Posts tagged ‘Green Economy’

gennaio 19, 2021

Capire il senso di un film negli ultimi cinque minuti.

di Beppe Sarno

“Una intervista che lascia il segno.” Così è stata definita l’intervista concessa da MassimoD’Alema al “Fatto”il 6 gennaio scorso.  Non so se questa intervista lascerà il segno ma certo è un’intervista che presenta spunti importanti di riflessione. Afferma D’Alema “ Siamo in una situazione in cui le persone hanno paura e quando le persone hanno paura le istituzioni devono offrire sicurezza.” D’Alema chiama le istituzioni a garantire la sicurezza ai cittadini.  C’è, quindi, da parte di D’Alema un richiamo forte allo Stato come garante delle istituzioni e del loro funzionamento per allontanare le paure, ogni tipo di paura delle persone.  Nuovo lo Stato, finalmente.

Continua D’Alema “ La democrazia deve continuare a funzionare. Il problema vero è che questa esperienza deve essere l’occasione di un cambiamento. Ne abbiamo vissute due grandissime del modello della globalizzazione senza regole: una è stata quella finanziaria del 2008 e poi questa. In realtà, alla crisi del 2008 che doveva imporre un cambiamento, la risposta non è stata adeguatamente coraggiosa. C’è stata una capacità di resistenza, una pervicacia del modello neoliberista che è riuscito a spingersi oltre la propria manifesta insostenibilità.

D’Alema parla affermando “la ricerca e l’industria, dovranno orientarsi a dare risposte a bisogni umani collettivi……  Tornano di stringente attualità valori, idee che sono appartenuti al periodo d’oro della sinistra europea, quello del welfare, dello Stato sociale…ed ancora come si riorganizza una presenza pubblica nell’economia e in che modo i grandi beni comuni tornano ad essere considerati non delle spese ma fattori trainanti dell’economia.

Finalmente qualcuno esce dal solito dibattito asfittico in cui si parla di cosa fare per accontentare l’Europa o uscirne  e ben vengano le parole di D’Alema. Di fronte al rassegnato consenso dato all’Europa ed alle sue stringenti regole  che hanno impoverito le popolazioni di mezz’Europa c’è la necessità di ribadire come irrinunciabile e corretta alternativa un richiamo alla politica delle cose, dei bisogni, dei contenuti, dei caratteri distintivi qualificanti sotto l’aspetto sia ideologico sia operativo per consentire un’inversione di tendenza per modificare il contesto socioeconomico garantendo il diritto di rappresentanza ai lavoratori che oggi sono a margine del dibattito politico complessivo. In questa crisi si parla dei diritti delle imprese, delle imprese che chiudono, viceversa la parola “lavoratore”, “operaio” non viene mai menzionata, al pari di una bestemmia.

M domando di fronte alle osservazioni di D’Alema, come socialisti  quale strategia, quale base concreta di confronto ideologico abbiamo da proporre per superare i limiti di una frammentazione della sinistra che impedisce la nascita di una forza numericamente sufficiente a difendere i diritti dei lavoratori, dei deboli, degli ultimi.

Di fronte agli appelli di volenterosi compagni a ricostruire l’unità socialista mi domando se siamo capaci di dare una risposta che sia una elaborazione aggiornata e moderna  e che spieghi in termini chiari e compiuti quale realtà nuova economica, sociale e politica vogliamo creare. Mi domando ancora se abbiamo un progetto politico condivisibile che ci serva non per l’oggi e per il domani  ma per costruirvi attorno una strategia basata su precise sequenze logiche  e scadenze definite.

