Posts tagged ‘Goldman Sachs’

aprile 4, 2020

Anche i ricchi piangono!

Cina, verso la crescita più bassa di 44 anni: le previsioni

Malgrado alcuni timidi segnali di ripresa dalla devastazione causata dalla pandemia di coronavirus, la strada da percorrere resta estremamente incerta e la crescita potrebbe essere quasi completamente azzerata secondo molti, mettendo a rischio milioni di posti di lavoro.

Il Prodotto Interno Lordo della seconda maggiore economia al mondo potrebbe crescere di una percentuale che va dall’1% al 2%, vale a dire con un calo intorno al 6,1% rispetto 2019, secondo quanto indicato dagli stessi economisti interni al governo di Pechino.

Nel peggiore dei casi – ha avvertito la Banca Mondiale all’inizio di questa settimana – la crescita potrebbe essere a zero.

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Cina, verso la crescita più bassa di 44 anni: le previsioni

Stando alla maggior parte delle stime, saremmo di fronte alla performance finanziaria più debole in 44 anni, ancora peggiore dei periodi di recessione globale del 2008 e del 1990, quando l’Occidente impose dure sanzioni alla Cina dopo il massacro di Piazza Tiananmen.

Gli analisti di UBS e Goldman Sachs hanno recentemente rivisto al ribasso le loro previsioni di crescita, ora rispettivamente all’1,5% e al 3%, mentre i funzionari cinesi al momento evitano di spendersi in qualunque previsione.

Uno dei principali responsabili delle politiche presso la Banca popolare cinese, Ma Jun, ha dichiarato che il governo non dovrebbe fissare nessun obiettivo per il 2020:

“È difficile persino ipotizzare una crescita compresa tra il 4% e il 5%. Molti hanno previsto l’1% o il 2%, ma queste circostanze di fatto ora sono tutte possibili”.

Considerate le enormi incertezze circa le prospettive, il Paese sta trovando difficoltà a determinare lo stimolo fiscale e a selezionare gli investimenti.
Eppure, un sondaggio di questa settimana ha mostrato una, seppur debole, ripresa dell’industria manifatturiera lo scorso mese, a seguito del crollo dell’attività di febbraio.

A inizio settimana l’esecutivo di Pechino ha annunciato oltre 3.000 miliardi di yuan di sostegno finanziario extra per le piccole imprese, mentre la banca centrale metterà a disposizione altri 1.000 miliardi di yuan per le piccole e medie banche, riducendo gli obblighi di riserve.

In precedenza, la banca centrale aveva garantito liquidità e assegnato prestiti aggiuntivi per un valore di oltre 1.600 miliardi di yuan, mentre il governo ha stanziato almeno 116,9 miliardi di yuan in aiuti finanziari e contributi a fronte dell’emergenza coronavirus:

“Siamo convinti che garantire agevolazioni finanziarie alle imprese, in particolare le PMI, e le famiglie colpite dalla pandemia può essere la politica migliore del momento sul fronte economico e sociale”,

ha dichiarato Ting Lu, capo economista cinese di Nomura.

gennaio 26, 2015

Perchè un socialista non dovrebbe volere mai Prodi Presidente della Repubblica.

Prodi che tutti vogliono capo dello Stato ha compiuto uno dei più grandi disastri della storia economica italiana. Da presidente dell’IRI attraverso le privatizzazioni provvide a smantellare settori trainanti dell’economia italiana: quello agro-alimentare già dell’Iri (acquisito da gruppi inglesi, olandesi ed americani), il Nuovo Pignone dell’Eni, la siderurgia di Stato, l’Italtel, l’Imi. Sono state inoltre privatizzate Telecom in parte anche Enel ed Eni, già enti di Stato che potrebbero presto finire nelle mani delle solite multinazionali estere.
Ovviamente, una operazione così complessa non nasce né viene portata avanti da un uomo solo, perlopiù impacciato come è il professore bolognese. Serve un forte gruppo di potere. Ve ne sono alcuni, internazionali, particolarmente potenti: Bilderberg, Rothschild, Goldman Sachs… Prendiamo allora quest’ultimo, una cosiddetta merchant bank (banca d’affari) già presente al famoso summit del Britannia, dove si decise lo smantellamento dello Stato-imprenditore italiano; ha poi ricoperto un ruolo essenziale nel processo di privatizzazione delle partecipazioni statali, favorendo l’intervento delle grandi multinazionali sue clienti privilegiate e potendo contare per questo sull’amicizia di importanti uomini di potere nostrani, come Mario Draghi, che è stato fino all’altro ieri vicepresidente Goldman per l’Europa, e poi proprio il Romano Prodi, a più riprese consulente di livello della banca e per questo assai ben remunerato (3,1 miliardi di lire di compensi, come scrissero il Daily Telegraph e l’Economist).

