Epatite C: farmaco per eradicarlo pronto ma solo in 50 mila dosi
Un anno dopo l’approvazione europea arriva in Italia il “sofosbuvir”. “Precedenza ai malati più gravi”. Ma in Italia almeno 400mila diagnosi C’è un farmaco in…
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Un anno dopo l’approvazione europea arriva in Italia il “sofosbuvir”. “Precedenza ai malati più gravi”. Ma in Italia almeno 400mila diagnosi C’è un farmaco in…
Torna l’epatite A nel nostro paese: dopo anni di relativo calo dell’incidenza, tra la fine del 2012 e i primi mesi del 2013 si registra un allarmante aumento dei casi. Secondo quanto riportato dal sito Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanita’, un eccesso di casi di epatite A e’ stato notato in Italia grazie al sistema di sorveglianza Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta).
In particolare un grosso aumento di casi e’ stato notato a partire dal mese di settembre 2012. L’eccesso principale di casi si e’ registrato nei mesi da gennaio ad aprile 2013.
Complessivamente da settembre 2012 ad aprile 2013 il Seieva ha registrato 417 casi di epatite acuta A contro i 167 casi notificati nel corrispondente periodo dell’anno precedente. Lo conferma il ministero della Salute, in una circolare inviata alle Regioni, in cui parla di “importante incremento, rispetto agli anni precedenti, dei casi di epatite A in Italia”. In particolare, “su 16 regioni che hanno trasmesso dati aggiornati al 20 maggio 2013, risulta un incremento delle notifiche di Epatite A pari al 70% nel periodo marzo-maggio 2013 rispetto allo stesso periodo del 2012. In relazione a cio’ e’ necessario rafforzare la sorveglianza dell’Epatite virale A ed avviare indagini sul territorio nazionale finalizzate ad identificare sia l’esistenza di possibili casi autoctoni correlati che, eventualmente, le potenziali fonti. Nell’aprile 2013 sono stati segnalati, tramite il Sistema di Epidemic Intelligence di informazione per le malattie trasmesse da alimenti e acqua (Epis-Fwd) e il Sistema di allerta rapida della Commissione europea (Eers), due cluster internazionali di Epatite A: il primo in Paesi nord-europei (presumibilmente legato al consumo di frutti di bosco congelati di importazione extra-Eu); il secondo in turisti di rientro dall’Egitto. Inoltre ai primi di maggio sono stati inoltre segnalati casi di Epatite A in turisti stranieri che avevano soggiornato in Nord Italia. Poiche’ i dati riferiti al mese di aprile 2013 potrebbero non essere ancora completi, il numero dei casi potrebbe ancora aumentare. Dall’analisi dei casi Seieva per regione, l’aumento del numero di nuovi casi e’ registrato nella maggior parte delle Regioni del centro-nord (in particolare PA di Trento e PA Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Veneto) e in una Regione del sud (Puglia).
I tumori del fegato possono essere benigni o maligni; se maligni, possono essere primari o secondari. In Europa, una lesione isolata nel fegato è più probabile che sia un carcinoma metastatico, piuttosto che un tumore epatico primario. I principali fattori di rischio per il cancro del fegato sono le infezioni da epatite B o C e il forte consumo di alcol, ognuno dei quali può causare la cirrosi. Anche i fumatori e i diabetici sono a rischio, mentre in molti paesi in via di sviluppo il consumo di alimenti contaminati da aflatossina può causare il cancro al fegato. Il cancro al fegato spesso mostra sintomi soltanto raggiungendo le sue fasi avanzate, quindi solo raramente viene diagnosticato precocemente.
Tra i metodi per trattare un tumore epatico ci sono gli ultrasuoni. Gli ultrasuoni possono fare molto di più che registrare immagini del corpo. Ultrasuoni potenti e concentrati possono essere focalizzati nel corpo del paziente per riscaldare le cellule tumorali a 60 gradi Celsius distruggendole, lasciando quasi intatto il tessuto sano. Finora questa “terapia a ultrasuoni focalizzati” è stata approvata solanto per un piccolo numero di patologie, come i tumori dell’utero e della prostata. In questo contesto, i ricercatori del progetto FUSIMO, finanziato dall’UE, si sono impegnati per estendere l’applicazione/metodo ad altri organi, come il fegato, che si muovono nella cavità addominale durante la respirazione. Oggi, due anni dopo l’inizio del progetto, sono stati dimostrati molti risultati intermedi promettenti.
