Una nuova ricerca dell’Universita’ di Goteborg in Svezia ha dimostrato che il metabolismo del colesterolo e’ regolato dai batteri dell’intestino tenue.La scoperta sara’ molto importante per lo sviluppo di nuovi farmaci per le malattie cardiovascolari correlate al fattore di rischio colesterolo. La ricerca ha rivelato che i batteri intestinali riducono la sintesi della bile nel fegato attraverso la segnalazione di una specifica proteina, nota come recettore FXR, dal piccolo intestino. “I farmaci che riducono i livelli di colesterolo hanno, negli ultimi anni, notevolmente ridotto i decessi per malattie cardiovascolari“, ha spiegato Sama Sayin, medico dell’Accademia Sahlgrenska dell’Universita’ di Goteborg e primo autore dello studio.
Colesterolo: studio svedese dimostra che è regolato anche da batteri intestinali.
Batteri intestinali possono rivelare il diabete di tipo 2.
06:13 pm | I batteri intestinali possono rivelare la presenza del diabete di tipo 2. A dirlo un nuovo studio pubblicato su ”Nature”. Il numero di persone che soffrono di diabete…
16 ottobre 2012 / Leggi tutto »
L’efficacia delle statine determinata dalla flora batterica.
La risposta al trattamento con statine – i farmaci utilizzati per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo – dipende dai batteri presenti nell’intestino.
Ne da’ notizia PLoS One pubblicando uno studio coordinato da Rima Kaddurah-Daouk della Duke University di Durham (Stati Uniti), secondo cui il trattamento e’ piu’ efficace se i microbi intestinali producono tre specifici tipi di acidi biliari, molecole coinvolte nel metabolismo del colesterolo.
Batteri intestinali: dividono la popolazione mondiale in tre grandi gruppi (enterotipi).
Si chiamano “enterotipi”, sono di tre tipologie e dividono la popolazione mondiale in altrettanti gruppi a seconda dei loro batteri intestinali: è quanto emerge dall’ultimo studio del MetaHIT, il Consorzio internazionale del microbioma umano, pubblicati oggi su Nature.
Al pari dei gruppi sanguigni, che suddividono la popolazione mondiale a prescindere da sesso, età e provenienza geografica, lo studio ha identificato tre raggruppamenti di batteri intestinali, chiamati “enterotipi”, nei quali possono essere classificati tutti gli esseri umani. La scoperta apre nuove strade a una migliore comprensione della biologia umana e a diverse applicazioni nel campo della scienza medica e della nutrizione.
I ricercatori dell’EMBL, il laboratorio Europeo di Biologia Molecolare, hanno analizzato un’ingente mole di dati raccolti da tre diverse indagini epidemiologiche – la prima ha coinvolto 39 soggetti provenienti da Europa, Asia e America, la seconda 85 cittadini danesi e la terza 154 americani.
Celiachia, passa dalla risposta infiammatoria.
E’ il primo studio a identificare un anomalo cammino biochimico come fattore eziologico della perdita di tolleranza agli antigeni presenti negli alimenti.
Bloccando un fattore che attiva la risposta immunitaria umana contro i batteri intestinali o alcuni cibi è possibile prevenire lo sviluppo della malattia celiaca nei soggetti più a rischio: è questa la conclusione di uno studio apparso sulla rivista Nature.L’attenzione dei ricercatori era focalizzata su due sostanze, l’interleuchina 15 e l’acido retinoico, un derivato della vitamina A, in grado di agire come fattori scatenanti della risposta infiammatoria al glutine, una proteina molto diffusa nei cereali e largamente utilizzata nell’industria alimentare, che è all’origine della malattia celiaca.
L’equilibrio delicato della flora batterica intestinale.
Un enzima utilizzato dall’organismo per impedire che i batteri intestinali entrino nel flusso sanguigno è risultato cruciale anche per mantenere la normale popolazione microbica all’interno dell’apparato gastrointestinale, secondo i risultati diuno studio pubblicato sulla rivista Gut che potrebbe avere notevoli implicazioni per la limitazione degli effetti collaterali degli antibiotici.
Quasi tutti gli animali superiori possiedono una popolazione di microbi, principalmente batteri, nel tubo digerente. Questi organismi non sono pericolosi ma anzi hanno un effetto positivo sulla digestione, e la loro presenza previene la proliferazione di batteri patogeni.
Poiché tuttavia gli antibiotici uccidono ogni forma di vita microbica non resistente, compresa quella che alberga nell’intestino, il normale equilibrio di microorganismi salutari e pericolosi viene alterato, con conseguenti problemi sanitari che vanno dalla diarrea all’infezione da parte di ceppi batterici resistenti agli antibiotici.
Già nel 2008 il gruppo di Hodin aveva cercato di rispondere a una domanda fondamentale: perché i batteri intestinali e le loro tossine non passano nel flusso sanguigno? Dagli studi era emerso il ruolo cruciale della fosfatasi alcalina intestinale (IAP), un enzima prodotto dalla mucosa intestinale, nella protezione dalle molecole tossiche trovate in molti batteri patogeni. Questa circostanza ha dato l’occasione per affrontare un nuovo programma di studi diretti a comprendere in che modo questo enzima possa interagire con i batteri intestinali.
Studiando topi di laboratorio mancanti del gene per la IAP si è così riscontrato che tali animali avevano un ridotto livello di tutti i batteri intestinali e in particolare non possedevano ceppi di Escherichia coli, che peraltro non riuscivano a crescere neppure se introdotti di artificialmente.