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07:40 pm | Contro il colesterolo cattivo e per un cuore in salute, la carne rossa può fare la sua parte. Diversamente da quanto creduto finora, infatti, la carne rossa può…
21 novembre 2012 / Leggi tutto »
Una ricerca, coordinata dal Massachusetts General Hospital di Boston, su un campione di 120.000 persone porta un duro colpo alla tesi che l’Hdl possa evitare il rischio cardiovascolare.
Il colesterolo buono (Hdl) potrebbe essere meno efficace del previsto nel ridurre il rischio di infarto. Da uno studio internazionale su un campione di 120.000 persone, appena pubblicato su Lancet 1, emergono forti dubbi sul fatto che, aumentando le concentrazioni ematiche, il rischio cardiaco effettivamente si riduca. Alla ricerca, coordinata da Sekar Kathiresan del Massachusetts General Hospital di Boston 2 e dal Dipartimento di genetica all’università della Pennsylvania 3, hanno partecipato ricercatori italiani della Fondazione Policlinico di Milano, dell’azienda ospedaliero-universitaria di Parma e dell’Università di Verona. L’eccesso di colesterolo ‘cattivo’ Ldl- mette in pericolo la salute del cuore e delle arterie e quindi ridurne i livelli abbassa anche il rischio cardiovascolare. Ma gli studiosi si sono chiesti che cosa accade aumentando quelli di colesterolo buono?
La passione per le bibite dolci può colpire al cuore i rappresentanti del sesso forte. Gli uomini che bevono una lattina di bevanda zuccherata al giorno rischiano di incappare in una cardiopatia il 20% più di quelli che non le consumano. Lo rivela uno studio americano pubblicato su ‘Circulation’.
“Questo studio si aggiunge alle crescenti testimonianze del fatto che le bevande zuccherate sono dannose per la salute cardiovascolare”, ha sottolineato Frank B. Hu, autore principale della ricerca e docente di nutrizione ed epidemiologia dell’Harvard School of Public Health a Boston. “Di certo fornisce una forte motivazione per ridurre il consumo di bevande dolcificate tra i pazienti, e cosa più importante, nella popolazione generale”. I ricercatori, che hanno studiato 42.883 uomini tra i 40 e i 75 anni, tutti operatori sanitari, all’interno dell’Health Professionals Follow-up Study, hanno scoperto che l’aumento del pericolo si manifesta anche dopo aver tenuto conto di altri fattori di rischio, tra cui fumo, pigrizia, uso di alcol e storia familiare di malattia cardiaca.
HDL, LDL, diagramma (in inglese)
Il colesterolo implicato in patologie come l’osteoporosi e la perdita di densità delle ossa
Il colesterolo, ahimè, non fa male solo al cuore e alle arterie ma anche alle ossa. Questo era già stato suggerito da alcuni precedenti studi, tuttavia il collegamento non era mai stato chiarito.
L’osteoporosi, per esempio, colpisce un importante fetta della popolazione e il numero di pazienti pare essere in continuo aumento. E, a contribuire alla diffusione di questa malattia, che assume anche carattere invalidante, c’è anche il colesterolo. Con un collegamento diretto. Lo suggerisce un recente studio ad opera di ricercatori americani del David Geffen School of Medicine presso l’Università della California a Los Angeles (UCLA).
Le statine sembrano essere efficaci anche nella prevenzione dell’ictus oltre che nella riduzione del colesterolo
Le preziose statine, negli ultimi anni oggetto di molte ricerche – e di business da parte di alcune aziende alimentari che le aggiungono ai più svariati alimenti – sembrano essere implicate anche nella prevenzione dell’ictus in soggetti predisposti.
Questi elementi, infatti, non solo confermano il loro ruolo positivo nella riduzione del colesterolo LDL, cosiddetto “cattivo”, ma anche nel miglioramento della coagulazione sanguigna.
Le persone che hanno il colesterolo molto alto, si sa, sono considerati soggetti ad alto rischio di ictus a causa dei coaguli sanguigni che impediscono il normale afflusso di sangue a cuore e cervello.
La struttura del colesterolo HDL – il cosiddetto colesterolo buono – è stata ricostruita per la prima volta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Cincinnati (UC) coordinato da Sean Davidson, professore di anatomia patologica del dipartimento di medicina dell’UC.
Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Structural & Molecular Biology è il primo passo per poter riuscire a spiegare perché questa sostanza sia in grado di proteggere dai disturbi cardiovascolari, incluso l’infarto del miocardio e l’ictus.
Il colesterolo HDL, o lipoproteina ad alta densità è un insieme di proteine e grassi che trasporta i grassi in specifici siti dell’organismo. Nell’ambito della ricerca biomedica, molti sforzi sono diretti alla sintesi di farmaci in grado di incrementare i suoi livelli in combinazione con i farmaci esistenti che diminuiscono i livelli di lipoproteine a bassa densità, o colesterolo LDL, conosciuto come “cattivo”.