D’Alema parla nella sua intervista di irreversibile necessità di una svolta verso la green economy…… che non  può essere affidata soltanto alla logica di mercato e si domanda se
 esiste oggi un pensiero, oltre che un’organizzazione, di sinistra in grado di affrontare sfide quali quelle che tu hai delineato?
D’Alema risponde che esiste tale pensiero che abbia come linee guida la  riforma di un capitalismo  compatibile con la democrazia e che ……… richiede un maggiore equilibrio tra il ruolo dello Stato e il mercato; un nuovo patto tra pubblico e privato. Secondo D’Alema nel momento in cui si decide di finanziare il Recovery fund attraverso la creazione di un debito europeo, si fa una scelta politica, una scelta di sovranismo europeo e più avanti afferma . “E’ il tema affrontato, non a caso secondo me, nell’ultima Enciclica di Papa Francesco che rappresenta un punto di vista illuminante. Enciclica che è stata accolta con molta freddezza nel mondo occidentale, ma che io credo accenda una luce nella direzione giusta.” Anche io credo che l’Enciclica di Papa Francesco indichi una via, che io condivido, ma io la voglio percorrere da socialista perché la risposta dei socialisti deve fondarsi sulla convinzione che l’unica risposta possibile  ai problemi dei lavoratori e ai problemi del progresso sociale e quella ispirata dai principi espressi nella nostra Carta Costituzionale e che parli nei termini democratici e rinnovatori del pensiero socialista. D’Alema parla di una scelta giusta compiuta dal PD nell’avviare una collaborazione con i 5 Stelle ma secondo d’Alema non basta, bisogna spingere lo sguardo oltre l’emergenza, è necessario ricostruire un grande partito della sinistra che oggi non c’è. Quella del PD appare oggi un’esperienza non riuscita, così come gli altri tentativi di costruire esperienza politiche esterne o contrapposte al PD.”e conclude “Con onestà bisogna dire che non ce l’abbiamo fatta, c’è bisogno di una nuova forza…..c’è bisogno di una risposta ideologica. “ D’Alema non è Veltroni, fortunatamente, e infatti conclude affermando “. Non riesco ad immaginare una nuova sinistra che non assuma come propria l’idea di solidarietà umana e di fraternità che viene proposta nell’ultima Enciclica di papa Francesco.”

Questa intervista che secondo l’intervistatore è destinata a lasciare il segno, è certamente un’intervista importante perché D’Alema propone una base di discussione che innanzitutto prenda atto del fallimento del PD come forza innovatrice, che prenda atto della necessità di dare allo Stato la centralità che aveva e che oggi non ha più.

Lo Stato deve avere il diritto di intervenire per garantire La riduzione delle disuguaglianzenella distribuzione del reddito e della ricchezza all’interno della società e per eliminare quegli ostacoli atti ad eliminare l’incertezza del futuroche caratterizza l’attuale sistema capitalistico, dove ogni individuo deve sempre misurarsi in competizione con gli altri. D’altro canto D’Alema sottolinea la necessità di cambiare i sistemi produttivi adeguandoli ad un  sistema basato sulla green economy e  sullo sfruttamento devastante delle  risorse naturali e per questo ritiene necessario misurarsi con l’Enciclica di Papa Francesco.

Bisogna dare credito a D’Alema, ma D’Alema deve capire che esiste una sinistra che si richiama ai principi del socialismo. Una sinistra  che non è mai morta ed anche se non  organizzata in un partito di massa respinge ogni suggestione di subordinazione, ogni tentativo di subordinare l’indipendenza ideologica, ogni tentativo di agire in funzione dei possibili giudizi altrui.  Nessuno e tanto meno D’Alema, a cui va data l’attenzione e il rispetto che merita, può credere di arruolarci se non dopo un confronto aperto leale e paritetico che fondi le sue basi sulla necessità indifferibile di creare una nuova società che parta dal riscatto morale e materiale dei lavoratori, dei disoccupati, dei migranti, delle donne. In questa misura potremo misurarci con D’Alema consapevoli  che il socialismo è l’unico strumento indispensabile per un’autentica rigenerazione della società. Se noi continueremo, viceversa  a vivere la nostre vite come reduci di antiche e nobili battaglie, succubi dell’ascendente ideologico altrui, continueremo a navigare a vista e questa navigazione continuerà all’infinito impedendo ogni disegno strategico ed ogni confronto paritetico. Se questo dovesse avvenire non si potrà parlare per molto tempo, per nostra esclusiva responsabilità,  di strategie socialiste e forse anche di socialismo tout court.  

luglio 1, 2013

5 milioni di nuovi posti di lavoro verdi entro il 2020 secondo la Ue, occasioni perse in Italia?

L’Europa ha individuato possibilità per 5 nuovi milioni di posti di lavoro verdi con lo sviluppo della Green economy

5 milioni di nuovi posti di lavoro verdi entro il 2020 secondo la Ue, occasioni perse in Italia?

I green jobs o lavori verdi sono la chiave di volta individuata in Europa per rilanciare sia l’occupazione sia l’economia. Il volano viene definito dalla green economy ma di fatto è sempre economia anche se le risorse sono ripensate in maniera sostenibile. I 2 milioni di nuovi posti di lavoro dunque si declinano nel settore dell’implementazione dell’efficienza energetica mentre 3 milioni di posti di lavoro arrivano dalle energie rinnovabili. Due gli assi su cui si svilupperanno: le eco-industrie e la riconversione sostenibile delle industrie tradizionali. Peraltro a contribuire alla nascita del lavoro proprio gli obiettivi 20-20-20.

