aprile 12, 2012
Sviluppata una nuova tecnica per l’analisi di immagini del cervello che offre la possibilita’ di utilizzare la risonanza magnetica (MRI) per predire il tasso di progressione di molte malattie degenerative.

La tecnica e’ stata messa a punto da un team interdipartimentale del San Francisco Medical Center e della University of California – San Francisco (UCSF). Gli scienziati hanno utilizzato nuove metodologie di modellazione al computer per prevedere realisticamente, partendo da immagini di 14 cervelli sani, la progressione fisica del morbo di Alzheimer e della demenza frontotemporale (FTD).
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febbraio 18, 2012
Da un nuovo studio basato su tecniche di imaging cerebrale condotto dalla University of North Carolina, Chapel Hill, emergono delle differenze significative nello sviluppo del cervello nei bambini ad alto rischio di autismo gia’ dall’eta’ di 6 mesi.
“Si tratta di una scoperta molto importante – ha detto Jason J. Wolff, ricercatore presso il Carolina Institute for Developmental Disabilities (CIDD) e primo autore dello studio pubblicato sul Journal of Psychiatry – perche’ rappresenta un primo passo verso lo sviluppo di un biomarker per il rischio di autismo, uno strumento molto piu’ precoce rispetto agli attuali mezzi diagnostici”. Lo studio suggerisce, inoltre, che l’autismo non appare improvvisamente nei bambini piccoli, ma si sviluppa nel tempo durante l’infanzia.
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novembre 6, 2010
(AGI Salute) Washington, 22 apr. – Messa a punto una nuova tecnica di imaging che ha permesso di stimare la percentuale degli infarti del miocardio non riconosciuti. Sono infarti ‘silenti’ o Umi (dall’inglese ‘Unrecognized myocardial infarction’) che arrivano senza dare evidenti sintomi e per questo rappresentano un evento patologico molto insidioso. A realizzare la nuova tecnica e a fare una stima degli infarti ‘silenti e’ stato un gruppo di ricercatori della Duke University Medical Center in uno studio pubblicato sulla rivista Plos Medicine. Si e’ calcolato che negli Stati Uniti ci sono circa 200 mila soggetti che hanno avuto un infarto senza essersene accorti. In generale, il 35 per cento dei soggetti che soffrono di arteropatia coronarica hanno i ‘segni’ di un precedente infarto non diagnosticato. S Un infarto recente puo’ lasciare alcuni segni nel elettrocardiogramma (Ecg), ma se e’ trascorso un lasso di tempo piu’ ampio l’evento lascia un segno inequivocabile nella cosiddetta ‘onda Q’ del tracciato Ecg che segnala la presenza di un danno al tessuto cardiaco. “Il problema e’ che non tutti gli Umi – ha spiegato Han Kim, coordinatore dello studio – sono rintracciabili nell’onda Q: tale sottogruppo e’ percio’ denominato infarti del miocardio ‘non onda-Q’.
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