere. Un Paese senza informazione, ormai lurida appendice dei partiti, strumento di propaganda che ha superato persino il ministero del MinCulPop fascista. Un Paese “senza”, nel quale chiunque porti un’idea di rinnovamento è un pericolo, un fastidio intollerabile da eliminare per il Sistema, come Falcone, Ambrosoli, Borsellino, Moro e mille altri caduti nella Guerra Civile che è ancora in corso.
Oggi, 25 aprile 2012, il corteo delle salme ha onorato la Resistenza. L’immagine cadente di Fini, Monti, Napolitano e Schifani rappresenta l’Italia. I vecchi occhi dei partigiani guarderebbero smarriti un deserto. Forse si metterebbero a piangere. Forse riprenderebbero in mano le armi.
Sembra incredibile ma è notizia di oggi che “Morire nel giorno in cui si festeggia la Liberazione per cui lei ha lottato negli anni della Resistenza, è successo a Maria Giovanna Giudice, 110 anni, che si è spenta all’alba nel novarese. Maria Giovanna Giudice, staffetta partigiana, era stata insignita della medaglia di bronzo al merito civile dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 16 dicembre 2008. Volto storico della Resistenza novarese, era mondariso, quando scelse di impegnarsi nella lotta antifascista.”
E’ un appello a chi ha vissuto e vive ancora, di raccontare la propria storia, sempre e non solo il 25 aprile, perchè siamo destinati tutti a volare via…
Ciao Bella ciao Maria Giovanna, cantano le mondine verrà un giorno che lavoreremo tutte in libertà…
Doriana Goracci
DAI RACCONTI DELLA STAFFETTA PARTIGIANA MARIA GIOVANNA GIUDICE
[…] Il mio compito era quello di fare da mangiare e lo portavo ai partigiani…nei boschi; portavo anche qualche bottiglia di vino e tutto quello che potevo mettere insieme.
Mio marito Pavlìn, Paolo Piatti, era quello che andava a portare i “biglietti” di notte. Io avevo paura che venisse catturato dai fascisti e allora gli ho detto: “Dalli a me, dalli a me, Pavlìn”; nascondevo i biglietti nel grembiule e andavo. Siccome avevo una sorella che abitava fuori dal paese di Cavaglio, loro non pensavano che io facevo la staffetta perchè erano convinti che andavo a trovare mia sorella.
[…] Ricordo che quando andavo a portare i “bigliettini” partivo dopo la mezzanotte per non essere vista; con il passare del tempo i fascisti sapevano del mio impegno, ma non sono mai riusciti a prendermi. Il loro desiderio era quello di farmela pagare, in un modo o nell’altro…
[…] Un’altra volta, ricordo che i fascisti sono venuti nel solaio dove c’era mio marito e gli hanno fatto bere l’olio di ricino; un bicchiere d’olio gli hanno dato! Perchè mio marito “era un uomo serio, si fidavano tutti di lui e i fascisti ne avevano paura”.
[…] Ne hanno ammazzati tanti a Cavaglio d’Agogna. Che io ricordo, ne hanno ammazzati sette; uno, povero ragazzo, l’hanno ammazzato là…in una chiesetta…stava mangiando una mela…aveva ancora un pezzo di mela in bocca…ma quel ragazzo non era di Cavaglio…hanno ammazzato anche alcuni partigiani di Novara.
[…] “Mamma mia! Quante paure e quante tremarelle che abbiamo preso!…Però, quanti ragazzi giovani hanno ammazzato”.
O forse degli ultimi 100 anni.
Corriere della Sera, 26 aprile 1945, annuncio della Liberazione.