Ma in Italia le potenzialità della green economy sembrano siano sottovalutate. Infatti, manca completamente la promozione della domanda di lavoro nelle eco-industrie, ossia in tutte quelle realtà industriali che operano dalla gestione dei rifiuti, alle acque reflue, alle materie prime rinnovabili. Manca anche una adeguata formazione per garantire lavoro per fasce di competenza, se è per questo.

febbraio 11, 2013

Costituito il Consiglio nazionale della Green Economy.

Green Economy strumento per combattere la crisi Green Economy strumento per combattere la crisi

ROMA – E’ stato costituito il Consiglio Nazionale della Green Economy, formato da 53 organizzazioni di imprese ‘verdi’, per dare seguito al successo dell’iniziativa degli Stati generali della Green Economy, che si sono svolti a Rimini a novembre del 2012. Il Consiglio, si legge in una nota della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, sara’ sede di confronto, analisi, proposte e iniziative coinvolgendo organizzazioni di imprese di diversi settori per dare piu’ forza e peso ad una visione condivisa e a un’azione comune.

Il Consiglio promuovera’ un confronto col nuovo governo, con particolare attenzione al ministero dell’Ambiente e a quello dello Sviluppo Economico, per realizzare uno o piu’ accordi attuativi della piattaforma programmatica delle 70 proposte, varata dagli Stati Generali, a partire da una prima parte prioritaria.

novembre 9, 2012

Italia prima al mondo nel 2011 per fotovoltaico.

RIMINI – E’ stata l’Italia, nel 2011, il primo mercato al mondo del fotovoltaico. Il dato emerge dal rapporto ‘Green Economy per uscire dalle due crisi’, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con l’Enea e presentato in occasione degli Stati Generali della Green Economy.

Lo scorso anno, nel Paese, le fonti rinnovabili hanno rappresentato il terzo settore di approvvigionamento energetico, dopo petrolio e gas, con oltre il 13% del consumo totale lordo facendo anche registrare l’incremento maggiore tra tutte le fonti, con un balzo del 7%.

La crescita maggiore e’ risultata essere quella del fotovoltaico cresciuto di oltre cinque volte e mezzo rispetto al 2010 e con 9,3 GW installati nel 2011 ha reso l’Italia il primo mercato al mondo del fotovoltaico.

Secondo lo studio presentato a Rimini, l’Italia risulta anche il terzo paese dell’Ue per occupati (108.150) nelle rinnovabili dopo Germania e Francia.

novembre 5, 2012

La risposta a Monti.

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ROMA – Quasi 1 impresa su 4, il 23,6%, punta sulla green economy per superare la crisi. Il 38,2% delle assunzioni sono in settori ‘verdi’ dell’economia. Questi, in sintesi, alcuni dei dati del rapporto ‘Green Italy 2012′ di Unioncamere e Fondazione Symbola realizzato con il patrocinio dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico – presentato oggi a Roma.

Lo studio scatta una fotografia dello stato dell’arte in Italia per le eco-imprese, una ”peculiarita”’ della nostra industria legata alla ”riconversione in chiave ecosostenibile dei comparti tradizionali”: dalla chimica alla farmaceutica all’high-tech, passando per l’agroalimentare e l’industria tessile ed edilizia, fino ai servizi, senza dimenticare rinnovabili e rifiuti. Per Symbola e Unioncamere si tratta di una ”rivoluzione verde che attraversa il Paese da nord a sud, tanto che nelle prime 10 posizioni per diffusione delle imprese che investono in eco-tecnologie ci sono 4 regioni settentrionali e 6 del centro-sud”. Alta la propensione all’innovazione: ”Il 37,9% di queste imprese hanno introdotto innovazioni di prodotto o di servizio nel 2011, contro il 18,3% delle imprese” meno verdi. Lo stesso vale per ”la propensione all’export: il 37,4% vanta presenze sui mercati esteri (contro il 22,2% di chi non investe nell’ambiente).

Ancora una volta la risposta viene dalle persone di buona volontà. le piccole e medie imprese hanno capio qual’è la strada per uscire dalla crisi. Alla faccia di Monti e malgrado Monti. Saranno gli operai e le piccole imprese a salvare un’Italia mortificata e derelitta. Speriamo!

agosto 18, 2012

Senza investimenti e filiere industriali non ci sarà nessun futuro sostenibile.

di Guido Iodice e Daniela Palma, Keynesblog.com per greenreport.it
Si è ormai diffusa in questi ultimi anni di crisi economica l’idea che il recupero del degrado ambientale e la lotta al cambiamento climatico possano offrire un’ottima opportunità per il rilancio dell’attività produttiva. “Green economy” e “green growth” sono così diventati termini di uso corrente, impiegati per indicare l’elaborazione di strategie di sviluppo economico che concorrano alla salvaguardia dell’ambiente e che segnino l’inizio di una nuova (e sempre più attesa) stagione di crescita dell’occupazione.