Draghi, oltre che direttore generale del Tesoro tra il ’96 e il 2003, presiedette nel ’93 il Comitato per le privatizzazioni; nello stesso periodo Goldman Sachs, tramite il fondo Whitehall, acquisì nel 2000 l’ingente patrimonio immobiliare dell’Eni di San Donato Milanese, oltre agli immobili della Fondazione Carialo e, assieme alla Morgan Stanley, quelli della Unim, Ras e Toro. Prodi era presidente dell’Iri quando decise la privatizzazione della Credito Italiano proprio tramite la Goldman Sachs, che fissò il valore delle azioni a 2.075 lire, meno di quello di Borsa (che era a quota 2.230). Ma dobbiamo  Prodi anche la perdita di molti dei marchi storici del nostro comparto agroalimentare, ovviamente finiti (male) in mano straniera. Prodi concluse la cessione dell’Italgel (900 miliardi di fatturato) alla Nestlé per 703, così come l’assai discussa vendita della Cirio-Bertolli-De Rica (fatturato 110 miliardi, valutata 1.350), ad una fantomatica finanziaria lucana (Fisvi) al prezzo di 310 miliardi, che ne garantì il pagamento con la futura alienazione di parte del gruppo stesso alla multinazionale Unilever (ne abbiamo già parlato ieri a proposito del caso Sme).
Ma proseguiamo e, per non sembrare cultori di spy story, buttiamoci nella concretezza dei numeri. Quello della Sme a De Benedetti non è l’unica cessione sballata che Prodi avrebbe voluto effettuare, a prezzi poi rivelatisi impropri. Pare essere proprio un vizietto del professore, sempre così generoso coi poteri che contano. Pensiamo alla Stet, ricca e potente finanziaria delle telecomunicazioni, che controllava Sip, ma anche Italtel e Sirti: nell’ottobre 1988 Iri vendette a Stet il 26% del pacchetto azionario Italtel per 440 miliardi, quando in base a un piano elaborato due anni prima da Prodi e Fiat ne avrebbe ricavati solo 210. O ancora, alla vicenda del Banco di Santo Spirito, acquistata dalla Cassa di risparmio di Roma diretta dal demitiano Pellegrino Capaldo: il progetto iniziale – appoggiato dall’attuale premier – prevedeva introiti per l’Iri tra i 350 e i 500 miliardi, mentre quello finale, profondamente trasformato, toccò quota 794 miliardi. Abbiamo già accennato alle cifre improprie della privatizzazione Credit, durante il “Prodi II” all’Iri. E forse varrebbe anche la pena di rievocare altre storiacce, come quella della sciagurata gestione del buco Finsider o dei fondi neri Italstat.
Chiudiamo con l’episodio della vendita Alfa Romeo alla Fiat. Prodi, allora presidente Iri cui apparteneva il marchio del Biscione attraverso Finmeccanica, in tempi recenti ha sostenuto: «Volevo vendere l’Alfa alla Ford, fecero di tutto per impedirmelo e ci riuscirono». È stato subito smentito da Fabiano Fabiani, ex ad di Finmeccanica e all’epoca dei fatti a capo della delegazione che trattava per conto dell’azionista pubblico la cessione della casa automobilistica di Arese: «Non ho percepito un’opposizione di Prodi all’acquisizione dell’Alfa Romeo da parte della Fiat». Le cose andarono così. L’Alfa perdeva centinaia di miliardi l’anno eppure la Ford, probabilmente ritenendo che si potesse usare un nome di grande tradizione e una casa con clienti affezionatissimi per sbarcare in Europa, avanzò un’offerta assai generosa: ben 3.300 miliardi (secondo alcune fonti 4.000) per acquisire gradualmente il pieno controllo entro otto anni, piano di investimento di 4.000 miliardi per il quadriennio successivo all’acquisto, ottime garanzie per coloro che risultavano impiegati nel carrozzone. L’offerta venne formalizzata il 30 settembre del 1986 e restava valida fino al 7 novembre dello stesso anno. Tutti d’accordo? Non proprio. Prodi informò subito Cesare Romiti: nulla di male, poteva essere un tentativo per ottenere un rilancio Fiat, che puntualmente arrivò il 24 ottobre. Ma era assai deludente: prevedeva un prezzo di acquisto di 1.050 miliardi, in cinque rate senza interessi, prima rata nel 1993 (alla fine Fiat sborsò in realtà tra i 300 e i 400 miliardi), poi 4.000 miliardi di investimenti entro il 1995 e molti posti di lavoro da tagliare per recuperare competitività. Bene : il 6 novembre l’Iri di Prodi cedette l’Alfa alla famiglia Agnelli, quella che dieci anni più tardi, con Prodi al governo, sarebbe stata tenuta artificialmente a galla con gli ecoincentivi per l’auto.
«Per me in particolare sarebbe come sconfessare parte della mia storia professionale, visto che da presidente dell’Iri in quegli anni ho avviato uno dei più consistenti processi di privatizzazione intrapresi in Europa»ha detto Prodi reo confesso.

