
21 ott 2013
Nelle insuline ‘con il cerve…
Le ultime ricerche vanno verso un guscio intelligente che ‘sente’ la glicemia …
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21 ott 2013
Le ultime ricerche vanno verso un guscio intelligente che ‘sente’ la glicemia …
Creare un ‘nuovo pancreas’ nell’intestino dei diabetici senza trapianti, senza staminali, ma solo sfruttando le cellule intestinali stesse del paziente: e’ la promessa che arriva da una ricerca su topi le cui cellule intestinali sono state trasformate in cellule che producono insulina al bisogno, aiutando i topi diabetici a controllare la glicemia da soli.
Reso noto sulla rivista Nature Genetics, il risultato e’ la prova di principio che si puo’ ovviare alla terapia insulinica senza pero’ neppure dover ricorrere al trapianto di pancreas o all’uso di staminali per reintrodurre nell’organismo nuove cellule produttrici di insulina.
La chiave, spiega l’italiano Domenico Accili del Columbia University Medical Center che ha condotto il lavoro, e’ indurre le cellule intestinali del paziente a produrre insulina.
Il diabete di tipo uno o insulino-dipendente e’ una malattia autoimmune in cui una parte di pancreas viene distrutta e l’organismo perde capacita’ di produrre insulina per controllare la glicemia. La terapia oggi e’ a base di insulina, appunto, da prendere al bisogno e con dosaggi precisi. Oltre al trapianto di pancreas che pero’ e’ difficile, all’orizzonte ci sono terapie a base di staminali trasformate in provetta in cellule pancreatiche. Ma le applicazioni cliniche sono di la’ da venire.
Le persone ammalate di diabete potrebbero prossimamente contare su una risorsa meno costosa e impegnativa per monitorare i livelli di glucosio nel sangue se lo studio di un gruppo di ricercatori della Missouri University of Science pubblicato su Medical News Today confermera’ i suoi risultati.
Il team ha recentemente messo a punto un sistema biologico che utilizza segmenti di DNA integrato nei batteri per rilevare il glucosio. I ricercatori ritengono che il loro sviluppo potrebbe portare a un nuovo tipo di strisce reattive per i diabetici. ”Abbiamo progettato il DNA nei batteri in modo che segnali la concentrazione di glucosio”, ha affermato Erica Shannon dell’Universita’ del Missouri. Per il progetto, sono stati elaborati geni che permettono al batterio, un non-virulento ceppo di Escherichia coli, di percepire la presenza del glucosio. I batteri emettono un bagliore giallo quando il glucosio e’ presente. Se le concentrazioni di glucosio diventano piu’ alte, il bagliore diventa piu’ luminoso. Secondo Shannon, i risultati potrebbero costituire la base per nuovi esami meno costosi per aiutare le persone con il diabete a monitorare i loro livelli di zucchero nel sangue. In futuro si perfezionera’ la scoperta puntando sui diversi colori in base ai livelli di glucosio. Le strisce reattive potranno diventare verdi se i livelli di glucosio sono entro i valori normali, gialli se sul limite massimo e rossi se elevati. ”Tutto quello che si deve fare e’ semplicemente inserire il DNA all’interno di un batterio sulla striscia reattiva”, ha detto Shannon. ”Un metodo che sarebbe anche meno costoso rispetto agli attuali prodotti chimici”, ha concluso.
Le persone con diabete potrebbero presto effettuare l’analisi della glicemia non più dal sangue, bensì dalle lacrime. Scienziati dell’università del Michigan (Usa) segnalano infatti sulla rivista ‘Analytical Chemistry’ di aver sviluppato con successo un dispositivo composto da un sensore elettrochimico che ha il potenziale di misurare i livelli di zucchero nel sangue senza ‘pungere’ la pelle del paziente, ma semplicemente raccogliendone una lacrima.
Uno strumento – sottolineano – che potrebbe evitare a 350 milioni di diabetici nel mondo il disagio delle punture giornaliere necessarie per l’esame tradizionale della glicemia. Il chimico Mark Meyerhoff e i suoi colleghi ricordano infatti che circa il 5% della popolazione mondiale, e 26 milioni di persone nei soli Stati Uniti, hanno il diabete. La malattia è in rapida crescita e rappresenta un serio problema di sanità pubblica, anche a causa del forte aumento globale dell’obesità, che rende le persone più suscettibili nei confronti del diabete di tipo 2.
