01:46 pm | Lo studio per ora è stato condotto solo sui topi, ma i ricercatori sono speranzosi: è stato infatti scoperto un nuovo interruttore molecolare in grado di migliorare, se…
3 novembre 2012 / Leggi tutto »
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12:14 am | Le donne sono piu’ inclini ad accumulare grasso nell’addome, rispetto agli uomini, a causa di un enzima che con il calo degli estrogeni, dopo la menopausa, porta ad…
11 settembre 2012 / Leggi tutto
12:58 am | Individuato il bersaglio per sconfiggere anche i batteri super resistenti. La ricerca grazie anche ai precari La tubercolosi multiresistente ha forse trovato un nemico capace di bloccarla. E…
10 settembre 2012 / Leggi tutto
01:06 pm | Un nuovo biosensore pone fine ai dolorosi “spilli” per il test del diabete. Misurare i livelli di glucosio non è di certo come dover fare un esame del…
25 agosto 2012 / Leggi tutto »
Identificato il ruolo-chiave dell’enzima JNK coinvolto nella generazione e nella progressione dell’Alzheimer: la scoperta, effettuata dai ricercatori dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano, rappresenta un primo successo – riscontrato nella sperimentazione animale – di un trattamento che ha portato alla cura della patologia e al completo annullamento dei deficit cognitivi.
Lo studio pubblicato sul Journal of Biological Chemistry, condotto da Tiziana Borsello del dipartimento di Neuroscienze dell’Istituto, mette in evidenza che l’enzima JNK agisce su due proteine alla base della neurodegenerazione cellulare che porta allo sviluppo della malattia: la proteina amiloide – responsabile della formazione delle specie neurotossiche, i frammenti di beta amiloide – e la proteina tau – responsabile dei grovigli neuro-fibrillari. Lo studio è stato effettuato su un topo affetto da Alzheimer. «Abbiamo messo a punto e somministrato il primo trattamento cronico a base di un peptide inibitore di JNK a un topo affetto d’ Alzheimer – spiega Borsello -.
La carne grigliata o fritta puo’ aumentare il rischio di cancro all’intestino: secondo quanto scoperto dai ricercatori del Norwegian Institute of Public Health di Oslo (Norvegia) la colpa sarebbe della cottura eccessiva che porta alla produzione, sulla crosticina ”dorata”, di sostanze cancerogene.
Queste vengono poi attivate da enzimi presenti nell’intestino umano, SULT1A1 e SULT1A2, che le trasformano in composti che favoriscono lo sviluppo del tumore. I risultati dello studio, pubblicati su Molecular Carcinogenesis, hanno dimostrato che nei topi portatori dei due enzimi umani l’incidenza del tumore all’intestino causato dall’ingestione di queste sostanze passa dal 31 all’80%.
Un nuovo studio condotto da ricercatori del Laboratorio Nazionale CIB presso Area Science Park Trieste e dell’universita’ di Trieste identifica alcuni elementi fondamentali dell’aggressivita’ dei tumori alla mammella. La scoperta permette di caratterizzare meglio la malattia e di predirne l’esito e offre la possibilita’ di fare previsioni sulla risposta delle pazienti ai trattamenti.
La ricerca sta per essere pubblicata dalla rivista scientifica Cancer Cell. Due caratteristiche in special modo renderebbero i tumori mammari particolarmente aggressivi: la presenza nelle cellule maligne di mutazioni che trasformano il fattore p53 in un pericoloso promotore tumorale e l’espressione a livelli abnormi di una specifica proteina, l’enzima Pin1. Nelle cellule cancerose il p53 mutato influenza in maniera drammatica la progressione tumorale, e si sapeva.
La terapia è ancora in fase di sperimentazione ed è efficace solo per alcune forme della malattia
Può manifestarsi in forme molto diverse sia per la gravità sia per gli organi che colpisce, provocando tra gli altri danni renali e cardiaci con possibili rischi di ictus o di infarto. Insorge durante l’infanzia, ma anche in età adulta quando, a causa della sovrapposizione dei sintomi con quelli più comuni, può essere sotto-diagnosticata. È la malattia di Fabry, una rara patologia genetica.
Ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del CMR (Icb-Cnr) insieme a colleghi degli Istituti di calcolo e reti ad alte prestazioni (Icar) e di biostrutture e bioimmagini (Ibb), sempre del del CNR e dell’Università Federico II di Napoli, propongono una nuova terapia che può essere assunta per via orale e potenzialmente più economica rispetto a quella tradizionale. La ricerca è stata pubblicata su Orphanet Journal of Rare Diseases.
L’inibizione di Skywalker, un enzima coinvolto nel riciclo delle vescicole presinaptiche, induce un segnale più intenso fra i neuroni
La comunicazione fra i neuroni del cervello avvengono attraverso le sinapsi, che consentono il passaggio di un segnale elettrico da una cellula a quella successiva attraverso il rilascio nello spazio sinaptico che le separa di sostanze chimiche, i neurotrasmettitori, che vi vengono riversate da dalle vescicole che contenevano, situate nelle terminazioni nervose. Dato che le vescicole vengono riutilizzate più volte, si osserva normalmente un progressivo degrado delle proteine che presiedono alla funzione del rilascio dei neurotrasmettitori, e quindi all’efficienza della trasmissione del segnale. Il modo in cui le vescicole vengono rese operative nel corso di questo processo di riciclaggio non era finora chiaro. Si sa che molti tipi di cellule il processo di riciclaggio comprende una fase in cui intervengono particolari compartimenti cellulari, gli endosomi, nei quali le proteine vescicolari vengono selezionate in modo da assicurarne il funzionamento ottimale nelle vescicole riciclate. Finora non si sapeva però se questo passaggio fosse presente e rilevante per il riciclo delle vescicole neuronali.
Il risultato può essere considerato una base per lo sviluppo di un farmaco che possa essere tossico per le cellule cancerose una volta attivato dall’enzima–marker
Un enzima potrebbe consentire una più agevole e precoce diagnosi del tumore del colon: a scoprirlo sono stati i ricercatori dell’Università del Colorado Cancer Center guidati da Vasilis Vasiliou.
Il laboratorio di Vasiliou è specializzato nello studio del ruolo degli enzimi aldeidi deidrogenasi nel metabolismo dei farmaci nei disturbi metabolici nelle cellule normali e tumorali e nelle cellule staminali.
Come riferito sulla rivista Biochemical and Biophysical Research Communications il gruppo di Vasiliou ha analizzato i campioni di tessuto tumorale di 40 pazienti, riscontrando in 39 di essi livelli straordinariamente alti dell’enzima denominato ALDH1B1, che normalmente è presente solo nelle cellule staminali.