03:30 am | L’UE ha avviato un progetto integrato su vasta scala chiamato “BlueGenics” per combattere l’osteoporosi. Il progetto mira a trovare negli organismi marini i progetti genetici per nuovi farmaci…
15 dicembre 2012 / Leggi tutto »
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03:30 am | L’UE ha avviato un progetto integrato su vasta scala chiamato “BlueGenics” per combattere l’osteoporosi. Il progetto mira a trovare negli organismi marini i progetti genetici per nuovi farmaci…
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03:31 am | Addio al vecchio dentifricio alla menta. La novità nella lotta alla carie arriva dall’olio di cocco, secondo una ricerca dell’Athlone Institute of Technology (Irlanda) presentata al congresso autunnale…
5 settembre 2012 / Leggi tutto
Grazie a uno studio su cellule di lievito è stato possibile individuare tre enzimi essenziali per far sì che ovociti e spermatozoi abbiano esattamente 23 cromosomi ciascuno. Gli enzimi, denominati Mlh1, Mlh3 e Sgs1 agiscono in sinergia per regolare il crossing over, il processo di scambio che porta alla formazione di cromosomi ricombinanti, contenenti alcuni geni di origine materna e alcuni di origine paterna.
Com’è noto le cellule umane hanno un corredo di 46 cromosomi, 23 di origine materna e 23 di origine paterna. Se il numero non è corretto, la cellula viene di solito eliminata, e se questo non accade possono insorgere patologie più o meno gravi; nel caso della sindrome di Down, per esempio, c’è una copia in più del cromosoma 21.
Un gruppo di ricerca dell’università della California a Davis, guidato dal microbiologo Neil Hunter, ha ora scoperto uno strumento biologico essenziale per far sì che ovociti e spermatozoi abbiano esattamente 23 cromosomi ciascuno, aprendo la strada a una migliore comprensione e dei meccanismi della fertilità e delle malattie ereditarie dovute ad anomalie cromosomiche.
Le infiammazioni sono controllate da differenti enzimi in diverse parti del corpo. La scoperta potrebbe portare a farmaci che proteggono dalle infiammazioni bloccando specifici enzimi senza avere gli effetti collaterali delle sostanze come l’ibuprofene.
La ricerca dello Scripps Research Institute e’ stata pubblicata su Science Express e ha identificato una nuova via metabolica per il controllo delle infiammazioni cerebrali. Gli scienziati si sono concentrati sul tipo di infiammazioni trattabili con farmaci anti-infiammatori non steroidei (NSAID) come l’aspirina o l’ibuprofene. La ricerca ha mostrato che le infiammazioni di questo genere sono controllate da enzimi diversi in diverse parti del corpo. “Le nostre scoperte aprono la strada a dei farmaci anti-infiammatori che sono piu’ specifici per i tessuti e che non hanno gli effetti collaterali dei NSAID”, ha spiegato Benjamin F. Cravatt, che ha condotto lo studi
Mettere alla porta i rifiuti della cellula? Ci pensa un gene: a dimostrarlo e’ uno studio pubblicato sulla rivista Developmental Cell e coordinato da Andrea Ballabio, direttore dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli e del laboratorio Telethon presso il Jan and Dan Duncan Neurological Research Institute di Houston.
In condizioni normali, spiegano i ricercatori, tutte le nostre cellule sono dotate di veri e propri ”spazzini molecolari”, i lisosomi, che garantiscono un corretto smaltimento delle sostanze di scarto prodotte dal metabolismo grazie a un ampio corredo di enzimi detossificanti. Ci sono pero’ delle malattie ereditarie, quelle da accumulo lisosomiale, in cui a causa di un errore nel Dna questo processo non si verifica correttamente.