Esiste un pasto ideale? È ovvio che sì. È davvero molto importante che la dieta quotidiana sia ben bilanciata. Dai ricercatori dell’Università di Osaka (Giappone) arriva il consiglio di usare un trucchetto: mangiare una buona dose di verdura prima di cominciare: invece, del solito primo o dell’antipasto, una bella insalatona. In tanti ristoranti già si fa.
Questa strategia serve per saziare, diminuire di conseguenza le calorie che verranno poi ingerite durante il pasto e controllare la glicemia nei casi di diabete di tipo 2. Non è poi un sacrificio così grande. Molte persone consumano l’insalata o le verdure come contorno o alla fine del pasto, basta solo spostare l’ordine delle portate. Si è giunti a questa tesi dopo aver monitorato un gruppo di pazienti diabetici.
I medici si sono accorti che queste persone avevano livelli di glicemia più bassi quando la verdura veniva mangiata all’inizio del pranzo o della cena. Così si è deciso di fare uno studio un po’ più approfondito. I medici hanno raccolto due gruppi di volontari diabetici: al primo è stato fatto seguire il metodo «verdura prima, carboidrati poi», al secondo invece la tecnica più complicata chiamata «razioni di scambio». Quali sono stati i risultati? Dopo un anno bisogna dire che entrambe le diete hanno abbastanza funzionato. Sicuramente quella che ha portato livelli di benefici maggiori è stata la prima che ha mostrato una riduzione dell’emoglobina glicata, ma anche della pressione e dei livelli dei lipidi plasmatici.
Un gruppo di ricerca ha messo a punto un nanovaccino in grado di fermare la progressione del diabete di tipo 1 nel modello animale, ristabilendo livelli normali di glicemia.
Oltre a fornire nuove e preziose informazioni sul diabete, la ricerca ha anche rivelato un aspetto della patogenesi della risposta autoimmunitaria che può fornire una strategia terapeutica per molte patologie autoimmunitarie. (liquidarea)http://www.liquidarea.com/
. Sono sette le regole che Secondo l’American Heart Association (AHA) ha individuato per ridurre i fattori di rischio e la mortalità legata alle malattie cardiovascolari. Ecco quali
Smettere di fumare
I fumatori hanno un rischio più elevato di sviluppare molte malattie croniche, come l’arterosclerosi, infarto del miocardio e ictus. Il fumo fa diminuire la resistenza fisica e aumenta la tendenza del sangue a coagularsi. Avere un BMI (indice di massa corporea) inferiore a 25 kg/m2
Per conoscere se il proprio peso è in un intervallo accettabile è utile calcolare l’indice di massa corporea. Si calcola così: peso (kg) / statura (m) / statura (m). Le categorie: magrezza grave, se l’Imc è inferiore a 16; magrezza moderata 16,0 – 17; sottopeso 17 – 18,5; normopeso 18,5 – 25; sovrappeso 25 – 30; obesità moderata 30 – 40; obesità grave più di 40.
Attività fisica
Fare esercizio fisico a un livello moderato per almeno 150 minuti, o ad un livello di intensità per 75 minuti a settimana. La sedentarietà è un fattore che predispone all’obesità e non solo. Uno stile di vita poco attivo rappresenta un rischio per la cardiopatia coronarica, il diabete e il tumore del colon.
Dieta
Seguire almeno quattro o cinque punti chiave di una dieta sana, secondo le attuali linee guida AHA. E quindi, bisogna adottare un’alimentazione ricca di frutta e verdura, con un alto contenuto di vitamine, minerali e fibre. Tutto a basso contenuto di calorie. Recenti ricerche dimostrano che mangiare pesce favorisce l’aumento di omega-3. E’ consigliabile mangiare carne magra e pollame senza pelle. Poco sale.
Colesterolo
Avere un colesterolo totale inferiore a 200 mg / dL. Abbassando il colesterolo si riduce il rischio di malattie cardiache e ictus.
Pressione
Circa 15 milioni di italiani, il 30%, soffrono di ipertensione e ne muoiono circa 240 mila l’anno, il 40% di tutte le cause di morte. Questi i dati diffusi dalla Societa’ Italiana dell’Ipertensione Arteriosa. Mantenere la pressione arteriosa al disotto di 120/80 mm Hg è il consiglio dell’AHA.
Zuccheri
Quando il medico trova il diabete la prima cosa da fare è cambiare le abitudini alimentari, poi serve un controllo del peso e una terapia farmacologica. la glicemia, a digiuno, deve essere inferiore a 100 mg / dL.