La terapia del fegato con ultrasuoni focalizzati presenta un grave problema: l’organo si sposta avanti e indietro durante la respirazione. Questo aumenta il rischio che il fascio di ultrasuoni non colpisca le cellule tumorali e riscaldi invece eccessivamente il tessuto sano circostante. Per questo motivo, i ricercatori hanno applicato questo metodo solo in pazienti sottoposti ad anestesia generale. Per la terapia di un tumore con gli ultrasuoni, la ventilazione artificiale viene arrestata per alcuni secondi in modo che il paziente rimanga assolutamente fermo. Tuttavia, l’anestesia generale presenta i suoi rischi e crea tensioni per il paziente, negando così il più grande vantaggio della terapia con ultrasuoni focalizzati: la sua natura non invasiva.
Fra i pazienti con epatite C cronica (Hcv) e una fibrosi epatica avanzata, una risposta virologica sostenuta (Svr) al trattamento con l’interferone e’ associata a un minor rischio di mortalita’, rispetto ai pazienti che non manifestano questa risposta. Lo studio dell’Erasmus MC University Medical Center e’ stato pubblicato su ‘Jama’. La risposta virologica sostenuta e’ definita come l’assenza di virus nel sangue a distanza di 24 settimane dalla cessazione della terapia antivirale. Sebbene la Svr abbia una durata sul lungo termine, erano scarsi i dati sulla sua relazione con la sopravvivenza.
“Questo studio dimostra direttamente i benefici clinici di una Svr, che potrebbero giustificare i costi della terapia antivirale”, scrivono gli autori della ricerca. Gli scienziati hanno infatti condotto uno studio per scoprire se il raggiungimento di una Svr comportasse un allungamento della sopravvivenza in pazienti con fibrosi epatica avanzata e Hcv. Lo studio ha coinvolto 530 pazienti: i ricercatori hanno accertato un ridotto rischio di morte rispetto a tutte le cause di mortalita’ e di mortalita’ legata al fegato oppure ai trapianti.
Con un parente di primo grado che ha avuto un tumore del fegato, il rischio di sviluppare la stessa neoplasia aumenta di tre volte. E’ quanto emerge da una ricerca italiana pubblicata nel numero di maggio di Hepatology, una rivista scientifica dell’American Association for the Study of Liver Diseases. La ricerca, mostra, inoltre, un rischio di oltre 70 volte piu’ elevato per coloro che hanno familiari con tumore del fegato e hanno contratto, in forma cronica, l’infezione da virus dell’epatite B o C.
Lo studio e’ frutto di una collaborazione tra il Centro di Riferimento Oncologico (CRO) di Aviano (PN), l’Istituto Tumori ‘Fondazione Pascale’ di Napoli e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’ di Milano. I risultati sono stati ricavati dall’analisi statistica di dati raccolti, retrospettivamente, tra 229 persone affette da carcinoma epatocellulare e 431 persone ricoverate negli stessi ospedali per malattie non neoplastiche.
”I nostri risultati confermano che gli individui con familiarita’ di tumore del fegato hanno un rischio di sviluppare carcinoma epatocellulare tre volte superiore rispetto a chi non ha familiarita’ – osserva Renato Talamini del CRO di Aviano – il monitoraggio degli individui con epatite e storia familiare puo’ aiutare nell’identificazione precoce dei carcinomi epatocellulari, e quindi ridurre la mortalita’ per tumore del fegato”.
Pomodori essiccati al sole ‘sotto accusa’: secondo le autorità britanniche potrebbero essere la causa di una recente epidemia di epatite A nel Paese. La Health Protection Agency e la Food Standards Agency temono che campioni contaminati di questo alimento abbiano causato l’infezione che ha portato al ricovero di quattro persone, facendone ammalare almeno altre tre a fine 2011.
Il virus dell’epatite A è trasmesso dalle feci e il contagio può avvenire attraverso il contatto con il cibo o acqua contaminata. I casi più gravi possono portare a insufficienza epatica.
Nel nostro Paese c’e’ “una vera e propria emergenza sanitaria dovuta all’elevata prevalenza di patologie epatiche croniche e tumori del fegato, causate dalle infezioni da virus dell’epatite B e C avvenute tra gli anni ’60 e ’90″. In particolare, “l’Italia detiene il triste primato in Europa per numero di soggetti HCV positivi e per mortalita’ per tumore primitivo del fegato.
Il virus C dell’epatite, a differenza del virus B, e’ stato individuato e diagnosticato per la prima volta a partire dagli anni ’90 e, purtroppo, non si dispone ancora di un vaccino nei suoi confronti”. E’ l’allarme lanciato dal ministero della Salute, che ha organizzato oggi la “Conferenza sulle Epatiti”, un evento che rientra tra le iniziative proposte dall’Organizzazione Mondiale della Sanita’ per la celebrazione della Giornata Mondiale delle Epatiti 2011 ed ha l’obiettivo di fare il punto sulle epatiti e sul loro profilo epidemiologico a livello nazionale e mondiale ma anche sulle possibili strategie da adottare per il futuro. Le epatiti virali, in particolare quelle da virus B e C, rappresentano un rilevante problema di sanita’ pubblica oltre che per la loro frequenza anche per l’alta percentuale di casi che possono cronicizzare e sviluppare nel tempo malattie gravi, come la cirrosi e il cancro del fegato. Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’ (OMS), circa 1/3 della popolazione mondiale si e’ infettata con il virus dell’epatite B (HBV), circa 350 milioni di persone sono cronicamente infette ed ogni anno si verificano 4 milioni di nuovi casi.