Maggio 18, 2013

Enzo Tortora: innocente.

Prima arrestato, ammanettato e così proposto all’opinione pubblica sui giornali ed in tv; condannato in primo grado; infine assolto con formula piena: sono passati 25 anni da quel 18 maggio 1988 quando morì Enzo Tortora, il popolare presentatore televisivo, la cui vicenda è divenuta simbolo, spesso tuttora evocato, dell’errore giudiziario. L’incubo, per Tortora, era finito meno di un anno prima: accusato di aver fatto parte della “Nuova Camorra Organizzata” di Raffaele Cutolo, il 15 settembre 1986 la Corte d’appello di Napoli, in un’Italia divisa tra colpevolisti e innocentisti, lo aveva assolto dall’accusa di associazione camorristica, giudicando inattendibili i pentiti che lo accusavano. La sua innocenza fu confermata definitivamente dalla Cassazione il 13 giugno 1987.

marzo 8, 2013

Lo diceva anche Gobetti.

Gobetti: il vezzo di attendere dal deus ex machina la salvezza

Osservava in Rivoluzione liberale, Piero Gobetti: “Il mussolinismo è […] un risultato assai più grave del fascismo stesso perché ha confermato nel popolo l’abito cortigiano, lo scarso senso della propria responsabilità, il vezzo di attendere dal duce, dal domatore, dal deus ex machina la propria salvezza”. E il deus ex machina si e’ di nuovo materializzato nella figura di un comico miliardario, forte dell’appoggio della ‘Casaleggio Associati’, la società informatica di Gianroberto Casaleggio e dell’endorsement della Goldman Sachs, il potente colosso della finanza statunitense che ha dato vita, come ha scritto Marc Roche su Le Monde del 14 novembre 2011, un suo ‘gouvernement Sachs’ europeo, con “una rete di influenza unica sedimentata nel tempo” e di cui quale fanno parte “a vari livelli Mario Draghi e Mario Monti”. Perché di nuovo?  Perché tutto lasciava supporre che fosse arrivato al capolinea il deus ex machina che per vent’anni ha spadroneggiato in lungo e largo: Silvio Berlusconi, imprenditore al settimo posto della classifica di Forbes tra i più ricchi dell’Italia e al 194esimo tra i più ricchi al mondo con un patrimonio di 6,2 miliardi di dollari. Il novello deus ex machina, tra urla ed insulti, ha intimato: ‘arrendetevi, siete circondati dal popolo italiano’ alla classe politica e dileggiato la stampa da cui si tiene alla larga perche vuole, “con voce suadente, sbranare pubblicamente ogni eletto e simpatizzante del Movimento 5 Stelle e dimostrare al pubblico a casa che l’intervistato è, nell’ordine, ignorante, impreparato, fuori dalla realtà, sbracato, ingenuo, incapace di intendere e di volere, inaffidabile, incompetente”. Viceversa alla stampa estera si concede e tramite il Time fa sapere che “qualora il M5S non riuscisse nell’impresa di conquistare il 100% dei parlamentari, c’è il pericolo di violenza sulle strade, che per ora è stata bloccata grazie alle energie dello stesso Movimento, che è riuscito ad incanalare al suo interno in maniera pacifica tutto il malcontento presente nella società italiana”. Già, come notava Gobetti in Scritti attuali: “il fascismo è il governo che si merita un’Italia di disoccupati e di parassiti, ancora lontana dalle moderne forme di convivenza democratiche e liberali e che per combatterlo bisogna lavorare per una rivoluzione integrale, dell’economia come delle coscienze”.  

