di Giovanni Scirocco.
Da questa notte è iniziata la tregua tra Hamas e Israele.Vari amici mi hanno chiesto di dire che cosa io pensi di quello che è successo nelle ultime settimane, e più in generale della questione palestinese. Non è facile parlarne. Perché ho sempre l’impressione di non saperne abbastanza. Devo studiare di più, devo studiare meglio.Ma alcune cose si possono e si devono dire.Se io fossi palestinese, figlio di un uomo nato all’epoca del mandato britannico, custodirei come un tesoro la chiave della casa di mio padre, abbandonata nel 1948. Di tutto il resto si può anche discutere – gli errori degli Stati arabi, le illusioni dei palestinesi, il colonialismo britannico, l’eccezionale intraprendenza e capacità degli ebrei. Tutto va messo in conto, ma questa resta una verità che non può essere ignorata: quelle chiavi di quelle case perdute per sempre esistono. E aggiungo: se fossi un palestinese, andrei alla porta di Damasco a protestare per i miei diritti violati, e tirerei sassi contro la polizia israeliana, a rischio di finire ammazzato.Se fossi ebreo, in Israele, chiederei al mio governo di fare in modo che non si debba correre nei rifugi quando suonano le sirene dell’antiaerea. Chiederei al mio governo di colpire duramente, con ogni mezzo, chi vuole cancellare la mia patria dalla carta geografica. Se fossi ebreo in Israele con un figlio sotto le armi, chiederei ai comandanti di Tsahal di operare in modo da non mettere inutilmente a rischio la sua vita e quella dei suoi compagni.Sono considerazioni banali. Ma forse aiutano a capire perché, 73 anni dopo la nascita dello Stato di Israele, i diretti protagonisti della “questione” non possano e non debbano essere lasciati soli nel tentativo di trovare una via d’uscita. Perché da soli non la troveranno.Sui fatti recenti. Ai civili palestinesi di Gerusalemme, che stavano legittimamente protestando per una questione di diritti civili, è stata rubata la scena da Hamas. Mi spiego meglio. La protesta per gli sfratti di Gerusalemme Est poteva essere un modo per attirare l’attenzione del mondo sulle violazioni dei diritti umani quotidianamente commesse dalle forze di sicurezza israeliane ai danni dei palestinesi. Limitazioni alla libertà di movimento, perquisizioni arbitrarie, demolizioni, violazione dell’habeas corpus. Hamas ha trasformato un confronto su temi che avrebbero potuto e dovuto creare un consenso diffuso attorno ai palestinesi di Gerusalemme – temi su cui molti israeliani sono pronti ad impegnarsi al loro fianco: basta leggere un quotidiano come “Haaretz”, cosa che consiglio di fare a tutti gli interessati – in una “guerra balistica” assurdamente asimmetrica. Al prezzo di 232 vittime a Gaza, tra cui 75 bambini, Hamas ha ottenuto visibilità, ha preso di fatto la guida politica dei palestinesi anche al di fuori della “striscia” sotto il suo controllo diretto, ha rinsaldato il proprio legame strategico con l’Iran.I vincitori di questo breve conflitto sono i peggiori possibili: Hamas e Netanyahu, rimasto un’altra volta miracolosamente in piedi grazie alla guerra. Ma sono vincitori solo oggi, nell’immediato: le conseguenze a lungo termine sono difficili da valutare.Gli sconfitti, a parte i morti – 232 palestinesi, 12 israeliani – e le migliaia di palestinesi di Gaza rimasti senza casa, sono i costruttori di pace. Non è certo una novità. La pace conviene a pochi. Non al regime di Teheran, non a Erdogan, ad esempio.Un’ultima nota. A Gaza, che credo sia il posto al mondo con la più alta densità di popolazione, deve essere difficile sottrarsi ai bombardamenti, anche se “di precisione”. È fuori di dubbio che l’aviazione e l’esercito israeliano cerchino di limitare i “danni collaterali” – sarebbero stupidi, oltre che criminali, se non lo facessero: e di certo non sono stupidi – ma restano 232 morti, tra cui 75 bambini, che si vanno ad aggiungere a una lunga storia di sangue, dolore, disperazione. E che non possono far altro che generare desiderio di vendetta. Ogni famiglia colpita da un lutto è un passo in direzione opposta a quella della pace, verso un futuro terribile.