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luglio 13, 2012

Green economy: la forza dei territori italiani.

Esiste un modo diverso di fare economia nel rispetto delle persone e dell’ambiente. In molti territori italiani è già una realta.

Vogliamo raccontarvi quanto si sta realizzando nel nostro Paese nel segno di una green economy aperta, trasversale a tanti settori, che produce a basse emissioni di CO2, fatta di coesione sociale e di identità territoriale, di alleanza tra soggetti sociali e istituzionali, di imprese innovative e di relazioni culturali e di ricerca, che sa costruire una nuova dimensione di diritti e di welfare, di benessere e di qualità della vita, radicata nei territori e che sa stare nel mondo globalizzato.

Clicca sulle impronte e scopri le storie virtuose realizzate nei nostri territori

luglio 7, 2012

Cinque proposte per «Un’altra strada per l’Europa»

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Un’alternativa alle politiche del Consiglio europeo dal Forum «Un’altra strada per l’Europa» tenuto al Parlamento europeo. Di fronte al rischio di un collasso dell’Europa, le politiche europee devono cambiare strada e un’alleanza tra società civile, sindacati, movimenti sociali e forze politiche progressiste – in particolare nel Parlamento europeo – è necessaria per portare l’Europa fuori … Leggi tutto

luglio 2, 2012

Decreto crescita: agevolazioni per le imprese della green economy che assumono giovani.


Le possibilità di lavorare nel settore ambientale negli ultimi anni sono aumentate sensibilmente, seppur non quanto probabilmente si prospettava qualche decennio fa. A provocare questo rallentamento ha giocato evidentemente un ruolo essenziale la crisi economica, anche se non si può trascurare certo il fatto che il Governo italiano abbia sempre fatto troppo poco in materia ambientale.

A tal proposito vorrei segnalare una notizia positiva in questo senso: nel decreto crescita, di recente pubblicazione, è contenuto un articolo (il n.57 del Dl 83/2012) che indica la possibilità di concedere finanziamenti agevolati per l’occupazione giovanile nei settori della green economy. Per poter accedere al finanziamento agevolato devono essere dei progetti di investimento redatti da soggetti privati che operano nei seguenti settori: protezione del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico e sismico; ricerca, sviluppo e produzione di biocarburanti di seconda e terza generazione; ricerca, sviluppo, produzione e installazione di tecnologie nel solare termico, solare a concentrazione, solare termodinamico, solare fotovoltaico, biomasse, biogas e geotermia; incremento dell’efficienza negli usi finali dell’energia nei settori civile e terziario, compresi gli interventi di social housing.

giugno 23, 2012

Rio +20 certifica il fallimento delle politiche ambientali.

A Rio+20viene ufficialmente annunciato il fallimento della green economy (anzi manco viene più definita) e della governance ambientale. L’accordo sottoscritto anche dall’Europa è di una mediocrità paurosa e sostanzialmente è il prezzo nero su bianco che l’ambiente dovrà pagare per sostenere l’economia dei paesi emergenti e dei paesi industrializzati: si ammette l’emissione di C02 in 400ppm piuttosto che in 350ppm così come approvato già nel 1992.

Dunque i politici sono d’accordo su un fatto: inquinare è il sistema più cheap per produrre merci; più merci si producono più l’economia del BRIC cresce; più il BRIC cresce più briciole arrivano ai paesi industrializzati che pascolano nella loro evidente obesità. Un sistema malato? Indubbiamente lo è. E accanto alla passerella da greenwashing la manifestazione de La Via Campesina che ha centrato l’obiettivo: a Rio si è vistoun vecchio capitalismo verniciato di verde e non è questa la Green Economy richiesta.

Mi scrive uno sconsolato Alfonso Pecoraro Scanio, ex ministro per l’Ambiente del governo Prodi, quello che in quanto Verde credeva ancora nell’ambiente:

Purtroppo il mio e tuo timore che Rio fallisse si è avverato nel più palese dei modi. Ho fatto bene a risparmiare almeno le emissioni di co2 del viaggio che avevo previsto. Ovviamente non dobbiamo scoraggiarci.

Alfonso ha cavalcato stagioni durissime dell’ambientalismo mondiale e italiano, è abituato a battaglie feroci, la sottoscritta è meno avvezza a tali guerre. Vi lascio dopo il salto le sue pungenti, lucide e solforose analisi.

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