Si chiama CLADIS, ha lo stesso sapore di quello originale ma, in più, è ricco di acido linoleico coniugato (CLA), un acido grasso polinsaturo che contribuisce a proteggere l’organismo dalle malattie cardiovascolari. E’ il formaggio pecorino messo a punto dal team del professor Pierlorenzo Secchiari della Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa. È stato ottenuto mediante latte di pecore nutrite con uno speciale mangime ricco di semi di lino estrusi – una fonte naturale di precursori di acido linoleico coniugato (CLA) – che gli stessi sperimentatori hanno già dimostrato portare alla produzione di un latte particolarmente ricco di CLA.
Il nuovo formaggio sarà presto allo studio dei ricercatori del Policlinico di Abano Terme – Fondazione Leonardo che ne vogliono testare gli effetti protettivi. Denominato CLADIS (The impact of dairy food rich in CLA: A Dietary Intervention Study in older women with the metabolic syndrome), il trial durerà trenta mesi e coinvolgerà una popolazione di 100 donne over 60 con sindrome metabolica. Questo tipo di pazienti potrebbe ottenere un doppio beneficio dal CLA: prevenzione di malattie cardiovascolari e di osteoporosi.
I latti fermentati addizionati di fitosteroli sono in grado di abbattere di circa il 10% il livello di colesterolo cattivo in soggetti con moderata ipercolesterolemia. Lo dimostra la prima metanalisi compiuta su circa 400 persone che ha analizzato i risultati di 3 lavori già pubblicati in letteratura sull’effetto di un latte fermentato con aggiunta di 1,6 g di steroli vegetali (Danacol). I dati sono stati presentati oggi, nel corso del XV International Symposium on Atherosclerosis (ISA), che si è tenuto a Boston.
“Il lavoro è il primo che si basa su circa 400 pazienti avendo raccolto i risultati di tre dei più significativi studi disegnati per analizzare l’effetto dei fitosteroli sulla colesterolemia, e specialmente della frazione legata alle lipoproteine LDL (colesterolo LDL, o LDL-C) – ha dichiarato Alberto Notarbartolo, Ordinario di Medicina Interna Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Palermo – I risultati della metanalisi dimostrano ancora una volta come l’alimentazione funzionale giochi un ruolo di grande importanza nelle strategie di prevenzione contro il principale fattore di rischio cardiovascolare : il colesterolo. L’utilizzo di fitosteroli contenuti nei latte fermentati sui quali i 3 lavori si basano è, infatti, in grado di ridurre senza alcun tipo di rischio lo LDL-colesterolo mediamente del 10%”.
La metanalisi si è basata su 3 studi multicentrici condotti con la stessa metodologia utilizzata per i farmaci (randomizzati,controllati con placebo e a doppio cieco), tra Francia, Spagna e Italia che hanno valutato da tre a sei settimane l’effetto di un latte fermentato addizionato di 1,6 g di fitosteroli sul livello di colesterolo in una popolazione di pazienti che presentavano una ipercolesterolemia moderata.
Ma la lotta contro il colesterolo – e quindi contro uno dei principali rischi per il cuore – si deve combattere giorno per giorno, con costanza se si vogliono ridurre i futuri eventi cardiovascolari. “Se un aiuto consistente viene dagli alimenti funzionali è necessario però inserire il suo utilizzo all’interno di un programma basato su alimentazione e stile di vita salutare. Nei casi di colesterolemia non lieve, oltre i 240 mg/dL, o in presenza di un rischio coronarico globale alto, cioè dove siano presenti altri fattori di rischio importanti come la ipertensione arteriosa, il diabete o la storia di un precedente evento cardiovascolare, è necessario rivolgersi al proprio medico ed eventualmente ricorrere a rimedi farmacologici – ha concluso Notarbartolo.(liquidarea)
La maggioranza delle variati identificate come associate al colesterolo LDL sono associate anche alle patologie cardiovascolari
Sono 95 le regioni del genoma umano – in parte già note e in parte no – le cui varianti sono associate alla regolazione dei livelli sanguigni di colesterolo e trigliceridi: questa la conclusione di un nuovo studio effettuato dai ricercatori della School of Public Health dell’Università del Michigan guidati da Tanya Teslovich.
Sul totale, due regioni genomiche sono quelle ben conosciute che rappresentano i bersagli delle terapie farmacologiche; alcune altre sono note per essere associate a valori estremi di livelli di colesterolo e trigliceridi; infine ben 59 varianti sono state associate ai per la prima volta, come viene spiegato nell’articolo di resoconto pubblicato sulla rivista Nature.
Inoltre, molte delle varianti identificate in queste regioni genomiche nelle popolazioni di origine europea sono le stesse che influenzano il profilo lipidico anche di soggetti asiatici e afroamericani.
Il gruppo di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sui quattro parametri che costituiscono il cosiddetto profilo lipidico di un individuo: colesterolo totale, colesterolo LDL (o “colesterolo cattivo”), colesterolo HDL (o colesterolo “buono”) e trigliceridi combinando i risultati di 46 studi differenti per complessivi 100.000 soggetti considerati.