l 70-80% dei casi di infiammazione cronica del fegato da epatite B e C vanno incontro all’epatocarcinoma. Un problema prioritario per la sanita’ italiana poiche’, in questo ambito, l’indice di mortalita’ e’ passato da una percentuale di 4.8 decessi per 100 mila abitanti nel 1969 a 10.9 nel 1994 e a 12.5 nel 2000. A lanciare l’allarme e’ Fabrizio Soccorsi, primario emerito di Epatologia al San Camillo di Roma e consulente dei centri diagnostici Marilab.
”La cirrosi epatica e’ il ponte che unisce l’infiammazione cronica del fegato all’epatocarcinoma – prosegue l’esperto – di conseguenza qualsiasi tipo di patologia infiammatoria cronica che colpisce quest’organo, come le epatiti virali o l’epatite alcolica – che in Italia riguarda soprattutto i giovani dai 14 ai 25 anni senza differenza di genere – portano alla cirrosi.Lo stesso si puo’ dire per le malattie ereditarie o congenite (quali l’emocromatosi, il morbo di Wilson, il deficit da alfa 1 antitripsina, le tesaurismosi o glicogenosi), per l’epatite autoimmune e anche per la cirrosi biliare primitiva o la colangite sclerosante. Esistono pure la cosiddetta ‘cirrosi cardiaca’, legata al ristagno di sangue nel fegato da deficit cronico della pompa cardiaca, e quella che puo’ derivare dall’esposizione ad alcune tossine ambientali come benzine, carburanti, vernici, solventi”. Gia’ nel 2008, con l’aggiornamento del secondo progetto Dionysos, sull’incidenza delle malattie croniche del fegato nella popolazione italiana, ”la cirrosi e l’epatocarcinoma sono state messe al quinto posto come causa di morte”. Eppure, utilizzando un ”adeguato e veloce sistema di diagnosi precoce delle patologie epatiche si potrebbero evitare ogni anno numerosissimi casi di cirrosi e di neoplasie”, precisa l’esperto.
Tumori epatici, superano il 70% dei casi le incidenze di epatiti B e C.
Medicina rigenerativa: rielaborare tessuti e organi in laboratorio.
L’ingegneria tissutale sta avendo un enorme impatto sul mondo della scienza, impiegando substrati artificiali in cui nuove cellule vengono stimolate a crescere. Ciò significa che può essere imitata la nanostruttura dei tessuti dell’organismo, in modo da sviluppare in laboratorio organi umani e parti del corpo.
A guidare questa ricerca è la professoressa Molly Stevens dell’Imperial College London, che in passato è stata votata tra i migliori 100 innovatori scientifici al mondo di età inferiore ai 35 anni. La sua area di competenza sono i nanomateriali e i sistemi biologici e l’osservazione del modo in cui essi convergono, in particolare come si possano far crescere delle ossa sostitutive usando sistemi polimerici intelligenti.
Per fare questo la professoressa Stevens ha messo assieme un team multidisciplinare, che comprende ingegneria, biologia, chimica e fisica, per il progetto NATURALE (“Bio-inspired Materials for Sensing and Regenerative Medicine”), con il supporto di una sovvenzione Starting Grant da 1,6 milioni di euro del Consiglio europeo della ricerca (CER).
L’innovativo approccio del team all’ingegneria tissutale ha avuto successo in quanto è riuscito a costruire grandi quantità di ossa umane mature per trapianti autologhi, oltre ad altri organi vitali come fegato e pancreas, che si sono dimostrati sfuggenti con altri approcci.
Tumore del pancreas: fumo e cibi grassi concause che aumentano incidenza.
Alimentazione grassa, fumo, alcol: gli stili di vita sballati sono i principali alleati del cancro al pancreas, che sta conoscendo negli ultimi anni un allarmante incremento in Italia e in generale nei paesi sviluppati, con il 5 per cento in piu’ di incidenza (e di mortalita’) ogni anno.
E’ l’allarme lanciato da Stefano Cascinu, Direttore della Clinica di Oncologia Medica dell’Universita’ di Ancona e presidente dell’associazione italiana di oncologia Aiom, nel corso del congresso mondiale Asco di Chicago. “Purtroppo – spiega l’oncologo – il tumore del pancreas e’ difficilissimo da diagnosticare precocemente, e quando lo si fa, anche se e’ ancora minuscolo, in genere ha gia’ prodotto metastasi, soprattutto al fegato e al peritoneo. Per questo sostanzialmente incidenza e mortalita’ coincidono”. Gli stili di vita sbagliati causano il 70 per cento di casi di questo tumore particolarmente letale: per questo, avverte Cascinu, “sarebbe fondamentale promuovere campagne di sensibilizzazione della popolazione
Carcinoma epatocellulare: movimento fisico ne abbassa drasticamente l’incidenza.
L’esercizio fisico potrebbe avere l’effetto di ridurre il rischio di sviluppare un tumore del fegato chiamato carcinoma epatocellulare. Lo ha dimostrato uno studio, per ora solo sui topi, presentato all’International Liver Congress. Nello studio due gruppi di cavie predisposte al tumore al fegato sono stati sottoposti uno a una dieta controllata e l’altro a una ricca di grassi. A loro volta i gruppi erano divisi al loro interno, con una parte dei topi che faceva esercizio cinque volte a settimana e l’altra mantenuta sedentaria. Dopo 32 settimane il numero di topi con il tumore tra quelli con la dieta controllata era inferiore del 30%, e la stessa differenza si e’ vista anche tra i gruppi sedentari e quelli attivi. “Sappiamo che gli stili di vita poco salutari di oggi aumentano il rischio di tumori del fegato – spiega Jean-Francois Dufour dell’European Association for the study of liver – ma non era mai stato dimostrato prima che l’esercizio invece contribuisce a ridurli”.
