Berlusconi: Io come Enzo Tortora…
E la figlia di Tortora fa sapere: Mio padre tutta un’altra storia!
http://video.leggo.it/index.jsp?videoId=7791&idSezione=51 — con Michela Napoleoni
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Berlusconi: Io come Enzo Tortora…
E la figlia di Tortora fa sapere: Mio padre tutta un’altra storia!
http://video.leggo.it/index.jsp?videoId=7791&idSezione=51 — con Michela Napoleoni
Renato Farina, l’autore dell’articolo su Libero, era un collaboratore dei servizi segreti. Per questo fu radiato dall’ordine dei giornalisti (sanzione poi revocata perché lui si dimise prima). Sorgono alcune domande spontanee. Perché Sallusti lo faceva scrivere su Libero, sapendo che era stato radiato? Quanti sono gli emissari dei servizi segreti che scrivono sui quotidiani italiani? A che scopo lo fanno? In che modo difendono così la sicurezza e l’integrità dello Stato? Perché i direttori lo consentono, se il fatto rappresenta una grave violazione delle norme più elementari cui un giornalista deve attenersi nel suo servizio in nome della collettività? Ma soprattutto, perché nessuno solleva la questione, sulla stampa nazionale o in televisione, dell’ingerenza dei servizi segreti?
NAPOLI – Napoli ripaga (almeno in parte) Enzo Tortora, celebre presentatore televisivo italiano ed eurodeputato del Partito Radicale, al centro di un processo per presunti rapporti con la camorra negli anni ’80.
Su proposta dell’assessore alla toponomastica Alfredo Ponticelli la Giunta Comunale partenopea ha approvato la delibera con la quale verrà intitolata nel quartiere di Fuorigrotta la già «seconda traversa Consalvo» al giornalista radiofonico e televisivo. «Si tratta di una iniziativa – ha dichiarato l’assessore Ponticelli – importante per la città per ricordare il personaggio Tortora caro a tanti nostri concittadini». Una strada non molto grande, in verità una traversa che immette sul mercato di Fuorigrotta, che arriva con ritardo nel capoluogo campano dopo che a Tortora erano state intitolate già vie a Roma, Viterbo, in Calabria e in Umbria.
Nelle sue giornate più difficili, Napoli si strinse intorno al conduttore della trasmissione «Portobello», che proprio all’ombra del Vesuvio fu costretto a subire un processo duro ed estenuante, fino all’assoluzione nel 1986 con formula piena dalla corte d’Appello.
Il caso Tortora cominciò nel 1983, quando alcuni pentiti appartenenti alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo accusarono Tortora di traffico di droga ed associazione mafiosa. Un «tritacarne» in cui furono coinvolte 855 persone. Tortora venne ammanettato dai carabineri davanti a fotografi e tv, tratto in arresto per ordine della procura di Napoli. Nel settembre ’85 Tortora fu condannato in primo grado a dieci anni di galera e subì gli arresti domiciliari. Gli indizi che lo accusavano erano pochi e deboli; l’ultimo, l’agendina di un camorrista dove c’era scritto il nome «Tortosa» con un numero telefonico, elemento che trasse in inganno magistrati e pubblici ministeri. L’Italia sul caso Tortora si spaccò in due, tra innocentisti e colpevolisti. Il 20 febbraio 1987 il giornalista ligure poté tornare sugli schermi televisivi, ma il 18 maggio 1988, stroncato da un tumore, morì restando nell’immaginario collettivo una vittima emblematica della giustizia italiana.
Alcuni anni fa il più popolare presentatore televisivo dell’epoca, Enzo Tortora, veniva arrestato con l’accusa di essere un componente della Nuova Camorra Organizzata, clan malavitoso facente riferimento a Raffaele Cutolo. Le accuse si basavano sulle dichiarazioni dei pregiudicati Giovanni Pandico, Giovanni Melluso detto “Gianni il bello”, Pasquale Barra, noto come assassino di galeotti quand’era detenuto e per aver tagliato la gola, squarciato il petto e addentato il cuore di Francis Turatello. L’accusa si basava, di fatto, unicamente su di un’agendina trovata nell’abitazione di un camorrista con su scritto a penna un nome che appariva essere, all’inizio, quello di Tortora. Solo dopo sette mesi di carcere a Tortora vennero concessi gli arresti domiciliari per motivi di salute. Dopo essere stato eletto deputato Europeo con le liste del Partito Radicale, Tortora venne condannato a dieci anni di carcere solo sulla base delle accuse dei pentiti. La Corte d’appello di Napoli rese giustizia al Presentatore assolvendolo con formula piena. il 17 giugno 1987, a quattro anni esatti dal suo arresto la corte di Cassazione confermò definitivamente la sentenza della corte d’appello. Molti all’epoca presero le distanze da Enzo Tortora e nessuno ad eccezione di Enzo Biagi e poi tardivamente di Giuliano Ferrara si espresse pubblicamente a sostenere l’assurdità delle accuse rivolte al presentatore. Spero che le accuse di Spatuzza siano infondate quanto quelle di Pandico e gli altri accusatori di Tortora, ma comunque la differenza fra gli atteggiamenti nei confronti di Tortora e quelli di Berlusconi lasciano sconcertati. Berlusconi è stato assolto a prescindere dall’opinione pubblica indipendentemente da ogni riscontro. La stampa, la televisione, il mondo politico si indigna al solo sentire il nome di Spatuzza. All’epoca nessun garantista si pronunciò con altrettanto sdegno a favore di Enzo Tortora, nessuno chiesa la riforma della giustizia, nessuno si ricordò, a parte i radicali, dei precedenti penali degli accusatori. Eppure l’accusa contro Tortora era molto meno grave di quella nei confronti di Berlusconi e la magistratura non ha cominciato ancora a indagare. Peraltro di questo clima assolutorio sta godendo anche il senatore Dell’Utri già condannato in primo grado a nove anni di carcere. Tortora era solo un presentatore, Berlusconi è il padrone.