marzo 3, 2013

Beppe Grillo piromane o pompiere?

   Beppe Grillo non salverà l’Italia, questo è certo. Continua  a fare il saltimbanco e a dire tutto ed il contrario di tutto. Non ha gli strumenti e la cultura politica per gestire una situazione più grande di lui e si abbandona al catastrofismo di Casaleggio come unica via di uscita. Piuttosto fa vomitare il falso modernismo di Bersani e Berlusconi che pur di ingraziarsi il Giullare che si è fatto Re hanno cominciato a parlare lo stesso linguaggio. Parlare ma non praticare perchè ognuno di loro ha un retropensiero. Berlusconi vuol continuare a depredare lo Stato come ha fatto negli ultimi venti anni. D’Alema vuol fare il presidente della Repubblica e Bersani è un personaggio in cerca d’autore che si è trovato a ricoprire un ruolo più grande di lui. Nessuno di questi signori nè tantomeno Napolitano ci porteranno fuori dal pantano.Un pantano in cui ci ha portato il capitalismo internazionale che vuol fare in europa con gli strumenti finanziari, quello che ha fatto in Iraq ed in Afghanistan con il sangue. Solo noi potremo salvarci se cominceremo aparlare un linguaggio nuovo ed allo stesso tempo vecchio. Se parleremo di solidarietà, di protezione dei deboli, se comprenderemo che il potere è nelle nostre mani e che dovremo usare questo potere per costruire una società che parta dal basso e che parli il linguaggio dei padri del socialismo, dei partigiani caduti sulle montagne duramnte la Resistenza, degli operai massacrati davanti alle fabbriche, dei martiri uccisi dalle polizie fasciste in tutto il mondo. Non esite l’uomo della Provvidenza. Grillo è nessuno, noi siamo tutto. Se le parole sono importanti, non meno lo è la gestualità e l’uso del linguaggio ecco perchè l’arruffapopolo ligure non mi convincerà mai della bontà del suo pensiero.

marzo 2, 2013

Good luck Italy!

buona fortuna italiaThe M5s is being coherent with their policies of not alliate with the old political parties under certain conditions as they think to fight against the corruption in the parlamentary system is an imperative. in the meantime the MS5 is the only party refusing to accept the economical remboursement to political parties as they consider that money belongs to the people,not the political system.another sign of coherence. they’ll probably have to face another alliance between PD and the corrupted berlusconian PDL.good luck Italy!

marzo 2, 2013

La risposta.

la risposta

dicembre 27, 2012

La guerra di Monti contro l’Italia.


L’uomo di Goldman Sachs si dimette per tornare subito, scompaginando il “bipolarismo obbligato”. Obiettivo: per instaurare l’autocrazia del grande capitale finanziario.

Il professore è stato paracadutat…Visualizza altro

Maggio 5, 2012

Spending rewiew: i conti (loro) tornano.

Tempo di Spending Review, ossia revisione delle spese del Governo.