Importanti conferme arrivano per un nuovo farmaco in sperimentazione contro l’epatite C. I dati sono stati presentati dall’azienda Merck Sharp & Dohme in occasione dell’American Academy for the Study of Liver Diseases (AASLD) incontro annuale dell’American Association for the Study of Liver Diseases (AASLD) che si sta svolgendo in questi giorni a Boston, e sono relativi a due studi cardine di fase III per il primo inibitore orale della proteasi dell’epatite C.
Gli studi hanno mostrato come il farmaco, boceprevir, in combinazione con Peginterferone alfa-2b/Ribavirina, sia in grado di aumentare significativamente la risposta virologica sostenuta (SVR) rispetto all’attuale terapia standard e potenzialmente di ridurre la durata globale del trattamento rispetto al solo Peginterferone alfa-2b/Ribavirina. “L’annuncio dato oggi dai ricercatori MSD apre la strada ad una nuova era di possibilità di guarigione alle centinaia di migliaia di persone che, soltanto in Italia, sono potenzialmente candidate ad una cura”, ha commentato Antonio Craxì, Professore Ordinario di Medicina Interna e Gastroenterologia all’Università di Palermo. “Con una probabilità di eradicazione completa e definitiva del virus in tre pazienti su quattro, tra i mai trattati con genotipo 1, e addirittura di due su tre fra coloro che abbiano mostrato una precedente sensibilità solo parziale alla terapia con interferone e ribavirina – ha detto Craxi – quando boceprevir verrà registrato per l’uso clinico, il medico avrà a disposizione uno strumento terapeutico capace di ottenere una cura definitiva nella maggioranza dei pazienti trattati.” Si stima che nel nostro Paese circa il 3 % della popolazione sia venuto a contatto con il virus, e circa 1.000.000 siano i pazienti portatori cronici del virus. Le prevalenze tendono ad essere maggiori nel sud. Ogni anno si verificano circa 1000 nuovi casi di epatite da virus C. l’epatite C causa il maggior numero di decessi tra le malattie infettive trasmissibili ed è la prima causa di trapianto di fegato al mondo. MSD intende presentare una “New Drug Application”, cioè un’autorizzazione per un nuovo farmaco, per boceprevir alla FDA americana in via continuativa e prevede di completare le presentazioni normative negli Stati Uniti ed in Europa entro la fine del 2010.(ANSA)
Alcuni mesi fa in rete non si faceva altro che parlare di Acay Berry e Colon Cleanse, due prodotti che pubblicizzavano un dimagrimento assicurato. Risultato? Chi acquistava quei prodotti in prova per pochi euro si ritrovava con prelievi continui sulla propria carta di credito.
A quanto pare è arrivato un altro prodotto che sa di imbroglio tanto quanto l’Acay e il Colon Cleanse.
Il suo nome è MMS (Miracle Mineral Solution), un’acqua miracolosa che vendono anche in Italia su Internet. Pericolosissima!
A dare l’allerta è arrivata la Fda (la Food and Drug Administration, l’ente americano per il controllo sanitario) che ha ricevuto “diverse segnalazioni di danni alla salute da parte di consumatori che lo usavano, tra cui nausea grave, vomito e abbassamento della pressione a livelli pericolosi per la vita, a causa della disidratazione.
Ma di preciso che cos’è?
Candeggina industriale! No, non sto scherzando! Per la precisione NaClo2 (clorito di sodio) sostanza che viene utilizzata normalmente per potabilizzare acqua di fortuna, vasche e piscine.
Volete divertivi a leggere i fantomatici protocolli sanitari? Ecco l’indirizzo: http://jimhumble.biz/index.htm. E’ in inglese ma con google traduttore è leggibilissimo!
L’MMS è sodio clorito in soluzione al 28 per cento che deve essere miscelato, al momento del consumo, con aceto: a quel punto entra in azione “lo ione del biossido di cloro conosciuto come ossigeno stabilizzato.
Secondo l’ente di controllo americano, la miscela con acido produce “biossido di cloro, una potente candeggina utilizzata per la decolorazione di tessuti o il trattamento delle acque industriali. Ad alte dosi orali, come raccomandato dall’etichettatura, questa candeggina può provocare nausea, vomito, diarrea e sintomi di gravissima disidratazione.
A questo indirizzo un interessante articolo sugli effetti tossici di questa sostanza:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1569035/pdf/envhper00463-0021.pdf