Steatosi Epatica: un aiuto dalla vitamina E contenuta in noci e spinaci.
Mangiare cibi con alti livelli di vitamina E potrebbe alleviare i sintomi della steatosi epatica. La malattia del fegato anche nota come “fegato grasso” è causata da un’alimentazione scorretta, con troppi grassi e dall’obesità. Integrare nella dieta verdure a foglia verde, come spinaci e bietola, ma anche olio di semi – di girasole, mais, germe di grano e lino – noci, nocciole e mandorle, tutti alimenti ricchi di vitamina E, è efficace per contrastare la condizione, secondo Danny Manor, della Case Western Reserve University School of Medicine in Ohio, Stati Uniti, che ha condotto uno studio sui topi malati di steatosi epatica di origine non alcolica.
I ricercatori hanno studiato un gruppo di roditori sottoposti a una rigida privazione di vitamina E. Quando i topi venivamo alimentati con un integratore di alfa-tocoferolo – una delle forme in cui si presenta la vitamina E, indispensabile per riproduzione – si mostrava una riduzione dei sintomi.
Il “fegato grasso” deriva da un disordinato metabolismo degli acidi grassi che provocano una grave infiammazione dell’organo, spesso senza sintomi, ma causa della formazione di ulcerazioni e tessuto cicatriziale, tipici della cirrosi, che conducono ad insufficienza epatica e possono progredire causando il cancro al fegato.
Cancro al fegato: vaccino vaiolo arriva alla fase 2 del test.
Un farmaco ottenuto dal virus del vaiolo modificato geneticamente, e ora usato come vaccino, potrebbe riuscire a rallentare la progressione del tumore al fegato. Per provarlo e’ appena iniziata una sperimentazione clinica multicentrica di fase 2 coordinata dall’universita’ di San Diego, che ne ha dato notizia in un comunicato. “Il farmaco e’ gia’ noto, e si sa che e’ sicuro perche’ e’ stato usato come vaccino – spiega Tony Reid, il coordinatore – ora stiamo lo stiamo usando come potenziale agente distruttivo per il tumore al fegato“. Secondo le teorie e i test preclinici, il vaccino e’ in grado di distruggere selettivamente le cellule tumorali, e di stimolare il sistema immunitario a combattere il tumore. La sperimentazione dura 18 settimane, durante le quali il farmaco viene sia introdotto per endovena che iniettato nel tumore stesso .
Tumori al fegato: ultrasuoni per combatterli.
I tumori del fegato possono essere benigni o maligni; se maligni, possono essere primari o secondari. In Europa, una lesione isolata nel fegato è più probabile che sia un carcinoma metastatico, piuttosto che un tumore epatico primario. I principali fattori di rischio per il cancro del fegato sono le infezioni da epatite B o C e il forte consumo di alcol, ognuno dei quali può causare la cirrosi. Anche i fumatori e i diabetici sono a rischio, mentre in molti paesi in via di sviluppo il consumo di alimenti contaminati da aflatossina può causare il cancro al fegato. Il cancro al fegato spesso mostra sintomi soltanto raggiungendo le sue fasi avanzate, quindi solo raramente viene diagnosticato precocemente.
Tra i metodi per trattare un tumore epatico ci sono gli ultrasuoni. Gli ultrasuoni possono fare molto di più che registrare immagini del corpo. Ultrasuoni potenti e concentrati possono essere focalizzati nel corpo del paziente per riscaldare le cellule tumorali a 60 gradi Celsius distruggendole, lasciando quasi intatto il tessuto sano. Finora questa “terapia a ultrasuoni focalizzati” è stata approvata solanto per un piccolo numero di patologie, come i tumori dell’utero e della prostata. In questo contesto, i ricercatori del progetto FUSIMO, finanziato dall’UE, si sono impegnati per estendere l’applicazione/metodo ad altri organi, come il fegato, che si muovono nella cavità addominale durante la respirazione. Oggi, due anni dopo l’inizio del progetto, sono stati dimostrati molti risultati intermedi promettenti.
La terapia del fegato con ultrasuoni focalizzati presenta un grave problema: l’organo si sposta avanti e indietro durante la respirazione. Questo aumenta il rischio che il fascio di ultrasuoni non colpisca le cellule tumorali e riscaldi invece eccessivamente il tessuto sano circostante. Per questo motivo, i ricercatori hanno applicato questo metodo solo in pazienti sottoposti ad anestesia generale. Per la terapia di un tumore con gli ultrasuoni, la ventilazione artificiale viene arrestata per alcuni secondi in modo che il paziente rimanga assolutamente fermo. Tuttavia, l’anestesia generale presenta i suoi rischi e crea tensioni per il paziente, negando così il più grande vantaggio della terapia con ultrasuoni focalizzati: la sua natura non invasiva.
Le cellule “assassine” che possono combattere il cancro.
03:04 am | Grazie a una nuova ricerca si sta studiando il modo di utilizzare le cellule natural killer (NK) per uccidere le cellule tumorali e stimolare il sistema immunitario per…
18 ottobre 2012 / Leggi tutto
Virus dell’epatite C: trovato un anticorpo monoclonale ad azione preventiva.
03:34 am | Un anticorpo monoclonale sviluppato dalla MassBiologics della University of Massachusetts Medical School e testato in un modello animale presso il Biomedical Research Institute del Texas e’ capace di…
4 settembre 2012 / Leggi tutto