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giugno 8, 2013

I vegetariani vivono più a lungo dei carnivori.

I vegetariani vivono più a lungo dei carnivori. Questo il risultato dello studio pubblicato su JAMA Internal Medicine

I vegetariani vivono più a lungo dei carnivori

Lo studio pubblicato su JAMA, Journal of the American Medical Association, rivela che i vegetariani vivono più a lungo dei carnivori. I medici sono giunti a questo risultato avendo seguito 73.308 membri della Chiesa avventista del settimo giorno per quasi sei anni. La chiesa è nota per la promozione di una dieta vegetariana (anche se non tutti seguono queste indicazioni) per cui si raccomanda:

l’uso generoso di pane di grano intero, cereali e pasta, un abbondante uso di verdure fresche e frutta, un uso moderato di legumi, noci e semi.

I ricercatori hanno diviso le persone in quattro grandi categorie: i non-vegetariani, i semi-vegetariani, ossia che mangiano carne più di una volta al mese ma meno di una volta alla settimana e poi i vegani che non mangiano carne, latte e tutti i derivati animali come le uova o il miele. Infine c’è chi mangia pesce ma non mangia carne, anche se consuma latticini e uova e i ricercatori hanno messo assieme quest’ultimo gruppo di persone sotto la voce “vegetariani”.

I ricercatori hanno seguito le diete dei partecipanti al monitoraggio concentrandosi su vegetariani e non-vegetariani e hanno analizzato poi le cause della morte. Ebbene nel periodo di controllo è stato riscontrato il 12& di decessi in meno dei vegetariani. Dunque le scelte alimentari sembrano aver giocato un ruolo importante nel proteggere le persone da malattie cardiovascolari per cui i vegetariani hanno il 19% delle probabilità in meno di morire rispetto a coloro che assumono carne. Si sono riscontrati anche un numero inferiore di decessi legati a patologie quali diabete o insufficienza renale.

gennaio 6, 2013

Paradosso su bilancia,con qualche kg in piu’si muore di meno.

UN'OPERA DI BOTERO UN’OPERA DI BOTERO

Non e’ una buona scusa per regalarsi l’ennesima fetta di pandoro farcito, ma un paradosso dalle origini ancora poco chiare: essere in sovrappeso o solo leggermente obesi, paradossalmente, potrebbe ridurre, anche se di poco, il rischio di morte.

La conferma arriva da un maxi-studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association dall’equipe di Katherine Flegal dei Centers for Disease Control and Prevention a Hyattsville, Maryland.

Il paradosso dell’obesita’ e’ un concetto ormai ampiamente documentato: vari studi hanno infatti mostrato che essere in sovrappeso o solo lievemente obesi, in realta’, non aumenta il rischio di morte come invece l’obesita’. Gli esperti Usa hanno passato in rassegna i dati di 27 ricerche svolte in tutto il mondo su questo argomento per un totale di quasi tre milioni di individui coinvolti e 2700 decessi registrati.

gennaio 31, 2011

TUMORI: ‘COLD CASE’ GENETICI, DOPO 30 ANNI GLI SCIENZIATI CANADESI RISOLVONO DUE ENIGMI .

Due misteri scientifici che duravano da decine di anni e che grazie alla genetica non sono più tali. Arrivano da due studi, pubblicati sul New England Journal of Medicine e sul Journal of the American Medical Association (JAMA), le soluzioni scritte nel Dna a due enigmi che duravano da oltre 30 anni. Nel 1976 a un paziente, Adolfo Pampena, fu diagnosticata una rara forma di cancro che causava una combinazione di sintomi e fu associata all’insorgenza di tumori multipli allo stomaco e al colon. Dopo 35 anni i ricercatori della McGill University, in Canada, hanno isolato il gene responsabile della malattia, BUB1B, coinvolto nel processo di separazione cromosomica. Basta un difetto e i cromosomi possono finire nel posto sbagliato, provocando l’insorgenza dei tumori. “Adesso possiamo anticipare la malattia”, dice William Foulkes, il cui team di ricerca presso la McGill è autore di un’altra scoperta che ha interessato cinque famiglie con una storia di gozzo multinodulare tossico, una rara malattia della tiroide che può portare gonfiori del collo e della laringe. Colpevole, questa volta, è la mutazione del gene DICER1. “Modifica una proteina in un unico posto e questo è sufficiente a provocare il gozzo”, spiega Foulkes.

La scoperta, pubblicato su JAMA, ha notevoli conseguenze. Per esempio, le donne in tre delle famiglie studiate avevano sviluppato una insolita forma di tumore ovarico, chiamato tumore a cellule di Sertoli-Leydig. Il collegamento tra i due problemi era stato solo ipotizzato nel 1974. Il gruppo di Foulkes è stato in grado, grazie all’analisi del Dna, di individuare lo stretto legame tra gozzo multi-nodulare e questi rari tumori”. La prospettiva è rassicurante. Conoscere in anticipo il rischio familiare con analisi genetiche. Impensabile 30-40 anni fa, impensabile come guardare nei geni che provocano il cancro. (ASCA)

aprile 29, 2010

Gli zuccheri «nascosti» che fanno male al cuore.

Bibite gassate, succhi di frutta zuccherati e prodotti dolciari di vario tipo possono, se assunti in quantità eccessiva, nuocere alla salute del cuore. La responsabilità, secondo i ricercatori dell`Emory University School of Medicine di Atlanta (Usa), sarebbe degli zuccheri aggiunti usati per la preparazione di questi alimenti. La metà di questi zuccheri assunti quotidianamente si trova nelle bibite, spiega Miriam Vos, che ha guidato la ricerca, “ma si trovano in molti altri prodotti, dai cereali ai prodotti da forno”.

La ricerca, pubblicata sul Journal of the American Medical Association, è stata condotta su 6.113 soggetti esaminati per sette anni, dal 1999 al 2006. Gli studiosi hanno rilevato che in media un americano adulto assume attualmente il 15,8% dell`introito quotidiano di calorie dagli zuccheri aggiunti – circa 90,56 grammi, ovvero 21,4 cucchiaini, pari a 359 calorie – contro il 10,6% del 1977-78, e contro una media che dovrebbe attestarsi, secondo gli studiosi, a circa il 5% dell`introito calorico giornaliero.

Gli effetti degli zuccheri sul cuore, si legge nello studio, possono interessare già coloro che superano il 5% di calorie dagli zuccheri aggiunti: per chi arriva al 10%, ad esempio, il livello di colesterolo buono (HDL) presente nel sangue può diminuire fino a tre volte. Un elevato consumo di zuccheri è inoltre risultato associato ad alti livelli di trigliceridi e, in particolare nelle donne, all`incremento del colesterolo cattivo (LDL).

“Lo studio ha dimostrato l`esistenza di una correlazione tra i fattori di rischio cardiovascolare e il consumo di zuccheri aggiunti nei cibi – spiega Miriam Vos, ricercatrice dell`Emory University School -. Circa la metà di questi carboidrati si trova nelle bevande analcoliche, ma essi sono presenti in gran quantità anche in diversi altri prodotti”.(il sole 24 ore)