E per l’incarico, Mario Monti ha designato Enrico Bondi , esperto (così si legge) in risanamento di grandi imprese, dalla Montedison alla Parmalat.

Ma, accanto alle notizie riguardo ai tempi stretti con i quali il nuovo commissario straordinario dovrà agire  (entro 15 giorni dalla nomina, prevista la presentazione di un cronoprogramma alla presidenza del Consiglio), ecco spuntare la “macchia” che in queste ore sta facendo il giro del web:

Monti assume Bondi che aveva assunto suo figlio (in Parmalat).
Leggiamo da Dagospia:

Padri e figli, tecnici e consulenti, spending review e i soliti incroci delle famiglie che contano (i miliardi di euro): nemmeno il tempo di sedersi sulla nuova poltrona di commissario per i tagli agli acquisti di beni e servizi nella Pubblica amministrazione ed ecco che arriva il primo spiffero maligno su Enrico Bondi.

Fu proprio il neocommissario, infatti, ad assumere nel 2009 (quando era all’opera in Parmalat) il figlio di Mario Monti, Giovanni, in azienda.
Montino, all’epoca, era intristito: a 38 anni, con una laurea alla Bocconi e un Master in Business administration alla prestigiosa Columbia University di New York si era annoiato della vitaccia che conduceva tra lavoretti da precario qualunque.

Qualche esperienza in investimenti bancari alla banca d’affari Goldman Sachs, poi un posto in Citigroup e il passaggio alla Morgan & Stanley, alle prese con le transazioni economico-finanziarie sui mercati di Europa, Medio Oriente e Africa, in collegamento diretto con gli uffici centrali di New York. Nel 2009 la chiamata di Bondi: Giovannino arriva a Parmalat come top manager, per volontà dell’amico (di famiglia) Enrico, e si stabilisce in città con moglie e figlio.

Pochi mesi fa la doccia fredda: con l’ingresso di Lactalis viene sostituito quasi tutto il management “bondiano” e Giovannino Monti perde la sua scrivania. Dimissioni? Licenziamento? Non si sa e non si è mai saputo ufficialmente.
E oggi? E oggi babbo Mario chi sceglie per tagliare le spese della pubblica amministrazione? Ma Enrico Bondi, naturalmente, e i conti tornano.
A chi? A loro naturalmente…”

Maggio 3, 2010

Cosa si nasconde dietro la crisi che ha colpito la Grecia ?

Dietro l’attuale crisi del debito che ha colpito la Grecia (e che sta contagiando anche Portogallo, Spagna, Irlanda e, molti temono, anche l’Italia) non c’è solo la nota frode di bilancio commessa dai governanti ateniesi in combutta con le principali banche americane, in particolare la Goldman Sachs di Lloyd Blankfein e la JP Morgan Chase di Jamie Dimon.
Su tutto incombe infatti il sospetto, o meglio, la certezza di una spregiudicata operazione speculativa orchestrata dalla cupola finanziaria di Wall Street per lucrare sull’indebolimento dell’euro. Questo è lo scenario su cui sta timidamente indagando il dipartimento della Giustizia Usa.Sotto scrutinio ci sono le colossali e contemporanee movimentazioni di fondi speculativi Usa (che scommettono sul futuro deprezzamento della valuta europea) registrati subito dopo la famosa cena tenutasi l’8 febbraio a Manhattan tra i finanzieri che quei fondi amministrano: George Soros (Soros Fund), John Paulson (Paulson & Co.), Steven Cohen (Sac), David Einhorn (Greenlight), Donald Morgan (Brigade) e Andy Monness (Monness Crespi Hardt & Co.).
A garantire il successo di questa operazione speculativa ci ha pensato il loro potente socio Harold ‘Terry’ McGraw III, che – attraverso il braccio armato della sua McGraw-Hill, ovvero l’agenzia di rating Standard & Poor’s – ha declassato i titoli di Stato greci, portoghesi e spagnoli innescando la ‘necessaria’ crisi dell’euro. Una cosa è certa: a pagare il conto degli imbrogli dei politici europei e delle speculazioni dei predatori finanziari americani saranno le masse popolari. Per ora quelle greche, domani si vedrà.(Peacereporter)