Di conseguenza, i rifiuti non vengono smaltiti e si accumulano nei lisosomi, portando nel tempo le cellule alla morte: un fenomeno che si osserva anche in patologie degenerative molto piu’ comuni come Alzheimer e Parkinson o semplicemente nel corso dell’invecchiamento. Leader nel mondo in questo settore, Ballabio e il suo team hanno scoperto nel 2009 un gene, chiamato TFEB, capace di fare da direttore d’orchestra di tutto il processo di smaltimento dei rifiuti cellulari. A partire da questo risultato, che si e’ meritato le pagine di Science, i ricercatori partenopei si stanno chiedendo come sfruttarlo per fermare l’accumulo di sostanze tossiche ed evitare cosi’ i danni ai diversi tessuti – muscoli, fegato, occhi, sistema nervoso – a cui si assiste in queste gravi patologie. ”Parallelamente, grazie a una sofisticata strumentazione disponibile al Tigem, andremo a caccia di farmaci – dice Ballabio – capaci di indurre la fusione dei lisosomi con la membrana, attivi su TFEB ma anche su altri attori di questa via metabolica che stiamo via via scoprendo. E’ emozionante vedere come della nostra ricerca di base stiano nascendo prospettive concrete da applicare alla terapia delle malattie genetiche, che rimane sempre la nostra missione in quanto ricercatori Telethon”
Lo studio è giudicato importante perché consente di chiarire ulteriormente il mistero di come l’organismo riesca a costruire una risposta immunitaria per combattere le infezioni
Un recettore molecolare sulla superficie dei globuli bianchi è cruciale per il riconoscimento di un fungo che sta cominciando un’infezione: ora un gruppo di ricercatori del Cedars-Sinai Medical Center ha chiarito i dettagli del suo funzionamento.
Il recettore in questione è denominato dectina-1 ed è stato studiato in laboratorio da David Underhill, professore associato dell’Inflammatory Bowel and Immunobiology Research Institute, del Cedars-Sinai, che firma un articolo sulla rivista Nature.
Ricercatori finanziati dall’UE al Laboratorio europeo di biologia molecolare (EMBL) di Amburgo in Germania hanno gettato nuova luce sui meccanismi degli enzimi di un gruppo particolare di batteri che comprende il Mycobacterium tuberculosis (Mtb), il bacillo responsabile della tubercolosi (TBC). Pubblicate nella rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), queste scoperte potrebbero essere la chiave per nuove terapie mirate.
Dati gli scopi di questo studio, il team dell’EMBL, guidato dal dott. Matthias Wilmanns, si è concentrato sull’interessante capacità del bacillo di produrre istatina e triptofano, due amminoacidi essenziali, con l’aiuto di un singolo enzima. Questa abilità lo distingue dalla maggior parte degli altri organismi, che necessitano di due diversi enzimi per svolgere questo lavoro. Invece degli enzimi HisA e TrpF, Mtb usa soltanto un enzima per catalizzare entrambe le reazioni. Questo enzima multifunzione, conosciuto come PriA, può riconoscere e legarsi a due diverse molecole o substrati.
L’Helicobacter pylori, il batterio responsabile di problemi gastrici come ulcere e tumori, ha bisogno di vitamina B6 per poter dar vita alle infezioni croniche. Lo ha scoperto uno studio della Monash University di Melbourne, Australia, che ha identificato anche l’enzima utilizzato dal microrganismo per metabolizzare la vitamina.
“Meta’ della popolazione umana ‘ospita’ questo batterio – spiega Richard Ferrero, uno degli autori – ma il meccanismo con cui si scatena l’infezione non e’ ancora chiaro.Per la prima volta abbiamo dimostrato che c’e’ un legame con la vitamina”. I ricercatori hanno creato una versione attenuata dell’Helicobacter, non in grado di stabilire l’infezione cronica, e ne hanno confrontato l’espressione di alcuni geni con quella ‘normale’. Il risultato e’ stato che due enzimi specifici legati alla vitamina sono fondamentali al batterio per poter diventare infettivo. Lo studio proseguira’ cercando un modo per disattivare questi enzimi, in modo da bloccare le infezioni.
AGI – Salute